settembre-ottobre 2012 - anno VI  n. 4 - Gli animali


sommario

Fabio Tolomelli

Editoriale

Piergiorgio Fanti

Giacomo Balla: ‘Dinamismo di un cane al guinzaglio’

***

Animale

Giovanna Bassi

La saggezza dei proverbi e dei detti popolari

Max Trentini

Gli animali sono nostri compagni e amici

Max Trentini

testo della canzone “Il re leone”

Ave

Gli animali

Luigi Zen

L’uomo e gli animali

Casa degli Svizzeri

Sugli animali

UmanaMente

Gli animali

Riccardo La Rocca

vignetta

C.D. di Casalecchio

Dalla parte degli animali

Lucia

Sei un’oca!!!

Rita Grechi

Alimentazione e… mente

Marco

Noi animali di razza

Darietto

Once upon a time…

Roberto Grillini

Importanza dell’ape e dell’apicultura

Tina

Una luce si è spenta

***

Informazioni utili

Anna

Senza che lei sapesse…

Lucia

Tea

Darietto

La fattoria degli animali

Mariangela

Un insolito lago

Filippo Giaccone

Pet therapy

Dedicato ad Arianna
Lo spazio della poesia

 

      Paola Scatola     L’animale
      Mariangela     Puzzle in versi
      Giovanna Giusti     Il degrado della mia città
      Marcella Colaci     L’urlo..
      Loopa Sonivree     Alla mia cagnolina
      Matteo Bosinelli     I tre saggi
      Piergiorgio Fanti     Mi hanno regalato un quadro a Natale
      Loopa Sonivree     Tenero scoiattolo

Luigi Zen

Lo spirito del ghiaccio e i pinguini

Antonio Marco Serra

Racconto di uno sciamano

Luigi Zen

La favola del re leone

Giovanna Bassi

Il campo delle mele

M.Chiara Reitani

Le ansie di Martina

Mariangela

Il gabbiano ferito

Luigi Zen

Lo zodiaco cinese (disegni)

AMS

Il cigno minacciato

L.L.

Le favole di animali parlanti

Cristicchi

Cristicchi ha letto anche per te

Darietto

Recensione del film “Due fratelli”

Darietto

Il pulcino Pio

Casa Mantovani

Commenti tratti dall’ascolto di due canzoni

Egidio

Curiosità, commenti e ciarle sulla vacanza a Tedon

Giorgia Bolognini

Ritratto di Praga

Moreno Melega

Fare Insieme – Le vacanze

***

La Posta

 

Editoriale


La prima cosa che mi viene in mente pensando agli animali è la vita. E questa magica terra immersa nell'universo, che è composta da materia, animali, vegetali, minerali e gas.
Anche l'uomo è animale, ha un corpo, è dotato di sensi e di organi di moto.
Pure i vegetali condividono seppur in minima parte queste funzioni e secondo Dante sono dotate anche esse di un'anima: l'anima d'ogne bruto e de le piante / di complession potenziata tira / lo raggio e 'l moto de le luci sante (Par. VII 139-141).
È così quindi che dobbiamo farci aiutare dalle scienze per capire cosa ci distingue dalle piante.
La differenza sostanziale è quella del sistema nervoso, che le piante non hanno, mentre gli animali ne sono dotati in modo più o meno sviluppato. Due sono gli aspetti che differenziano l'uomo dagli altri animali, e che, tra l'altro, si autoalimentano: una corteccia cerebrale molto sviluppata e la presenza del pollice nella mano. Il secondo aspetto ci ha permesso di poter prendere oggetti e sfruttarli per modificare l’ambiente e questo ha fatto sviluppare la corteccia cerebrale, il che, di conseguenza, ha permesso di usare le mani e gli strumenti in modo sempre più fine. Fino a poter eseguire interventi chirurgici (es. trapianti di cuore); ma anche creare armi di distruzione di massa.
Sì, l’uomo grazie al suo sistema nervoso è riuscito a fare cose incredibili, impossibili per ogni altro animale o essere vivente, ma anche sotto un aspetto negativo.
Gli animali sotto questo punto di vista non hanno la capacità autodistruttiva dell’uomo. Il più delle volte quando uccidono lo fanno per alimentarsi o per esercitarsi alla caccia (vedi i gatti quando giocano con un topo moribondo).
L’uomo a differenza degli altri animali è paradossalmente cinico: quando è in un supermercato non batte ciglio per comprare un coniglio già pronto per la cottura. Credo tuttavia che la maggior parte dei ‘non vegetariani’ si trovi in seria difficoltà ad uccidere un tenerissimo coniglio per mangiarlo.
Anche noi, come del resto gli altri animali, abbiamo un sistema nervoso che ci permette di scambiarci affetti. Ogni animale ha un suo modo di manifestarlo. Eppure, come dice Gino Paoli, quando scopriamo l’amore, immediatamente scatta la paura di perderlo. Sì, io abito a San Pietro in Casale, nella sua più immediata periferia e tutte le volte che faccio la strada di ritorno a casa in macchina ho il terrore di trovare uno dei miei gattini esanime sul ciglio della strada. Io non ho figli, ma ho personificato i mi du bistién (i miei due bestiolini). Quando la sera li chiamo in casa, oltre a chiamarli per nome li chiamo ‘bimbi’. Forse l’affetto che provo per i miei due gattini è esagerato, ma in momenti difficili della mia vita sono stati importanti.
Certo, i miei cari vengono prima; tuttavia quando vivevo solo in casa, averli vicino mi faceva introspezionare meno. Il pensare e curare loro non mi faceva pensare ai miei guai. Cosa dire poi quando lavorando seduto davanti al computer mi vengono in braccio. È fantastico. Probabilmente il sentirci amati nutre la nostra anima, che ai nostri giorni è molto stressata. I ritmi frenetici della mia vita fanno sì che arrivi a casa la sera stremato, ma il ritrovarmi con Cristina e i due bistién mi fa passare la stanchezza, la pesantezza e la fatica della giornata. Vederli poi crescere: sani, simpatici, buoni, bravi ed ubbidienti mi riempie il cuore di gioia. Sinceramente quando i due piccoli bistién non ci saranno più soffrirò tantissimo e non so se ne prenderò altri; al momento mi godo il loro affetto che nella mia esistenza è importantissimo.
Forse come animale uomo devo essere meno egocentrico e soprattutto meno carnivoro. In questo dovrò apprendere dagli animali.


Fabio Tolomelli


Giacomo Balla: ‘Dinamismo di un cane al guinzaglio
1917 (olio)


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Giacomo Balla nasce il 18 luglio 1871, a Torino. Studia il violino, da fanciullo; intorno al 1891 frequenta per alcuni mesi l'Accademia Albertina di Pittura.
Nel 1895 si trasferisce a Roma; insegna a Gino Severini e a Umberto Boccioni. Boccioni a cui trasmetterà il suo amore per i paesaggi suburbani e l'ardire nel tagliare il quadro con spregiudicata originalità nuova.
Nel 1910, quando aderisce al futurismo sottoscrivendo "Il manifesto futurista", Balla ha già una vasta notorietà. Ma è solo nel 1912 che l'artista (il quale non partecipa alla mostra futurista di Parigi agli inizi di quell'anno) converte la propria pittura ai nuovi principi del futurismo, con dipinti come "Dinamismo di un cane al guinzaglio", affascinante nella resa del movimento crono-fotografico.
Balla si attiene a un'analisi essenziale: non inquadra il totale ma il particolare; non crea strutture complesse ma vortici dinamici.
Con questo quadro l'artista sembra prendere alla lettera l'affermazione del primo manifesto futurista: "Un cavallo in corsa non ha quattro gambe, ne ha venti."
Le figure sono rappresentate in monocromo, su fondo piatto.


Piergiorgio Fanti


Animale


[a-ni-mà-le] organismo dotato di sensi e capace di muoversi.
Dal latino: [animal] derivato di [anima] anima, affine al greco: [anemos] vento, soffio e al sanscrito [ātman] col medesimo significato.
/…/ L’etimologia ci racconta una qualità fondamentale dell’animale, la più evidente e la più affratellante: il respiro.


dal sito unaParolaalGiorno.it


La saggezza dei proverbi e dei detti popolari


Il lupo perde il pelo ma non il vizio
Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino
La volpe che non riuscì ad arrivare all’uva, disse che era acerba
Meglio un uovo oggi che una gallina domani
Can che abbaia non morde
Dove ci sono troppi galli a cantare non si fa mai giorno
Prendere due piccioni con una fava
L’agnellino che continuava a gridare al lupo al lupo, nessuno lo salvò la volta in cui il pericolo divenne reale
Mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi.


Giovanna Bassi (Sasso Marconi)


Gli animali sono nostri compagni e amici


Prima di cominciare si deve puntualizzare una cosa. Anche l’uomo è un animale. Detto questo, possiamo sbizzarrirci. L’uomo è l’unico animale che ha avuto un’evoluzione così stupefacente.
Tiriamo in ballo Dio? LasciamoLo stare. Ma bisognerebbe spiegare perché l’uomo sta distruggendo la sua casa, cioè la Terra. E lo sa.
Gli animali sono nostri compagni e amici. Non c’è NESSUN animale che attacchi volontariamente l’uomo, a meno che quest’ultimo non minacci il territorio o la prole.
Sento già gli anticaccia che fremono. Io stesso sono certamente un anticaccia, ma mangio carne (e mi piace). Eccoli, eccoli che gridano: "meglio affrontarli in campo aperto che allevarli, nutrirli poi scannarli". Forse è vero, ma chi farebbe il cambio ali (o zampe veloci) - pallottole? Gli animali carnivori esistono. Se Dio o Madre Natura ha voluto questo, significa che non è sbagliato mangiar carne.
I predatori poi colpiscono i più deboli, i più vecchi e i malati, operando anche una selezione naturale. Le prede compensano con una riproduzione dieci volte maggiore e con la velocità di fuga (quanti leoni e tigri falliscono il colpo e digiunano...). Giustizia c’è.
Ma parliamo dei nostri amici domestici, che ci danno tanto amore (spesso non ricambiato) e conforto. In questo momento il mio micio è sopra i miei piedi, col motore acceso (leggi: fusa).
Il cane e il gatto hanno sempre accompagnato l’uomo dai primordi, ed è giusto che lo affianchino tuttora. Meno giusto è tenere pesci nevrotici in una palla di vetro, o addirittura uccelli, che sono fatti per volare, in casa.
Non parliamo poi delle varie "Associazioni" tanto in voga oggigiorno, che torturano e sperimentano improbabili farmaci su animali vivi. E siamo arrivati alle pellicce. Devo continuare? Signora bella che ha al collo il cadavere di un animaletto che non ha mai fatto male ad una mosca, non sarebbe stato meglio spendere quella (grossa) cifra in una bella e salubre vacanza?
Continua con una mia canzone. Per ora, buona vita.


Max Trentini


Il re della foresta


Ecco si aprono i cancelli comincia un nuovo giorno
un orizzonte familiare mentre mi guardo intorno
tra poco arriveranno plotoni di curiosi
e dobbiamo essere pronti ed ai flash metterci in posa
Ogni notte stesso sogno - non cambia la scena
io che corro libero in spazi aperti di savana
una preda mi sfugge - con un balzo io la prendo
ma mi svegliano i guardiani ed a un pasto forzato mi arrendo
E mi chiamavano "re della foresta"
e mi dicevano "tu, belva feroce"
Ma è più feroce chi uccide per mangiare
o chi estingue una specie per il suo sadico piacere?
La mia compagna ha gli occhi tristi ma io ancora l’amo
i carcerieri chiedono perché non ci accoppiamo
ma che diritto avremmo di dar vita a creature
che non potranno mai solcare le pianure?
E mi han detto che sono anche stato fortunato
a non finire intorno a un collo o su un tavolo sventrato
La mia pelle non piace alla gente - il mio corpo non serve alla scienza
però questa prigione non è frutto di violenza?
E mi chiamavano "re della foresta"
e mi dicevano "stupido animale"
ma è più stupido chi non può parlare
o chi avvelena il mondo e finirà per asfissiare?
I bambini ci guardano con occhi spaventati
potessimo dir loro che si può cambiare
che questo vecchio mondo è nelle loro mani
abbatteranno queste sbarre i padroni di domani?
E ogni sera al tramonto mando il mio ruggito
si uniscono i fratelli in questo coro un po’ stonato
e il nostro grido sale al Dio della natura
contro questi carcerieri che di noi hanno paura!
Seguite tutti il re della foresta
spezziamo i timpani a queste scimmie nude
perché noi tutti siamo in grado di capire
che l’intelligenza è bella - basta che si sappia usare!
FRATELLI DI PENA FATE SENTIRE
CHE NOI AMICI SIAMO DI OGNUNO
MA NON DI CHI ARRIVATO PER ULTIMO
SI DICE NOSTRO PADRONE


Max Trentini dall’LP: "Non è mai troppo tardi" (1997)


Gli animali


Gli animali sono tanti e bellissimi. Io, personalmente, ho dieci gatti selvaggini. Che gioia poterli vedere e accarezzare, prenderli tutti in braccio, dar loro la pappa e l’acqua da bere!!!
Quando un gatto mi guarda, mi ispira amore e tenerezza.
Anche i cani mi piacciono, ma meno, perché mordono spesso. I pulcini gialli delle galline li adoro e li amo. Sono così piccini…! Il riccio poi è fenomenale, per il fatto di nascondersi sotto gli spini e ripararsi così il pancino tenero. E gli uccelli? Che dire dei loro canti e concerti!
Le mosche e le farfalle vivono tre giorni, e in tre giorni debbono riprodursi, poverette!!!
La vita animale è felice e tranquilla; sono loro che hanno l’ ‘anima’, non noi uomini sempre alle armi e in guerra. Felice è chi nasce animale.


Ave


L’uomo e gli animali


Io non penso che l’uomo debba imparare a vivere dagli animali, perché tra quelli che ha addomesticato e che vivono parte della giornata insieme a lui i migliori sono quelli che riescono, come i bambini, a imitare parzialmente o totalmente i propri “genitori adottivi”; così sono pensati speciali, intelligenti ecc. ecc. Ma quelli che distruggono o pisciano, come certi cani, sulle poltrone, l’uomo li elimina o li abbandona; quelli che feriscono o uccidono vengono soppressi.
Se però si dovesse pensare che l’uomo debba apprendere dagli animali… pensando a quante specie ci sono, dovrebbe vivere mille anni per riuscire a fare quello che fanno gli animali selvatici.
Tuttavia io personalmente non credo che potrei mai imparare a volare come un’anatra selvatica, a nuotare come un pesce, mangiando, bevendo e dormendo sott’acqua, o a saltare da un ramo all’altro come le scimmie, o a correre a quattro zampe come un ghepardo, o a dormire a testa in giù come i pipistrelli.
Senza parlare del destino, che si sa bene quale sia, dei suini, bovini, ovini, pollame, che più che addomesticati (come sono quelli che vivono dentro le mura domestiche), sono stati “ingentiliti”, da liberi e più o meno selvatici che erano.
Che cosa ci sarà da apprendere da un maiale, se non capire come fa a trovare il tartufo e poi a rubartelo? ecc. ecc.

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Creazione artistica di Luigi Zen realizzata
con materiali “naturali” in cui figurano:
in alto il pesce-pesca, al centro il pesce-zucca
e dei ricci di mare, in basso una spugna.

Luigi Zen


Sugli animali
Contribuito scritto da parte di alcuni ospiti
della RTP "Casa degli Svizzeri"


Per poter scrivere sugli animali vorrei non sentirmi tanto spesso un animale anch’io

Daniela Mariotti




I cani che ho avuto erano poco affettuosi. Una cagnolina era affettuosa, si chiamava Blenda, era bella, un barboncino beige, è finita sotto una macchina. Un altro cagnolino di nome Fufi era carino.
Ho avuto anche due barboncini di nome Juppiter e Silly, che sono finiti a Roma.
Il Dalmata era terribile, mi graffiava e mio padre l’ha venduto. Un’altra cagnolina Mirka c’era prima che io nascessi.

Fabrizio Avosani




AL BELLISSIMO CANE DI MARINELLA
Era un meticcio nero e marrone, era piccolo ma simpatico. Si chiamava Rocky.
Abbaiava sempre quando la gente veniva vicino. Veniva in camera da me a dormire per terra vicino al mio letto.
Quando mi svegliava gli facevo le carezze e lui le accettava. Quando qualcuno mi si avvicinava e mi sgridava lui non voleva e si agitava.
Era affettuoso e buono.

Marinella Gironi




La mia gattina si chiamava Gelsomina, diminutivo Mina.
Aveva due occhi grandi così, verdi, tigrato grigio. La chiamavamo con altri nomi: Diega Zampirla perché faceva i salti sul muro e le corse; Ernesta Sparalesta perché era veloce. Graffiava solo se sentiva dolore mentre la accarezzavo. Era affettuosissima e mi leccava sulla faccia; Micio Carezzoni perché l’accarezzavo sempre.
Quando è morta per me è stato un colpo.

Gilda Pappalardo




SCUSA
Oh animale che realtà umana tu non conosci,
affronti il sacrificio debole e indifeso
per far felice il nostro palato.
Pasto di festa diventerai,
e per causa nostra non conoscerai la vecchiaia.

Roberto Ramosi




IL CAMALEONTE
Il mio camaleonte a tre anni viveva in Sudan, poi si trasferì in Italia per esigenze relative ad adempimenti di magia nera, per risoluzioni oleofragmatiche cambiava colore come Kamillo Kromo.

Filippo Montanari


UmanaMente

Gli animali


Il tema degli animali è un tema molto ampio e le prospettive che si possono scegliere per affrontare l’argomento sono molteplici. Il nostro brainstorming iniziale ha prodotto tantissime idee e racconti personali sul tema degli animali. Alcuni hanno poi avuto seguito all’interno del gruppo, mentre altre sono state sviluppate con un lavoro individuale.




Racconti personali


Il mio rapporto con gli animali è sempre stato conflittuale. Mi ricordo che da bambina mi sono trovata in varie situazioni in cui ho avuto molta paura dei cani. Una volta in particolare ero in bicicletta e passeggiavo tranquillamente; ad un certo punto un branco di cani abbaiò e io per timore mi misi a pedalare molto velocemente. In quel momento il branco di cani ha cominciato ad inseguirmi ed io aumentavo sempre più la velocità sulle due ruote fino a sbandare con conseguente ruzzolone e ritrovarmi rovinosamente per terra. Riportai lacerazioni al ginocchio ed ecchimosi varie, ma stranamente i cani si sono fermati alla mia caduta e hanno fatto dietrofront.
Io non penso di provare odio nei confronti degli animali e in particolare dei cani, ma solo una forma fobica per cani di grossa taglia. Infatti, quando mi capita di incontrare un cagnolino o un gattino con un grazioso musetto, mi ci avvicino e lo guardo con occhi teneri.
Io penso che tale problema dipenda anche dalla paura che ha mia madre dei cani e che mi ha trasmesso sin da piccola, lei è stata realmente aggredita in tenera età. Quindi, la sua paura è motivata, io, invece, ce l’ho di riflesso.
Se vedo un cane o un qualsiasi altro animale che sta male o che viene maltrattato provo sia dispiacere che rabbia nei confronti dei maltrattatori e mi prodigo per difendere la vittima.
Ecco perché affermo di avere un rapporto conflittuale con queste creature, infatti, in casa non voglio animali in quanto non provo trasporto nei loro confronti e, penso, di poter vivere bene anche senza.

S.




Dieci anni fa ero in vacanza in montagna e mentre mi trovavo in un campo aperto ho avuto un attacco di panico. A quel punto mi sono sdraiato ed ho visto un cane che si avvicinava a me. Mi ha poggiato le zampe sul petto e pian piano ho iniziato a calmarmi. Lui avvertiva che io stavo male e in quel momento difficile mi è stato vicino, aiutandomi a riprendere il controllo.
Un altro episodio che mi viene in mente mi capita quando torno a casa. Il cane che sta nel condominio inizia ad abbaiare ogni volta che torno, però lo fa amichevolmente e non con cattiveria.

Stefano




Io vorrei basare l’articolo su di un racconto. Riguarda un libro che ho letto a venti anni in aereo mentre andavo in India. Il testo si intitola “Il gabbiano Jonathan Livingstone” e mi era stato regalato dal mio fidanzato di allora. Il libro si concentra sulla forza interiore di questo gabbiano, sulla possibilità di uscire dalla prigione delle proprie paure interiori per essere liberi.
Quando sono arrivata in India mi sono scontrata con un mondo totalmente differente da quello che conoscevo e sono venuta a contatto con molte paure. Purtroppo ho visto gente che moriva di fame, gente ammalata di lebbra, gente povera e sinceramente ho avuto molta paura ad entrare in contatto con questa realtà.
Però anch’io volevo superare le mie paure come aveva fatto il gabbiano e devo ammettere che quella lettura mi è servita molto nel mio scopo. È stato un viaggio molto introspettivo.

Barbara




Io preferirei basare l’articolo sul rapporto con i cani tranquilli perché ho un brutto rapporto con i cani aggressivi.
Per quel che riguarda la mia esperienza personale con gli animali, un evento che mi ha toccata particolarmente è stata la morte del nostro gatto di famiglia nel 2010; quindi si potrebbe anche pensare di trattare come argomento specifico il sentimento di perdita di un animale domestico a cui ci si era affezionati.
Una volta mia sorella mi ha chiesto di tenere il suo gatto. Purtroppo si è perso ed abbiamo dovuto appendere dei volantini per ritrovarlo. Alla fine, dopo molte ricerche lo abbiamo ritrovato accucciato in un tubo in strada.

Silvietta



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Disegno di Stefano Gardini



Approfondimento scientifico sulla teoria di Charles Darwin


Charles Robert Darwin è nato il 12 Febbraio 1809 a Londra ed è stato uno dei più celebri naturalisti britannici della storia.
La sua teoria più importante è quella che riguarda l’evoluzione delle specie animali e vegetali tramite la selezione naturale agente sulla variabilità dei caratteri. È ancora lui a teorizzare la discendenza di tutti i primati, compreso l’uomo, da un antenato comune.
Pubblicò la sua teoria nel libro L’evoluzione delle specie (1859) che è rimasto il suo lavoro più noto. Raccolse la maggior parte dei suoi dati sulle Isole Galapagos, sosta che fece durante il suo viaggio intorno al mondo. La sua teoria si basa sulla concezione che gli individui di una popolazione sono in competizione fra loro per le risorse naturali; in questa lotta per la sopravvivenza, l’ambiente opera una selezione, detta selezione naturale. Con la selezione naturale vengono eliminati gli individui più deboli, cioè quelli che, per le loro caratteristiche sono meno adatti a sopravvivere a determinate condizioni ambientali; solo i più adatti sopravvivono e trasmettono i loro caratteri ai figli.
La teoria evoluzionistica di Darwin si basa su tre presupposti fondamentali:         1. Riproduzione: tutti gli organismi viventi si riproducono con un ritmo tale che, in breve tempo, il numero di individui di ogni specie potrebbe non essere più in equilibrio con le risorse alimentari e l’ambiente messo loro a disposizione.
        2. Variazioni: tra gli individui della stessa specie esiste un’ampia variabilità dei caratteri; ve ne sono di più lenti e di più veloci, di più chiari e di più scuri, e così via.
        3. Selezione: esiste una lotta continua per la sopravvivenza all’interno della stessa specie e anche all’esterno. Nella lotta sopravvivono gli individui più favoriti, cioè quelli meglio strutturati per giungere alle risorse naturali messe loro a disposizione, ottenendo un vantaggio riproduttivo sugli individui meno adatti.
La selezione naturale avviene quando variazioni ereditabili vengono esposte a fattori ambientali che favoriscono il processo riproduttivo di alcuni individui rispetto ad altri. Egli affermò che l’evoluzione di nuove specie deriva da un accumulo graduale di piccoli cambiamenti. Ciascuna specie presenta una propria serie di adattamenti, ossia di caratteristiche che si sono evolute mediante la selezione naturale. Partendo da queste osservazioni, ci siamo chiesti come si fossero evolute le varie specie e in che modo siano state successivamente classificate.




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Disegno di Stefano Gardini



Classificazioni degli animali


La letteratura in questo campo è molto ampia e riassumere in poche righe la vastità delle diverse tipologie di animali presenti sulla Terra è un’impresa impossibile. Possiamo quindi cercare di fare una breve distinzione, quella classica, tra animali vertebrati e invertebrati.



VERTEBRATI
(animali che possiedono uno scheletro interno provvisto di colonna vertebrale: sono provvisti di cranio, colonna vertebrale, costole, scheletro degli arti)
Si dividono in:

Mammiferi
        il nome per la presenza nelle femmine delle ghiandole mammarie;
        sono animali a sangue caldo; vivono in tutti gli ambienti,
        es. Terra: uomo, cane, mucca… Acqua: balena, delfino… Aria: pipistrello.

Uccelli:
        Corpo ricoperto di piume o penne; hanno sangue caldo; depongono uova.

Rettili:
        Animali sia terrestri sia acquatici; corpo ricoperto di squame o placche rigide;
        hanno sangue freddo; depongono uova.

Anfibi:
        Anfibio significa ‘dalla doppia vita’; hanno sangue freddo (la temperatura del
        corpo varia al variare della temperatura esterna); depongono le uova.

Pesci:
        Respirano ossigeno disciolto nell’acqua attraverso le branchie;
        corpo ricoperto di scaglie; depongono le uova.


INVERTEBRATI
(animali privi di scheletro interno)
Si dividono in:

Artropodi:
        Insetti (mosche, grilli), Aracnidi (ragni, scorpioni), Crostacei (gamberi, aragoste,
        granchi)

Echinodermi:
        Stelle marine, ricci di mare

Molluschi:
        Con conchiglia interna (seppia); senza conchiglia (polpi e calamari),
        con conchiglia esterna (chiocciole, cozze, ostriche).

Anellidi:
        Lombrichi

Celenterati:
        Meduse e coralli

Poriferi:
        Spugne




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Disegno di Stefano Gardini



Discussione


L’uomo come sappiamo fa parte dei vertebrati ed è un mammifero. Dopo aver analizzato le varie differenze che esistono tra le specie, ci siamo interessati all’evoluzione umana, chiamata anche antropogenesi o ominazione. Con questi termini intendiamo l’evoluzione dell’Homo sapiens. La teoria che ha prevalso su tutte e che è stata riconosciuta ed attestata, afferma che l’uomo si sia evoluto da una popolazione di primati stanziatisi nel Rift africano, progenitori comuni agli scimpanzé circa 5-6 milioni di anni fa e che il genere Homo si sia differenziato dall’Australopithecus circa 2,3-2,4 milioni di anni fa. Successivamente, 2 milioni di anni fa, l’Homo erectus si è diffuso in tutto il mondo creando anche delle specie locali come l’Uomo di Neanderthal in Europa. L’uomo moderno proviene da quest’ultimo, avendo avuto sviluppo anch’egli in Africa. Due sono quindi le ipotesi riguardanti questo periodo: o l’uomo moderno ha progressivamente sostituito l’Homo erectus in Asia e l’H. neanderthalensis in Europa; oppure l’Homo erectus, lasciata l’Africa due milioni di anni fa, diventò Homo sapiens in diverse parti del mondo. E’ proprio analizzando questa teoria che ci siamo posti una domanda.



Se le specie, come diceva Darwin, provengono tutte da un unico ceppo e se l’uomo è legato in qualche modo alla scimmia, quali sono le caratteristiche che abbiamo in comune e quelle che invece ci differenziano da questi animali?



F: Per prima cosa le scimmie non hanno la parola, ma hanno altri metodi per comunicare.
S: Una somiglianza è sicuramente la struttura corporea ed in particolare la forma delle mani, sono molto simili alle nostre.
O: Altra cosa che abbiamo in comune è la manualità, il pollice opponibile è alla fine una caratteristica che oltre l’umano possiede solo la scimmia.
S: Ora che ci penso oltre al corpo anche la struttura ossea del viso è simile alla nostra.
O: Io invece penso che la corporatura vari da razza a razza, ad esempio i gorilla sono molto più robusti degli scimpanzé.
F: Un altro elemento che abbiamo in comune è l’apparato riproduttivo, anche se la femmina umana non va in calore.
E: anche la percezione è simile, gli organi di senso che vengono sfruttati dalle scimmie sono gli stessi che usa anche l’uomo.
S: Una differenza è anche la quantità di peluria presente sul corpo, le scimmie possiedono molta più peluria dell’umano.


Grazie alle ricerche e all’attività di brainstorming fatta prima della stesura di queste righe, siamo riusciti a riflettere su ciò che diceva Darwin e su quello che sostiene la teoria dell’evoluzione. In effetti ci sono tante caratteristiche simili che fanno pensare ad un comune passato con le altre specie viventi e alla possibilità che molto probabilmente la teoria della selezione naturale possa essere una buona spiegazione della nascita e della continuazione della vita sulla Terra.
Sicuramente quando si parla di questi argomenti c’è la possibilità che possano nascere gli scontri etici di opinioni che tutti conosciamo, la famosa lotta tra Scienza e Chiesa, ma questo non è il luogo opportuno dove parlarne. Quella che a noi è interessata è stata, più di ogni altra cosa, la possibilità di mettere a confronto le varie teorie sviluppate nel tempo e di cercare di aprire la mente nel modo più obiettivo per arrivare ad una nostra personale conclusione.


www.associazioneumanamente.org
Viale Pepoli 5 (Sala CUFO) - 347/1445731
contatti@associazioneumanamente.org


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vignetta di Riccardo La Rocca



Rapporto con gli animali
(dalla parte degli animali)


La fattoria degli animali, Animal Farm, di George Orwell, edito nel 1945 e tradotto e pubblicato in Italia due anni dopo, è ambientato in una fattoria dove gli animali, stanchi dello sfruttamento dell’uomo, si ribellano. Dopo aver cacciato il padrone, gli animali decidono di dividere il risultato del loro lavoro seguendo il principio marxista «da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni».
Immaginando un capitolo inedito del libro, gli animali si troverebbero in un fienile a discutere delle proprie origini e delle ragioni della loro esistenza sulla Terra.
Nell’antichità si credeva che in alto, in quota, ci fossero dei laghi. Per questa ragione nella Bibbia, nel libro della Genesi, il narratore afferma che nei primi tre periodi della creazione il Padre Eterno avesse creato tutto ciò che si muove sopra le acque. Quindi nei secondi tre periodi della creazione, tutto ciò che si trova sotto le acque, che a quell’epoca ovviamente erano ritenute assai al di sopra dell’altitudine dei monti.
Così notiamo la differenza fra il nulla ed il tutto.
Questo dice la religione. Vediamo invece cosa dice la scienza.
Secondo un’ipotesi scientifica, dalla cellula primordiale si è sviluppato il primo animale. Durante l’evoluzione questo stesso animale si è sviluppato in diverse specie. Da rettili a mammiferi e quindi all’uomo.
Gli evoluzionisti Darwiniani affermano che ci sono sulla Terra tante specie di animali e vegetali differenti, perché il DNA (ovvero l’acido desossiribonucleico) si ricompone in maniera del tutto casuale. Questo spiegherebbe la presenza di animali e vegetali totalmente differenti fra loro.
Di contro, una teoria antievoluzionistica spiega che il DNA umano, che è nel nucleo di ogni cellula umana, è composto da 3 miliardi di nucleotidi (ovvero piccoli atomi). Se questi miliardi di nucleotidi si rimescolassero in maniera del tutto casuale, le probabilità di creare una specie nuova ed evoluta sarebbero meno di zero. Anche dell’uomo. Quindi, c’è un ordine nell’universo: ogni specie replica soltanto se stessa.
Tornando al nostro tempo, il rapporto degli animali con gli uomini è diventato tanto confidenziale da parlare di animali domestici, ovvero che vivono nella domus, in latino ‘casa’. Fra gli animali domestici annoveriamo il cane, il gatto, gli uccellini, i pesciolini e ultimamente anche il coniglio.
Noi animali abbiamo diverse capacità: sappiamo essere di compagnia (cani, gatti, pappagallini e coniglietti), facciamo la guardia (soprattutto cani), siamo ottimi procacciatori di tartufo, aiutiamo ad arare i campi (animali da soma), sappiamo correre molto bene e non solo per cacciare (cani e cavalli), sappiamo addirittura produrre cibo, tipo latte (mucche, pecore, capre, asine) e uova (galline, anatre, struzzi, oche), e possiamo anche dare la possibilità di coprirsi con la lana (pecore). Inoltre diamo molto (affetto) e chiediamo poco in cambio.
Per concludere, e su questo siamo tutti d’accordo, noi animali siamo molto amici dei vegetariani (per ovvi motivi).



