Editoriale
La prima cosa che mi viene in mente pensando agli
animali è la vita. E
questa magica terra immersa nell'universo, che è composta da materia,
animali, vegetali, minerali e gas.
Anche l'uomo è animale, ha un corpo, è dotato di sensi e di organi di
moto.
Pure i vegetali condividono seppur in minima parte queste funzioni e
secondo Dante sono dotate anche esse di un'anima: l'anima d'ogne bruto
e de le piante / di complession potenziata tira / lo raggio e 'l moto
de le luci sante (Par. VII 139-141).
È così quindi che dobbiamo farci aiutare dalle scienze per capire cosa
ci distingue dalle piante.
La differenza sostanziale è quella del sistema nervoso, che le piante
non hanno, mentre gli animali ne sono dotati in modo più o meno
sviluppato.
Due sono gli aspetti che differenziano l'uomo dagli altri animali, e
che, tra l'altro, si autoalimentano: una corteccia cerebrale molto
sviluppata e la
presenza del pollice nella mano. Il secondo aspetto ci ha permesso di
poter prendere oggetti e sfruttarli per modificare l’ambiente e questo
ha fatto sviluppare la corteccia cerebrale, il che, di conseguenza, ha
permesso di usare le mani e gli strumenti in modo sempre più fine. Fino
a poter eseguire interventi chirurgici (es. trapianti di cuore); ma
anche creare armi di distruzione di massa.
Sì, l’uomo grazie al suo sistema nervoso è riuscito a fare cose
incredibili, impossibili per ogni altro animale o essere vivente, ma
anche sotto un aspetto negativo.
Gli animali sotto questo punto di vista non hanno la capacità
autodistruttiva dell’uomo. Il più delle volte quando uccidono lo fanno
per alimentarsi o per esercitarsi alla caccia (vedi i gatti quando
giocano con un topo moribondo).
L’uomo a differenza degli altri animali è paradossalmente cinico:
quando è in un supermercato non batte ciglio per comprare un coniglio
già pronto per la cottura. Credo tuttavia che la maggior parte dei ‘non
vegetariani’ si trovi in seria difficoltà ad uccidere un tenerissimo
coniglio per mangiarlo.
Anche noi, come del resto gli altri animali, abbiamo un sistema nervoso
che ci permette di scambiarci affetti. