Un avventuroso viaggio della mente


Dopo aver girovagato per la città senza una meta, entrai in casa sfinito, dirigendomi verso quello che da sempre è stato il mio porto sicuro, il mio solo rifugio: la mia cameretta. Non appena appoggiai la testa sul cuscino, la paura, l'ansia e l'agitazione, che fino a quel momento avevano avuto il sopravvento su di me, via via si dileguarono. Inspiegabilmente mi ritrovai sospeso nel cielo, in balia dei vortici e fortissime raffiche di vento; avevo una difficile missione da compiere: avrei dovuto localizzare, raggiungere e cercare di neutralizzare un'immensa palla di fuoco, pericolosissima per me e per le persone a me care. Un'aquila gigantesca fu l'unico essere a rispondere alle mie richieste di aiuto per raggiungere l'obiettivo.
Durante l'avventuroso viaggio sorvolammo paesaggi, a tratti tetri, infidi e paurosi, a tratti ameni, sereni e distensivi, popolati da strane creature e piante gigantesche dai colori accesi e brillanti. Il nostro peregrinare si concluse su di un'enorme montagna, punto strategico per l'avvistamento del nemico. Salutai con gratitudine il rapace, che fece altrettanto, sbattendo vigorosamente le ali.
L'imminenza dello scontro mi procurò terrore e sgomento, l'intensità di questi vissuti mi paralizzò, nel momento in cui vidi la massa di fuoco procedere verso di me ad una velocità supersonica...
Quello che ho scritto non è soltanto un racconto fantastico: è il contenuto del delirio di un giovane utente al suo esordio psicotico.
In questo, come purtroppo in tantissimi altri casi, le persone con disagio psichico si servono del delirio come meccanismo di difesa per riuscire a sopravvivere e a sopportare eventi della vita particolarmente dolorosi e devastanti. Il delirio impedisce la disgregazione psicotica, permette di vivere, di dare un ordine alle cose, di sopportare una situazione insostenibile.
Comunque bisogna essere sempre molto cauti nel considerare "delirio" le interpretazioni magiche della realtà (soprattutto se in termini di malefici, come malocchio e fatture) espresse da persone appartenenti a culture diverse, in particolare quando si tratta di culture agricole.


