Editoriale
E se un “bel giorno” i computer eliminassero gli
uomini? Ipotesi meno assurda di quanto si possa pensare.
Il pensiero, si dice, è un’abilità propria dell’uomo e nessun altro
animale lo possiede. Forse per questo l’uomo moderno, sicuro di poter
dominare tutto e tutti (terra, animali, computer e tutti i mezzi
tecnologici) con spropositata arroganza li sfrutta. Ma come tutti gli
sfruttati della storia… prima o poi qualcosa accade: metamorfosi
sociali, guerre o ribellioni fanno sì che “chi di arma ferisce di arma
perisce”.
Con questo voglio dire che la possibilità che l’uomo insegni a robot
computerizzati la facoltà di auto costruirsi e distruggere cose o
persone, anche a fini
bellici, è qualcosa che in un futuro ancora non troppo lontano potrebbe
realizzarsi.
Sperando che questo pericolo sia evitato, dobbiamo però riconoscere che
questa invenzione è veramente molto utile, ed è da considerarsi per
importanza non inferiore alla scoperta del fuoco, della ruota e delle
onde radio.
Il mio primo approccio con il computer è stato a quindici anni, era il
1983. Il computer era ancora più limitato del commodore, non aveva
software, e le riviste non ne parlavano. Così presi in mano il libretto
di istruzioni e imparai il linguaggio basic. Nel giro di qualche mese
programmai il mio primo videogame traducendo un programma per un altro
home computer.
Ricordo che mio padre ne era entusiasta, voleva che facessi un
programma per la gestione delle spese famigliari, ma io a quella età
percepivo il sentimento… il mio interesse principale era divertirmi,
giocando col computer o all'aperto con gli amici.
Risale al 1994 l'acquisto del mio primo personal computer, era un 386,
qualcosa di mostruoso rispetto ai computer precedenti: risoluzione
grafica, scheda sonora, stampante ad aghi, giochi in alta risoluzione,
data base, ne facevano un mezzo veramente duttile ed utile. Soprattutto
per quanto riguarda la video scrittura, che ha fatto cambiare il modo
di scrivere di una intera generazione.
Ma la vera trasformazione, a parte la robotica, è arrivata a partire
dalla seconda metà degli anni novanta, con internet. La comunicazione
giorno dopo giorno è diventata sempre più veloce, e accessibile a
sempre più ampie fasce di utenti, con strumenti sempre più piccoli
(tablet, Iphone, portatili ecc.)
Tutto ciò prende il nome di “rete”. Tramite facebook e twitter possiamo
conoscere persone nuove o rincontrare vecchi amici. Questa pulsione a
conoscere può arrivare a livelli morbosi, se le persone passano le
notti a chattare tralasciando gli affetti della famiglia e degli amici
e finendo per condurre una vita pseudovirtuale. Stiamo attenti dunque,
utilizzando questi mezzi, a non cadere nella rete.
Fabio Tolomelli
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Fortunato Depero: ‘Ballerina
idolo’ - 1917 (olio)
Nei primi anni di studio, in Trentino, Depero (Fondo TN - Rovereto TN,
1892-1960) è attratto dal Simbolismo e dall'Espressionismo. Un viaggio
a Firenze e a Roma, lo porta ad avere contatti in ambito futurista.
Scolaro di Balla, partecipa nel 1914, all'esposizione dei liberi
futuristi a Roma.
Nel 1916, tiene la sua prima personale; lo stesso anno, espone alcuni
complessi plastici al Teatro “Costanzi” di Roma. In seguito al clamore
suscitato da questa mostra, Diaghilev lo incarica di eseguire scenari e
costumi per il “Canto dell'usignolo” di Strawinski.
Finita la prima guerra mondiale, a Rovereto, nel suo Trentino, Depero
realizza quello che era un sogno: aprire un atelier specializzato nelle
arti applicate. In questo laboratorio, l'artista creerà arazzi,
suppellettili, giocattoli (oltre che quadri), tutti ispirati ai dettami
futuristi.
Nel 1928, si trasferisce a New York, da cui, però, già nel 1930 deve
rientrare in Italia per difficoltà economiche. Negli anni successivi
torna a stabilirsi in Trentino, non mancando, altresì, di mantenere
contatti coll'avanguardia futurista italiana. Dal 1947 al 1949,
soggiorna nuovamente negli Stati Uniti.
Nel 1957 il Comune di Rovereto offre al grande maestro, uno spazio
pubblico che raccolga alcune delle sue opere. La “Casa Museo Depero”
sarà arredata e decorata (in una sorta di opera d'arte totale)
dall'artista.
Fortunato Depero, muore il 29 novembre 1960.
La sua “Ricostruzione futurista dell'Universo” tratta di un'umanità
ironicamente e giocosamente rappresentata da automi, creati
visivamente, assemblando “tubi da stufa”.
Del resto, la sua arte già preannuncia il superamento della “galassia
Gutenberg” da parte della tecnologia robotica e informatica.
Piergiorgio Fanti
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Macchine pensanti: è solo un
sogno?
Credo che alla fine del secolo
l'uso delle parole e l'opinione delle
persone di cultura saranno cambiate a tal punto che si potrà
parlare di macchine pensanti senza aspettarsi di essere contraddetti.
Alan M. Turing
Ricorre quest’anno il centenario della nascita dello scienziato
britannico Alan Mathison Turing (23 giugno 1912 - 8 giugno1954).
Matematico geniale e pioniere dell’informatica, Turing fu uomo
versatile, pratico e visionario insieme. Una delle prime occasioni per
mettere a frutto le sue straordinarie capacità, fu la decrittazione dei
messaggi in codice utilizzati dai Tedeschi durante la seconda guerra
mondiale. A questo scopo, grazie ai concetti computazionali di base da
lui elaborati (la cosiddetta “macchina di Turing”), fu progettato e
realizzato il primo calcolatore elettronico programmabile della storia,
il Colossus.
Dopo la guerra Turing continuò a dedicarsi alacremente all’informatica,
intuendone le immense potenzialità. Formidabile sportivo (gareggiò come
maratoneta con ottimi risultati), aveva iniziato a occuparsi di
neurologia e fisiologia e ispirandosi alle complicate interconnessioni
neuronali, ipotizzò di creare un sistema logico inizialmente
disorganizzato, che fosse in grado di evolversi mediante istruzioni
elaborate dal computer. Turing era convinto che con l’evolversi della
tecnologia sarebbe divenuto possibile creare macchine in grado di
replicare le funzioni della mente umana.
Perseguitato in quanto gay, morì suicida a quarantadue anni, addentando
una mela avvelenata col cianuro, ma le sue intuizioni hanno aperto la
strada verso un’affascinante e inquietante frontiera, alla ricerca
della cosiddetta “intelligenza artificiale” e addirittura della “vita
artificiale”.
Forse l’uomo, fin da quando mangiò il frutto della conoscenza del bene
e del male, sogna di farsi a sua volta creatore. Non gli basta generare
figli in modo naturale, come fanno gli altri animali, né costruire
utensili e macchine in grado di risanare, prolungare, potenziare il
proprio corpo e superarne i limiti, il grande sogno è costruire un uomo
con le proprie mani.
Di macchine antropomorfe, cioè statue in grado di muoversi ed emettere
suoni, si parla fin da tempi antichissimi, in Egitto e nel mondo greco.
Il matematico e fisico Erone di Alessandria ( I sec. d.C. ) nei suoi
Automata ce ne descrive alcune, mosse da vapore o da getti d'acqua. In
Europa già nel Medio Evo e soprattutto in epoca rinascimentale la
tecnologia fu applicata alla realizzazione di splendide figure mobili
per adornare i grandi orologi degli edifici pubblici e delle chiese o
per l'allestimento di spettacoli. Nel Settecento il gusto del
"meraviglioso" fece produrre sorprendenti androidi capaci di scrivere,
disegnare, suonare. Ci fu anche una famosa truffa, architettata da un
certo barone Von Kempelen, che esibì in giro per il mondo un automa
capace di vincere partite a scacchi, ma in realtà conteneva un
giocatore nascosto.
Con la Rivoluzione Industriale venne a prevalere lo spirito pratico. Le
macchine a vapore non imitavano la figura umana: il loro scopo era
semplicemente sostituire l'uomo nel lavoro meccanico. Molto più tardi,
a partire dagli anni quaranta del Novecento, divenne possibile
sostituirlo anche in funzioni decisionali, con la realizzazione dei
primi elaboratori elettronici. Con i moderni robot si è giunti infine
alla costruzione di macchine semoventi e "intelligenti".
La parola robot viene dal vocabolo ceko robota ( lavoro forzato ) e fu
coniata da K. Čapec nel romanzo fantapolitico RUR, Russian's Universal
Robots.
Anche la parola Robotica, cioè a dire la scienza che studia e
costruisce i robot, ha un'origine letteraria, essendo stata coniata da
Isaac Asimov, notissimo narratore fantascientifico. Quest'ultimo, in un
racconto del 1942, enunciò le famose tre leggi della Robotica:
1) Un robot non può recare danno ad un essere umano né
può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano
riceva un danno.
2) Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani,
purché tali ordini non contravvengano alla prima legge.
3) Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa
autodifesa non contrasti con la prima e la seconda legge.
Come si vede la fantasia di Asimov prefigura scenari di
là da venire, con robot possibili rivali e avversari dell'uomo. In
molti film, come ad esempio in quello di Spielberg intitolato
Intelligenza Artificiale, scenari di questo tipo sono efficacemente
simulati.
In realtà la Robotica è ancora indietro rispetto a ciò che si vede al
cinema. È vero, però che si stanno elaborando robot sempre più
autonomi, capaci di lavorare anche in condizioni estreme e/o a grande
distanza da chi li controlla, per esempio nello spazio, sotto gli
oceani o all'interno del corpo umano.
Anche l’idea di poter creare la vita in vitro covava fin dal Medio Evo
nelle menti degli alchimisti ed ebbe particolare fortuna durante il
periodo rinascimentale. Il medico e filosofo svizzero Paracelso (1493 -
1541), per esempio, ci ha lasciato la sua ricetta per creare dal
liquido spermatico l'homunculus, un fanciullo simile a quello che nasce
da donna, ma molto più piccolo. Se il procedimento descritto può far
sorridere, resta comunque sorprendente la visionaria anticipazione
delle future manipolazioni genetiche.
Al mondo ebraico si deve invece la leggenda del 'golem', parola
talmudica che esprime il concetto di "essere incompleto, embrionale".
Si narra che attorno al 1550 Elia da Chelm avrebbe creato un uomo
artificiale, il 'golem', appunto, che prendeva vita attraverso le
quattro lettere che in ebraico compongono il nome di Dio: YHWH. Dopo di
lui il rabbino di Praga, Giuda ben Loew, per salvare il suo popolo da
un pogrom, avrebbe a sua volta formato un golem di argilla, muto ma
invulnerabile e capace di leggere nel pensiero. Il golem alla fine si
ribellò e il suo creatore, per neutralizzarlo, gli
cancellò il nome, facendolo tornare un blocco di argilla.
Curiosamente pare che proprio da quel rabbino discendano John von
Neumann, l'inventore dei computer digitali, Norbert Wiener, considerato
il fondatore della Cibernetica e Marvin Minsky, il padre
dell'Intelligenza Artificiale… Verranno dunque dall'elettronica i golem
del nostro tempo?
Oggi assistiamo a progressi tecnologici sempre più rapidi e
sorprendenti. Robotica e neuroscienze ricercano insieme e continuano a
chiedersi se si possa fare in modo che un robot pensi, ricordi,
riproduca sensazioni e azioni.
Che cosa ci riserva il futuro? Le macchine assomiglieranno sempre più
ad organismi naturali ( o viceversa )? E verrà il giorno che esse si
ribelleranno ai loro creatori?
(informazioni reperite su siti internet)
L.L.
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C’erano una volta…
C'erano una volta gli anni '50.
L'automobile non era più un lusso per pochi, ma diventò uno strumento
di lavoro e di svago. I cinquantenni, abituati alla bici, non
riuscivano a far funzionare quel mostro di levette e pulsanti, mentre i
giovani se la spassavano facilmente. Si disse: "diventeremo schiavi
dell'automobile".
C'erano una volta gli anni '60.
Venne inventata la TV, e i cinquantenni di allora non riuscivano a
raccapezzarsi tra quei (tre) pulsanti, mentre i giovani se la
lavoravano come bere un bicchier d'acqua. In seguito fu detto: "I
giovani di oggi sono schiavi della TV".
C'erano una volta gli anni '90.
Venne commercializzato il PC, una volta strumento di lavoro per
imprese, banche e scopi militari. Non erano più hardware grandi come
armadi, ma sempre più maneggevoli e alla portata di tutti. Pian piano
tutti ne comprarono uno. I cinquantenni non riuscivano a capirci un'
acca (anche per scarsa conoscenza dell'inglese), i giovani sembravano
non aver mai fatto altro in vita loro. Mia figlia imparò in dieci
minuti, a me ci sono voluti mesi. Oggi si dice: "siamo tutti schiavi
del computer".
Può essere vero: certuni stanno su Internet o su Facebook & C.
anche quindici ore al giorno, altri si giocano fortune coi giochi
d'azzardo virtuali (per tacere dei siti porno)...
MA...
Prima del PC per incidere un LP ci mettevi anche sei mesi, ora faccio
una canzone finita in una sera.
Prima del PC per parlare a un amico lontano dovevi spedirgli una
lettera che arrivava dopo venti giorni, oggi puoi parlargli in tempo
reale, e anche guardandolo in faccia.
Oggi con una e-mail in tempo reale spedisci documenti, paghi bollette,
realizzi affari. Col PC puoi preparare esami, tesi, documenti di
lavoro.
E la morale qual è? Ricordarsi che dietro la tastiera c'è sempre UNA
PERSONA.
E che, almeno per ora, i bambini non si concepiscono via e-mail.
Buona vita.
Max Trentini
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Idolo o strumento di conoscenza?
Col computer, a volte, mi sento come quel tale che,
intervistato dal "piccolo principe" (di Saint-Exupéry), dichiarava di
possedere tutte le stelle e, alla domanda di che cosa se ne facesse,
rispondeva che gli piaceva contarle e ricontarle, e ricontarle ancora.