Gruppo di Rassegna Stampa
Centro Diurno di Casalecchio di Reno



Sei un’oca!!!


Pensierino fulminante: chissà se gli animali, tra di loro, per offendersi si danno degli ‘UMANI’?!…
Sapete che cosa vi dico?
W le oche…
… e i porci, le troie, le vacche, i mandrilli e le bertucce, le cagne e i cagnacci, gli asini e i muli, le lumache e le tartarughe, i vermi, le larve, le sanguisughe, i pescecani, gli avvoltoi, le iene, gli sciacalli, le vipere e le serpi in genere, ma specialmente quelle ‘cresciute in seno’, i caproni, gli ‘scarrafoni’, le amebe (e pure i parameci), i microbi, e chi più ne ha più ne metta… Insomma, W le bestie, tutte!
E gli umani? Bah!


Lucia


Alimentazione e… mente


Salve, cari amici del FARO, sono Rita, infermiera del Centro Salute Mentale Mazzacorati: sono prima di tutto una persona... comunque!
In seguito a problemi dovuti a una tappa inevitabile per noi donne - la menopausa o climaterio - mi sono avvicinata alle terapie cosiddette alternative o naturali.
Improvvisamente ero gonfia, ansiosa, insonne… caldo, freddo, pressione alta e bassa... insomma una sofferenza...! Mi capitò tra le mani un piccolo libro - CIBO PER LA MENTE - e mi colpì molto… È stato per me scoprire un atteggiamento diverso verso il Cibo, inteso come dono che riceviamo dalla Natura, dalla madre Terra; e scoprire le influenze che ha il cibo sulla nostra mente, oltre che sul corpo, in quanto le due cose sono unite e inseparabili.
Solitamente siamo abituati a mangiare senza pensare a ciò che stiamo facendo e soprattutto a ciò che mangiamo, da dove viene, chi lo ha creato ecc. ecc. In tempi diversi - di miseria - era molto diverso: ancora ricordo la nonna che si faceva il segno della croce prima di iniziare a mangiare... Allora non capivo; certo per chi viveva nella miseria avere del cibo da mettere in bocca era un dono divino!
Ho via via eliminato ciò che sentivo mi faceva male, e ho iniziato un’alimentazione sana e consapevole. Sono diventata piano piano vegetariana, perché amando la natura ho iniziato a vedere gli animali come amici e sacri… e non sono più riuscita ad acquistare carne e mangiarla. Ho scoperto cibi nuovi: il latte di mandorle e di soia, l’orzo, il farro, tanti cereali, ho imparato a farmi il pane da sola, a consumare molto riso invece della pasta, e oggi ad anni sei, devo dire che tutti i miei esami sono perfetti: non ho pressione alta, né colesterolo, né osteoporosi (assumere latte in età adulta gonfia, acidifica il sangue e toglie ulteriore calcio alle ossa!!!!!! così ogni latticino che non sia di capra o di pecora!!!).
Anche il mio umore è migliorato e il mio sonno, perché, quando il nostro corpo è sano e pulito dentro, anche la nostra MENTE sta bene! Ciao a tutti...


Rita Grechi


Noi animali di razza


I diritti dell’uomo non sono una realtà scontata per tutti, ma almeno esistono teoricamente! Cosa possiamo fare per cercare di renderli più reali? Forse aiutando i nostri amici ad averli, riusciremo ad averli anche noi?
Io ho un amico, il mio cane. La razza umana fa parte della famiglia degli animali: forse se sosteniamo dei diritti per gli animali, e non solo per la nostra razza, in realtà aiutiamo noi stessi (che siamo animali), ad avere dei diritti.
Gli animali capiscono più di quanto crediamo, ma a parte quelli domestici, li stiamo massacrando. Cambiare la loro realtà, vuole dire: cambiamo il mondo, di conseguenza cambierà anche per noi.
Non possiamo aspettare che la società evolva e che tutti stiano attenti da soli a non mangiare carne, dobbiamo inserire nei vari diritti anche quelli degli animali, e chi dice che non abbiano la precedenza? Chi dice che l’uomo è buono e gli animali no? Con quale forza sono stati scritti i diritti dell’uomo? Pensiamoci! E chiediamolo a chi ci rappresenta in politica. Nella consapevolezza che Dio ama anche gli animali, cordiali saluti e buon appetito, ironicamente.


Marco


Once upon a time…


C’era una volta, tanto tempo fa, un Darietto che, alle elementari, aveva avuto uno shock con un cane aggressivo e dalla paura si era rifugiato su un piccolo albero: da quel momento in poi fu difficilissimo farlo avvicinare a un cagnolino.
Poi ci fu una bellissima e radicale trasformazione: verso i ventitré anni circa, grazie a zio Francesco e al suo amico Giovanni, quella paura divenne tenero amore verso quello che, in tanti, chiamano ‘il migliore amico dell’uomo’...
Gli successe addirittura di ‘leggere’ il linguaggio degli animaletti e capire quindi quando hanno paura, hanno voglia delle coccole, quando sono tristi, depressi o sono in felicità.
Il primo incontro fu con la Shevel (un lagotto) e la Shelby (un incrocio tra un corso e un’altra razza che non ricordo): mi ricordo che ero timidissimo coi cagnolini, ma non ero l’unico; nonostante Giovanni avesse un piccolo carlino, quest’ultimo non aveva confronto con la mole di Shevel e Shelby, che erano tre - quattro volte più grossi, quindi Giovanni era anche lui timido con le cagnoline di mio zio.
Però poi, pian piano, mi aprii sempre più con le cagnoline, soprattutto con la Shelby, mentre purtroppo la Shevel non visse a lungo (morì pochi giorni dopo la morte di mia nonna e, devo dirlo assolutamente, su questo fatto ci hanno fatto anche un bellissimo film, cioè che il cane sente quando il suo padroncino muore e sta talmente male da morire poco dopo... che tenerezza!).
Poco dopo entrò ‘nella famiglia’ l’affettuosissima Cheyenne, una cucciola incrocio tra un pitbull e un pastore tedesco: che feste che mi fa tuttora quando ci incrociamo! Mi salta addosso, si struscia, mi pilucca l’ombelico, che mi fa un solletico incredibile. È talmente coccolosa che in pochissimo tempo mi sono subito affezionato!
Anch’io la penso come mio zio Francesco: vorrei vedere i cagnolini girare liberamente dentro appositi recinti dove possano scorrazzare liberamente, invece di essere perennemente legati al guinzaglio, cosa che penso sia per loro assai fastidiosa. Penso che a lungo andare i cani troppo costretti possano diventare nevrotici e ribellarsi al loro padrone mordendolo. Non è colpa loro, ma della società, che non vuole il loro bene e, a volte, per colpa del padrone. Di questi recinti ne ho visti pochissimi! Uno in zona Pilastro, uno a fianco del ponte di San Donato e l’altro si può intravedere dal ponte di via Libia.
Da quando mi sono abituato ad avere un buon rapporto con tutti gli altri animali, è stato stupendo: mi sono sentito meno timido, più aperto e ho capito oltretutto che l’uomo deve imparare moltissimo dal comportamento animale...
Qui vorrei fare un collegamento interessante con Il Ventaglio di O.R.A.V., la nostra associazione di volontari e utenti in borsa-lavoro: grazie al nostro apicoltore Roberto Grillini, noi utenti impariamo molte notizie utili sulle api come ad esempio (è molto interessante) il modo con cui tengono ‘l’aria condizionata’ all’interno dell’alveare, cioè ci sono delle api che, con lo sbattere delle ali mantengono una temperatura ideale per deumidificare il miele.
Da quando sono arrivati altri animali oltre alle api, ed in particolare mi riferisco ad un cavallo (Bambi), un pony (Bobby) e una pecorella (Bianchina), il Podere Canova, sede dell’associazione, è diventato ancora più bello (e diverrà ancora più ‘anim-ato’ … anim - da animali - perché son previsti altri cavalli e degli asinelli e ato - da animato - perché ci sono più animaletti) !!!
Non parliamo poi dei cagnolini di Roberto (il nostro ex presidente): Lea (avete presente il telefilm Tequila e Bonetti?) e Atos; tutte le volte che andavo a casa sua, mi facevano un sacco di feste! Recentemente però Lea è scomparsa e ne siamo affranti. Faccio le mie condoglianze a Roberto... E qui si vede come Atos, il figlio di Lea, sta andando in depressione... Povero ‘baubino’!!! Io, la Jaja e la Mariangela (una utente del Ventaglio) stiamo cercando di tirargli su il morale... l’ultima volta, grazie a noi, è riuscito a mangiare...
E le cagnoline della Jaja (la nostra dolce vicepresidente)? La Margot (razza: collie, uguale a Lassie) è birichina: a volte vuole le coccole e quindi comincia a strusciarsi contro di te; poi ci sono quelle volte che vuol giocare con la pallina: se la mette in bocca, si piazza lungo il corridoio del giardino, te la rilascia come per dirti "prendila!" e, quando gliela lanci, fa una corsa tremenda per prenderla e riportartela (com’è dolce!); infine, a volte, quando vede qualcuno o sente un rumore di motore, è come se impazzisse: si mette a girare su se stessa, abbaia e poi rincorre, se necessario, la persona o l’oggetto in questione. La Maggie (razza: golden retriever) è una batuffolona coccolosa, con un musetto dolcissimo, ma è una golosa (come il sottoscritto)!!! Ha sempre una gran fame... Questa cagnolina, però in realtà è del figlio della Jaja: Fabio. L’ultima, la più anziana, è Lulù, una bellissima husky, tenera, dolce, coccolosa e, un tempo, formidabile saltatrice dei cancelli del giardino: com’è morbida! Accarezzarla è un piacere!
La Jajolina però ha anche numerosi gattini, di cui due gemelli che si chiamano Muzzy. Sono di un carino, di una morbidezza e di una ‘intelligenza’ incredibile: dico ‘intelligenza’ perché quando vogliono le carezze, ti miagolano e ti fanno le fusa come per chiamarti. L’altro gatto, Rino, è invece più selvaggio e meno casalingo. Infine abbiamo i gattini Buio (è infatti tutto nero), ma è difficile incontrarlo, e un altro gattino tutto arancio (di cui non so il nome) che è molto coccoloso!
Il bello di queste tre cagnoline e dei gattini è la simbiosi: pensavo che cani e gatti non andassero d’accordo, ma da quando sono stato dalla Jaja e ho visto il tutto, sono rimasto estremamente affascinato... Si vede che è una leggenda metropolitana...
Ho visto anche molti filmati, nei telegiornali, dove improbabili coppie di animali si aiutavano a vicenda! Uno fra questi mi è rimasto impresso: una leonessa dava il suo latte a un cerbiatto... Caspita che simbiosi!!! E noi non dovremmo far come loro, imparare da loro? Aiutarci a vicenda, invece di esser menefreghisti? Secondo il mio parere e quello di mia mamma, l’uomo infatti non ha alcun legame nella cerchia del pianeta Terra, mentre se si guarda la flora e la fauna, ce ne sarebbero di cose da cui l’uomo potrebbe trarre insegnamento e capacità intellettive maggiori.
Desidero concludere parlando del canto degli uccellini e, in particolare, il canto dei merli. Mi piace un sacco la mattina svegliarmi col loro musichevole “cip - cip” e, nell’intera giornata, adoro ascoltarli perché mi portano allegria. Quando poi li vedo, appollaiati sui lampioni o sui rami, mi viene una tenerezza tale che vorrei tanto coccolarli.
Qui vorrei infatti farvi vedere un’immagine fantasy che ho trovato, dove una fatina accarezza un uccellino... Per me è estremamente tenera e vorrei tanto essere io quella fatina!!! E voi???


Darietto



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Importanza dell’ape e dell’apicultura


Ogni anno, nelle scuole che lo desiderano, vado a parlare ai giovanissimi discenti e alle insegnanti sull’organizzazione sociale delle api e dell’importanza dell’apicoltura. La prima domanda che faccio ai ragazzi è se sanno perché le api sono importanti per l’uomo e per l’ambiente. Chi mi risponde perché producono miele, alcuni perché producono la pappa reale. Altri, e sono forse quelli che hanno avuto una brutta esperienza, temono le api perché hanno il pungiglione.
Nessuno conosce l’attività più importante dell’ape: l’impollinazione. Evidentemente i loro genitori, ma anche alcuni dei loro educatori dimenticano che se non ci fossero le api non sarebbe neppure la nostra vita. Dobbiamo, infatti, alle api se più dell’80 per cento delle piante d’ogni genere e specie sono impollinate ad opera all’intervento dei preziosissimi insetti.
Sappiamo tutti che l’impollinazione è l’atto fecondativo dell’ovulo del fiore, dal quale nascerà il seme grazie al quale le piante, sia erbacee che fruttifere e forestali, si possono diffondere nell’ambiente formando prati, boschi e frutteti. Cosa sarebbe il mondo senza le piante? Un immenso deserto di sabbia. Cosa mangerebbe l’uomo se non ci fosse la frutta?
Vi sembrerà strano, ma molti apicoltori sono pagati dai frutticoltori e dal contributo di alcune Regioni, compresa l’Emilia-Romagna per lo spostamento degli alveari presso le estensioni di piantagioni di frutta (meleti, ciliegeti. kiweti, ecc.) ma anche presso i campi e le serre dove si producono per il commercio sementi di piante da orto e da industria olearia (girasole, colza, ecc…).
Ma i prodotti dell’ape, come il miele, la pappa reale, il polline, la cera il propoli e perfino il veleno sono tutti prodotti importanti per la salute dell’uomo. Sì, vi sembrerà strano, ma anche il veleno dell’ape viene impiegato in medicina per produrre preziosi indispensabili medicinali. In alcuni stati dell’est ci sono cliniche specializzate per la cura delle artrosi mediante punture di api ed io stesso, che non sono allergico al veleno, godo ottima salute da quando faccio l’apicoltore.
Non tutti sopportano il veleno dell’ape, ci possono essere degli individui, seppure rari, soggetti a choc anafilattico. In questo caso è bene farsi fare un test (all’ospedale S. Orsola ci sono analisti specializzati per le allergie d’ogni genere) e premunirsi di un immunizzante.
Una raccomandazione è quella di non mangiare mai all’esterno dei locali marmellata, miele e sostanze dolci che possono richiamare vespe, api ed altri insetti muniti di pungiglione e di non lasciare mai aperte bottigliette di sciroppi. Non produrre mai dolci a base di miele, marmellate, conserve di frutta e simili con porte e finestre aperte. Le api sono molto sensibili agli odori e dopo pochi minuti vi invaderanno la casa. Se voi provate a spalmare un poco di miele sul davanzale della finestra o in qualsiasi altro punto della casa o del giardino vi accorgerete che dopo un paio di ore arriveranno da lontano centinaia di api. Infatti, la prima ape di passaggio che sente l’odore va subito ad avvisare le consorelle dell’alveare con la famosa danza (è il loro linguaggio preciso e intelligente).
Si sappia che le api non sono aggressive, ma se un’ape vi dovesse girare attorno perché sente dei profumi, state fermi, non fate l’atto di scacciarla altrimenti si sentirebbe aggredita e si difenderebbe con quell’arma bruciante che ha, a costo di rimetterci la vita. Voglio anche dirvi non aver timore degli sciami perché sono assolutamente innocui , in quanto le api quando sciamano non hanno nulla da difendere (non hanno la covata e il miele ce l’hanno nell’ingluvie e nessuno può rubarglielo). Ve lo dimostro con questa foto.

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Non vorrei mai più vedere distruggere uno sciame da gente ignorante e sarebbe bene che le scuole e gli educatori mettessero più tempo e attenzione al mondo degli insetti e della natura.
Durante la primavera e per tutta l’estate si assiste al fenomeno della sciamatura delle api. Un meccanismo, seppure ereditario, che l’apicoltore tende a frenare con la selezione di ceppi poco propensi. È influenzato da diversi fattori, tra i quali l’età della regina, la consistenza della popolazione, la mancanza di spazio disponibile nell’alveare, l’insufficiente aerazione, l’acutizzarsi delle malattie o delle infestazioni, l’andamento climatico favorevole e l’abbondanza del raccolto, l’esposizione dell’arnia ai venti dominanti, l’eccessiva insolazione. Le principali probabili cause rimangono tuttavia la mancanza di spazio per l’aumento delle nascite e la diminuzione del feromone reale. Quest’ultimo innesta nelle operaie il meccanismo istintivo di costruire celle reali e di allevare nuove regine. Altrettanto succede se una regina giovane dovesse produrre feromoni poco efficaci.
Le api, dopo aver costruito celle reali, dalle quali la prima regina che nasce sopprimerà le sorelle ancor prima dello sfarfallamento, costringono la vecchia regina a lasciare la dimora protetta e seguita dalla metà ai due terzi della popolazione dell’alveare, non senza aver prima riempito l’ingluvie di miele per la sopravvivenza.
Queste, non avendo ancora scelto una nuova dimora, formeranno lo sciame su un sostegno aereo (ramo, tronco d’albero, muro, ecc.). Da qui partiranno le api esploratrici (circa il 5% del totale della colonia) per cercare un ricovero idoneo dove costruire i favi. La scelta ricade principalmente su un’arnia abbandonata, un barile, il cavo d’un albero, il cassonetto d’una finestra o addirittura un atrio abbandonato come quello che si può osservare nella foto.

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La preferenza viene data ai ricoveri i più idonei possibili e posti in luoghi riparati dai venti dominanti, dall’umidità e dall’eccessiva insolazione che le esploratrici segnaleranno alle consorelle dello sciame con danze insistenti. A questo punto le api, generando un brusio con la vibrazione delle ali spiccheranno il volo seguendo le esploratrici e, prima di prendere possesso della nuova dimora, seguono una non ben nota danza del ronzio come per festeggiare la loro nuova sistemazione.
Le api, essendo insetti protetti per i loro prodotti preziosissimi per la salute e per l’utilità agricola, non debbono essere uccise. Per questo si sta anche lottando per l’abolizione dei presidi letali. Chi ha la ventura di scorgere uno sciame ha il dovere di informare i vigili del fuoco o i vigili urbani, che provvederanno a farlo catturare da un apicoltore mettendo a disposizione anche i loro mezzi (autoscala, ecc.). Per il territorio di Bologna e province limitrofe è stato da me organizzato un pronto intervento gratuito. Basta telefonare al numero 338.2524288 (Grillini Roberto, esperto apistico) segnalando luogo e posizione dello sciame. Per quanto riguarda invece l’eliminazione dei nidi di vespe e di calabroni e per le false chiamate (segnalazioni di sciami d’api inesistenti), si richiede il rimborso delle spese d’intervento.
All’ape si deve protezione e rispetto e all’apicoltore, che tanto si prodiga per la cura e la diffusione dell’insetto, un grosso grazie.


Roberto Grillini
(esperto apicoltore, volontario presso Il Ventaglio di ORAV)


Una luce si è spenta


Bologna, lunedì 11.4.2011 ore 8 e 15, una Nuvola è entrata nella mia vita, portando con sé Calzino e… ho rivisto la luce.
Il mosaico è terminato ed ho completato il puzzle della mia vita. Ciò che mancava era il bandolo della matassa, ma io l’ho trovato. Ora è tutto chiaro, c’è ordine dentro di me e quindi è bello fare ordine anche fuori e intorno a me. Pollicino, dopo tutti i sassolini sparsi, è tornato a casa, e i chiodini che per tanto tempo mi hanno tormentata ora tengono i post-it colorati alla lavagnetta di sughero della mia casa.
1. Una locandina letta vicino alle Terme Felsinee il 10.3.2011. Ho telefonato.
2. Domenica 13.3.2011: conosciuti i due micioni e sono bellissimi.
3. Venerdì 18.3.2011, ore 20 circa: sono arrivati i micioni. Aspettandoli mi batteva il cuore.
4. Domenica 20.3.2011: Calzino (il timidone) è uscito da sotto i letti. I due micioni ora girano per casa.
5. Lunedì 21.3.2011: mi hanno adottata e io… sono felice.
6. Prendetevi un gatto (meglio due) e… se potete… anche un cane!

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Se amate gli animali, soprattutto i cani, leggete Io e Marley di John Crogan, ed. Sperling Paperback. Leggendo certe pagine ho ripreso a piangere, non di tristezza, ma di tenerezza e di gioia.
Pag. 330: “Così come noi l’avevamo aiutato a plasmarsi nel cane di famiglia che sarebbe diventato, lui aveva aiutato noi a plasmarci come coppia, come genitori, come amanti degli animali, come adulti. Nonostante tutte le delusioni e le aspettative disattese, Marley ci aveva fatto un dono, spontaneo e inestimabile. Ci aveva insegnato l’arte dell’amore incondizionato. Come darlo, come accettarlo. Dove c’è quest’amore, gli altri pezzi vanno quasi sempre a posto.”
Chi ama gli animali e ha un debole per i gatti, deve leggere Cleo di Helen Brown, ed. Piemme.
Pag. 100: “Si dice che le fusa di un gatto abbiano un effetto profondo sul corpo dell’uomo. I test hanno dimostrato che riducono lo stress, abbassano la pressione sanguigna e aiutano la pelle e le ossa a rinsaldarsi. I poteri guaritori dei gatti sono sempre più riconosciuti dai tanti ospedali e dalle case di cura che si servono in modo permanente di questi medici felini. Dosi regolari di fusa possono anche contribuire a riparare i tessuti cardiaci. /…/ Saggio ed eterno, poteva essere la ninna nanna della terra, o la voce di Dio”.
Questo è più o meno quello che volevo scrivere per Il Faro, che questa volta si occupa degli animali, ma qualcosa è cambiato: da venerdì 21 settembre 2012 Calzino, il mio micetto tigrato non è più a casa con me e Nuvola, il fratello bianco. Mi sono svegliata e lui non c’era, l’ho cercato e chiamato per ore, ma di lui nessuna traccia. Ho guardato ovunque, anche nel balconcino accanto al mio, anche nel cortile condominiale. Ho attaccato locandine, ho cercato in giro, sono stata in un’oasi felina vicino a casa, ma nulla. Il veterinario mi ha detto che se non era in casa era uscito, ma da dove?... Dal terrazzino, cioè è caduto giù, e io abito al terzo piano.
Il mio timore è che cadendo si sia fatto male, che qualcuno l’abbia trovato e se lo tenga. Il mio micetto, che mi stava sempre tra i piedi, era bello, sano, pulito e si vedeva che non era un randagio. Nuvola ogni tanto miagola e io gli dico: “Ti manca tuo fratello? Anche a me manca”. Di Calzino mi manca tutto: il suo odore, il suo pelo morbido, la sua simpatia. Dormiva quasi sempre con me, mi seguiva per la casa, e se mi sdraiavo sul letto a leggere o scrivere, lui si metteva sopra i miei libri o fogli e quando gli dicevo: “Calzino, spostati, sto leggendo, scrivendo!” lui si metteva a pancia all’aria per farsi grattare. Adesso certe cose che faceva Calzino le fa Nuvola, ma non è la stessa cosa e quel micino mi manca ogni giorno di più. Una mia amica ha trovato un sito internet: Persi e ritrovati e ha mandato il testo della locandina che abbiamo fatto per ritrovarlo. Non voglio pensare di averlo perso per sempre e nemmeno che cadendo si sia fatto male.
Voglio trovarlo, voglio che torni da noi, voglio ancora sentire le sue fusa e che si riaccenda quella luce che adottandolo si era accesa, e che ora si è spenta.


Tina


Informazioni utili


Sul territorio comunale di Bologna



In caso di ritrovamento di cani o gatti smarriti o presunti tali puoi chiamare:

Il Rifugio del Cane e del Gatto
      Via Bacialli, 20 - Trebbo di Reno Castelmaggiore Bologna
      Tel.: 051.63.25.537
      http://www.comune.bologna.it/rifugiocanegatto/

Polizia Municipale del Comune di Bologna
      Tel.: 051.26.66.26


In caso di ritrovamento di cani o gatti feriti puoi chiamare:

Servizio Veterinario Azienda USL
      Via Gramsci 12 - Bologna
      Tel.: 051.60.79.889 (orari d’ufficio)
      Cell.: 349.75.41.171 (pomeriggio)
      Cell.: 348.60.23.742 (notturno, sabato e festivi)

Altrimenti puoi portarli di persona alla
Clinica Veterinaria di Ozzano
      via Tolara di Sopra, 50 – Ozzano dell’Emilia (BO)
      (convenzione gratuita col canile di Bologna)


Senza che lei sapesse…


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Da qualche giorno ormai non cercava la mia presenza, non mi accoglieva al rientro dal lavoro, non disturbava il mio sonno mattutino con richieste pressanti di attenzione e cibo. Da giorni ormai la sua presenza era come un’ombra, un passaggio silenzioso e solitario.
Quella sera però uscì dal buio, da quel buio che cercava e che la isolava dal mio mondo, uscì dal buio stralunata e stropicciata, non vedendo quasi più, inabituata alla luce. Il suo bel muso alterato da una magrezza progressiva, il corpo dolorante che rifuggiva le mie carezze. Si lasciò condurre, lentamente e dolcemente, con la cautela dovuta ad un oggetto di cristallo sottile, sopra una leggera coperta, ben distesa per accogliere le sue ossa lievi ed il suo corpo ormai risucchiato. Il suo sguardo stanco si sforzava di focalizzare il mio sorriso e le sue orecchie si alzavano con fatica al suono lento e commosso delle mie parole. Non più i gesti ed il contatto fisico delle nostre “intime” relazioni passate, solo la carezza lieve sul suo capo rimpicciolito e freddo. Le dovevo almeno per qualche attimo la fedeltà e l’esclusività del suo starmi al fianco per anni, rispettosa della mia persona e gelosa della sua autonomia. Presenza discreta, educata e pulita – molte volte si era presa cura di me, senza saperlo.
Mi prendevo cura di lei, senza che lei sapesse.


Anna


Tea


Folla a Villa Spada per la festa del volontariato. Gente che va su e giù fra i banchetti a curiosare e si ferma ogni tanto per far due chiacchiere con un conoscente o per guardare le esibizioni di yoga e tai chi. Gente che si allontana distrattamente con depliant e pacchettini in mano, poi torna sui suoi passi per recuperare lo zaino lasciato sul prato.
Bimbi coi faccini pitturati, risate, richiami, palloncini…
Può capitare, tra la folla, di accorgersi che la persona con cui si era arrivati non è più al nostro fianco: e adesso… aspetto qui? Faccio il percorso a ritroso? Corro a vedere più avanti? No, no… Tea non aveva dubbi sul da farsi, ma non le era facile farlo capire alla gente. Mentre cercava di attraversare via Casaglia, col lungo guinzaglio a penzoloni, si è sentita bloccare da un piccolo strattone. Un uomo alto, scuro, un po’ barcollante per elevato tasso alcoolico, ha pensato che un cane non se ne deve andare in giro così, da solo. Gentile, l’ha accarezzata e l’ha ricondotta verso il parco, in cerca del padrone. Ma in mezzo a tutta quella gente, come trovarlo? Lei non sembrava riconoscere nessuno e al collo non aveva una medaglietta col nome e un recapito.
Conciliabolo: “Io prima l’ho vista passare, ma non ricordo con chi era” “Bisogna chiamare i vigili” “Ma i padroni la staranno cercando, meglio tenerla qui” “Noi dobbiamo smontare i banchetti” “Io dovrei prendere la corriera delle 17 e 30”…
Va be’, decido che me ne occupo io. Ringrazio il signore gentile che l’ha salvata dal traffico e accompagno la cagnona nera, occhi dolci e passo un po’ stanco, da vecchietta qual è, verso la fontanella. Macché, non vuole bere, tira verso il cancello di uscita.
“Ok: andiamo dove vuoi tu”, le dico, e lasciandole la corda lenta la seguo. Attraversa via Casaglia, percorre il marciapiede finché incontra un’altra strada, ci pensa un po’, poi l’attraversa, annusa, procede ancora, annusa ancora, gira a destra per via Felice Battaglia. Ogni tanto provo a farla tornare indietro, ma si rifiuta: si ferma e mi guarda di sotto in su con uno sguardo paziente ma irremovibile. Siamo quasi al parco delle scuole, ci sono altri cani.
Penso che forse i padroni l’hanno vista altre volte, sapranno di chi è. Provo ad accelerare: niente da fare. Arrivata a un parcheggio si puntella e non si muove più. Cinque minuti buoni: un vero mulo! A Villa Spada mi aspettano, si chiederanno che fine abbiamo fatto. Provo a tirarla un po’… Quand’ecco, una signora arriva trafelata “Tea, Tea! Che spavento! Ti avevo persa…” . Le chiedo se la sua casa è da quelle parti. “No, no - mi risponde - qui c’è la mia auto parcheggiata”.
Che brava, Tea! Ha fatto esattamente come noi umani: se ci si perde, appuntamento alla macchina. E pur non avendo il dono della parola, si è fatta capire benissimo. Comunicare con gli animali è facile, basta un po’ di attenzione.
E poi… era il giorno di san Francesco!


Lucia


La fattoria degli animali



In via del Pilastro, zona San Donato, vicino ai due Hotel Savoia e, per la precisione, dietro quello nuovo (non quello all’angolo, ma quello che sta di fronte all’immenso parco), c’è una fattoria restaurata circa un anno e mezzo fa, dove potrete trovare numerosi animaletti estremamente carini: ci sono tantissimi gatti, ci sono dei tenerissimi coniglietti, delle simpatiche paperelle e non so se ci sono ancora, ma quando sono andato a visitarla c’erano un asinello, un’ochetta, delle caprette, delle pecorelle e dei cavallini.
Purtroppo, essendo ora molto occupato tra le mie faccende di casa e la “borsa-lavoro”, ho pochissimo tempo e fatico molto ad andare a trovarli: quando ci andavo, notavo che ci venivano spesso anche diverse scolaresche di bambini piccoli e mi faceva estrema tenerezza vedere i bambini e gli animaletti insieme!!!
Ogni tanto donavo anche qualche soldino in modo che i proprietari potessero poi dare la pappa ai vari animaletti: non so ora come sono gli orari e se si possa liberamente visitare gli animaletti, perché da quando hanno cambiato la struttura tutto è diventato più chiuso e non mi piace più come prima…
Spero comunque che questa notizia sia per voi interessante e che la fattoria non chiuda mai! Così i bambini e tanta altra gente potranno ancora visitare gli animaletti...


