Mea culpa, mea culpa, mea grandissima culpa!
Eh sì, persino noi della redazione del Faro non siamo perfetti
e qualche volta ci capita di perderci qualche articolo per strada.
È quello che è successo con l’ultimo numero della rivista, in cui
l’articolo di Cesare Riitano: “V come…”, in qualche modo e per qualche
oscuro motivo è sparito dai nostri radar, e non è stato inserito nel
numero sulla ‘vergogna’, a cui era destinato.
Cesare, come è giusto, se ne è adontato e, non contento di rimbrottarci
a voce, ha deciso di immortalare le sue rimostranze su un video, in
modo tale che la nostra vergogna sia tramandata nei secoli dei secoli.
Sperando di farci perdonare, riportiamo qui di seguito l’articolo incriminato.
V come…
Cesare Riitano
Mi chiamo Rocco Locutero e sono un giovanottone di gran stazza; la mia
testa, glabra, è adornata da parrucche di colori sgargianti capaci di
farmi sentire figa; il mio volto ambrato ha magnetici occhi lucenti,
divisi da un naso importante, più volte spaccato, che si eleva su una
bocca larga e carnosa dove denti perfetti e bianchissimi ammaliano,
facendoli crollare in ginocchio, i miei timidi clienti. Le mie spalle
larghe sostengono braccia e mani possenti, potenzialmente capaci di
schiaffeggiare sadicamente un toro masochista; il mio torace, ampio,
ben rasato e rivestito di cuoio, è sorretto da gambe lunghe e muscolose
simili a querce secolari; ho un gran culo e un uccello, notevole, in
grado di far urlare di dolore le mie docili verginelle sottomesse; il
mio nome d’arte è V! Sono un Travestito. Non sono sempre stato così
sicuro di me nella mia vita. Prima di andarmene dal mio triste paesello
acquattato ai piedi dell’Etna, ricordo il disprezzo, le umiliazioni, e
poi le violenze verbali del popolino brontese: “Arruuso! Ricchioone!” ,
gridavano rauchi, e poi… quelle risate… grossolane, volgari, sferzanti,
taglienti come rasoi. Quei duecento metri che separavano la mia
protettiva stanzetta da quel rudere della Chiesa di San Carmine, erano
per me un calvario insopportabile, un oceano pieno di squali crudeli,
una giungla angosciante abitata da mostri antropofagi senz’anima,
pronti a scannarmi e divorare il mio cuore. Raggiunta la porta della
Basilica, mi rifugiavo tremante dietro l’altare dove, indifferente,
superficiale, quasi complice dei miei carnefici, Don Agazio mi donava
una benedizione svogliata e rassegnata, che mi faceva provare… V sì,
Vergona! Una Vergogna insanabile, frustrante, colpevole. Dove potevo
trovare consolazione… Non certo dai miei poveri, anziani genitori,
desiderosi solo di spegnere al più presto e per sempre la loro inutile
vita, e con essa, la devastante e incurabile metastasi che divorava le
loro viscere: ancora lei, la Vergogna. Senza amici, senza patria, senza
Dio, decisi di rivolgermi all’unico Uomo che faceva suscitare in me
sentimenti sempre soffocati: rispetto, coraggio, orgoglio. Gesù Cristo
era lì, in quella cappellina buia alla destra dell’altar maggiore; il
suo corpo ligneo, scolpito da un anonimo artigiano, appariva sì piagato
dalle torture, ma il suo volto era lucente, fiero, e trasmetteva
rivalsa, V Vittoria! Non c’era bisogno né di miracolose lacrime di
sangue né di voci angeliche provenienti dal regno celeste, il messaggio
era fin troppo chiaro. La sera stessa raccolsi i miei stracci e me ne
andai. Oggi, dopo due decenni, vivo in un superattico immenso, le cui
sconfinate vetrate mi fanno dominare Milano come una Divinità
immortale. La mia fama di trav top class superdotato è così
straordinaria che produco denaro a palate. I miei clienti, manager,
artisti, alti prelati, esaudiscono ogni mio capriccio: gioielli,
costosissime auto sportive, ville ai Caraibi, montagne di coca di prima
qualità; il mondo è ai miei piedi. A volte penso a Bronte… e spesso
rimbomba in me come un martello ‘quella’ parola… Vergogna, Vergogna…
Voglio tornare al mio paese! Lo acquisterò in blocco, cash!… Aprirò uno
Studio proprio nel centro storico e, con Violenza, sodomizzerò chiunque
pronuncerà ‘quello’ sgradevole vocabolo; e grideranno, sì, grideranno
di piacere, parole edificanti e cristiane quali: Dignità! Onore!
Rispetto! Poi parcheggerò il mio Ferrari davanti a quella che tornerà a
essere la mia casa, e percorrerò quei duecento metri fino alla Chiesa
del Carmine. Mi presenterò, sì, a tutti, non come Rocco Locutero, ma
come V, V non più di Vergogna ma V di Vendetta di… Vittoria!
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