In effetti, ora che non uso il computer per lavoro ma per divertimento,
mi sembra spesso di trovarmi di fronte ad un grande mago, che è a mia
disposizione per qualsiasi conoscenza io desideri... ma spesso non so
cosa chiedergli, oppure ho la sensazione che quella enorme "cascata"
dalle possibilità impensate mi serva solo per accendere una
piccolissima lampadina.
Sin dai primi computer ero affascinato, più che ai programmi, alla
programmazione. Provengo da studi completamente diversi: il fatto che
da una cosa semplicissima (la corrente passa o non passa, 0 o 1) si
possa arrivare a problemi complessi di qualsiasi tipo... beh, per me è
qualcosa di stupefacente (come da particelle sub-atomiche si
costituisce ogni tipo di materia).
Viviamo in una realtà, ci è dato un mondo (almeno nel periodo della
nostra esistenza) e, a poco a poco (anche i millenni non sono niente),
anche i mezzi per conoscerlo sempre più in profondità…
Nella 1a Lettera ai Corinzi di San Paolo viene detto fra l'altro:
"Se conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza... ma
non avessi la carità, non sono nulla".
Per me è questo il grande problema!
Edoardo Bellanca
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Meglio Mozart
I computer sono materia "fredda" per me (a parte la
loro grande utilità).
Posso raccontare questo ricordo : ragazzino, guardai con mio padre una
trasmissione televisiva, che l'esperto di computer intervistato
concludeva mettendosi a suonare un pianoforte, e dicendo più o meno: "
Comunque ai vostri figli non insegnate i computer, insegnate Mozart!".
Fu una grande lezione per me.
Matteo Bosinelli
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Due cose certe
Ciao e ben ritrovati, vi penso sempre, siete il mio
conforto, ma fo fatica anche ad ambientarmi qua a Falconara dove mi
sono trasferito.
Vorrei dire due cose certe sul computer. La prima è che è una grande
invenzione, come il telefonino e la televisione. Anche i giornali.
Tutto ciò che ci mette in contatto è veramente elevato, sia per lo
spirito sia per una libertà di pensiero concreta.
L'altra cosa è che, come tutte le cose, bisogna sapere che sono fatte
per essere usate da noi, non noi strumenti della macchina. Infatti la
nostra è diventata la società dell'immagine, non si fa che guardare e
farci guardare. Io proverei con qualcuno , e l'ho fatto con una
ragazza, a bendargli gli occhi, nella stessa stanza dove tiene TV e PC.
Facendolo muovere un po' ad occhi chiusi perderebbe completamente
l'orientamento e gli girerebbe la testa. Insomma deve essere una nostra
maggiore libertà, non prigionia, bisogna scegliere delle ore, dei
programmi da seguire e basta. Sennò è come quello innamorato più della
macchina che della moglie.
Ciao e un abbraccio a tutti.
Luca Montesi
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Perché i computer non mi
interessano
A me il computer non interessa molto, perché non mi
sembra in equilibrio con la natura e i suoi ritmi, che io adoro.
Perché fa chiudere le persone in se stesse, come in torri d'avorio,
dove tutto deve essere logico e coerente e l'irrazionalità è bandita.
Secondo me il computer lascia poco spazio alla fantasia e alla
creatività; uniforma le persone e crea dei "cervelli collettivi",
distacca le persone l'una dall'altra, l'umanità dall'umanità.
In Internet le notizie durano lo spazio di un mattino e poi spariscono.
I computer non consentono di tenere per mano la persona amata, sono le
macchine del freddo, i nuovi monasteri.
Ave Manservisi
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Il computer
(le nostre esperienze)
Libere associazioni
Se il computer fosse un colore:
sarebbe NERO, oppure TUTTI I COLORI DELL’ARCOLBALENO oppure ancora
GRIGIO, ma UN GRIGIO CHE TENDE AL GIALLO.
Se il computer fosse un suono:
sarebbe un suono ampio e continuo come l’ “Om” dello joga, oppure un
suono acuto ad intermittenza, ma anche il click.
Il computer ha una posizione:
è sempre davanti e noi gli siamo seduti di fronte, ma a volte arriva
fino ad impossessarsi di noi e allora è come se fosse al posto della
nostra testa.
Il computer caratterizza la
nostra società, è presente nelle nostre vite a casa, a scuola, al
lavoro, nel tempo libero; ci permette di vedere filmati, ascoltare
musica, chattare e fare un milione di altre cose. Il gruppo di
UmanaMente racconta il proprio personale rapporto con i computer.
Silvia: “Il computer è entrato nella mia vita quando
avevo 24 anni e mi piaceva molto chattare per fare amicizie e conoscere
gente. Ho scritto la tesi con il computer. Sono passati diversi anni da
allora e adesso sento di avere quasi paura ad usarlo, ho paura di
sbagliare, di non essere sufficientemente brava a digitare sulla
tastiera e ad usare i vari programmi come Excel. Da qualche settimana
sto facendo un corso di informatica che spero mi aiuti a riacquistare
sicurezza e maggiore dimestichezza. Non so perché sono diventata nel
tempo così impedita.”
Stefano: “Ho iniziato a usare il computer facendo un corso di
informatica in un centro sociale. Era il 2002 e avevo 38 anni, prima di
allora non avevo mai avuto a che fare. Si usavano ancora i floppy disk,
mi ricordo. Andavo al corso e il professore spiegava dei concetti di
tecnologia: mi sembrava di essere tornato a scuola. Mi spiegava
programmi di videoscrittura e usavo anche la clip art che mi piaceva
molto. All’inizio andavo abbastanza bene, ma poi le lezioni erano
sempre più difficili e non riuscivo a starci dietro, così ho
abbandonato. A casa avevo il computer, ma non l’ho mai usato molto.
Qualche anno fa si ruppe e non l’ho più aggiustato.
Silvietta: “ho iniziato ad usare il computer nel 2000 quando avevo 25
anni. E’ stata per me una bella esperienza fin da subito, anche se non
è stato facile entrare in quel mondo ed in particolare imparare i vari
programmi rappresentati dalle icone sul monitor. Facevo certi
“paciughi” a volte, tanto che mia sorella come nickname ha voluto che
mi chiamassi “paciughina”. Il mio rapporto con il computer non è sempre
uguale: a volte mi piace e mi diverto, altre volte avrei voglia di
buttarlo via e di romperlo. Mi piace guardare immagini, ascoltare
musica.”
Fabrizio: “Il mio primo approccio al computer è stato durante il
periodo del militare, più di 20 anni fa. Me lo fecero fare perché mi
occupavo della gestione dei permessi all’ufficio personale. Mi
insegnarono a gestire grafici, tabelle e dati. Non mi è mai piaciuto
molto e per anni poi non l’ho più usato. Da qualche tempo, dopo aver
fatto un corso al “Tasso” ho ripreso ad usarlo, ma in un modo
completamente diverso. Ne ho anche comprato uno e sono sempre collegato
su facebook per conoscere nuovi amici e rimanere in contatto con quelli
che già ho”.
Oriano: “Il mio primo approccio al computer è stato 5 anni fa quando mi
venne in mente di iscrivermi ad un corso a pagamento per imparare ad
usare programmi per computer. Era un corso tenuto da un ingegnere molto
bravo, ma era molto difficile e ad un livello che mi era difficile
seguire.
Nonostante questo sono sempre andato fino alla fine e ho anche preso
appunti, ma non posso dire di aver imparato quello che mi hanno
insegnato perché ad oggi non ricordo nulla. Non ho mai avuto un
computer ed anche ora che mi trovo in un gruppo appartamento nessuno di
noi ne possiedo uno.
Quest’anno però, mi sono iscritto ad un corso di informatica di base e
sto aspettando settembre per ricominciare”.
Mario: “E’ stata una mia amica ad insegnarmi negli anni ’90 ad usare
Word ed Excel, solo in un secondo momento, nel 2001, mi iscrissi ad un
corso che rilasciava patente informatica ECDL core, che è la patente
europea del computer. Al corso insegnavano 4 software applicativi:
Word, Excel, Power Point e Access; e internet e la posta elettronica.
Da allora tutti i giorni uso il computer, ma mi sono dimenticato sia
Power Point che Access.
Attualmente faccio il tutor ad un corso di informatica di base. Mi
sento abbastanza preparato e competente, ma mi piacerebbe avere più
intuito per poter usare alcuni programmi nuovi come facebook che
richiedono molta capacità intuitiva.
Associazione UmanaMente
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Dal cuore alla matita
Con il “copia e incolla”, funzione molto utile dei
programmi di scrittura, il computer ci permette di rielaborare i nostri
testi con gran facilità. Addio cancellature, errori e scarabocchi. Ma
anche addio varianti, interessanti spie dei ripensamenti e dei percorsi
logici degli autori, e addio grafia, personalissima manifestazione di
sé, suggestivo tramite tra il cuore e la matita… (NDR)
Ale
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Io odio… io amo… il computer
Chi scrive – incredibile, ma vero- non ha ancora il
computer e non lo sa ancora usare. Ha frequentato tre corsi di pc, ma,
non potendo mettere in pratica quanto imparava a lezione, dimenticava
tutto quasi all’istante. Ha già prenotato da Darietto ( il ragazzo che
si occupa dell’impaginazione de Il Faro), il computer che usava prima
(ora ne ha acquistato uno più avanzato), ma non ha ancora potuto
comprarlo per problemi economici.
Domani – 17 aprile – inizierà un corso di computer per persone che già
lo sanno usare, ma teme che succederà come le altre volte: tanta
teoria, ma poca pratica.
Chi scrive, nei confronti del pc, ha una sorta di odio/amore: odio
perché tutto le sembra difficile e complicato, amore perché si rende
conto che con il pc potrebbe usare la posta elettronica, internet e
memorizzare tutto quanto scrive senza bisogno di fare la brutta e la
bella copia per lettere e scritti vari. Chi scrive ama scrivere e ama
le penne, ma sa che con il computer sarebbe tutto più facile. E poi…
potrebbe vedere "Il Faro" a colori e comunicare con tante più persone
che ormai usano sempre e solo il pc.
Con il giusto programma vedrebbe le persone con le quali comunica, e
questo sarebbe veramente bello. Con internet potrebbe ascoltare musica,
vedere film, avere le ultime notizie, entrare in quei siti di programmi
radiofonici e televisivi che tanto le piacciono. Avrebbe la possibilità
di conoscere date di mostre, orari di treni, avere ricette, entrare in
musei e biblioteche. Si aprirebbe un mondo vario e fantastico che ad
una persona curiosa di tutto e di più – per ora – è impossibile
raggiungere.
Dopo il primo incontro per usare il computer si è resa conto di aver
memorizzato veramente poche cose dei tre corsi in precedenza fatti:
“apri e chiudi, finestra, icone, risorse del computer, crea una nuova
icona”. Chi conosce bene il pc e sa usarlo direbbe che sono tonta o
negata, ed è vero; davanti a cose tecniche o elettroniche, chi scrive
si sente proprio così. Pensate che ha imparato a inviare e ricevere sms
con il cellulare dopo due anni che le era stato regalato e lo stesso
per memorizzare i numeri nella rubrica del telefonino! Si potrà essere
più asini?!
Dopo il secondo incontro per l’uso del pc, chi scrive continua a
sentirsi come davanti ad una macchina infernale, misteriosa e
sconosciuta e pensa: “ I bambini delle elementari lo usano senza
problemi ed io, che ho già alle spalle tre corsi fatti, mi sento ancora
male!”. Possibile? Decisamente deve comprarlo e averlo tutto per sé, e
… forse succederà come per il telefonino. Ad un tratto dirà : “Ma è
facile! Ci voleva tanto, per capire e mettere in pratica quanto prima
sembrava così difficile?”.
Tina
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Sono appassionato di computer
Sono un appassionato di computer e per un breve periodo
ho smontato e assemblato hardware.
Questa è la procedura che mi ricordo: aprite il case svitando le viti
di sicurezza, liberatelo dai coperchi facendoli scorrere. Procediamo ad
ancorare il processore, la cpu, al connettore a zoccolo della scheda
madre. Sollevate la levetta metallica di bloccaggio del soket. Inserite
delicatamente la cpu sullo zoccolo, facendola scivolare senza sforzo e
facendo attenzione ai pin e al giusto posizionamento del processore,
poi riabbassate la levetta, assicurando la cpu al supporto. Con la
punta del cacciavite depositate un po' di pasta termoconduttiva sulla
cpu. Infine agganciate il dissipatore di calore con la relativa
ventolina di raffreddamento, semplicemente facendo pressione sul
gancetto di ferro che attraversa il dissipatore stesso. Naturalmente
dovrete ricordarvi di collegare la ventolina all'alimentazione.
Il montaggio delle memorie ram sulla scheda madre è un operazione molto
semplice. Si tratta di fissare un circuito elettronico lungo circa 10
centimetri negli slot della scheda madre. Le schede sono state studiate
in modo da impedire lo scorretto posizionamento. Quando le scanalature
si sovrappongono alle tacche presenti nello slot, applicando una
leggera pressione, le due alette laterali di colore bianco bloccano il
circuito. L'operazione va ripetuta per il numero di ram utilizzate.
Ora fissiamo la scheda madre alla piastra del case. Smontate la piastra
dal telaio montate i distanziatori facendoli coincidere con i con i
punti di fissaggio della scheda madre. Bloccate la scheda madre con le
apposite viti. Questi pezzi sono di solito a corredo sia del case sia
della scheda madre. Avvitate con delicatezza facendo attenzione a non
stringere in maniera eccessiva. Per montare le schede è sufficiente
spingerle nello slot appropriato in modo che la barra dorata si infili
completamente nello slot, prima però dovrete aprire i vani nel case per
permettere i collegamenti esterni. Inserite la della scheda. Inserite
la scheda audio in uno slot pcai libero esercitando una certa
pressione. Inserite la scheda modem in un altro slot pcai libero.
Collegate con l'apposito cavetto la scheda usb alla scheda madre.
Fissate l'aletta con una vite al case, ripetete la stessa operazione
per le alette delle altre schede. Connettete la scheda audio al cd-rom
tramite il cavetto audio fornito con il lettore cd stesso.