Concetta


Delirio e follia


Forse è doveroso, parlando di fantasia, nominare il delirio.
La prima è apprezzata da tutti, il secondo no. Anzi si cerca in genere di "eliminarlo", spesso entrando in conflitto con la persona che lo propone.
Non sempre c'è accordo su come distinguere queste due, entrambe raffinatissime, espressioni della nostra mente. Certamente hanno una cosa in comune: quasi sempre non rispettano le regole della logica e della razionalità. Si muovono con grande libertà nel tempo e nello spazio, nel mondo dei sentimenti, senza troppo preoccuparsi della verosimiglianza. (Ma non è sempre così ci sono anche splendide costruzioni fantastiche e strutturatissimi deliri che possono essere presi come racconti di fatti realmente avvenuti).
Perché cercare di distinguere fra queste due creazioni della nostra mente? Perché è importante imparare a riconoscerle? Ciascuna di esse risponde ad una esigenza diversa, sentendosi utile in momenti differenti e per scopi differenti nella vita di una persona.
In realtà è difficile dire cose sicure e condivise su questo argomento. Tante ipotesi e tante teorie sono state avanzate nel tentativo di misurarsi con l'enigma che, in fondo, ancora oggi costituiscono delirio, fantasia e numerosi altri aspetti della nostra mente.
Propongo qui alcuni pensieri che a me sono sembrati utili.
Possiamo considerare la fantasia come un modo di dilatare l'esperienza della realtà, sia quella esterna a noi sia quella dei nostri sentimenti. La fantasia arricchisce l'esperienza della realtà, la rappresenta in tanti modi, la trasforma, la rende personale. "Ci" rende "personali". Dà a ciascuno quel tratto speciale che, soprattutto, ci distingue gli uni dagli altri.
La realtà non viene messa in discussione. Sono il suo colore, il suo valore, sono le connessioni fra i suoi aspetti che vengono in maniera particolare da ciascuno generati.
Il regno della fantasia va ben oltre alcune sue tipiche espressioni come sogni, poesia, musica, arti figurative, giochi, barzellette.... Si può dire che la fantasia sostiene e plasma ogni nostro pensiero e ogni nostro gesto. Qualcuno parla di "fantasia inconscia" riferendosi proprio all'incessante lavoro di creazione (di valore, di bellezza, di significato) che la nostra mente opera.
Tutti, ogni giorno, siamo poeti. E' quel lavoro creativo che, se viene momentaneamente a mancare, ci lascia sperduti e oppressi da una realtà grigia, priva di significato e colore, dove noia, "burocrazia" e non senso pervadono il nostro mondo.
Si può trarne il pensiero che senza l'apporto della fantasia non esiste "normalità".
Del delirio possiamo dire che ci soccorre in momenti particolari della nostra vita. Lo possiamo considerare una zattera di salvataggio.
Quando incorriamo in piccoli o grandi naufragi, questa zattera ci offre temporanea salvezza. Naufragi della sicurezza, naufragi dell'autostima, naufragi della fiducia negli altri... esperienze che comunque ci espongono ad un vissuto di frammentazione, al rischio di non farcela più, di morire psichicamente, o globalmente: se in queste situazioni di perdita di speranza e di significato non troviamo un'autentica possibilità di speranza e di significato, allora ci può soccorrere il delirio.
La ricostruzione attraverso il delirio di un qualche senso ci salva dalla paura di soccombere. Non importa se abbiamo costruito una realtà immaginaria positiva (come la sensazione di essere capaci, grandiosi e speciali) o negativa (come la sensazione di essere minacciati, criticati, esclusi...).
L'importante è che venga ricostruito qualcosa dopo il momentaneo crollo dei nostri punti di riferimento.
La libertà di queste costruzioni è molto simile a quella delle creazioni fantastiche. Quello che la differenzia è la loro funzione.
Non ci dobbiamo meravigliare se restiamo spesso avvinghiati alla zattera del nostro delirio, se non vogliamo che venga messo in discussione se non lo vogliamo abbandonare. Per poterlo lasciare occorre che si possa ricostituire la fiducia nel rapporto con altre persone, che si possa rigenerare la speranza di costruire significati (e fantasia) condivisi con altri.
Se è vero che siamo tutti poeti, è altrettanto vero che tutti abbiamo la nostra zattera di salvataggio. Tutti abbiamo una qualche area della nostra vita mentale che non siamo disposti né a mettere in discussione né ad abbandonare.
Oppure abbiamo la nostra zatterina sulla quale saliamo anche solo per un giorno, o per una mezz'ora, quando il rischio di un naufragio emotivo ci porta ad abbarbicarci a non discutibili sospettosità, gelosie e sentimenti di superiorità.
A qualcuno succede che per circostanze di vita particolari molta parte della sua vita mentale si è rifugiata sulla zattera; questo incide molto sulla possibilità di intrecciare la propria vita con quella degli altri.
Sono le situazioni che incontrano spesso le diagnosi psichiatriche di delirio. Ma non sempre vengono intercettate dalla psichiatria. Possono presentarsi come atteggiamenti che appaiono particolarmente rigidi o essere espressione di tendenze culturali, credenze, o ideologie.
Ora come distinguere le espressioni di fantasia e quelle di delirio?
Tra i tanti possibili propongo un criterio che mi sembra utile: quello della possibilità di giocarci.
Con la fantasia è bello e facile giocare, con il delirio è molto più difficile. Se racconto un pensiero o un sogno, se leggo una poesia o mostro un quadro che ho dipinto, facilmente questo suscita in chi mi è vicino una risonanza di emozioni, pensieri, e fantasie che si possono intrecciare con le mie, dando luogo a trasformazioni e sviluppi. Un senso di libertà e di ricchezza accompagnano in genere questi "giochi" di fantasia condivisi.
Se invece quello che comunico è riconducibile all'area del delirio, difficilmente la mia costruzione immaginifica darà luogo a questo gioco. Anzitutto perché io lo considero "reale" e quindi non discutibile. E poi perché risonanze diverse dalle mie, o trasformazioni del mio pensiero proposto da altri mi troveranno poco disponibile a seguirli, tanto ho bisogno di restare legato a quello che io sento e penso. E spesso purtroppo ci si ferma lì, non ne nasce alcun gioco di fantasia o di pensiero, ma solo, ben che vada, una discussione per decidere se quanto sostengo è vero o falso. Preoccupazione quella del vero o del falso che è estranea al mondo della fantasia.
Certo questa possibilità di gioco dipende non solo da me, se quanto io propongo è più sul versante della fantasia o del delirio. Dipende anche, e questo è molto importante, dalla disponibilità a "giocare" di chi mi circonda. E fortunato chi trova vicino a sé persone interessate a giocare con lui, a trasformare in gioco anche la sua più esitante disponibilità a lasciarsi coinvolgere.
Dopo questi pensieri, tirerei due conclusioni.
La prima è il rispetto che merita ognuno di noi quando "delira": è il rispetto che si deve al naufrago. Lo si deve anche, anzi soprattutto quando, egli respinge con durezza e arroganza ogni tentativo di avvicinamento, tanto si è aggrappato a quella che considera la sua unica ancora di salvezza.
La seconda è che forse, per togliere terreno alla durezza del delirio e per liberarne la potenzialità creativa, la cosa più benefica è il gioco condiviso con la fantasia.
Raccontarci emozioni, pensieri e storie di vita, condividere sogni e progetti, non far mancare la propria risonanza nei momenti difficili... sono soprattutto questi i "percorsi fantastici" che più riconciliano con la realtà, con la realtà che siamo noi con quella che sta intorno a noi.