Darietto


Un insolito lago


Quel giorno il lago era perfettamente ghiacciato, così ebbi la brillante idea di andare a fare una bella pattinata. Pattinavo tranquillamente, dimenticando che quello era conosciuto come il lago dei serpenti. A un tratto il ghiaccio sotto ai miei piedi si ruppe e precipitai nelle gelide acque del lago, infestate dai serpenti. Solo allora mi resi conto di ciò che mi era capitato. “Aiuto, aiuto!” fu l’unica cosa che riuscii a pronunciare… Pensai che nessuno potesse udire le mie parole, quando sentii una mano stringermi forte, lasciandomi senza scampo. Ero spaventatissimo: immaginai che un enorme serpente volesse stringermi tra le sue spire, ma non poteva essere così, perché l’unica cosa che riuscii a percepire era quella mano che mi aveva afferrato. Stavo quasi per morire dalla paura, quando la mano mi fece affiorare dalla superficie del lago ghiacciato, portandomi in salvo. Fu allora che venni a conoscenza di uno strano personaggio. Riconobbi in lui il mio professore di ginnastica che, appassionato di sport, si aggirava nei dintorni.
“Ti ho insegnato la ginnastica e il nuoto, ma non ti ho mai detto di fare l’incosciente!”, disse. Dopo aver preso il suo cappello di paglia e inforcato gli occhiali mi salutò, dicendomi: “Fai attenzione, perché una seconda volta non ci sarò!”.
Non avevo parole per ringraziarlo, ma lo salutai con un forte abbraccio. Mi resi conto di aver dimostrato una grande incoscienza, mettendomi in una simile avventura. È vero che gli animali mi piacciono, ma i serpenti mi fanno paura solo a vederli.
Gattini e cagnolini possono strapparci carezze e coccole, ma cobra, vipere e altri serpenti possono procurarci la morte, quindi meglio tenerli a distanza. A questo proposito mi sorge la domanda: “ Fu per puro caso che nel Giardino dell’Eden fosse proprio il serpente ad ingannare Eva, facendole perdere l’opportunità di vivere in eterno?”.


Mariangela


pagina 1

Dal numero dell'ottobre 2010 della rivista Nuovo Effatà
Organo di informazione e strumento di dialogo
dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Reggio Emilia
traiamo e pubblichiamo il seguente articolo


Pet therapy


Parliamo un po’ della Pet Therapy, nata nel lontano anno 2001. Io sono un grosso esperto e veterano del corso della Pet Therapy. L’idea di utilizzare dei cani [di razza] allo scopo di aiutare o sensibilizzare delle persone - io non voglio dire né pazze né matte perché sono due parole brutte e molto offensive nel caso di persone che hanno commesso reati brutti e un po’ atroci - è stata di una donna molto buona sensibilissima e molto intelligente che ha voluto fare un esperimento per aiutare delle persone che hanno sbagliato, ma però quando il corso è nato non si sono tirate indietro e hanno dimostrato attenzione, apprensione e si sono messe anche a lavorare rendendosi utili per riparare in una maniera il loro errore o i loro errori che hanno fatto ai danni di altre persone. Lo Stato ha messo a disposizione tramite il Ministero di Roma il materiale per la costruzione del canile, la casa dei cani [di razza] e il tutto ha avuto un grosso successo: esperti muratori hanno dimostrato la loro bravura e il loro talento in opere murarie. I lavori sono iniziati nel lontano 2001. Erano in 8 a lavorare, e ce l’hanno messa tutta: forza fisica, cervello, malizia e talento in fatto di costruzioni e opere murarie. In un mese i lavori sono finiti. Lo scopo della psicologa era, con l’ausilio degli animali, di stare a stretto contatto con l’animale, in maniera che l’animale sentendosi attratto del paziente aiutasse il paziente a mutare il suo modo di fare o di essere con gli altri individui. E questo esperimento ha funzionato perché c’erano delle persone che hanno mutato tantissimo il loro modo di fare o di essere, persone che si erano isolate, che si erano chiuse, che avevano tagliato i contatti con tutti erano diventate più docili... insomma il rapporto con l’animale aveva cambiato in una maniera positiva la loro vita, e con se stessi si sentivano più tranquilli e più sereni. Erano diventati contenti, si scambiavano tra loro frasi, complimenti, erano meno aggressivi, meno diffidenti, più generosi, più altruisti e non vedevano più l’OPG solo come una galera con grosse sbarre che impedivano loro di scappare; le cose con lo stare a stretto contatto con l’animale erano diventate molto più belle, avevano una ragione di vita: giocare con l’animale. E l’animale era per loro una grossa forma di gioia e di liberazione: loro potevano chiamarlo, potevano accarezzarlo insomma era nato un grosso... se vogliamo chiamarlo intesa, bensì feeling fra persona e animale. E tutto questo aveva modificato il loro modo di essere, il loro modo di fare. L’animale era stato un grosso appiglio, psicologicamente parlando, per soffrire di meno la loro carcerazione, il loro internamento in OPG. E questa cosa l’ho provata anche io e tantissimo ed è stata per me una nuova e grossa esperienza, che a me e anche a tutti gli altri, ci ha reso felici e anche dietro delle sbarre mi sono sentito non più la persona che ero prima ma un’altra persona che ha imparato ad accettare le cose belle e le cose brutte in una maniera più semplice e razionale per tutti. E io ho aiutato il cane e il cane ha aiutato me. È tutto.


Filippo Giaccone


L'animale


[1]
Botte e schiaffi, schiaffi e beffe,
beffe e parole, radici e colore:
sono le cose che contano con noi
sono le cose che ho amato di più.



[2]
Ho pianto nei pianti tuoi
come il bacio
e tradimento
che è piaciuto ai discorsi nelle rubriche
di telefono per le tue on – off.
Ho pianto solo in quella stanza chiusa a chiave:
ma c’eri tu.



[3]
Ho i miei dubbi
che qualcosa mi rimanga di te
sul cuore: perché
gli attimi in quei giorni erano biscotti
che da un punto su ce li mandavamo giù.
Ho pensato alla bestiale coincidenza
d’averti accanto in questi opuscoli già fatti,
già compiuti: ma non era ancora scavata
la pulsione di amarti così.


Paola Scatola


Puzzle in versi


Cantan gli augel nel fitto bosco
ed io l’orecchio porgo a dolci suoni
che mi riportano a luoghi felici
ormai lontani.
Garrisce la rondinella
nell’annunziar la primavera
mentre il bianco gabbiano dolcemente
sorvola la scogliera.
Della cicala lo stridor senti più forte
lei non si arrende
e la sua musica continua
perché vicina è la sua morte.
Della farfalla puoi mirare
il variopinto volo
mentre l’ape operosa
di fior in fior si posa.
Canta Omero, nel suo divin poema
del fedele Argo al prode Ulisse,
che pria dei Proci riconobbe,
sebben di cenci fosse cinto.


Mariangela


Il degrado della mia città


Un prato incolto, in un angolo
un gazebo malconcio,
con sedie e tavoli arrugginiti
un barbecue dimenticato…
Accerchiato, questo cortile interno,
da muri scrostati.
Si salvano alcuni alberi,
che cercano spazio
sia in terra che in cielo.
È un esempio di questa mia città
con un alto grado di inciviltà,
dalle scritte di proteste senza voce
imbrattata.


Giovanna Giusti


L’urlo


Fredda
aldilà del vetro
la stanza bianca
seminuda,
seminudo il letto,
seminuda lei
con urlo agghiacciante,
legata,
l’urlo non per strada,
urlo senza colori, rinchiuso,
che risuonava alto
ad eco della disperazione.
I lacci stringevano
mentre si dimenava,
mentre noi donne
agli angoli,
non parlavamo più.
Pallida la sera,
appariva senza risposte,
solitaria.
Portami via fratello,
via, per non tornare più.


Marcella Colaci


Alla mia cagnolina


Sei piccola e tenera, ma sei già adulta,
o dolce cagnolina,
tu non abbai mai,
corri libera per i parchi,
mangi i croccantini
e mi lecchi in faccia affettuosamente.
Ormai è già da parecchio tempo
che ci conosciamo,
ci vogliamo un gran bene,
mi riscaldi col tuo calore la notte
quando dormi accovacciata a me.
Dormi tranquilla c’è qui il tuo padrone
che sorveglia che non ti accada niente,
ti protegge e ti accudisce
con tutti i suoi mezzi.
Dormi e fai dei bei sogni,
sogna di stare accanto a me.
Mi guardi con quegli occhioni grandi,
il musetto schiacciato,
le orecchie lunghe,
il colore nero con parti bianche,
sarai grande quanto un gattino,
forse meno,
è come se tu mi sorridessi…
Zampetti trotterellando accanto a me,
saltelli, hai voglia di uscire,
capisci subito quando ti dico “andiamo”,
sei già davanti alla porta che aspetti.
Al comando “ferma” non muovi un muscolo
ed aspetti che ti metta il guinzaglio.
Prendo la paletta
così siamo pronti per uscire,
io grande e tu piccolina, così diversi,
ma ci vogliamo un gran bene.
Un bacio e il parco ci aspetta…


Loopa Sonivree


I tre saggi


Tre giovani neanche più si accapigliavano
affannandosi l'un l'altro,
ormai solo tacevano fra loro,
senza alcun risultato, peraltro.
Disse allora un Primo Saggio:
“vivete ciò che è,
non lottate con feroci visi,
dimenticate il perché,
non siate divisi”.
Intervenne un Secondo Saggio:
“avete in comune vicende straordinarie,
ricche, varie,
fate pace fra voi, come fratelli,
non fate inutilmente i “cattivelli”.
Disse infine un Terzo Saggio:
“amati Saggi, voi dite giusta cosa:
sublime è la fratellanza :
come un lampo, diventa meravigliosa
l’umana vicinanza”


Matteo Bosinelli


Mi hanno regalato un quadro a Natale



Canalone di strada
Che nel verde spento
Deciso
S’alza al capanno

Rami d’albero sospinti-spezzati

Biancolatte il cielo
Quasipiatto si stende

La nevicata è
Com’alla finestr’appesa.

Piergiorgio Fanti


Tenero scoiattolo


Da Bologna tenero scoiattolino
ti sei trasferita,
sei andata dove ti trovi
maggiormente a tuo agio,
nei monti.
Questo spostamento
l’hai fatto con la tua
dolce metà.
Per me voi siete
Cip e Ciop due grandi amici,
con i quali ho passato
molti momenti felici.
Lo sai che hai
un carattere molto deciso,
forse alcune volte un po’
autoritario:
questo ti serve sicuramente per insegnare,
per riuscire a farti rispettare
dai tuoi studenti!
Nei fine settimana
torni a Bologna
per aiutare Toto, tuo fratello,
gli vuoi sicuramente bene,
lui ha avuto dei problemi
che sta cercando di superare
e tu gli stai decisamente
dando una mano.
Scoiattolino ti piace
passeggiare sui monti,
fare sci d’alpinismo,
arrampicate sulle vie
anche molto difficili.
Quando mi sono sentito male,
anche se distante,
tu mi hai dato
il tuo aiuto
tramite la tua voce,
una voce amica.
Una cosa molto importante
a questo mondo è poter avere
vicino persone su cui contare
e tu sei decisamente una di queste.
Un abbraccio.


Loopa Sonivree


Lo spirito del ghiaccio e i pinguini
(breve favola)


Io come spirito del ghiaccio appartengo all’universo, e quando in terra sentite il freddo e il gelo, io come spirito del ghiaccio posso entrare in tutte le forme; ad esempio se d’inverno vi sorprendo che siete poco coperti, io entro nel vostro scheletro e vi conto tutte le ossa, e intendo ogni linguaggio. A me è capitato che lo spirito del ghiaccio sia venuto dentro di me per contare le ossa del mio scheletro, cosicché ho dovuto mettermi al riparo, e a lui ho risposto: finché posso sentire che mi conti le ossa vuol dire che sono vivo.
Poi ho saputo che lo spirito del ghiaccio poteva volare, e che volò all’Antartide ed entrò in un blocco di ghiaccio dove vicino c’erano dei pinguini reali; così ascoltò un pinguino che chiedeva alla mamma il motivo dei colori del proprio manto… e la mamma rispose: sono i colori che indicano e ci avvisano delle peggiori condizioni affinché ci possiamo adattare alla natura. Ossia neri sopra e bianchi sotto e giallo-arancione il petto sotto al becco; e questi colori vogliono dire che sarà buio sopra per sei mesi e ghiaccio sotto, poi ci stupiremo tanto nel vedere sorgere il sole all’orizzonte, che ci è stato dipinto il petto di giallo e di arancione. Tutto ciò è stato un progetto o disegno del Cielo per avvisarci che per noi ci saranno sei mesi di cattive condizioni (buio) e sei mesi di migliori condizioni (giorno) o metà e metà.
Ciao ciao.


Luigi Zen


Racconto di uno sciamano


Dedicato a Minou, Miki, Muezza, Misetta, Batufolo, Spilla, Nikita, Cinerino, Leone, Silvestro, Piumino, Giuggiola, Miele, Mignon, Strudel, Calimero, Toffee, Ondina, Mirtillo, Bignè, Minnie, Vaniglia, Tartufo, Odette e ai tanti altri gatti che hanno riempito e riempiono la mia vita.