Installiamo le memorie di massa hardisk e cd-rom. Prima di tutto
assicuriamoci che i ponticelli di entrambi i componenti siano
posizionati su master. Montiamo il cd-rom, bisogna inserirlo
nell'alloggiamento da 5,25 pollici presente nella parte alta del case,
togliete la mascherina e fatelo scorrere verso l'interno del case
assicuratelo al telaio tramite le viti in basso negli alloggiamento da
3,5 pollici fissate il disco rigido. Affrancatelo con le viti tramite
le fessure combacianti tra i due elementi. Riposizionate la piastra a
cui è affrancata la scheda madre, controllando di far combaciare i fori
della mascherina del case con le prese saldate alla scheda madre e
avvitatela. Collegate i componenti con le prese d'alimentazione.
Scegliete i connettori da un pollice per l'hard disk e il cd-rom. Per
ultimo quello grande, il connettore atx per alimentare la scheda madre.
Tutti i cavi e le prese hanno delle chiavi che garantiscono il corretto
inserimento.
Siete pronti a chiudere il case. Dal manuale della scheda madre
seguite le indicazioni per collegare i cavetti del case che si
riferiscono al tasto di reset, quello di accensione e le spie a led che
indicano se il pc è acceso e se l'hard disk è in attività. Se le
infilate in modo sbagliato basterà spegnere il pc ed invertire il senso
di inserimento. Controllate che tutti i collegamenti siano ben fissati.
Chiudete il case. Collegate le principali periferiche esterne: la
tastiera, il mouse, il monitor, il cavo telefonico, le casse acustiche,
collegate alla presa elettrica e accendete il computer.
Alessandro Rò
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Hacker!
Ho una grande passione per gli hackers anche se non mi
sento uno di loro, perché per essere un vero hacker devi prima di tutto
saper programmare in diversi linguaggi, ad esempio visual basic oppure
cc o phaiton. Devi conoscere l'inglese, se no meglio lasciar perdere.
Io conosco due tipi di hackers: quelli buoni e quelli cattivi. Quelli
buoni sono quelli che si introducono nel vostro computer scoprendo
porte e servizi vulnerabili per correggerli. Quelli cattivi sono quelli
che rubano informazioni e manomettono sistemi.
Un attacco frequente è quello dell'invio di file infetti che si
trasmettono tramite le e-mail o anche quando navighiamo tranquillamente
in internet. Un file sospetto è quello che finisce con “punto exe”. Se
non siete sicuri del mittente non apritelo.
Createvi una password piuttosto lunga e alfanumerica.
Io personalmente ho imparato molte cose osservando un tecnico lavorare,
cosa che faccio tutte le volte che vedo qualcuno smanettare sui pc.
Se volete diventare hacker su internet ci sono: chat, news, faq ecc..
per diventare dei veri e propri professionisti.
Leggete libri e riviste al riguardo, sono il miglior metodo per
imparare.
Alessandro Rò
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Non modo verba sed etiam scripta
volant (1)
Per quel che riguarda le comunicazioni attraverso
Internet, mi par proprio che il detto latino "Verba volant, scripta
manent" debba essere rivisto, e questo in entrambi i sensi che esso ha
avuto(2): da un lato la parola scritta su Internet si propaga a una
velocità incomparabilmente maggiore di quella delle parole che
pronunciamo nella vita di tutti i giorni; dall'altro le comunicazioni
tramite Internet, sebbene scritte, hanno una volatilità ed
un'impermanenza, che nell'epoca dell'oralità neanche la parola
pronunciata aveva. Un sito che ieri c'era, oggi non esiste più; un
tizio con cui ieri avevamo "chattato", oggi è non è più rintracciabile
(e forse non è mai esistito, date le identità fittizie che
frequentemente si usano in Rete). Questo solo per introdurre
l'argomento di cui vorrei parlare: le mutazioni che le nuove forme di
comunicazioni stanno introducendo o potranno introdurre nel futuro
sulle nostre strutture di pensiero e sulle nostre modalità di
relazionarci agli altri.
Alcune di esse sono state notate sin da ora; uno studio effettuato
negli Stati Uniti mostra -per esempio- che tra gli adolescenti (la
categoria ovviamente più esposta ai cambiamenti) che fanno uso
intensivo di Internet, vi è un forte incremento del cosiddetto fenomeno
dell'upspeak: il terminare le frasi in tono crescente e leggermente
dubitativo, quasi che quanto si dice sia una domanda, piuttosto che
un'affermazione. Come se i loro pensieri necessitassero della convalida
delle altrui reazioni.
Internet certamente ci fornisce delle possibilità di comunicazione mai
prima realizzatesi, con l'unica discriminante della conoscenza della
lingua possiamo entrare in contatto con persone indipendentemente da
quanto lontano esse si trovino, dalla loro razza, sesso, età,
religione, classe sociale etc. Ma va notato che sebbene le
comunicazioni in Rete possano avere delle caratteristiche proprie delle
comunicazioni verbali vis-à-vis (interattività, colloquialità,
estemporaneità), differiscono enormemente da queste per almeno due
ordini di motivi. Innanzitutto vi è un grande assente: il corpo degli
"interlocutori"; questo fa sì che queste comunicazioni siano
estremamente più povere di quelle di persona. In un abituale colloquio
ciò che diciamo è solo una piccola parte di ciò che comunichiamo:
l'intonazione della voce, le espressioni del volto, il linguaggio dei
gesti, fors'anche i ferormoni che emaniamo, rivelano molto più delle
nostre parole.
In secondo luogo (ma a ben vedere le due osservazioni sono tra loro
strettamente interconnesse) lo schermo del computer nello stesso
momento in cui ci unisce a tante persone, ce ne separa. E il fondato
sospetto è che uno dei motivi del prorompente successo delle
comunicazioni in Rete, sia proprio la presenza di questo schermo
protettivo. La comunicazione in Rete ci dà un senso di sicurezza perché
ci consente di rivelare di noi stessi solo ciò che vogliamo, anzi,
creiamo di noi stessi un'immagine fittizia da proporre agli altri che
appaga il nostro ego (e spesso in diversi contesti proponiamo immagini
fittizie differenti). E come non sembriamo disposti a rivelare noi
stessi, così sembriamo tutt'altro che propensi ad accettare gli altri
nella loro compiutezza. È come se si prediliga una comunicazione di
puri spiriti incorporei, liberati dal peso della materia, ma così, di
fatto, si nega l'autentica umanità dell'interlocutore, che puro spirito
non è di certo. E quand'anche la comunicazione così contraffatta
assumesse per noi un andamento sgradevole, ci basta un click per
sottrarci ad essa e sparire nell'infinità della Rete. Ma così si perde
l'autentica ricchezza della comunicazione con l'altro, il comprendere
il suo modo di porsi nel mondo, il divenire partecipi della sua sfera
emotiva, lo scoprire le sue fragilità mentre scopriamo le nostre.
Naturalmente si può sostenere che la modalità di comunicazione in Rete
appena illustrata non sia che un gioco, di cui si conoscono le regole e
i confini. Ma non è facile allontanare il timore che il diffondersi
sempre più capillare ed esteso di tali modalità e l'abituarsi ad esse
possano poi rendere più difficili di quanto già non siano i rapporti
interpersonali nella vita reale.
Un altro aspetto della comunicazione in Rete, messo in evidenza da vari
autori, sono le componenti regressive della stessa: il linguaggio si fa
più sboccato, l'atteggiamento più litigioso, sembrano cadere molti
freni inibitori, si dicono cose che in una relazione faccia a faccia
non si direbbero, si rifugge da ogni complessità, per rifugiarsi in una
semplificazione estrema, si affastellano gli argomenti l'uno
sull'altro, anziché strutturarli in un ordine logico. Il timore è
allora quello che il "villaggio globale" preconizzato da McLuhan, del
villaggio assuma anche gli aspetti più deteriori. Passi bisticciare al
bar per la squadra del cuore (che può comunque avere un ruolo di
rafforzamento dei legami in una piccola comunità), ma farlo su Internet
con un perfetto sconosciuto, di cui ignoriamo ogni cosa, appare davvero
poco sensato.
Un altro aspetto per me sgradevole di Internet è la natura aforistica
di molti siti, quasi che la brillantezza e l'icasticità di
un'affermazione (molto spesso, però, tratta da altri: il copia-incolla
pare una delle principali attività della Rete) possa sostituire il
rigore, ed anche la fatica, dell'argomentare razionale. E l'ipertesto,
con la sua capacità di trasportarci con un semplice click da un testo
all'altro, spingendoci di rimando in rimando, sembra fatto apposta per
navigare sulla superficie, sia pure di un oceano sterminato, senza mai
approfondire adeguatamente nessun argomento.
Un altro punto che vorrei esaminare riguarda il futuro, se pur ne avrà
uno, del testo scritto. Al momento sembra di assistere ad un aumento
della comunicazione scritta rispetto a quella parlata (si pensi solo a
quante persone preferiscono inviare un SMS, piuttosto che fare una
telefonata), ma è facile prevedere che grazie allo sviluppo delle nuove
tecniche di riconoscimento vocale (che permettono la conversione della
parola in testo) nel giro di pochi anni si detteranno e si ascolteranno
i messaggi al computer o allo smartphone, senza bisogno di scrivere o
leggere alcunché.
C'è allora da domandarsi che fine farà il testo scritto; parlo in
prospettiva, per le nuove generazioni; per chi, come me, sin da bambino
ha usufruito dei testi principalmente attraverso i libri, sarà comunque
impossibile rinunciare al piacere di sfogliarne le pagine, di sentirne
l'odore, di sentirli scrocchiare sotto le proprie mani. Tre sono le
possibilità realistiche: o tutto resta grosso modo come prima, o
sparisce (o almeno resta marginalizzata) l'attività dello scrivere,
sostituita da sparisce il testo scritto in quanto tale. Tutte e tre le
tesi hanno i loro sostenitori. A me l'ultima sembra davvero poco
credibile. Come nota l'antropologo Dan Sperber, la lettura di un testo
ha degli insostituibili vantaggi rispetto al suo ascolto, e questo sia
a livello di fruizione del testo, in quanto la lettura consente al
lettore di seguire i propri ritmi interni, e non quelli del locutore,
sia a livello di creazione del testo, perché avere di fronte agli occhi
il testo che via via si compone, significa averne simultaneamente
presente ogni sua parte, mentre nell'ascoltarlo il testo si presenta in
maniera sequenziale, frase dopo frase, e chiunque abbia pratica di
scrittura sa bene che la simultaneità è molto più aderente al concreto
farsi di un testo sufficientemente complesso rispetto alla
sequenzialità.
Io credo però che anche la tecnica della scrittura sopravvivrà alla
rivoluzione telematica, magari si scriverà su una tavoletta grafica o
su un monitor, anziché su un foglio o su una tastiera, ma si continuerà
a scrivere. D'altro canto sembrerebbe contradditorio che mentre si
procede sempre più decisamente verso una civiltà dell'immagine, proprio
il testo debba perdere il proprio aspetto visivo. Se, come credo, si
andrà verso una creazione di testi sempre più multimediali, dove
accanto al testo propriamente detto compariranno figure, grafici,
immagini, video e quant'altro (che ovviamente possono essere visti, ma
non ascoltati), sarà inevitabile che anche il testo scritto faccia
parte di questa "videata".
Naturalmente questo non significa che per brevi e semplici
comunicazioni la dettatura-ascolto non possa sostituire la
scrittura-lettura, anzi lo ritengo probabile, ma l’attività dello
scrivere non scomparirà.
NOTE
(1) Non solo le parole volano, ma
anche gli scritti.
(2) In origine il detto latino aveva una valenza differente da quella
attuale: le parole, volando di bocca in bocca, possono raggiungere i
confini dell'orbe terraqueo, i manoscritti (allora rari e molto
costosi), invece, restano pesantemente ancorati agli scaffali di
qualche biblioteca.
Antonio Marco Serra
|
Il computer: uno strumento, un
amico, un nemico
“Visto che te ne stai sempre attaccato al computer,
sarai pur capace di parlarcene un po’ per il nostro giornale ….”
Parte da qui questo “pezzo”, quasi una bonaria ironia
per le molte ore che trascorrevo davanti allo schermo mentre mi
riprendevo da un fastidioso malanno.
Facilissimo, è stato il primo pensiero: basta riempire un paio di
paginette con richiami a Bit, Ram, Gigabyte, Motherboard, Pdf, USB,
Word, Excel, LAN, Blog, Web, http\\, Pop-up, Popeye, Olivia, Spinaci,
Mouse (Mickey?) Paperino ….. no, forse così non va, sia perché non sono
un tecnico informatico e non sarei quindi in grado di trattare questi
temi, sia perché già esistono migliaia di pubblicazioni e di manuali,
alcuni molto ben fatti, scritti appositamente sia per principianti o
anche per esperti.
E allora? E allora, perché non parlare invece di come il computer entra
nella nostra vita di tutti i giorni, migliorandola o talvolta
complicandola, appassionandoci, fino anche a diventare una sorta di
“tossicodipendenza”, o facendoci arrabbiare al punto di aver voglia di
scaraventarlo fuori dalla finestra. Che cosa ha dunque di così bello e
attraente il computer? Proviamo a catalogare una decina tra quelli che
sono comunemente ritenuti i suoi principali punti di forza:
1) Un bottone e pochi click e ….
magia! Tutto il Mondo è davanti ai tuoi occhi e lo puoi esplorare nella
tua lingua, senza bisogno di interpreti, o anche nella lingua
originaria del Paese estero, se la conosci e tutto stando seduto a casa
tua, senza dover affrontare lunghi e costosi viaggi.
2) Facile accesso ad ogni tipo di informazione, semplicemente scrivendo
nell’apposito riquadro (finestra di ricerca) le parole chiave di ciò
che mi interessa cercare. Se ad esempio scrivo “bus Bologna” o anche
“Bologna bus” mi appare subito lo spazio (il cosiddetto “sito” della
“ATC”, l’azienda dei trasporti comunali di Bologna) e lì trovo orari,
percorsi, costi etc.. Se scrivo Santo Stefano Bologna mi appare il sito
della Basilica di Santo Stefano di Bologna, con la sua storia,
fotografie, orari di apertura (da verificare al telefono perché
potrebbero non essere aggiornatissimi). Se scrivo “Via col vento” mi
appare un sito con la trama e gli attori del famoso film, e anche il
film stesso (ma se non sto attento mi appare anche il sito di una
società che vende barche a vela, nulla a che vedere col film…).
3) Niente tempi morti delle Poste: posso scrivere una lettera (“mail” o
“e-mail” = “electronic mail” = posta elettronica) a un amico, un
parente, un cliente che in pochi minuti, sia esso al piano di sotto o
anche dall’altro capo del Mondo in Papuasia, la riceverà e in
altrettanti pochi minuti (se ne avrà voglia ….) mi risponderà. Una
meraviglia rispetto ai giorni (talvolta settimane) impiegati dalle
“Reali Poste a cavallo” per recapitare una busta col francobollo.
4) Interi fascicoli e plichi di documenti, anche di decine e decine di
pagine (es.: contratti, cartelle cliniche, poesie, fotografie, etc.
etc.), possono essere mandati al nostro interlocutore come “allegati”
alla “mail” senza costi aggiuntivi e senza andare a far la fila allo
sportello postale dei “pacchi”.
5) Possibilità di archiviare nella memoria del computer migliaia e
migliaia di lettere, documenti e fotografie (io ne ho circa 95.000)
scritti in “formato elettronico” (il famoso word per le lettere, excel
per gli schemi di calcolo, etc.) che altrimenti intaserebbero gli
armadi e i cassetti di casa.
6) Possibilità di ritrovare quei documenti e fotografie in pochi click,
senza cercarli in un archivio polveroso o dover “rivoltare” tutta casa
senza ricordarci in quale diavolo di cassetto avevamo messo la
raccomandata di disdetta dell’abbonamento alla rivista che non vogliamo
più ricevere.
7) Possibilità di riutilizzare quei documenti per crearne di nuovi,
anche diversi o destinati a persone diverse, avendo una “base” di
lavoro senza dover riscrivere ogni volta tutto daccapo a penna o con la
macchina da scrivere. O anche solo di attingere a quei documenti per
copiare intere frasi o paragrafi che ci servono per la nostra nuova
lettera (il famoso “copia/incolla”).
8) Facilità di correggere errori o modificare interi capitoli della
nostra lettera o del nostro documento anche quando siamo già arrivati
all’ultima riga dell’ultima pagina senza dover impazzire con la gomma
da cancellare o dover riscrivere intere pagine dattiloscritte con la
macchina da scrivere solo perché una riga o paragrafo erano sbagliati.
9) Possibilità di leggere il giornale o di scegliere, comprare e
leggere un libro direttamente sullo schermo del computer (o dei recenti
“Tablet”, delle sorte di computer/tavoletta appositamente concepiti per
viaggiare sempre con noi), senza dover andare dal giornalaio o in
libreria.
10) Possibilità di parlare (e gratis) con un amico o un parente
sentendone la voce e vedendolo sullo schermo anche a migliaia di
chilometri di distanza (avete presente l’anziana cara zia emigrata in
Australia?), grazie a sistemi di trasmissione a distanza di voce e
immagini in diretta (come ad esempio Skype) mediante un piccolo
microfono e una piccola telecamera applicati al computer.
Bellissimo, che favola, che comodità, però ……. però ogni rosa ha le sue
spine, anche molto appuntite, che tuttavia possono essere evitate con
un po’ di attenzione…..:
1) Un bottone e pochi click …. ma
bisogna sapere quale bottone e quali click e dove, altrimenti non
capirò perché il computer resta spento (magari ho spinto il bottone di
accensione della stampante) o perché mi mostra informazioni sulla
metropolitana di Roma e non sul tempo che fa a Roma (magari ho scritto
“metro Roma” anziché “meteo Roma”). Prima di farsi prendere da rabbia,
frustrazione etc. verifichiamo se abbiamo fatto le manovre giuste.
2) Facile accesso ….. talmente facile e affascinante poter vedere di
tutto su tutto il mondo e poter passare da un argomento all’altro, che
si perde la cognizione del tempo e solo dopo ore ci si accorge di aver
saltato il pranzo, di non essere usciti di casa a far la spesa o di non
aver fatto gli auguri di compleanno alla moglie (o marito). Questo è un
rischio rilevante e reale, al punto che negli USA esistono addirittura
dei centri di disintossicazione per la dipendenza da computer, proprio
come per gli alcolisti. Alzare la testa ogni tanto per guardarsi
intorno o mettere una sveglietta sono ottimi rimedi.
3) Niente tempi morti delle Poste …. ma è così facile e veloce mandare
una mail (posta elettronica), che si rischia di dimenticare il contatto
umano. Il telefono però esiste ancora e anche i piedi per muoversi:
usiamoli, perché un “click” o una mail (o anche una telefonata con
Skype) non potranno mai sostituire il calore della voce di un amico o
l’abbraccio di un parente.
4) Interi fascicoli e plichi di documenti, possono essere mandati come
“allegati” alla “mail”: qui non ci sono grandi controindicazioni salvo
che gli allegati che vogliamo inviare siano così “pesanti” (si misurano
in megabyte) da essere bloccati dal sistema di posta elettronica. Si
misurano in megabyte e oltre i 4-5 megabyte è difficile che “passino”.
Ma molta attenzione va posta anche nel mandare l’allegato giusto alla
persona giusta, altrimenti diventa imbarazzante spiegare al proprio
capo perché anziché la relazione di lavoro gli abbiamo mandato una
struggente poesia d’amore (che era invece destinata alla nostra
compagna/o).
5) Possibilità di archiviare nella memoria del computer migliaia e
migliaia di lettere, documenti e fotografie: bellissimo, pratico e
“salva spazio”, ma è alto il rischio che per un guasto del computer (il
disco interno periodicamente può rompersi) o per un “virus” entrato
attraverso Internet, il nostro archivio vada irrimediabilmente e
definitivamente distrutto senza nessuna possibilità di recuperarlo
(salvo tentativi costosissimi, da svariate centinaia di Euro). E’ forse
il peggio che possa capitare: anni di ricordi e di lavoro svaniti per
sempre, come se fosse tutto bruciato e il vento avesse anche portato
via la cenere. C’è un modo per evitarlo o almeno minimizzare: basta
solo avere l’accortezza di duplicare periodicamente (ma non solo una
volta ogni due anni) i nostri dati, lavori, fotografie etc. su un
secondo disco, esterno al computer, collegabile attraverso un cavetto,
che poi conserveremo in una stanza diversa da quella dove è il
computer, così che in caso di catastrofe non tutto sarà andato perduto
e potremo recuperare i nostri ricordi e i nostri lavori.
6) Possibilità di ritrovare quei documenti in pochi click …. A patto di
essere stati ordinati prima e ricordarsi in quale “armadio” (i
“folder”, quelle cartellette gialle che vediamo quando accediamo ala
cartella “documenti”) li abbiamo riposti e in quale “cassetto” (gli
ulteriori “folder” dentro ai primi), altrimenti perderemo molto tempo a
cercare i nostri documenti (o forse non li troveremo mai) proprio come
se mettessimo i calzini nel cassetto delle tovaglie e le forchette
nell’armadio delle scope. E sarà bene che diate ai vostri documenti (i
famigerati “files”) un nome, mano a mano che li create, che sia
comprensibile con immediatezza, come ad es.: “Disdetta Abbonamento
Viaggi Felici” (se lo chiamaste “Disdetta Abbonamento” o, peggio
ancora, - come ho visto fare – “Lettera 1”, “Lettera 247” etc., come
farete tra sei mesi o un anno a riconoscerlo senza dover aprire decine
di lavori (files) per vedere che cosa c’è scritto dentro?
7) Possibilità di riutilizzare quei documenti per crearne di nuovi. Ma
è molto facile distrarsi un attimo, modificare il documento di partenza
aggiungendo e cancellando e poi dare il comando di “salva”. Peccato che
così facendo avrete salvato il nuovo documento con tutte le modifiche
fatte, ma perso per sempre il documento da cui eravate partiti, come se
per fare una nuova lettera aveste preso una vecchia lettera e l’aveste
modificata con forbici, colla e aggiunte varie: avrete la nuova
lettera, ma la vecchia non ci sarà più. Attenzione quindi, dopo aver
aperto un documento che si vuol “riciclare”, a dare prima il comando di
“salva con nome”, dare un nuovo nome al lavoro dicendo al computer
anche in quale armadio o cassetto volete riporlo, chiudere il
documento, andare nell’armadio o cassetto dove lo avete appena riposto,
riaprire il “nuovo” documento col suo nuovo nome e solo allora iniziare
a modificarlo. Altrimenti avrete distrutto la matrice che vi deve
servire anche per altri futuri lavori.
8) Facilità di correggere errori o modificare interi capitoli: anche
qui non ci sono particolari “spine” con cui pungersi, salvo stare
attenti a che i paragrafi che vogliamo spostare da un capo all’altro
del documento, una volta “tagliati” (col simbolo delle forbici) vengano
reincollati nel punto giusto della lettera e che tutto quel che
vogliamo eliminare venga eliminato. Si vedono spesso esilaranti lettere
vittime di “taglia/incolla” distratti, in cui in un discorso appare
all’improvviso un “distinti saluti” (ma mancano ancora venti righe alla
fine della lettera) oppure appare in fondo, al posto dei saluti un
“Ciao Mario, spero che stiate tutti bene”.
9) Possibilità di leggere il giornale o un libro direttamente sullo
schermo: molto comodo e pratico, a patto di non avere bisogno frequente
di tornare indietro a trovare una frase o un riferimento che abbiamo
letto non sappiamo più su quale pagina precedente, perché in questo
caso sfogliando la carta, grazie anche alla memoria visiva, troveremmo
subito quel che ci serve, mentre sullo schermo al massimo vediamo una
pagina per volta e se quel che ci serve è dieci pagine prima
faticheremo non poco per ritrovarlo.
10) Possibilità di parlare (e gratis) con un amico o un parente
sentendone la voce e vedendolo sullo schermo: impareggiabile se l’amico
o parente è lontano, ma attenzione a non perdere i contatti umani
(vedasi punto 3).
In conclusione quindi, utilissimo, affascinante e prezioso il computer,
impareggiabile nel rendere più facili molte delle nostre incombenze
quotidiane, ma, come tutte le cose, dobbiamo prima aver la pazienza di
apprenderne l’uso e poi dobbiamo utilizzarlo senza diventarne
“tossicodipendenti”: tutti abbiamo imparato pazientemente, anche
cadendo, a camminare, andare in bicicletta e spesso guidare
un’automobile perché ci serviva, ma non per questo guidiamo o
camminiamo 24 ore al giorno, e impariamo a pilotare un aereo solo se ci
serve, altrimenti i piedi, la bicicletta e l’automobile sono
sufficienti.
Un’ultima accortezza: usare il computer per girovagare (“navigare”) sui
vari siti di Internet può far salire molto la bolletta telefonica (già,
il computer si collega al telefono per andare su Internet) e può avere
dei rischi di fare brutti incontri (i famigerati “virus” che entrano
nel computer proprio attraverso la linea telefonica e una volta dentro
aggrediscono i vostri lavori distruggendoli o i programmi di
funzionamento rendendo inservibile il computer): per evitare salassi
sulla bolletta telefonica basta fare col vostro gestore telefonico un
abbonamento “tutto compreso” con Internet “illimitato”, mentre per
evitare l’aggressione dei virus (o almeno renderla difficile), basta
installare un apposito programma antivirus (ce ne sono molti e validi
in commercio), che dovrete aver cura di far aggiornare in automatico
dal computer stesso ogni volta che lo accendete, altrimenti già dopo
due-tre giorni non serve molto (ogni giorno vengono messi in
circolazione centinaia di nuovi virus e un antivirus aggiornato due
giorni fa non sarà in grado di riconoscere i virus inventati stamattina.
E adesso: buon divertimento!
Paolo Arata (professionista che fa abitualmente uso del
computer)
|
L’informatica aiuta a vivere
meglio
Intervista di Costanza Tuor
a un amico esperto di informatica
● Quali sono gli aspetti più positivi nell’uso
dell’informatica?
Mentre quindici anni fa l’informatica serviva
sostanzialmente per migliorare la produttività lavorativa o per
produrre videogiochi sempre più raffinati come mezzi d’intrattenimento,
da ormai poco più di dieci anni è inevitabile considerare l’informatica
a partire dalla rete internet e dal moltiplicarsi del numero di utenti
collegati alla rete. La possibilità di comunicare e le possibilità di
accesso all’informazione sono vertiginosamente cresciute.
Tuttavia questo aumento iperbolico richiede sforzi notevoli agli
utilizzatori della rete. È necessario, infatti, imparare a selezionare
le informazioni.
Diventa un’esigenza sviluppare nuove risorse e capacità di giudizio e
soprattutto nuove strategie di selezione. Inoltre lo stesso utente può
anche inserire informazioni in rete. Si diventa, quindi, protagonisti
perché ci si ritrova al centro di una comunicazione a vari livelli ed è
quindi fondamentale imparare a valutare a che tipo di informazione
stiamo accedendo e come poterla leggere e utilizzare. Nel mondo attuale
non si può più pensare di rimanere senza accesso alla rete. Così come è
accaduto per l’uso del cellulare, le abitudini e le dinamiche sono
cambiate. Sembra indispensabile essere “tracciabili”, sempre
contattabili.
Naturalmente questi cambiamenti vanno a influire anche sull’aspetto
educativo perché tramite la rete si entra in contatto con informazioni
dirette che hanno bisogno di essere analizzate sotto molti punti di
vista. Non posso essere passivo nell’uso dell’informatica, è richiesta
una capacità critica che devo acquisire.
● Di cosa si parla quando si parla di domotica e ausili
tecnologici?
La domotica, come dice bene la definizione di
wikipedia, è una scienza interdisciplinare. La parola stessa ricorda la
domus, casa in latino.