Michele Filippi


Il delirio


La parola "delirio" deriva, secondo un'etimologia proposta già anticamente da Terenzio Varrone e oggi generalmente accettata, dal verbo latino delirare, composto dalla particella "de", indicante allontanamento e "lira" = solco. In origine delirare stava infatti a significare l'atto dei buoi di deviare dal solco durante l'aratura, poi, metaforicamente, uscir dal seminato, cioè dalla via della ragione, vaneggiare, farneticare.
Il delirio viene definito come disturbo del pensiero caratterizzato dalla presenza di convinzioni intime del soggetto non corrispondenti alla realtà, ma che esprimono la modificazione della sua esperienza, cioè dei suoi rapporti con il mondo. Il delirio può essere confuso se la coscienza è obnubilata, oppure lucido, se la coscienza è vigile. Può essere anche semplice oppure sistematizzato, nel caso che più idee deliranti si organizzino seguendo un'apparente logica interna.
È detto interpretativo se le esperienze percepite sono erroneamente interpretate e intuitivo se, come per una sorta di improvvisa illuminazione interiore, il soggetto raggiunge l'assoluta intima certezza che un determinato fatto sia reale. Se il delirio è accompagnato da allucinazioni è detto psicosensoriale.
I deliri hanno contenuto assai vario. Si parla quindi a seconda dei casi di delirio di persecuzione, depressivo, di grandezza, ipocondriaco, di gelosia e mistico.
II delirio di persecuzione è il più frequente. Chi ne è affetto si crede erroneamente perseguitato con ogni mezzo materiale (veleni, assalti) o morale (diffamazione, calunnia ecc.) da persone o gruppi. Il delirio di rivendicazione è una varietà del delirio di persecuzione: il soggetto si crede vittima di soprusi e cerca di ottenere giustizia. Nel delirio di influenzamento, invece, il soggetto ritiene che il suo agire, la sua volontà, il suo stesso pensiero siano forzati da influenze esterne di varia natura.
I deliri depressivi comprendono il delirio di colpa, in cui il soggetto si accusa di avere commesso reati gravissimi contro la religione, contro la morale ecc. e si augura di essere punito, o cerca la punizione per le sue presunte colpe. Nel delirio di negazione o delirio nichilista (che ne è una varietà) la realtà addirittura è dissolta: non esiste più nulla, non esistono i sentimenti, il corpo, non esistono le persone e il mondo esterno.
II delirio di grandezza comprende il delirio ambizioso (convinzione di essere il più forte, il più intelligente, il più bello ecc.), il delirio erotico (assoluta certezza di essere amato da una persona in genere altolocata), il delirio di potenza (convinzione di essere un personaggio importante, ministro, sovrano ecc.) o addirittura, nel delirio di enormità, di essere al di sopra di tutti, di essere immortale. Nel delirio genealogico il soggetto è convinto di non essere figlio dei suoi genitori o che la sua famiglia discenda da un'illustre casata nobiliare, nel delirio di riforma si considera inviato da Dio per modificare la società o la religione. Nel delirio inventivo è autore di importanti invenzioni che molto spesso sono del tutto peregrine.
Nel delirio di trasformazione è convinto che l'ambiente esterno, le cose e le persone sono modificate, o addirittura il mondo, l'universo stanno cambiando, verrà Dio in terra, la verità sarà interamente svelata.
Nel delirio ipocondriaco il soggetto ha la convinzione di essere seriamente ammalato (di avere un tumore, una malattia di cuore ecc.) o di avere il cervello di sasso, i vermi nell'intestino ecc.
Nel delirio di gelosia il soggetto ha la convinzione di essere tradito e tutto il suo comportamento è assorbito da tentativi di provare le colpe della persona amata.
Nel delirio mistico il soggetto ha la certezza di vivere direttamente l'esperienza di una comunione divina.


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