Ed eccomi qui, solo nel bel mezzo della taiga, più o meno sprovvisto di mezzi di sussistenza, e con l’inverno che si avvicina. Sono stato scacciato dalla mia tribù, di cui ero lo sciamano, per manifesta incapacità a svolgere il mio compito, e devo ringraziare se non mi han riservato una sorte peggiore, come pure qualcuno aveva proposto.
Badate bene, io non li biasimo affatto, avevano pienamente ragione: io come sciamano non valgo oramai un bel niente.
Non ho scelto io di diventare sciamano, ci sono nato: mio nonno e mio padre sono stati sciamani prima di me, e sin dall’infanzia sono stato educato allo sviluppo di quei doni necessari per sciamanizzare. Che io li avessi o meno, non vi so dire, fatto sta che presso la nostra tribù vi è la convinzione che il figlio di un grande sciamano abbia buone possibilità di seguire le orme paterne.
Ma perché possiate seguire il mio discorso, credo opportuno darvi qualche breve ragguaglio sul mio ‘mestiere’.
Sostanzialmente io (come ogni altro sciamano) costituivo un ponte tra il mondo terreno e il mondo degli spiriti, avevo accesso a quelle zone del sacro precluse agli altri membri della tribù; e ciò facevo per risolvere i problemi che potevano affliggere la tribù stessa. Il compito che mi veniva più spesso richiesto, era quello di medico: se qualcuno si ammalava a causa della perdita dell’anima, rubata da spiriti maligni, io viaggiavo in forma extracorporea nell’altro mondo, in una trance estatica, per riprendere quell’anima e restituirla al malato; se al contrario la malattia era causata dall’intrusione di uno spirito nel corpo del paziente, il mio compito era ovviamente quello, durante il mio viaggio sciamanico, di scacciarlo via.
Ma, come per qualunque altro sciamano, questo viaggio mi sarebbe stato del tutto precluso, se non avessi avuto l’ausilio di spiriti, in forma animale, di cui negli anni di formazione avevo imparato a decifrare il linguaggio, e che mi ispiravano e mi spalleggiavano nella mia azione nell’altro mondo.
Che si trattasse poi realmente di spiriti animali e non fosse invece la mia anima-libera zoomorfa a liberarsi e a condurre la partita, non lo sapeva mio nonno, non lo sapeva mio padre e certamente lo ignoro io. Fatto sta che se lo sciamano è un bravo sciamano –se lo è- il rituale ottiene i risultati sperati, e il paziente guarisce.
Ad essere sinceri, che qualcosa di strano vi fosse, lo si era capito sin dall’inizio della mia carriera. Mio padre, e mio nonno prima di lui, avevano avuto come spiriti adiutori l’aquila dalla coda bianca, l’orso gigante delle foreste, il grande lupo albino, il nobile storione del Kolyma, la renna dalle corna a baldacchino e via discorrendo. A me, invece, sin dalle prime sedute sciamaniche, si erano presentati come spiriti adiutori dei gatti, sempre e soltanto dei gatti.
I gatti presso di noi sono animali di utilità, non di compagnia, servono a tenere sgombre le nostre jurte da topi e da altri animali che attentino alle nostre provviste. Per carità, non che non li si rispetti per la loro utilità, ma non possono certo competere, quanto a prestigio, con gli animali prima citati.
Ma ciò, per il vero, non aveva costituito alcun problema: la mia tribù ha un grande rispetto per gli spiriti di ogni animale, né è solita mettere bocca nel modus operandi di uno sciamano, e se era un gatto che poteva essermi adiutore nelle mie attività, che un gatto fosse!
Al principio le cose erano andate per il verso giusto, con l’aiuto dei miei spiriti-gatto guarivo le persone malate, divinavo su passato e futuro, accompagnavo le anime dei defunti nell’ultimo viaggio, propiziavo cacce fruttuose.
Poi qualcosa nel meccanismo ha cominciato a incepparsi; era come se io non vedessi l’ora di affrontare una seduta sciamanica, non per essere d’aiuto alla gente della mia tribù, ma per poter incontrare i miei spiriti adiutori: il grosso spirito-micio Miele (9 Kg. di peso), che appena mi vedeva, mi correva incontro per strofinare le sue guance col mio naso, lo psicolabile spirito-micio Calimero, dallo sguardo spiritato, che al più piccolo rumore aveva un soprassalto, mettendo anche me in ambasce, il solenne spirito-micio Silvestro, che dall’alto dei suoi anni, ogni volta che volgeva verso di me il suo sguardo profondo, sembrava leggermi nell’anima, l’altera spirito-micia Toffee, che non gradiva eccessive confidenze, la piccolissima spirito-micetta Odette, che passava la maggior parte del nostro viaggio nell’altro mondo accoccolata sul mio stomaco, la ritrosa spirito-micia Ondina, che, ad onta del suo nome, in una trance estatica avevo persino salvato da sicuro annegamento…
Ma come –mi domanderete– gli spiriti possono annegare? Ma certo, basta che si convincano che una lastra di ghiaccio di pochi millimetri possa reggere il loro peso!
E potrei continuare a lungo con queste descrizioni, ma qui mi fermo per non annoiarvi oltre la misura consentita.
In pratica i miei spiriti avevano smesso di essere degli adiutori per divenire degli amici.
Il problema era che durante la mia trance, essendo occupato a conoscere meglio e scambiare reciproche svenevolezze con i miei spiriti-mici, dimenticavo il motivo stesso per cui ero entrato in trance. Per cui quando il viaggio terminava, ritrovavo il paziente che avevo lasciato in gravi condizioni, oramai defunto, o il paziente infestato, che aveva raddoppiato gli spiriti maligni che lo affliggevano.
E ciò, ve l’assicuro, mi rattristava grandemente, io ero affezionato ai membri della mia tribù, e sarei stato veramente lieto di esser loro di giovamento, ma ciò diventava di seduta in seduta più difficile.
E come se ciò non bastasse, anche i miei spiriti-adiutori divenivamo di volta in volta più indisciplinati. Quando, facendo forza a me stesso, cercavo di convincerli a recuperare l’anima persa di qualche membro della tribù, se ne sbottavano con frasi del tipo: “Siamo i tuoi spiriti adiutori, mica i loro, che se ne procurino bene dei propri!”
Come si può vedere non ero solo io ad essere uno sciamano fuori dagli schemi, anche i miei mici erano degli spiriti adiutori decisamente sui generis. Vi risparmio il penoso seguito, che potete ben immaginare, che per me è troppo doloroso da rievocare puntualmente.
E così –direte voi– eccoti là solo e abbandonato in mezzo alla taiga? Eh no, che se la mia tribù mi ha ripudiato ed esiliato, i miei spiriti-mici mi hanno seguito da presso. E chissà come, ora non ho più neppure bisogno di entrare in trance estatica per vedermeli trotterellare dietro.
E sì, proprio ora che vi scrivo son qui accanto a me e mi coccolano, mi coccolano, mi coccolano…


* * * * *


Come ormai avrete capito il raccontino era quasi solo un pretesto per omaggiare i tanti mici che hanno accompagnato la mia esistenza, rendendola ben più gradevole (attualmente ne ho dieci).
Ma se proprio uno volesse, una morale dal racconto la potrebbe anche trarre: l’Alterità è qui ed ora, e non occorrono complicati esorcismi o trance estatiche per entrare in contatto con ‘l’altro mondo’, perché l’altro mondo e questo sono tutt’uno; bisogna imparare ad entrare in confidenza col sacro che ci abita, come il nostro sciamano ha fatto con i suoi spiriti adiutori, e per quanto occorra essere grati per ogni aiuto esterno, alla fin fine ciascuno deve vedersela da sé con i propri dèi (o con i propri demoni)… e con i propri spiriti-gatto.


Antonio Marco Serra


La favola del re leone


pagina 1

Disegno di Luigi Zen



Andando indietro nel passato ci fu un tempo nel quale fu necessario nominare un re della foresta: esso fu il leone; il motivo della sua nomina fu perché il leone è un segno di fuoco, il fuoco sta riposando dentro al legno; e gli fu detto se vuoi vincere il concorso per diventare re dovrai comprendere che gli alberi lasceranno cadere tanti semi che il vento spargerà e nasceranno folti come la tua criniera, allora dovranno essere diradati affinché possano crescere; furono costruite per questo motivo le mandrie erbivore, ma loro verranno e divoreranno e lasceranno tutto come il tuo corpo, cioè senza vegetazione e tu dovrai allontanarla al momento giusto, affinché le pianticelle siano giustamente diradate; e sarai autorizzato ad uccidere per nutrirti di alcuni dei loro corpi, così tutta la mandria sarà ubbidiente.
Il leone capì le istruzioni del creatore e vinse il concorso, così ebbe il titolo di re della foresta.


Luigi Zen


Il campo delle mele
(storia della civiltà contadina)


Paolina ha sposato Alfonso e da lui ha avuto due coppie di gemelli e un’altra figlia.
In tempi così poveri, ‘al campo delle mele’ l’unica cosa che si potevano permettere era di dare dei bei nomi alle loro creature: Elena, Socrate, Pompeo, Magda e Ulisse. Tutti nomi importanti come lo erano per loro questi figlioli.
Il lavoro era duro ed entrambi; il campo o, meglio i campi andavano arati, zappati, vangati, mietuti ed estirpati dalle erbacce, come la gramigna. Ogni periodo dell’anno costava fatica: c’era la legna da tagliare per l’inverno, gli alberi da potare e innestare, l’erba da falciare, il bosco da tener pulito. Quando Alfonso rimaneva a corto di sigarette, Paolina faceva tanta strada per procurargliele.
Nei campi, sempre Paolina, metteva in due cesti i suoi figli gemelli più piccoli, così non si facevano male e lei poteva aiutare il marito.
Venne il giorno che i figli più grandi si sposarono e l’avvento dell’industria li portò a lasciare il ‘campo delle mele’ per raggiungere Sasso Marconi e Casalecchio.
Nel frattempo il capostipite della famiglia, Alfonso, se ne era andato, portato via da un brutto male allo stomaco. Gli altri nonostante fossero molto amareggiati, si dettero da fare per trovare un lavoro sicuro: Ulisse incominciò a lavorare alla cartiera del Maglio (Borgonuovo di Sasso Marconi), Paolina e le sue due figlie vennero salariate come domestiche; Socrate e Pompeo trovarono nell’artigianato un modo di dare continuità alle necessità familiari.
Una grande famiglia che rimane molto unita e legata anche ora sebbene i genitori non ci siano più.


Giovanna Bassi


Le ansie di Martina


Il silenzio regnava nella città addormentata. Era un sito antico con delle porte in legno che immettevano nelle vie del centro. Un fiore faceva capolino da un vaso antico, delle figure umane si intravedevano in un vano. Un biscione e un’aquila decoravano una parete. Martina non aveva chiuso occhio quella notte, era agitata perché le era giunta notizia di una promozione nel lavoro: da quel momento avrebbe fatto da guida a un gruppo di studenti desiderosi di conoscere il passato della città.
La donna, ormai cinquantenne, aveva percorso con meticolosità e bravura l’iter scolastico ed era giunta a laurearsi a pieni voti con una tesi molto interessante in storia dell’arte. Ora era intenta a preparare dei percorsi stimolanti per dei ragazzi in fase adolescenziale desiderosi di conoscere il passato della città e le sue meraviglie architettoniche e pittoriche. Era spesso presa dall’ansia di non essere all’altezza della situazione, si confidava a cuore aperto con suo marito, abituato ormai a sorbirsi le problematiche della moglie, donna fragile a causa della sua sensibilità, ma nello stesso tempo forte e temprata dalle avversità della vita. A breve termine avrebbe cominciato quel nuovo lavoro ed era in forte tensione. Cosa l’aspettava? Certo avere a che fare con degli adolescenti la preoccupava. Aveva anche un’amica del cuore, di nome Antonella, a cui raccontava le sue perplessità e le sue angosce. Mancavano pochi giorni all’inizio della nuova attività. Si buttava a capofitto nei libri per prepararsi con cura. Quei giorni faceva praticamente una vita da reclusa, interrotta dalle telefonate con Antonella e dagli sfoghi con suo marito. Era certa di riuscire a superare le difficoltà che le si presentavano. In passato aveva insegnato nelle scuole dell’obbligo con una serie di riconoscimenti e di lodi. Ora cosa l’aspettava? Se lo chiedeva spesso ed era curiosa ed eccitata ad intraprendere quella nuova attività.
Presto l’aspettava… o per lo meno si immaginava di ricevere nuovi riconoscimenti e plausi. La vita per lei era fonte di nuove scoperte. Era tutto sommato soddisfatta e contenta di se stessa e questo era una tappa per lei, spesso in lotta con i suoi dubbi e le sue contraddizioni. Ce l’avrebbe fatta anche questa volta?


M.Chiara Reitani


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Questa poesia di Mariangela è stata musicata dal maestro Vincenzo Corrao del Conservatorio di Bologna.
Il risultato è una canzone bellissima, che il coro “I Cantori del Lido” di Casalecchio ha scelto come sigla ed esegue in modo impeccabile durante le esibizioni in pubblico.

(N.D.R.)



Lo zodiaco cinese
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Sotto il segno del topo

In questi simpatici disegni Luigi Zen ha rappresentato i 12 animali che costituiscono i ‘segni’ dello zodiaco cinese. Come saprete, secondo il calendario cinese ogni anno è ‘intitolato’ ad uno di questi animali, e dopo 12 anni il ciclo si ripete.
Gli animali rappresentati insieme, nei disegni di Luigi, sono i ‘segni’ che, secondo l’astrologia cinese, hanno buone probabilità di andare d’accordo tra loro (vedi i ‘triangoli delle affinità’ qui sotto).
Dunque, se non ho capito male, una persona nata nell’anno della tigre andrà d’accordo con persone nate nell’anno del cavallo oppure in quello del cane. In realtà, come nello zodiaco nostrano, per previsioni più accurate occorrerebbe tener conto anche dell’ascendente.
E a questo riguardo vorrei rendervi partecipi di un atroce dubbio che mi attanaglia: io risulto nato sotto il segno del topo, con ascendente pecorone: quale tragico destino mi sarà mai tratto in sorte?

AMS



Il cigno minacciato


Non è frequente nella storia dell’arte occidentale trovare dei dipinti dedicati esclusivamente a degli animali. Tra essi uno di quelli che mi ha sempre più affascinato, sin dalla prima volta che lo vidi, è Il cigno minacciato, dipinto dal pittore olandese Jan Asselijn intorno alla metà del ‘600, ed oggi conservato nel Rijksmuseum di Amsterdam.

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Al di là del suo indubbio valore artistico questo quadro ha anche un’interessante storia, perché fu ben presto caricato di valori allegorici, con ogni probabilità del tutto estranei alle intenzioni originarie dell’artista.
Nel cigno che ad ali spiegate difende coraggiosamente il suo uovo dall’attacco di un cane, si volle vedere il ‘Gran Pensionario’ Johan de Witt (1625-1672) che difende dai pericoli esterni i Paesi Bassi, come si può dedurre chiaramente dalle scritte fatte aggiungere nel ’700 dall’allora proprietario del dipinto: ‘Olanda’ sull’uovo, ‘Il Grande Pensionario’ ai piedi del cigno e ‘Il nemico dello Stato’ vicino al cane.

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E proprio a causa dei significati allegorici ad esso attribuiti, questo fu il primo dipinto acquistato nell’anno 1800 dall’allora nascente Rijksmuseum (che si chiamava ancora Nationale Konst-Gallerij).


AMS


Le favole di animali parlanti


Dalla parola latina fabula , che significa semplicemente ‘racconto’, derivano i termini ‘fiaba’ e ‘favola’, che sebbene vengano usati comunemente come sinonimi, andrebbero più correttamente riferiti a due generi narrativi differenti.
La fiaba è un racconto fantastico, trasmesso di generazione in generazione soprattutto per tradizione orale. Ha per protagonista un uomo o una donna, il cosiddetto ‘eroe’, che viene a contatto con fate, streghe, mostri, oggetti magici, e attraverso il superamento di una serie di prove raggiunge finalmente il lieto fine (“e vissero felici e contenti”).
La favola è invece una breve narrazione in cui animali, piante o esseri inanimati rappresentano simbolicamente un vizio o una virtù tipicamente umani. Lo scopo della favola è quello di mettere in evidenza situazioni tipiche della vita per trarne o un insegnamento pratico, una ‘morale’, di solito esplicitamente esposta come conclusione.
Le origini della favola come genere letterario sono legate alla figura, in parte leggendaria, di Esopo.
Esopo (620 a.C. circa – 560 a.C. circa) secondo una tradizione biografica romanzesca, fu di origine frigia, schiavo e gobbo. Visse a Samo, ma viaggiò in Oriente e in Grecia. Sarebbe morto in seguito a un processo per furto intentatogli dagli abitanti di Delfi, da lui beffati. Egli è nell’immaginario antico il sistematore di un grande patrimonio di favole tramandate oralmente. I suoi animali parlanti, allegorie dei vizi e delle virtù dell’uomo, hanno spesso caratteri fissi: il leone è coraggioso e superbo, l’asino ignorante e maldestro, la volpe astuta e imbrogliona, la formica leale e laboriosa…
Numerosissime sono le favole esopiche ancora oggi prese a esempio e ben note ai lettori di ogni età: La volpe e l’uva, Il lupo e l’agnello, La cicala e la formica…
La tradizione di Esopo viene ripresa nel mondo romano da Fedro (20 a.C. circa – 51 d.C. circa.).
Nato in Tracia, Fedro giunge giovanissimo a Roma come schiavo ed è infine emancipato da Augusto. Egli traduce lefavole greche e ne aggiunge altre, sottolineando il tema sociale e politico del rapporto tra umili e potenti.
Grazie agli imitatori di Fedro, per lo più anonimi, la favola esopica attraversa tutto il Medioevo cristiano e arriva all’età moderna: il francese Jean de La Fontaine, nel diciassettesimo secolo, ne rinnova con i suoi versi raffinati l’arguzia e la leggerezza.
Al filone greco-romano nel frattempo se ne era affiancato un altro, giunto in occidente dall’India attraverso le traduzioni del Pañcatantra (‘cinque libri’), un racconto-cornice sul quale si innestano settanta favole che veicolano precetti di morale utilitaristica. Il testo originario, scritto in sanscrito nei primi secoli dell’era volgare dal leggendario Visnuçarman, non ci è giunto direttamente, ma solo in derivazioni e redazioni diverse, in varie lingue indiane, in persiano, in arabo, in ebraico, in greco... A Giovanni da Capua (XIII secolo) si deve una versione in latino da cui sono state tratte la maggior parte delle versioni in lingue europee. Le prime versioni in italiano sono del Cinquecento. Le dobbiamo ad Agnolo Firenzuola, Anton Francesco Doni e Giulio Nuti.