“Diverse tecnologie e professionalità come ingegneria edile,
automazione, telecomunicazioni e informatica mettono insieme le loro
competenze per migliorare la qualità della vita nelle case. Sono,
quindi, diverse le professionalità tecniche che entrano in gioco, non
solo l’informatica, ma anche l’architettura e le telecomunicazioni, per
esempio. La casa diventa intelligente e può essere controllata
dall'utilizzatore tramite opportuni pulsanti e telecomandi, oppure
touch screen, tastiere o riconoscimento vocale. Queste funzioni
realizzano il contatto (invio di comandi e ricezione informazioni) con
il sistema intelligente di controllo, basato su un'unità computerizzata
centrale oppure su un sistema a intelligenza distribuita. Il sistema di
controllo centralizzato provvede a svolgere i comandi impartiti
dall'utente (ad esempio accensione luce cucina oppure apertura
tapparella sala), a monitorare continuamente i parametri ambientali
(come allagamento oppure presenza di gas), a gestire in maniera
autonoma alcune regolazioni (ad esempio temperatura) e a generare
eventuali segnalazioni all'utente o ai servizi di teleassistenza. I
sistemi di automazione sono di solito predisposti affinché
ogniqualvolta venga azionato un comando, all'utente ne giunga
comunicazione attraverso un segnale visivo di avviso/conferma
dell'operazione effettuata (ad esempio LED colorati negli interruttori,
cambiamenti nella grafica del touch screen) oppure, nei casi di sistemi
per disabili, con altri tipi di segnalazione (ad esempio sonora).
Lo scopo finale è automatizzare attraverso dei comandi. La volontà
dell’azione resta alla persona, ma la realizzazione passa attraverso
una serie di automazioni. L’azione finale è quindi la stessa, ma il
percorso per raggiungere lo scopo cambia modalità.
Un ausilio tecnologico applicato per esempio alla comunicazione
attraverso l’uso di un pc corrisponde alla creazione di un sistema che
permette di compiere una particolare azione in modo facilitato. Per
questo è evidente che un ausilio tecnologico viene incontro alle
caratteristiche proprie della persona. Un comando vocale può essere
utile per una persona che non può utilizzare gli arti ma ha, per
esempio, un buon controllo della voce, diventa invece inutile per una
persona muta.
● Come funzionano?
Il “sistema ausilio” costruito sulle caratteristiche
della persona permette alla persona di fare cose che altrimenti, nella
situazione in cui si trova, non riuscirebbe a realizzare. L’informatica
dà la possibilità di utilizzare e sfruttare strumenti più
personalizzati e migliorare l’efficacia dell’azione.
● Quale tipo di formazione è necessaria per utilizzare gli ausili
tecnologici?
Qualsiasi persona può utilizzarlo perché l’ausilio
viene personalizzato, adattandolo alle caratteristiche della persona.
Naturalmente è necessaria la presenza di un tutor in grado di
potenziarne la funzionalità. Per fare un esempio, se non possiedo
specifiche nozioni di informatica e voglio acquistare un nuovo personal
computer mi farò consigliare da un tecnico per scegliere un modello che
sia adatto alle mie esigenze, nello stesso modo il tutor/tecnico si
farà carico di aiutare a sviluppare un sistema d’intervento efficace e
personalizzato intorno alla persona che ne fa richiesta.
● Che cos’è Handimatica?
Handimatica è una mostra-convegno biennale. Quest’anno
si terrà nei giorni 22-23-24 novembre presso l’Istituto Aldini
Valeriani e presenterà tutte le innovazioni tecnologiche nel campo
degli ausili per la disabilità. È una fiera unica nel suo genere ed è
molto ricca di spunti per chi è interessato a queste possibilità oppure
necessita di tenersi aggiornato in questo campo.
Costanza Tuor
|
Il faro di Porto Corsini (Ravenna)
Questa bella foto del faro di Porto Corsini e la sua
rielaborazione al computer ci sono stati gentilmente inviati da
Maurizio Bolognesi (si veda anche nell'angolo della "Posta")
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Anziani.com.it
Come animatore sociale presso le case residenza per
anziani, cerco di farmi un’idea sulla futura anzianità delle
generazioni più giovani e mi chiedo… Ce la faranno a stare lontani dai
loro computer? Una persona come me, che con fortuna si trova a metà
della propria vita, forse potrà farne a meno. Dopotutto il mio primo pc
è arrivato quando avevo circa trent’anni, e nonostante a momenti sia di
grande utilità, non mi sono mai innamorata… ma potrebbe capitare più
avanti! Le nuove generazioni invece, vengono cullate dal computer.
Sentendo la voce degli anziani sulle loro conoscenze riguardo la
materia COMPUTER sono emerse alcune riflessioni.
Mi sono stupita perché, sebbene non si riuscisse ad approfondire molto
il discorso, la loro valutazione è stata piuttosto positiva:
“è una cosa molto utile…
una macchina che serve per scrivere composizioni scolastiche e private…
che è stata inventata non molto tempo fa…
una volta si usava la macchina da scrivere…
tante persone cercano anche la fidanzata o i fidanzati tramite il
computer…
come mezzo di comunicazione la gente si racconta barzellette…
vedevo mio figlio che lavorava a casa…
lo usano più gli uomini…
io non lo conosco ma mio figlio fa tutto col computer: scrive fa i
conti…
ti fa vedere tante cose, qualunque cosa…
è molto interessante ai tempi miei non c’era…
è venuto fuori dopo la guerra…
adesso ce l’hanno quasi tutti, anche i bambini…
tante persone si appassionano…
prima c’erano solo la radio, la tv e il giradischi…
è stata una bella invenzione!”.
Non male, vero? Stiamo parlando di persone avanti con gli anni (età
media ottanta).
Il nostro breve confronto, mi è molto servito per capire l’importanza
di avvicinarsi a loro da una posizione di “non sapere”, oppure con una
specie di sapere che è quello di “saper fare domande”. Se vogliamo
ottenere una socializzazione “pulita” bisogna fare molta attenzione,
per evitare che le nostre ipotesi possano influenzare i risultati della
nostra ricerca. In questo caso, le domande giravano attorno a che cosa
sanno loro (e non io) sulla materia computer e quali sono gli affetti
che accompagnano i loro concetti… Se gli atteggiamenti sono positivi,
neutrali, negativi…
Meno male che mi sono “beccata al volo”, mi sono accorta dei miei
pregiudizi mentre ponevo una serie di domande tendenziose che sono
riuscita ad eliminare presto. Mi aspettavo idee piuttosto negative del
tipo: il computer genera isolamento, una volta le persone erano più
solidali, comunicavano più tra di loro, senza gli apparecchi si
sviluppavano di più le capacità mentali e relazionali… e cose del
genere. Non dico che non siano delle risposte possibili, perché dopo
questa esperienza, ho posto la stessa domanda (questa volta con meno
intenzione), cioè “cosa mi sa dire dei computer, che ne pensa?” e mi
son trovata a sentire tutto ciò che mi aspettavo e non era avvenuto col
gruppo! Quindi una delle riflessioni sull’esperienza riguarda la
questione del “sapere”, che riferivo prima. Chi ha il sapere? Io, loro…
casomai… noi possiamo scambiare saperi, ma ci vuole un elemento
fondamentale, che è l’ascolto. Gli anziani hanno molto da dire (e in
questo senso, da dare). Necessitano del nostro interessamento sincero.
Loro hanno bisogno di gente che s’incuriosisca quando si esprimono, sia
con un discorso logico che fuori dalla logica; persone che abbiano
voglia di ascoltarli e che sappiano dialogare anche quando non si
capisce niente! Professionisti che si sviluppino in questo campo della
relazione e la cui presenza insieme all’anziano vada oltre il tentativo
di riaffermare le proprie convinzioni e saperi. Infine, professionisti
disposti a conoscerli e a stupirsi con le loro conoscenze… anche sul
moderno!
Queste persone che abitano nelle case residenza e che, in gran
proporzione, possono sembrare al di là del bene e del male, continuano
ad avere una vita emozionale intensa. Questa va curata… anche essa “va
ascoltata”. Allora possiamo parlare di uno scambio autentico tra il
professionista e l’anziano. È attraverso questa relazione che avviene
per entrambi un vero e proprio arricchimento.
L’altra riflessione si centra sui vantaggi che gli animatori sociali
trovano nell’avere a disposizione un minimo di tecnologia audiovisiva,
il che facilita in maniera decisiva il nostro impegno per stimolare la
vita degli anziani, soprattutto di coloro che abitano all’interno delle
case residenza.
Naturalmente il pc è fondamentale per la presentazione di tutta la
documentazione relativa al nostro operato: programmazioni,
progettazione con i corrispondenti protocolli per ogni attività o
iniziativa, elenchi, registri, relazioni e ogni produzione teorica e
cartacea. Le ricerche su internet possono fornire un'infinità di
materiali utili per le varie stimolazioni che noi animatori siamo
chiamati a fare: disegni da colorare (non infantili!), attività
ludiche, racconti, leggende, informazioni su fatti storici, festività e
tradizioni, immagini, musica e testi delle canzoni, e quant’altro ci
possa servire allo svolgimento creativo e consistente della
professione. Con una piccola macchina digitale possiamo scaricare le
foto, selezionarle per poi restituirle ai loro protagonisti, che si
guarderanno più che volentieri, magari insieme ai parenti, che vedranno
le fotografie, incuriositi e intenti dal voler sapere come trascorrono
le giornate i loro cari; un proiettore attaccato al computer può
ottimizzare i risultati favorendo loro durante la visione, oppure un
lettore DVD e una TV.
Da notare che dietro al lavoro che facciamo insieme all’anziano, c’è
tanta produzione, e questa richiede di investire e prevedere tempi
tradotti in ore lavorative. Faccio questa specificazione cercando di
aumentare i livelli di consapevolezza sul bisogno di rafforzare
l’importanza di offrire un servizio animazione di qualità. Dopotutto
l’animazione è quella che introduce fantasia, aggiungendo ritmo nella
quotidianità dell’anziano. Un’adeguata proposta di animazione sociale
va fatta non solo per generare allegria, ma anche per trattare aspetti
più spinosi della realtà, per raccogliere bisogni, stabilire rapporti,
costruire insieme una storia e un’identità, condividere concetti che
possano dare forma o “modellare” una certa filosofia di vita
all’interno della struttura.
Chi sa, se i nostri giovani una volta invecchiati capiteranno nelle
strutture per anziani e avranno a disposizione i computer per
collegarsi a internet? …
Mariana Parera (psicologa e animatore sociale)
|
Cara Arianna…
Sembra impossibile… sono già passati cinque anni!
Il Faro ha scelto di ricordarti dedicandoti lo spazio fisso
della poesia, perché la poesia ti piaceva tanto.
Negli incontri della redazione capita spesso di nominarti e
allora ci si sofferma un momento a parlare di te, con
commozione perché, Arianna, sei volata via troppo presto.
Qualcuno di noi ti ha conosciuta e ha condiviso con la tua
mamma il grande lutto, qualcuno invece non ha potuto
incontrarti, ma sa che eri una bella persona.
In occasione di questo triste anniversario, ci stringiamo a
mamma Gianfranca con tanto affetto.
Per Ary
30 giugno 2007 – 30 giugno 2012
Amore mio.
Sono passati cinque anni.
Un tempo infinito, un tempo che si è fermato.
In ogni istante della mia giornata sei nei miei pensieri.
Ho sempre creduto che questo servisse a farti vivere;
ora comprendo che serve a far vivere anche me.
Ti ho amata come ho potuto,come ho saputo, tantissimo.
Ti amo tantissimo.
E sarà sempre così.
mamma
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Nei sussidi di rimproveri
Nei sussidi di rimproveri
incolti e incustoditi
mi ricondussi ai manometri
di secondi inesatti: finirono
ai giorni delle lettere aperte
alle forze aeree marine
ed imparai a volare
Paola Scatola
Il computer
Coi falsi timori
entrai nella tua memoria
e la riempii di Beauty & Farm:
ma come fuoriuscire dal dischetto
ma come entrarvi
non lo so, neppure anche oggi.
Paola Scatola
Se quei tasti
Se quei tasti, in quelle note di piccoli furetti,
buttati al sole, ho percorso insieme a te un anno,
e poi il seguente, costringendo anche te
alla noia paziente di quella bambina troppo sola.
Paola Scatola
Luci di un addio
Nel cielo vidi tante stelle in quella notte,
tante luci per dirsi addio.
Ma nel cuore v’erano cellule d’amore e mai avrei
potuto cancellare la sorte di un fiore nel, del mare.
Ogni notte mi guardi, ti guardo e con le mani,
le dita con le dita, la pelle sulla pelle, ci congiungiamo
e tremando un po’, ci conosciamo sino
in fondo, raggruppando le ore in giorni.
Ogni notte costringo la luna dolce e soave
amante antica a chiedersi il perché delle
cose e così ormeggio qua e là tra gli
insegnanti e le ore con te: ma lui mi manca,
mi manca tanto e so cosa e dove vorrei
andare: vicino a lui.
Paola Scatola
|
Il vento
Quando il sole ricorda la tempesta:
io sono la foresta e cammino
nel cielo e nelle nuvole.
Le immagini del vento che suole,
mi domando, correre
per ricordare di averlo complice
nel camminare.
Luisa Paolucci delle Roncole
I sogni
I sogni sono sempre diversi,
li guardi son sempre più tersi.
Luisa Paolucci delle Roncole
Pasqua
Ci sono delle uova
dentro non sai cosa c'è
ma forse immagini e non ti sai dire
cos'è quello che c'è.
Vedi i conigli e rimani a fissarli nel prato
arrivano i conigli!
arrivano le uova!
Le raccogli e scopri il simbolo
della Pasqua, i misteri.
Cosa sono i misteri?
Sono quelli che piano scoprirai.
Luisa Paolucci delle Roncole
|
Saltimbanco
Saltimbanco
non ha torto.
Viaggia di briciole,
un po’ di riso soffiato,
saltimbanco
è ancora malato.
Arriva con la barca
a cercar cibo,
trova un bel computer
e viene ucciso.
Questa è la storia
di chi non ha
né un computer
né serietà.
Saltimbanco alla fiera dell’Est
cerca la palla.
Ma la palla non c’è.
Cerca la fisarmonica.
Ma costa troppo.
Marcella Colaci
|
Premi F11 per ripristino
Icone vuote,
simili a gusci di larve trasparenti,
galleggiano sparute
nel vasto gorgo dei cristalli liquidi.
Rievocano mute i dati certi,
i brandelli di vita,
che il clic non fa più emergere
dal cuore di silicio.
Come i reperti fossili
che il caso ha decimato,
alludono a un passato
soltanto ipotizzabile:
lo tsunami effeundici
ha dilavato tutto
in questa mia illusoria
poderosa espansione di memoria…
Lucia Luminasi
|
Paesaggio lunare
Voglio tentare un comune cammino,
mentre lucidi,
per già provato calpestio,
sono i sassi
dell' esile selciato.
Scende il viottolo,
attendendoci, dalla cima del pendio
ed ampio, infine, ci accoglie il verde prato.
Il passo, il dolce passo, lo compiamo?
Ti vedo, ti sogno e ti ascolto, ricambiato.
Percepiamo insieme il profumo
che la luna, compagna discreta e luminosa,
fa sbocciare dal mio dono:
una piccola rosa.
Dolce e sereno è il tuo viso, non mutato.
Tu, donna saggia,
che d'amore hai già molto sofferto,
donna che molto sai,
mi dici un sì.
Con un sorriso,
un dolce, benevolo sorriso,
che forse dice camminiamo insieme, ancora,
sempre,
o forse dice, mai.
Matteo Bosinelli
Come Dio vuole
Tutto così normale,
tutto cosi favorevole
tutto così in apparenza "facile"
tutto così,
tutto così, senza amore...
senza creatività
... tutto così "noioso".
Matteo Bosinelli
|
Oggi
Un altro giorno
Di pensieri impaludato
(Nel fondo mobile
Quasi sempre sprofondo).
Altro giorno-motocicletta dalle marmitte bucate,
La testa buca,
Trapassa, stravolge, sconquassa
(Ogni momento
Come una nuvola intossicante).
Giorno spiaggia d’Inverno,
Carta crespata
Non più buona a detergere
Da uno schifoso malcontento.
Proprio oggi
Vorrei poter innalzare
A squillanti colori
Variopinte insegne di battaglia
E con sasso pugno sfondare
La scatola alienante
Che in tristezza
Affumicato m’imprigiona.
Piergiorgio Fanti
Il cielo dell’anima
Era mio patrimonio la perfezione
Era mio patrimonio
Il piacere del volo e della lotta.
Spietati
Sono stati i nemici
Non si è certo molto abili a superare ostacoli
Se crudelmente tagliano le ali
Non è la mia
Davvero
Una vita a tutto tondo
Ombre
Sagome stolte
Avverse fumose
Portano alla consunzione
Di chi non può
Far mutare immagine.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Per fare pianeggiante
Quest'oceano
Con lieve candore (ad animo lieve)
Il ferro da stiro e la tenue tela
E le crespe s'adagiano
(Forse per errore)
E profondo anelito si spande;
Prima che la tristezza diuturna
Inquieta disperda
Lungo i piani inclinati di nuove onde
Il senso esatto:
Prima
Un sorso d'assoluto
Oltre il serpentino cerchio
Dell'oscuro vivere
Dolcemente sprofondare
Nell'anima innalzarsi.
Che il feticcio
Liberamente si schiuda
Agli occhi
Di una costellazione amica.
Piergiorgio Fanti
|
Depressione
Non so più cos’è l’euforia.
la vita come risucchiata
dal vortice dell’indifferenza,
pretende risposte
di valori assopiti,
quasi dimenticati,
cerca gli entusiasmi
di una gioventù perduta per sempre.
E annaspa disperatamente
nel buio del presente.
Giovanna Giusti
|
Che tecnologia, senza “il
sociale”?
Sono nato e cresciuto in un’epoca in cui i computer
hanno grande importanza. I computer sono entrati nella mia vita in
un’ottica molto positiva (per me, il PC è come se fosse il mio miglior
amico, perché mi tiene compagnia) e grazie ad esso faccio moltissimi
lavoretti: tra cui gestione di siti ed e-mail (non una, ma tante),
fotoritocco (sto facendo quel bellissimo fumetto di cui vi ho parlato
largamente altre volte, cioè “I Supreme Angels”), guardo i film, scrivo
e ascolto la musica.
Da quando ero alle elementari sono entrato nel vortice (bellissimo)
dell’informatica, partendo da un programmino per disegnare (purtroppo
non ricordo più il nome) in ambiente MS-DOS, passando poi da Sistemi
Operativi sempre più sofisticati quali Windows 3.1, Windows 95, Windows
98, Windows XP e, infine, Windows Vista: ovviamente, anche i software
si evolvevano con loro, ma mi tenevo sempre aggiornato, anche quando
avevo chiuso con la scuola (ero arrivato fino a Windows XP), perché mi
facevo, diciamo così, da autodidatta.
Un esempio che posso fare sull’essere autodidatta, molto recente, è
quello della creazione di siti internet: ne ho creato uno mio per “I
Supreme Angels” e uno per “Il Faro”.
Attualmente, però, sto notando con dispiacere che la tecnologia, in
generale, non sta per niente andando “a braccetto” con quello che io
chiamo “il sociale”. A causa della crisi economica, non si ha il ritmo
giusto per far si che la tecnologia possa aiutare l’umanità a crescere
e, anzi, secondo alcuni sondaggi da me compiuti (e non solo, perché lo
sento dire su molte bocche), noto una certa solitudine, che spinge gli
esseri umani ad evitare rapporti più vicini fra loro: in definitiva,
per quello che desidero intendere, basta affacciarsi a quei programmi
come Facebook, le chat e quant’altro (anche i
cellulari non sono esclusi) che tendono ad allontanare e non ad
avvicinare.
Purtroppo, sto notando che c'è un grosso divario tra l'ambiente
tecnologico e quello sociale, che non vanno di pari passo. Abbiamo, ad
esempio, bellissime applicazioni che potrebbero aiutare l'agricoltura,
i magazzini, ecc... ma il mercato e/o la politica blocca il tutto
perché un dato oggetto abbia quel valore. Peccato !!!
Darietto
|
Recensione del film:
“Terminator - Macchine ribelli”
In questo film, si può vedere come la tecnologia, nata
dagli esseri umani, possa rivoltarsi contro i suoi stessi creatori.
Skynet, il programma nato per mettere in comunicazione vari network,
cioè vari computer uniti fra loro, viene attaccato da un virus molto
potente che ha preso il controllo dei robot, minacciando così la
sopravvivenza del genere umano.
Per fortuna, il combattente della resistenza contro le macchine
malvagie, riesce a modificare un umanoide (Arnold Schwarzenegger) e a
inviarlo nel passato a lottare contro l’altro umanoide malvagio
(anch'esso venuto dal futuro) che ha il compito di uccidere il capo
della resistenza prima ancora che diventi tale, in modo che il piano di
Skynet possa trionfare.
Nonostante la tecnologia con cui è stato costruito quest'ultimo è sia
molto più evoluta, l'umanoide buono riesce a prevalere.
Secondo il mio parere, questo film ha una morale e cioè insegna che
l'amore, anche se è di una macchina (e oltretutto con tecnologia
inferiore), può tutto contro il male: mi riferisco alla scena finale,
quando Arnold Schwarzenegger (l'umanoide buono) nonostante si sia
affezionato al ragazzo (ricambiato) e desideri rimanere con lui, deve
seguire il suo destino ed entrare nella lava per far sparire le sue
tracce tecnologiche.
Darietto
|
Il Neocartaceo
Curioso questo vostro interesse per un periodo storico
così poco entusiasmante... Immagino siate qui per una tesi di laurea: i
docenti di Ateneo non sanno ormai più cosa inventare per fare qualche
ricerca originale.
Del resto, visto che ormai siamo rimasti in pochissimi esemplari, noi
prebionici, capisco che possa servire a qualcosa raccogliere le nostre
testimonianze, tanto più che, come certo vi hanno detto, i documenti
cartacei sono andati quasi tutti distrutti.
No, non quelli che sono al Museo della Scrittura e della Carta,
si confondono tutti!
Quelli sono reperti che risalgono al Paleocartaceo! Ci sono oggetti
antichissimi: i papiri della Civiltà Nilotica, le pergamene
dell'antichità classica, i codici miniati dei monaci benedettini, gli
incunaboli e le prime Bibbie a stampa… Ci sono anche disegni
rinascimentali di splendida fattura, e dipinti e stampe su carta di
grandi artisti di quello che veniva chiamato il secondo Millennio (
come sapete, in gran parte del pianeta gli anni venivano calcolati
dalla nascita di Cristo ).
Tutte queste cose all'epoca della Grande Distruzione della Carta erano
già al sicuro nei Musei e nelle Biblioteche, e quindi si sono salvate.
È andata diversamente per il Neocartaceo.
Tutto cominciò con la rivoluzione delle tecnologie.
Dapprima le stampanti collegate ai personal computer ( se ne possono
vedere nel Museo della Cibernetica ) sostituirono gli altri strumenti
di scrittura. I documenti importanti venivano conservati sia su
dischetto che su carta, negli appositi archivi, ma nell'uso comune la
scrittura su carta andò sparendo: ci si abituò a comunicare via e-mail
e con brevi messaggi tramite i telefoni cellulari. Inoltre, data la
grande facilità di comunicazione a distanza e la
possibilità di registrare su compact disc le videoconferenze, la
scrittura divenne superflua nella maggior parte delle transazioni.
In pochi anni la scrittura elettronica soppiantò quella su carta, e fu
una fortuna, perché nel frattempo la cellulosa, con cui la carta veniva
prodotta, divenne costosissima a causa della scomparsa degli alberi da
legname.
Voi certamente non avete mai visto un albero: si trattava di piante che
avevano la parte inferiore molto più dura e rigida di quella superiore.
Questa parte si chiamava tronco, ed era fatta di legno, cioè appunto
del materiale da cui veniva tratta la cellulosa.
Oggi le piante sono molto diverse: nell'acqua crescono le macroalghe e
sulla terra le megaerbe e i megaortaggi: sono organismi che l'uomo ha
ottenuto dalle piante preesistenti tramite trasformazioni genetiche.
Non hanno portato solo vantaggi, ma tant'è: difficilmente l'uomo riesce
a programmare tutti gli effetti dei suoi interventi sulla natura.
Il problema principale è costituito dalla loro invasività, che richiede
un continuo controllo. Inoltre esse hanno favorito lo sviluppo di nuove
specie di parassiti e insetti coi quali abbiamo dovuto abituarci a
convivere.
Queste piante, per altro, sono grandi produttrici di ossigeno e si sono
perfettamente adattate ai mutamenti climatici conseguenti alla Grande
Calura dovuta all'effetto serra. Inoltre hanno permesso di migliorare
la qualità dell'alimentazione in quelli che una volta erano i Paesi
Poveri.
Non sono adatte, però, come combustibile, perché la loro preparazione a
questo scopo è troppo lunga e complessa e la loro resa calorica è
troppo limitata.
Con l'esaurirsi delle riserve di carbone e petrolio, tornando a
bruciare legna in modo indiscriminato, gli uomini del Terzo Millennio
hanno contribuito a provocare la scomparsa delle specie arboree dalla
faccia della Terra.
Ora, voi mi direte, abbiamo capito perché si è abbandonato l'uso della
carta, ma che fine hanno fatto le carte del Neocartaceo?
È presto detto, anche se ci vollero molti anni per distruggerle tutte…
Alla fine del Secondo Millennio l'uso della carta si era espanso
enormemente: venivano fabbricati con quel materiale innumerevoli
oggetti d'uso, dai piatti ai fazzoletti, dagli utensili ai giocattoli,
dagli indumenti agli arredi, ma l'uso principale restava quello della
carta per la stampa.
La carta era considerata materiale di facile consumo, e non si badava
al risparmio.
Solo più tardi vennero elaborate tecniche di riciclaggio per diverse
materie prime, fra cui la carta.
Infatti la maggior parte dei materiali cartacei allora in uso non erano
da conservare: si trattava prevalentemente di involucri, di
contenitori, di giornali e riviste, di vecchi libri, di documenti già
trasferiti su archivi elettronici, di scartoffie…
Si cominciò col riciclare quelli, poi la smania liberatoria si fece
sempre più impellente.
Dovete pensare che per esempio archivi e biblioteche occupavano enormi
spazi, che potevano essere utilizzati per nuove costruzioni. Si cercò
di compattare tutto quel materiale e nella foga non si andava tanto per
il sottile…
Grandi quantità di documenti furono fatti sparire, per incuria o per
dolo.
Del resto con la progressiva perdita dell'abitudine a scrivere, si
cominciò a leggere sempre meno e i libri diventarono oggetti obsoleti,
per addetti ai lavori.
Gli studiosi venivano paragonati ai topi, ricordo, li chiamavano topi
di biblioteca, o qualcosa di simile… Infatti brulicavano nei cunicoli
degli archivi e venivano fuori tutti impolverati, ma con l'aria di aver
scovato chissà che tesoro… Devo dire che ormai anche di topi di
biblioteca ne restano pochissimi, ma è grazie a loro se si riesce
ancora a trovare qualche reperto del Neocartaceo.
La selezione dei reperti è stata impostata da alcuni volonterosi fin
dall'epoca della Grande Distruzione della Carta, ma le loro forze erano
risibili di fronte all'enormità di quell'evento…
Per questo si può solo ringraziare il Caso, se si è salvato qualcosa di
importante a futura memoria.
Una delle buone azioni del Caso è certamente la sopravvivenza di
individui come me.
La mia nascita risale, secondo la testimonianza dei miei genitori, agli
anni '50 di quello che veniva chiamato Novecento, o XX secolo, ossia
l'ultimo centinaio d'anni del secondo Millennio dopo Cristo, quindi la
fase iniziale della mia esistenza si colloca alla fine dell'Era
Pre-bionica.
A quei tempi gli uomini nascevano da due genitori, erano dotati di un
corpo di carne e ossa e morivano quando quello era deteriorato.
A me è stato possibile, grazie al fatto che vivevo in una delle zone
più evolute del pianeta, e disponevo di notevoli risorse economiche,
usufruire delle prime sostituzioni di organi. Sono quindi sopravvissuto
fino ad entrare nell'Era Bionica, garantendomi così una aspettativa di
vita quasi illimitata.
Dico quasi, perché a causa dei sistemi antiquati con cui si svolgevano
le prime sostituzioni di organi, il mio corpo ha subito un progressivo
deterioramento che non è al momento rimediabile.
Attendiamo altri progressi della scienza, ma sinceramente l'immortalità
non mi attira granché.
Sono scomparsi quasi tutti i miei coevi e io mi sento un po' isolato.
I miei ricordi, sebbene un po' appannati, mi riconducono a un mondo
molto diverso, che potete immaginare grazie a qualche rara immagine in
bianco e nero, come questa…
Ne avete mai viste? Si chiamano fotografie.