L.L.


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Buck dagli occhi azzurri, di Rossana Guarnieri, ed. Salani-Lemonnier


Il libro comincia con l’acquisto di un cane siberiano, il cui nome è Silver, da parte di un anziano signore. Purtroppo l’uomo muore e Silver fugge nei boschi. Inizia per lui una nuova vita piena di avventure. Incontra una giovane lupa e da questo incontro nasce un cucciolo che riunisce in sé le caratteristiche dei genitori. La nascita del cucciolo è molto complicata e drammatica; ma per fortuna Paolo, un ragazzo figlio di un veterinario, lo trova e lo adotta, salvandolo dalla morte.
Nasce così una profonda amicizia. La vita di Paolo e Buck, questo è il nome del giovane cane, prosegue tranquilla fino ad un evento drammatico. A scuola, due compagni di Paolo, durante un compito in classe di matematica litigano. Uno, bravo ma debole fisicamente, non vuole “passare” il compito all’altro, grosso ma un po’ somarello. La zuffa comincia fuori dalla scuola: Paolo si introduce per difendere il più debole e mentre il più forte sta per sferrargli un pugno, Buck che lo aveva accompagnato lo azzanna. Paolo d’istinto picchia Buck e lui offeso scappa amareggiato. Correndo non si accorge della presenza di un pozzo in cui cade. Il ragazzo con suo padre inizia una ricerca dell’animale per i boschi e la città senza esito. Un giorno però a scuola Paolo viene avvisato dall’amico forte, ma un po’ somarello, di aver sentito un guaito vicino ad un pozzo. Così corre subito verso il pozzo e con l’aiuto dei pompieri riesce a salvarlo.
Questo libro è molto realistico perché Rossana Gualtieri riesce a descrivere bene i caratteri e gli habitat di tutti gli animali presenti nella storia. L’ambientazione della vicenda è piuttosto vaga. L’autrice ha descritto bene il carattere di tutti i personaggi e anche di quelli marginali. Quello che mi ha colpito di più è stato Paolo, il figlio del veterinario (orfano di madre) per il suo amore per gli animali. Anche la solitudine del giovane grassottello ha colpito la mia attenzione.
I veri protagonisti sono però Buck, Silver e la lupa, i quali mi hanno fatto restare con il fiato sospeso a lunghi tratti e qualche volta persino commosso. Consiglio quest’opera perché è una storia realistica del rapporto tra animale e uomo.


Cristicchi


Recensione del film “Due fratelli”


Ho visto un sacco di bellissimi film sugli animali, ma quello con cui mi son trovato più in sintonia è stato “Due fratelli”, regia di Jean-Jacques Annaud, anno 2004.
È la storia di due fratelli, Sangha e Kumal, due giovani tigri. Il loro papà muore nel tentativo di proteggere i figli, che vengono catturati e separati: uno va da Raoul e l’altro dal cacciatore Aidan McRory.
Passa del tempo, le tigri diventano adulte e si incrociano quando Roul e Aidan le mettono a combattere in un circo pieno di pubblico: i due fratelli si ritrovano faccia a faccia, si ricordano della loro infanzia e, invece di lottare fra loro, si uniscono per ingaggiare un nuovo scontro con chi li ha maltrattati, per poi scappare e andare nella loro amata terra, alla ricerca della loro dolce e affettuosissima mamma.
Ci sarebbero naturalmente tanti esempi di film con animali come protagonisti…
A proposito di questo argomento, desidero fare una critica sulla divisione tematica che viene fatta tra i film. Avete presente i ‘cinepanettoni’, tipo Natale in India, Vacanze di Natale, A Natale mi sposo e anche tutti quei film con Paolo Villaggio, Enrico Montesano, Carlo Verdone, Massimo Boldi ecc... ??? Ditemi voi che cos’hanno in comune con quelli del calibro di Beethoven, Beverly Hills Chihuahua, Un amore a quattro zampe !!!
Io li dividerei nettamente e, per i film di pura commedia, lascerei intatta tale indicazione, mentre per quelli dedicati agli animali, metterei ‘baubico’. Nella mia cineteca uso questo termine per separare distintamente tali categorie. Mio zio Francesco, mia cugina Serena, il mio amico Massimiliano e altre persone che ho intervistato, mi danno ragione !!! Voi che ne pensate ??? Sarei curioso di saperlo...


Darietto


Il pulcino Pio


[…] In radio c’è anche un toro, in radio c’è anche un toro... e il toro muu e la mucca moo l’agnello bee e la capra meee e il cane bau bau, il gatto miao, e il piccione tru e il tacchino glu glu glu e il gallo corococò e la gallina cò e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio, e il pulcino pio... In radio c’è un trattore, in radio c’è un trattore e il trattore bruum, il trattore bruum, il trattore bruum e il pulcino.....(squeck) .....oh oh.....




Quest’estate la mia mamma, che era andata col babbo a far una passeggiata mentre stavo sistemando la posta e-mail del mio computer, mi aveva avvisato di una bella canzoncina con degli animaletti, una specie di Nella vecchia Fattoria, che pensava s’intitolasse Il pulcino Pio... Ci aveva azzeccato e quando l’ascoltai, mi piacque all’istante. Ecco ora qualche stralcio di un’intervista a Morgana Giovannetti, l’autrice di questa carinissima canzoncina, presa dal sito www.sorrisi.com:


        Come è nato il Pulcino Pio?

“Nasce da una nota filastrocca brasiliana e dal desiderio degli editori di Radio Globo, originari del Brasile, di adattarla al nostro Paese. È questo il motivo per cui gli animali fanno versi non comuni rispetto a come li diciamo noi in Italia.”

        Come avete reagito a questo successo?

“Siamo contentissimi e siamo stati subissati subito di richieste, perché il Pulcino Pio è diventato un personaggio a cui si sono affezionati un po’ tutti.”

        Qual è il segreto del Pulcino Pio?

“Il momento in cui viene lanciato. È estate e la gente ha tempo di giocare. C’è gente che la balla per tre ore. Sarà banale, ma è una canzone che unisce i cuori semplici e quelli chimici. Ci sono gli animali, ci sono i versi, c’è un balletto. Il risultato è che ha gli ingredienti per essere irresistibile come una filastrocca, con un qualcosa di lievemente urticante nel suo essere ossessivamente ripetitiva.”

        Cosa succederà in futuro al Pulcino Pio?

“Qualcuno si è persino lamentato perché alla fine viene schiacciato da un trattore, così abbiamo deciso di dargli la possibilità di rinascere trasformandosi in un supereroe. Ci sarà un nuovo singolo e un album di canzoni dedicate a lui. Finché esisterà, io gli regalerò la mia voce.”


Darietto


RTP Casa Maria Domenica Mantovani
LABORATORIO MUSICA



Commenti tratti dall'ascolto della canzone "L'elefante e la farfalla"
di Michele Zarrillo e "Gli uccelli" di Franco Battiato


Abbiamo affrontato il tema degli animali attraverso alcune musiche che descrivono le loro caratteristiche rapportate alle emozioni umane. Riportiamo di seguito il testo delle canzoni e i commenti dei partecipanti.




L'elefante e la farfalla



Sono l’elefante
e non ci passo
mi trascino lento
il peso addosso.
Vivo la vergogna
e mangio da solo e non sai
che dolore sognare per chi non può mai.
Sono l’elefante
e mi nascondo
ma non c’è rifugio
così profondo.
Io non so scappare
che pena mostrarmi così
al tuo sguardo che amo e che ride di me.
Una farfalla sei
leggera e libera su me
mai
non ti raggiungerò mai
mi spezzi il cuore e te ne vai
lassù.
Sono l’elefante
che posso fare
inchiodato al suolo
e a questo amore.
Provo ad inseguirti
ma cado e rimango così
non puoi neanche aiutarmi ti prego vai via.
Una farfalla sei
leggera e libera su me
mai
non ti raggiungerò mai
mi spezzi il cuore e te ne vai
da me.
Dentro di me dentro di me
ho un cuore di farfalla
e non potrai vedere mai
quanto lui ti assomiglia
dentro di me dentro di me
ho un cuore di farfalla
e non potrai vedere mai
quanto lui ti assomiglia.
Dentro di me dentro di me
ho un cuore di farfalla.

Michele Zarrillo





Gli uccelli



Volano gli uccelli volano
nello spazio tra le nuvole
con le regole assegnate
a questa parte di universo
al nostro sistema solare.
Aprono le ali
scendono in picchiata
atterrano meglio di aeroplani
cambiano le prospettive al mondo
voli imprevedibili ed ascese velocissime
traiettorie impercettibili
codici di geometria esistenziale.
Migrano gli uccelli emigrano
con il cambio di stagione
giochi di aperture alari
che nascondono segreti
di questo sistema solare.
Aprono le ali ecc.
Volano gli uccelli volano
nello spazio tra le nuvole
con le regole assegnate
a questa parte di universo
al nostro sistema solare.

Franco Battiato





Commenta le due canzoni e parla della tua esperienza con gli animali



Luana
●      Nel primo brano L’elefante e la farfalla, l’elefante viene descritto come una cosa ingombrante e pesante; invece la farfalla come una cosa leggera, limpida e vivace. Mi sembra molto realistico.
●      Io, personalmente, ho un bellissimo rapporto con gli animali. Li amo veramente tanto, danno tantissimo amore, sono fedeli all’uomo. Io nella mia vita ho sempre avuto degli animali e anche nel futuro ne avrò sempre.


Anonimo
●      La musicalità dell’opera insieme alla natura mostra la creazione fantastica nelle sue forme. Gli uccelli ha un senso di leggerezza, come la farfalla.
●      La mia esperienza con gli animali è pessima perché non mi piacciono!


Silvia
●      “Sono l’elefante e non ci passo” è una metafora per una persona grassa, il testo dice anche “mi trascino lento il peso addosso, che pena mostrarmi al tuo sguardo che amo e che ride di me”. Secondo me bisogna guardare quello che uno ha dentro e non come una persona è fuori. Invece la seconda canzone Gli uccelli fa pensare alla libertà, volare in alto e vedere tutto il panorama dall’alto. Vorrei essere anch’io un uccello.
●      Nella mia vita ho avuto tanti animali, un cane, due pesci rossi, una tartaruga di terra, altri due pesci e un gatto certosino. Oggi ho un cane di 4 anni e mezzo. Sto molto bene con loro, mi danno affetto senza chiedermi nulla in cambio.


Giulia
●      Sembra che ogni caratteristica umana sia rappresentata da un animale e che tutto ciò che dovremmo fare, per rendere migliore la nostra esistenza, sia già stato fatto da qualche animale per sua natura; come gli uccelli che aprono le ali al vento e volano fino a guardare le cose da un’angolazione più nitida. Non si accontentano di osservare un solo mondo, loro vogliono esplorare il cielo per vedere come si sta lassù. Non hanno bisogno di studi complicati o sforzi particolari per sapere il motivo della loro esistenza. Sono nati per volare e non cercano di cambiare la loro natura volendo imparare a nuotare, strisciare o scavare gallerie: non ci sono aerei che possono raggiungere la perfezione di un atterraggio di uccello. Poi ci sono le farfalle che con il loro svolazzare leggiadro fanno innamorare gli elefanti, che non raggiungeranno mai il cielo e proprio per questo ne sono attratti. Sono come gli uomini stonati che vorrebbero cantare, i ciechi che vorrebbero vedere e i lenti che vorrebbero correre veloce.
●      Quando è impossibile comunicare attraverso le parole ci si deve affidare ai sentimenti. Quello che succede con gli animali è proprio questo: si torna bambini, in una condizione in cui non si è più allontanati dalle parole o dalle differenti interpretazioni, ci si fonde completamente con i propri compagni di gioco. Questo è ciò che provo quando sto con gli animali: la sensazione di comunicare realmente. Mi sento influenzata dal loro carattere innocente, dove non esistono bugie o secondi fini e tutto è esattamente come appare. Ho la sensazione che i veri vincitori nel nostro mondo siano loro. So che, quando torno a casa la sera, chi mi sta correndo incontro scodinzolando e sorridendo, lo fa per me, perché è sinceramente felice del mio ritorno. Sento che riguardo a loro non potrei dubitare dei miei sentimenti.


Anonimo
●      Due testi e due autori diversi sia nell’immaginario che nella realtà. La suggestione dell’ascolto e dell’immaginario è un veicolo di fantasia.
●      L’esperienza con gli animali è lontana da quella che viene descritta nei testi. Forse parlare della vita con un gatto aiuta a capire come è fatta una persona. Relazionarsi con esseri viventi privi di linguaggio aiuta a comprendersi, vedere i propri limiti e provare a superarli.


Barbara
●      L’elefante e la farfalla è un brano molto melanconico. Dà la vibrazione di una persona che si sente molto depressa e sola, e non sa come affrontare un grave disagio psicologico. Vorrebbe riuscire a superare questa difficoltà, e vorrebbe sentirsi libero e leggero come una farfalla, ma non riesce ad emularla. Il brano non mi è piaciuto. Al contrario Gli uccelli di Battiato mi è piaciuta enormemente. Parla delle regole a priori, del macrocosmo, delle perfezioni del creato. Incredibile l’uso degli strumenti, perfettamente accordati tra loro, e meraviglioso il rumore del battito d’ali degli uccelli. Si tratta secondo me di puro misticismo, un brano ermetico che invita a cambiare punto di vista sulla vita e sul vissuto di ogni individuo.
●      Non ho mai avuto animali. Mi piace molto il cane di un mio amico, di nome Paco, perché ogni volta che lo vedo mi salta addosso dalla gioia e mi fa sentire bene; mi esterna tanto calore e affetto. Io però non vorrei possedere un animale perché richiederebbe troppa attenzione e impegno.


Silvio
●      Il primo brano denota uno stato d’animo, la melodia ci fa capire la tristezza dell’elefante. Il brano di Battiato vuole riprodurre invece il volo degli uccelli, l’eleganza e la leggerezza, riproduce i suoni di molti tipi di uccelli anche dal vero. Metaforicamente è un’incitazione a cambiare le nostre prospettive di vita e seguire la natura.
●      Ho due pesci rossi dentro una boccia di cristallo, al mattino sentono quando mi sveglio e saltano sul pelo dell’acqua per avere da mangiare. Essendo la boccia rotonda penso che vedano la realtà distorta.