Sorrisi timidi da un mondo ancora sostanzialmente agreste, gente piena
di speranza, uscita da una guerra (certo, nulla rispetto a quella del
Terzo Millennio) e desiderosa di lavorare, di ricostruire, di studiare,
di fare figli a cui offrire un mondo migliore…
Purtroppo sappiamo come è andata…
Ma il fatto che voi giovani vogliate conoscere qualcosa di quei tempi
mi fa ben sperare.
Il mondo va avanti, nonostante i grandi errori dell'umanità, e
paradossalmente il solo modo per non prendere la direzione sbagliata è
guardare indietro.
Vi racconterò, dunque, tutto ciò che ricordo… ma come, voi prendete
appunti: chi vi ha insegnato a scrivere? E dove avete trovato quei
taccuini? E le penne biro?
E va bene, è vero, cari ragazzi, sono corso un po' avanti con la
fantasia… Per fortuna il Neocartaceo non fa ancora parte del passato,
siamo qui, siamo vivi, abbiamo carta e penna… e idee da mettere su
quella carta…
Faremo in tempo a salvare il salvabile.
Lucia Luminasi
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Poesia
Sposa radiosa sei e brilli come
stella
ma accanto al tuo compagno
diventi ancor più bella.
Con la tua voce hai detto sì
e con la tua mano stringi colui che ami,
ma c'è qualcosa che non sai, vicino a te
c'è un cuore che non vedi
ma che è vivo e vero
e di grande amore per te pulsa
è il cuore mio che dolcemente dice:
"Siate felici oggi e per sempre."
Queste parole avrei voluto dirti
quando ancora eri mia
ma non ne ho avuto il tempo
perché all'improvviso e silenziosamente
sei andata via.
tua madre
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La sposa e il canguro
Jessica sta vivendo una grande emozione: domani dovrà
dire il fatidico sì, ha un grande batticuore e prova e riprova il suo
abito da sposa. Si guarda allo specchio ed esclama: "È una
meraviglia!". Lo strascico lungo lo rende sorprendentemente bello. La
madre raggiante di felicità l'ammira ed esclama: "Sposa radiosa sei e
brilli come stella, ma accanto al tuo compagno sarai ancor più bella".
L'indomani Jessica, accompagnata dal padre si reca nella chiesa
addobbata per l'occasione, dietro di lei c'è il suo sposo accompagnato
da sua madre. Ma all'improvviso Jessica si accorge che manca il suo
testimone maschio.
Disperata si guarda attorno, ma non sa come risolvere questo problema,
le balena in testa un'idea: "Questo matrimonio si deve assolutamente
fare, se non c'è alcun uomo disponibile, allo zoo ci sarà sicuramente
qualcuno, andrebbe bene anche un canguro…”.
Così Jessica si recò allo zoo e dopo aver spiegato la situazione,
chiese in prestito un canguro, che vestì da testimone, con abito a code
e cappello a cilindro. Ma giunta nuovamente all'altare arrivò la
notizia che la testimone femmina dello sposo si era ammalata, così
tornò di nuovo allo zoo per trovare un'altra sostituta. Trovò una
bellissima cangurina, che vestì con un abito lungo e un cappellino
bianco.
Finalmente il matrimonio poté essere celebrato e Jessica andò
all'altare e disse il fatidico sì. Fu il giorno più bello della sua
vita, ma proprio quando la cerimonia stava volgendo al termine i due
canguri si avvicinarono contemporaneamente e fecero capire che anche
loro volevano essere uniti in matrimonio. Ormai nulla avrebbe più
potuto stupire i presenti, così il sacerdote sposò i canguri, augurando
loro felicità e prosperità. Nella foto del matrimonio i canguri erano
veramente belli, così Jessica decise di accendere il computer,
scaricare la foto e farne tante copie da regalare a parenti ed amici.
Che bella invenzione il computer! E chissà che cosa ci proporrà in
futuro… Senz'altro qualcosa di apprezzabile visto l'utilità dello
strumento *.
Ma, considerando il fatto che per me il computer è un pianeta
sconosciuto, la mia ammirazione va alle tante opere letterarie di
Leopardi, Dante, Carducci e tanti e tanti altri poeti e scrittori
antichi e moderni, italiani e stranieri, conosciuti in tutto il mondo;
opere scritte a mano, ma che sono rimaste e rimarranno nel tempo e che
ancora oggi mantengono il loro valore storico e culturale.
Mariangela Soavi
(*) Questa foto -incredibile ma
vero!- l’abbiamo trovata su Google-immagini,
solo dopo aver letto il racconto, frutto della fantasia di Mariangela:
si tratta di un matrimonio celebrato in Australia, ma la foto è stata
scelta
per far pubblicità al comune di Montecarlo di Lucca, dove sì può
pronunciare
il fatidico “sì” alla presenza dei propri animali d’affezione.… NDR.
|
Lo stuzzichino
Chi cerca una guida spirituale, può trovare un buon
guru… ma se l’insegnamento non sarà soddisfacente, dirà fra sé e sé: “è
proprio un can-guru!”
Luigi Zen
|
La mia città
Bologna spera. Bologna è saggia. Il turista fino a
Bologna viaggia. Cosa rimane dopo la sera, solo il silenzio, che viene
rotto da un gruppo di musicanti, i quali col cappotto chiedono soldi,
tremanti. Forse la mattina rimane incantata da una sublime città
illuminata. Il giorno è degli onesti. Lavorano sino a ledersi per
procacciare cibo, del quale non rimangono i resti. Ecco Bologna da
rimirare.
Luisa Paolucci delle Roncole
Bologna di sera
Bologna, non far la stupida stasera. Rimani per sempre
a noi sincera. Regalaci un amore vero, un incontro importante, che per
sempre rimanga sincero. Facci vedere la cosa più pregnante, la gente in
giro, a sentire la frescura, per ricordarsi che è sempre sicura, anche
se quel ladro ruba una bicicletta e quell’uomo ferma una ragazzetta… Le
auto corrono veloci, e fermate dai semafori, che fra un poco
lampeggiano, fermano il tempo. È una costante della notte fonda, coi
lampioni illuminanti. Ecco l’amore vero e più sincero.
Luisa Paolucci delle Roncole
|
Avete mai provato a disegnare col computer? Riccardo La
Rocca ci invia i suoi simpatici “Alesi”, che ne dite? (NDR)
disegno di Riccardo La Rocca
|
Scale
Dicono che la vita è fatta a scale: c’è chi scende e
c’è chi sale. È una scala per tutti.
Ma nella serenità ci possiamo sentire su un colorato prato pianeggiante
e inebriarci dei profumi della natura, sentirci un tutt’uno con essa e
con le persone che amiamo.
L’amore pareggia ogni difficoltà e alla fine della vita scopriremo la
sua verità infinita.
Giovanna Giusti
Nero e rosa
Vagavo nel tempo senza spazio, se non quello angusto di
una piccola stanza.
Un tempo senza sole, se non quello nero di pensieri pessimisti.
Poi a un tratto in questo arco temporale si accende una piccola luce
fievole, ma rosa.
Allora il mio mondo immobile comincia a muoversi e la speranza fa
capolino nel mio cuore!
Giovanna Giusti
|
Il male oscuro
"Giunti alla casa di Zeus,
adunatore di nembi…"
Ersilia stava riposando in un pomeriggio afoso di agosto con in mano il
poema da lei preferito: l’Iliade. Lesse casualmente un verso: “Giunti
alla casa di Zeus, adunatore di nembi”. Quello era un periodo
molto critico per lei, era stata nuovamente ricoverata ed era avvilita
e stanca. Aveva lasciato la sua famiglia, composta da Duilio, suo
marito, e dai suoi due figli, Giulio e Michela, con angoscia e
disperazione. Il poema le teneva compagnia ed era fonte di
sbizzarrimento per la sua mente malata, che partoriva immagini nitide e
chiare. Le battaglie fra Greci e Troiani non si contavano più e la
lasciavano esausta e stanca.
La donna era oppressa dalla malattia mentale da molti anni. Era ormai
nella fase senile e i ricordi non le davano tregua.
Percepiva con chiarezza immagini di quando era giovane e aveva davanti
a sé la vita da affrontare con coraggio e determinazione. Aveva fatto
delle scelte precise. Era giunta al matrimonio con fierezza ed il
compagno della sua vita l’aveva sorretta e continuava a sorreggerla nei
momenti più difficili del vivere.
Le giornate si susseguivano uguali, ordinate e disordinate nello stesso
tempo, scandite da ritmi precisi, quali l’orario delle terapie e le
visite dei medici. Aveva fatto amicizia con alcuni pazienti e quei
legami le davano forza e coraggio.
Era, tutto sommato, serena e forte. L’equilibrio precario in cui viveva
non le dava scampo: voleva superare la malattia, che l’affliggeva da
quando era poco più che ventenne. Aveva affrontato molti ricoveri e
quest’ultimo sembrava il più arduo da superare. Era consapevole dei
suoi limiti e delle sue ossessioni, del suo chiedere la stessa cosa
senza posa.
La sua cultura frammentaria e lacunosa la sorreggeva abbastanza bene e
la dava conforto. I suoi affetti altrettanto. Le difficoltà a cui
andava incontro la rendevano combattiva e piena di orgoglio, la sua
lotta quotidiana per comunicare agli altri i suoi sentimenti la rendeva
fiera e contenta di sé…
Ce l’avrebbe fatta anche questa volta a superare quel male oscuro che
l’opprimeva? Questo interrogativo non le dava pace e la rendeva
inquieta.
Voi che leggete, che ne dite? Siete a conoscenza dei vari episodi della
famiglia Albani, che fa parte un po’ della vostra vita e la rende
movimentata. Che ne pensate di Ersilia, di questa donna che potrebbe
essere a questo punto una vostra sorella o amica, amica del cuore, se
così si può dire confidenzialmente?
Non ci si aspetta risposta, ma nuovi interrogativi, nuove domande,
nuovi enigmi da risolvere, che rendono il vivere un’avventura
affascinante e piena di sorprese. La sorpresa più grande potrebbe
essere la libertà, a cui Ersilia anelava da tempo.
Maria Chiara Reitani
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Nel guardarci intorno per confrontarci con realtà a noi
simili, attive in altre zone geografiche, ci siamo imbattuti nel
giornale dell'Associazione di Volontariato MenteInPace di Cuneo, che si
occupa delle problematiche legate al disagio psichico, "finalizzando
l’attività al superamento del pregiudizio nei confronti della malattia
psichiatrica" (come recita il loro statuto). Essendoci reciprocamente
"presi", abbiamo deciso di fare uno scambio di articoli: noi ne abbiamo
scelto uno del loro giornale che ci ha colpito particolarmente, un
articolo 'a puntate' apparso nei numeri di marzo, maggio e giugno
dell'anno scorso e lo pubblichiamo pensando che possa interessare ai
nostri lettori, altrettanto faranno loro con un articolo del Faro:
"come una pallina da tennis in una partita non competitiva ma, anzi,
cooperativa", secondo la bella immagine di Gianfranco Conforti di
MenteInPace. (A.M.S.)
disegno di Luigi Zen
Laila
Sono qui col vuoto in gola, i pianti a volte trattenuti
e a volte esplosivi fino a toglierti ogni forza mentale e fisica. Ho
paura di non farcela, di non trovare la gioia dentro il mio cuore. Ti
confonde la testa, te la fa esplodere e poi ti arrabbi e hai voglia di
rompere tutto, spaccare in mille pezzi come la mia vita. La solitudine…
che grande parola… ti porta alla più forte disperazione; io ne ho tanta
e insopportabile a volte. Il non riuscire a pensare al secondo
successivo è angosciante. Eccomi qui con tutti gli altri a sorseggiare
il tè… lo trovo così malinconico, voglio essere felice ma è
impossibile. Mi spaventa questo mio modo di vedere. Sola… sola… sola…
vuoto… paura… queste sono le mie emozioni. Vorrei urlare, urlare al
mondo quanto si soffre… Le lacrime vogliono scendere di nuovo, non
riesco a trattenerle. La mente confusa dalle medicine, dalla
sofferenza. A volte il pensiero sfugge e desideri addormentarti e non
svegliarti più, per non sentire l’angoscia. Odio, rabbia, sentirsi
inutili a differenza del mondo che continua ad andare avanti e tu ti
senti indietro, anormale, stupida, incapace, spaventata. Sono stufa di
essere considerata, dalla famiglia e dagli amici, di seconda scelta.
Noi siamo persone vive che amiamo più degli altri. Questo mi rende così
triste, mi distrugge. Ci vuol dolcezza, umanità, amore… Chi è il matto?
Io che penso a come uscirne fuori e non vedo nessuna via d’uscita?
Eccomi qui, essere trattati senza umanità… Amore, amore, il nostro è un
amore ingiusto forse? Non riesco neanche a scrivere, mi sento sola…
Sono qui che aspetto la flebo… mi causano molti turbamenti tutte queste
medicine, vorrei stare bene, avere dei figli, ma tutto questo sembra
più che altro una pura fantasia, un racconto con un finale non bello.
Vedi le persone piangere, disperarsi, urlare e io che mi sento morire
perché le capisco, perché vorrei anche io urlare tutto il mio disgusto
di questi ospedali, di questo mondo così poco attento ai problemi
mentali. Io ho il desiderio che tutto quello che sta succedendo in
tutti questi anni mi permetteranno di dare speranza, gioia alle persone
con questo disturbo, ma ora mi devo occupare di me. Non so in che
maniera, visto che ho la testa che esplode, che è confusa e timorosa.
Come mai non vengo capita? Come mai le persone ti abbandonano proprio
nel momento in cui tu hai bisogno di essere amata cento volte di più?
Ogni luogo, ogni istante non lo senti tuo, senti che vorresti scappare
ma il problema è che non sai dove perché questo male ti è dentro e
sembra non abbandonarti mai. Ho molti dubbi… ho visto persone morire da
questo dolore e questo mi distrugge, mi sento “mangiare” dentro, fino
all’osso… mi sento impotente anche se mi sto rendendo conto che ora
devo stare bene anche se non so come. La speranza… questa è la chiave…
ma quando questa non esiste? Come reagire se hai questo vuoto? Questo è
il mio pensiero cruciale che ho in testa. Amore, amore e amore.
L' affanno di entrare in un negozio... la mente inizia a essere
confusa, la lingua si blocca e tu ti rendi conto che devi parlare
perché la persona aspetta... aiuto! Aiuto! Non ce la farò mai .. allora
ti fai coraggio dicendo buon giorno... poi inizi a balbettare, fai
finta di niente ma ti accorgi che la commessa fa fatica a capire... e
lì subentra la disperazione totale... ti viene voglia di scappare, cosa
che già mi è capitata inventando che ho dimenticato il portafoglio:
questo è quello che mi succede ogni volta che ho un rapporto con una
persona... è una cosa che mi fa sentire inutile, a volte anche
stupida... ma la vedo come una cosa insormontabile. Poi, in modo
evidente, escono altre domande: ma come faccio a lavorare? È difficile,
molte persone pensano che noi non abbiamo la forza di lottare, ma non è
così, noi siamo ancora più forti degli altri perché in ogni secondo
della vita siamo messi sotto pressione nonostante non stiamo bene e
prendiamo i farmaci... il giudizio è una cosa che ad alcune persone
esce spontaneo e, almeno a me, questo mi trafigge il cuore perché sò di
dare il meglio. Forse non è neanche colpa loro… capire questa
malattia... Se ti rompi una gamba è normale che tu vada da un
ortopedico, ma se hai problemi come attacchi di panico, depressione,
quell'ansia che ti ruba la gioia che hai dentro, allora lì non è
normale che tu vada da un medico... purtroppo c’è ancora tanta
ignoranza al riguardo... c'è tanta paura... cavoli ma vai da un
strizzacervelli??!! E a te, in quel momento, sale una rabbia e una
delusione immensa perché TI SENTI DIVERSA... Quello che mi sento di
dire concludendo è: DA TANTA SOFFERENZA NASCE TANTA GIOIA...
Deborah Aresti
da "MenteInPace" marzo, maggio, giugno 2011
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Verde speranza
La sveglia suona e mi strappa ad un sonno profondo. Ho
bisogno di qualche secondo per capire perché quel suono sgradevole ha
interrotto il mio sonno. Ho puntato la sveglia sulle 4 e 20. Sbalzo dal
letto e mi fiondo in bagno: voglio lavarmi prima di chiamare Ugo. I
nostri zaini sono già pronti. Ci aspettano tre giorni con gli amici del
trekking di Bologna: le “Stelle di Roccia” sono alla loro prima uscita
di più giorni e noi del gruppo “Stella Polare” vogliamo esserci. Si è
creato un legame speciale con questo gruppo, nato solo un anno fa,
alcuni componenti li conosco da tanto, altri si sono aggiunti via via.
Alle 5 e 40 prendiamo il treno che ci porta a Bologna. E’ una bella
giornata serena e il cielo si è già schiarito a sud. Sul treno molti
sonnecchiano ed io invece non resisto alla curiosità di veder sfilare
il paesaggio e me ne sto col naso incollato al finestrino per gran
parte del tempo.
Alla stazione di Bologna ci viene a prendere Egidio: è come vedere un
parente, un amico, una persona che è dentro la mia
vita con un bene vero.
Partiamo per l’Appennino: lo conosco poco io l’Appennino, solo quel
tratto che si vede andando in autostrada e sono molto curiosa di
entrarci dentro.
Passiamo alla “Casa degli Svizzeri” dove lavora Anna, altra amica di
vecchia data, con lei è un bel po’ che non ci vediamo e abbracciarla e
sentirla sul cuore è una gioia.
La “Casa degli Svizzeri” è una residenza protetta, che ospita una
ventina di utenti, mi ricorda la nostra “Casa del Sole” e l’accoglienza
che riceviamo è calorosa. Condividiamo un buon caffè prima di prendere
con noi Giuseppe e salire verso l’Appennino.
In poco tempo siamo a Modena e lasciamo l’autostrada per inoltrarci
nella Valle del Secchia.
La strada provinciale ci obbliga ad una andatura moderata e questo mi
permette di guardarmi intorno e fissare nella memoria questi luoghi.
Quello che mi colpisce subito è il verde che esplode ovunque. Varie
gradazioni: dal chiaro allo scuro e in mezzo una miriade di sfumature.
Il paese di Palagano è alle pendici di morbide colline che si
rincorrono lungo tutto il versante fin dove l’occhio arriva.
Cerchiamo la casa “Mariano”, dove ci attendono gli amici
dell’associazione “Insiemeanoi” che ci ospiterà per questi tre giorni.
Hanno già grigliato la carne e preparato una tavola allegra e imbandita
dove ci aggiungiamo per un pranzo allegro e beneaugurante.
Il resto della nostra “truppa”
arriverà nel tardo pomeriggio, intanto noi prendiamo possesso della
casa e delle sue caratteristiche. E’ una vecchia casa contadina
costruita ai primi del 1900 e in parte ristrutturata. La posizione è
strategica perché offre la vista di tutta la valle sottostante e i
versanti opposti delle colline. Le stanze a pian terreno sono adibite a
cucina e soggiorno, ai piani alti le stanze da letto. I bagni sono tre,
con caratteristiche molto particolari, cerchiamo di memorizzare bene
l’esatta funzione di ognuno, perché l’errore di utilizzo potrebbe
rivelarsi molto problematico.
Dunque: bagno numero uno: funziona il wc, il lavandino, la doccia ma
guai aprire l’acqua del bidet. Per scoraggiare ulteriormente i
distratti abbiamo collocato sopra di esso un grande specchio rotondo.
Bagno numero due: funziona il lavandino, il bidet e il wc, ma guai
aprire l’acqua della doccia.
Bagno numero tre: funziona solo il wc, ma solo per emergenza e solo per
la pipì. L’acqua in questo servizio non si può aprire pertanto mettiamo
dei secchi riempiti da versare nel wc. C’è però un grande specchio per
chi volesse solo ammirarsi.
Insomma questa confusione ci mette davvero di buon umore e non vediamo
l’ora che arrivino tutti per condividere insieme tutte le stranezze di
questo mini soggiorno.
E finalmente il pulmino guidato
da Rita arriva ed è tutto un baciarsi e abbracciarsi e sorrisi e
presentazioni.
Ecco finalmente ci siamo tutti: Anna, Rita, Ugo, Andrea Guidi, Stefano,
Maurizio, Giuseppe, Franco, Egidio, Andrea A. ed io.
Il trambusto dei bagagli, la scelta delle stanze, la curiosità del
posto. Ci vuole un paio d’ore prima di metterci tutti tranquilli ad
ammirare il panorama che da qui è splendido. Ci organizziamo per la
cena, Ugo accende il fuoco nella sala dove mangiamo e tutti vogliono
dare una mano: e allora c’è chi prepara la tavola, chi affetta il pane,
chi dà consigli e chi ne riceve. Questo lavorio è sintomo di qualche
cosa di grande, che ogni volta mi sorprende quando ne vengo catturata.
La condivisione vera del fare, del sentire, dell’ascoltare, del dare
all’altro, a chiunque incroci, quella disponibilità che diventa risorsa.
La sera, dopo cena, il cielo ci regala un tramonto magico che ci lascia
col cuore gonfio di buone cose ed è così che andiamo a letto, con
questa bella sensazione che farà diventare la notte una notte amica.
Al mattino esco dal mio sacco a pelo con la sensazione di una giornata
serena e infatti, come metto la testa fuori dalla porta mi invade una
luce chiara. Mi aspetta Andrea A., un ragazzo dolce e sensibile, che
vive alla “Casa degli Svizzeri”, con una tazza di caffè fumante e un
mazzolino di fiori: qualche piccola margherita e due nontiscordardime.
Questo gesto di tenero affetto mi commuove e forse non riesco nemmeno a
ringraziarlo come si deve, perché l’emozione mi prende di sorpresa. Ho
messo quei teneri fiori a seccare dentro le pagine del mio diario: sarà
un modo per ricordarmi di lui.
La giornata promette bene: un caldo estivo ci grazia e possiamo partire
per il nostro trekking.
Arriviamo al paese di Boccasuolo
dove, poco sopra l’abitato, parcheggiamo le nostre macchine e ci
prepariamo per la camminata.
La Via Vandelli è un’antica strada commerciale e militare del Ducato di
Modena, fu voluta fortemente dal Duca Francesco III d’Este e collegava,
originariamente, le città di Modena e di Massa. Fu costruita nel 1738 e
ultimata nel 1751.
Ne percorriamo un tratto, dal Capanno Guerri alla Fabbrica: due ore e
mezzo di cammino con un panorama stupefacente.
Tutto intorno le colline degradano verso la pianura e il verde intenso
dei boschi si mitiga nel verde chiaro dei prati che sono in fiore.
La giornata è serena e calda: il cielo è terso e la luce è accecante,
quando si esce dal fresco dell’ombra in pieno sole. Ci fermiamo per la
sosta del pranzo in un prato ombreggiato dai faggi che ostentano una
livrea nuova di zecca. Un meritato riposo ci fa godere ancor di più di
questo ambiente straordinario. Ritorniamo nel tardo pomeriggio, quando
le ombre si allungano un po’ e il caldo ha lasciato il posto ad una
lieve brezza che ci ristora.
Siamo stanchi ma felici: ora ci attende, una doccia e i preparativi per
la cena.
Ancora un tramonto speciale: il cielo screziato di giallo, di rosso e
di viola, accompagna il sole che pian piano scende e lascia la siluette
delle colline a stagliarsi nette nel cielo quasi nero. Le stelle si
accendono e ricamano nel cielo punti luminosi.
Rimaniamo fuori finché anche l’ultima striscia di colore si annerisce
nella notte e rimangono solo le luci dei paesi che punteggiano di luci
gialle e bianche i versanti delle colline.
Sarà una notte calma e noi dormiremo il sonno dei giusti.
Ci sveglia una pioggia sottile: quest’ultimo giorno lo passeremo a
cucinare, a riassettare la casa, a preparare i nostri bagagli.
Un pranzo allegro, una grigliata abbondante, tante parole, e Tilde la
presidente dell’associazione che ci ha ospitato, venuta con Sesto a
festeggiare con noi e Barbara che canta per noi le sue canzoni e Vanni.
C’è davvero un velo di
malinconia quando saliamo in macchina e i saluti e gli abbracci sono
così tanti che sembrano non finire mai.
Egidio ci accompagna in stazione a prendere il treno del ritorno;
arriva un messaggio al mio cellulare: “Fate buon viaggio e arrivederci
a presto cari amici camminatori” è Anna. Il suo alone di affetto mi
accompagna per tutto il ritorno e penso alla fortuna che ci ha fatto
incontrare.
Ci sono ricordi che entrano più di altri nella memoria e che rimangono
a lungo. Questi giorni così pochi e così tanti, mi lasciano gli occhi
chiari di Rita, la dolcezza dei due Andrea, la disponibilità di Egidio,
l’irruenza di Stefano, la responsabilità di Franco, la speranza di
Giuseppe, la tenacia di Anna, il coraggio di Maurizio, l’ironia di Ugo.
E io sto qui con le braccia aperte nella speranza di potervi
abbracciare tutti.
Giliola Galvagni (14 maggio 2012)
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La posta
Complimenti a tutta la Redazione de “Il Faro”. Anche
l’ultimo numero è molto ricco e molto bello.
Grazie a tutti.
Gianfranca
Grazie, Gianfranca, è bello avere un’amica come te !!!
* * * * *
Grazie. Ancora una volta è per me una festa veder
uscire un nuovo numero del Faro. Non vedo l'ora di leggerlo. Ciao a
tutti. E non stancatevi di giocare.
Michele
Caro Michele,
non so se Lucia ti ha avvertito, ma siamo stati recentemente precettati
per il ruolo di segretari de "Il Faro" (naturalmente scherziamo, ci fa
molto piacere poter dare una mano) e così ci tocca di ringraziarti dei
tuoi ringraziamenti, sempre davvero, davvero graditissimi, e del tuo
indispensabile sostegno. Speriamo di avere presto l'occasione di
rivederci. Un saluto affettuoso.
Ave e Antonio
* * * * *
Per tenerci in contatto potrebbe essere utile
scambiarci un articolo per numero, che abbia interesse
extraterritoriale, generale.
Come una pallina da tennis in una partita non competitiva ma, anzi,
cooperativa. Oppure, e forse è meglio, attingere autonomamente dai
reciproci giornali un articolo che ci può interessare citando
ovviamente la fonte. Chissà che poi ci si veda, a Bologna (città ricca
di iniziative anche in campo psichiatrico), a Cuneo o da qualche altra
parte per scambiarci due idee e quattro risate. Comunque sia "Il Faro"
è un gradito ospite del nostro sito. Un salutone a Elena.
Gianfranco Conforti, MenteInPace, Cuneo
Siamo assolutamente d'accordo sullo scambio degli
articoli, e vi ringraziamo per la bella idea. Anche noi pensiamo sia
meglio ricorrere ad articoli già scritti, per poter scegliere quello
che meglio si attaglia a un dato numero del giornale. Noi pensiamo di
iniziare sin dal prossimo numero che uscirà a maggio. Non ricordiamo se
già ve l'avevamo chiesto, ma vorremmo il vostro assenso per inserire
nel nostro sito (ilfaroinsieme.blogspot.it) un link al vostro sito.
Tanti carissimi saluti e tanti auguri di buon proseguimento.
Siamo felici se metterete il link del nostro sito sul
vostro. Per il nostro prossimo giornalino proporrò, agli altri della
"redazione" due articoli sul gioco (tema centrale del vostro numero
1/anno VI): "Il gioco" di Ave Manservisi e "Giocare!!!" di Max Trentini
che, mi pare, simboleggiano in modo sintetico ed efficace,
l'ambivalenza del gioco. Grazie ancora
Gianfranco, MenteInPace
* * * * *
Buon giorno. Ho letto il giornale Il Faro. Sono un
fotoamatore: Per caso mi sono trovato a fotografare il faro di Porto
Corsini e pensando al giornale, in un secondo momento ho pensato che vi
potrebbe interessare. Vi invio l'originale e una variante elaborata al
computer: spero che vi piaccia e che la possiate utilizzare per il
vostro giornale. Mi farebbe piacere
Maurizio Bolognesi
Mille grazie per il gentile pensiero. Come puoi vedere,
le tue belle foto sono già sul nostro Faro!
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