Maya
●      I due brani che sono stati ascoltati sono enormemente diversi. Il primo, L’elefante e la farfalla, sembra sia stato giudicato dal gruppo come un pezzo in cui l’elefante ha un suo peso reale, cioè l’essere ingombrante, e un peso metaforico, ossia essere leggero come una farfalla. L’elefante però non potrà mai realizzare, per ovvie ragioni, la meccanica del volo, nel quale invece, si realizza appieno la farfalla. L’elefante è dispiaciuto per il suo amore irrealizzabile per la farfalla e rimane questo senso di amarezza. Battiato invece parte in quarta e si butta a impersonare “gli uccelli” sia da un punto di vista strumentale, realizzando il rumore delle ali degli uccelli, sia da un punto di vista metaforico esprimendo l’eleganza e l’energia dell’universo e nello specifico del “nostro sistema solare”.
●      Io sono veterinaria, quindi di esperienza con gli animali ne ho abbastanza; ho posseduto chiocciole, tartarughe, cani e gatti, ricci e cavalli; il primo affetto per gli animali è debordante ed ha raggiunto il suo massimo con la mia gatta Didì con la quale ho sperimentato emozioni fortissime di amore; la mia cavalla Edna, che rispondeva sempre al mio richiamo con un nitrito; e con Jeppa, caro meticcio, evidentemente somigliante a un pastore tedesco, dalla sensibilità più che umana nei confronti miei e degli altri animali.


Curiosità commenti ciarle sulla vacanza a Tedon
9–13 settembre 2012

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Fino alla settimana scorsa Tedon era semplicemente un nome un po’ veneto e un po’ valsuganotto (si dice così), adesso sappiamo che si tratta di un posto incantevole a 1.400 metri in Val Campelle nella catena del Lagorai.
Una struttura accogliente ai margini del bosco, dotata di servizi funzionali con ambienti luminosi, nella sala da pranzo una stufa a legna che ha riscaldato le nostre cene, le partite a carte (a ‘Machiavelli’ Cristiano e Stefano sono dei giocatori diabolici), e le partite a chiacchiere.
Ecco il gioco della pigna, che passa da un giocatore al suo vicino, al canto:
"El li chel bala
el bal de san Giulian
de la tompela
tra balin,lugon
tapin tapin tapom"

Chi sbaglia, fuori! E “saremo inflessibili”.
Pensate che martedì sera ci ha onorato della sua presenza il dottor Renzo De Stefani, ma anche lui è stato eliminato subito. Nessuna pietà per i capi! Per fortuna che ci ha portato il gelato.
Avete sentito parlare degli ‘angeli custodi’? Ne avete incontrato qualcuno?
Ebbene il nostro gruppo ne ha conosciuti tre: Claudio, Stefano e Tarcisio, le guide alpine che ci hanno accompagnato nelle escursioni in montagna. Solleciti, discreti, tempestivi, sempre presenti al momento di difficoltà di qualcuno, il loro sostegno è esemplare e la loro presenza ti dà sicurezza. Un grazie sincero da tutti noi.
La prima escursione da Tedon a Ponte Conseria e poi sul sentiero 326 al Rifugio Conseria a 1821 metri. Due ore e trenta a salire e altrettante a scendere per un altro sentiero. Pensate che al ritorno Claudio e Giliola si sono inoltrati nel bosco e ne sono usciti con un bottino di funghi. Per cena risotto ai funghi e strudel di mele. Una bontà.
La seconda breve passeggiata alla Malga Casarina con fase di relax fuori della malga a prendere il sole tra chiacchiere e risate.
Abbiamo affrontato, tra l’altro, qual è il profilo della donna ideale. Sono venute fuori osservazioni spassose. Ad esempio il naso all’insù, abbastanza grande e di forma ‘trapezoidale’. Lascio a voi definire i contorni.
La terza escursione al Rifugio Caldenave a 1.792 metri di altitudine con circa 500 metri di dislivello. Accoglienza cordiale del gestore al caldo della stufa, mentre fuori pioveva. Ritorno per altro sentiero con scivolate senza danni e immancabili sederate. La cena ci ha ricompensato della fatica.
Il vetusto Ducato, che ci ha portato caparbiamente da San Lazzaro di Savena sino in Val Campelle, giunto al Rifugio Crucolo ha incominciato a sbuffare e dare segni di insofferenza con repentino aumento della temperatura. Nonostante le soste e le dovute cure da parte di Gino (esperto e paziente volontario che ci ha fatto da autista), si è deciso di trasbordare armi (passeggeri) e bagagli su altro mezzo. Gino per fortuna è rientrato salvo a Bologna. Un sincero grazie per la sua disponibilità.
Al ritorno Fausto - il volontario che ci è venuto a prendere al Tedon per accompagnarci alla stazione di Trento - è stato obbligato (causa frana) a fare un giro tortuoso su una stradina di montagna percorrendo anche un lungo tratto a marcia indietro. Nonostante tutto e nonostante l’incrocio con un gruppo di auto d’epoca che andavano ad un raduno, siamo arrivati a Trento in tempo per fare i biglietti e prendere il treno programmato. Bravo Fausto! A proposito di volontari: Giliola – ottima cuoca, organizzatrice alla tedesca, camminatrice, fungaiola, scrittrice – è una macchina da guerra, Iris tanto efficiente e solerte quanto carina, Oghi giovane d’azione che non sente il freddo e mangia come un lupo (fa concorrenza a Stefano D.), Sara efficiente e decisa e Stefano B. sempre in prima linea; ebbene queste persone ci hanno consentito un soggiorno gradevole che non dimenticheremo.
Che cosa dire dei ‘bolognesi’? Il viso di Federica si illumina quando sorride (fallo di più), Cristiano ha raggiunto le mete programmate con caparbia volontà, Stefano ha confermato le sue doti di camminatore (uno stambecco), Manuel e Sonia li conosciamo poco, ma speriamo si siano trovati bene con noi, Maurizio non si spreca in parole, ma le sue battute ironiche sono appropriate e taglienti, Mara dolce e pronta ad aiutare tutti ma attenti a non approfittare della sua benevolenza, Anna compagna di viaggi e camminate, saggia conoscitrice della personalità umana.
Allora tutto bene? Nel complesso sì, anche se ci sono aspetti che andranno migliorati e discussi insieme per altre occasioni (per qualcuno abbigliamento insufficiente, mancanza di scarponcini, kway, zaino, scarso coinvolgimento nella attività di autogestione, somministrazione terapie, presenza di operatore, mezzi di trasporto).
Chi scrive ha passato con voi giornate piacevoli e spera che questa esperienza sia di stimolo per il conseguimento di nuovi traguardi in montagna come nella vita.
W la montagna, W la Stella Polare, W le Stelle di Roccia.
Ciao.


Egidio


Ritratto di Praga

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Pomeriggio, sono in camera. Conto alla rovescia, manca un’ora, mezz’ora, ultimo sguardo alla valigia, medicine: Tavor da 2,5 e Rivotril (20 gc). Mi decido esco, valigia + zaino + borsa, autobus 21 (subito in stazione), finalmente la stazione, in farmacia compro una confezione di Travel Gum e comincio a masticarne subito una.
Il ritrovo è all’autostazione, cammino veloce, sono in ritardo? Il trolley scorre liscio sull’asfalto. Faccio l’approvvigionamento: panino, acqua, biscotti e sigarette. Arrivo nella postazione di partenza ed ecco lì la nostra compagnia: Io (Giorgia), Concetta, Iole, Andrea e Roberto. Noto molte straniere (forse badanti rumene?) che attendono sulle panchine, intanto i vari pullman si affacciano alle corsie: alle 20.00 precise arriva il nostro, ci chiedono il biglietto e ci caricano i bagagli pesanti, mentre quelli a mano possiamo tenerli con noi sul pullman. Il viaggio è stato bello, lungo e avventuroso, di sera abbiamo guardato il paesaggio, di notte non siamo riusciti a dormire molto bene per la scomodità dei sedili, però abbiamo chiacchierato, letto libri e ascoltato musica. Ogni quattro ore (circa) il pullman si fermava in qualche autogrill: toilette, sigaretta, biscotti e poi si ripartiva. Al mattino quando mi sono svegliata, stavamo attraversando un bosco enorme, simile alla Foresta Nera della Germania, alberi di tutti i tipi: faggi, querce, betulle e in alcuni punti anche abetaie e pinete.
Dopo circa tre ore passiamo per una città a noi sconosciuta, si chiama Brno.
Finalmente alle 11 arriviamo a Praga e scendiamo alla stazione dei pullman, la mia prima impressione è stata quella di essere in un altro mondo, anzi di essere tornata indietro nel tempo di cinquant’anni (quando io non esistevo ancora), cioè i palazzi, le panchine, i cartelli, le scritte, tutto sembrava usurato, vecchio, lasciato andare, muri screpolati e piastrelle ingrigite, muffa e ragnatele.
Come in tutti i paesi del nord, a Praga regna molto l’ordine, non si vede nessuno buttare le cicche delle sigarette per terra, né carte, né altre cose. I praghesi sono molto ospitali e cordiali. Prendiamo il Metrò dalle scale mobili, rapide come uno strapiombo, inevitabili le difficoltà a tenerci stretti e tenere strette le valigie.
Garret un giovane dello Sry Lanka, che ha fatto con noi il viaggio dall’Italia e che parla benissimo l’italiano, ci ha accompagnato fino alla meta, cioè all’uscita del Metrò. Una volta usciti, raggiungiamo in venti minuti il nostro convitto.
La lingua ceca è, per me, molto difficile e incomprensibile, assomiglia molto al russo (che io non ho studiato). Ci hanno accolto, consegnato le chiavi, e ci hanno disposto in tre piccoli appartamenti: io e Iole, Andrea e Roberto, Concetta. Le stanze sono accoglienti, con divano letto, angolo cottura, bagno e una stanza da letto. La cucina praghese è ottima. Sin dal primo giorno abbiamo gustato i loro piatti tipici: pappardelle al pollo e spinaci, tagliolini al curry con salmone, funghi, ma il più tipico è il gulasch, spezzatino e patate, servito dentro a pani tondi svuotati della mollica, con tanto di coperchio di pane sopra. Molto usato il pollo sia nei primi piatti, sia come paillard, bistecche.
L’ingrediente segreto per insaporire tutto è l’aglio. Ottimi anche i risotti. Per essere stranieri, cucinano la pasta e i primi piatti molto bene, si possono gustare del buon pesce e la pizza, però in ristoranti italiani. Da segnalare un altro prodotto ottimo praghese: è la birra. Ci sono molti birrifici antichi e la birra è servita in boccali in qualsiasi locale o ristorante, costa quasi meno dell’acqua (50 corone). Il mattino dopo abbiamo fatto la colazione nell’appartamento di Concetta, con fette di pane allo zenzero, burro, marmellata, tè, caffè e succo di frutta (tutto comprato al supermarket). Il caffè del posto è una vera brodaglia, abbiamo dovuto cercare caffetterie italiane per bere un buon espresso (almeno alla mattina). La moneta è la corona e il cambio è molto vantaggioso: per 50 Euro ci davano circa 1200 corone. La vita lì costa molto meno e girandomi intorno ho avuto la sensazione che Praga sia un paese molto povero. Anche le persone sono povere, ma molto dignitose, molto solerti e laboriose.
Guardando il traffico per le strade, di sicuro sono più disciplinati di noi, attraversano solo sulle strisce e i semafori vengono sempre rispettati. La parte storica e architettonica di Praga, mi ha affascinato molto, soprattutto il ponte Carlo, progettato dal tedesco Peter Parler, questo visto di sera è un incanto tra il magico e il romantico.
Passa sopra un fiume che circonda la città, la Moldava, ai lati ci sono cariatidi di Santi, S. Giovanni, S. Paolo, i vescovi e due crocifissi enormi che sembrano veri, S. Cosma e Damiano. Il castello che si erge oltre il ponte è di uno stile tra il gotico e il medievale, con bifore, guglie e mattoni scurissimi.
Un’altra meraviglia architettonica di Praga è la Piazza dell’Orologio, un campanile gotico si erge stagliandosi verso l’alto, vi sono due sfere: una è un orologio con numeri romani e dietro un cerchio dorato di sbieco, simile ad una meridiana; sotto un’altra circonferenza dorata (quasi in stile barocco) con disegni di animali, simili ai 12 segni zodiacali. In alto la campana scocca ad ogni ora con una musica da carillon, e personaggi-statuette che si affacciano da piccole porte. Oltre a questi incantevoli posti ne abbiamo visto altri non di minore importanza, per esempio piazza San Venceslao dove spesso si esibiscono giocolieri con bolle di sapone gigantesche, scozzesi che suonano le cornamuse, i mercatini all’aperto, i negozi di souvenir con i famosi cristalli di Boemia.
Sul ponte Carlo ci sono i ritrattisti, pittori, gruppetti musicali folk ed altri intrattenimenti come in alcune strade le carrozze con i cavalli, le Rolls-Royce rosse per portare in giro i turisti. Tuttavia la cosa che mi ha colpito di più di Praga è stato vedere molti giovani ragazzi, stare ore in ginocchio, con la testa all’ingiù, come in preghiera, con le mani giunte, specialmente sul ponte Carlo, solo per pochi spiccioli, sicuramente sono molto religiosi, diciamo anche come popolazione, per questo l’ho chiamata la "città dei Santi". I Praghesi usano molto anche regalare a persone o offrire nelle chiese mazzi di fiori, i cui chioschi si trovano ovunque.
Praga povera, Praga ricca, Praga turistica, antica e moderna. Ti saluto, Praga!


Giorgia Bolognini


Fare Insieme – Le vacanze


Quando nel 2008 affrontai ‘l’ignoto’ e salii sulla macchina di Vincenzo (a proposito, “forza, pilota!” con i miei auguri molto sentiti e molto personali) alla volta di Innerbach, dove saremmo stati tre giorni, non avrei mai pensato che una ventina di giorni di vacanza spalmati in cinque anni, con questo gruppo dessero così tanto alla mia storia personale.
Intanto una maggior sicurezza nel confrontarmi con gli altri, poi, se allora ero borsa lavoro ora sono dipendente pubblico. Ancora, se il primo anno ho fatto un album di fotografie, quest’anno ho montato un filmato.

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Inoltre ho conosciuto persone dignitose e speciali non solo per me.
Quest’anno in Umbria sono stato bene come sempre, grazie alla solita organizzazione ‘fatta a mano’, ma molto efficace, il solito rifugio sperduto tra i colli con vista panoramica, piscina e… griglia; la ‘vecchia guardia’ affidabile ed i nuovi ‘inserimenti’, ben ‘addestrati’ nella compagnia, e le tante località visitate (Pianello, Perugia, Perugina, Spello, Gubbio, Assisi, Santa Maria degli Angeli) con tante immagini per i piacevoli ricordi che lascia il tutto.

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E I PROBLEMI? LI RISOLVIAMO… VERO, DOTTORE?


Moreno Melega (paziente benigno)


La posta


Non mi sono più fatto sentire perché ho avuto "un grosso conflitto", con me stesso, con le mie debolezze, con l’amore e con la società, che mi ha portato ad una brusca caduta, come tante volte - spero - in piedi. Ero preoccupato per voi per le notizie sul terremoto, spero non vi abbiano coinvolto.
Un sincero saluto e augurio di stare bene anche con i nostri conflitti, che a volte servono anche quelli per far crescere il nostro spirito. Ciao

Luca di Ancona




Carissimo Luca, ci fa veramente tanto piacere risentirti. Nella zona di Bologna il terremoto non ha causato quasi nessun danno, comunque ci ha causato una bella ansia. Ci auguriamo che tu abbia superato nel migliore dei modi il momentaccio e ricambiamo di cuore i tuoi saluti.

Ave e Antonio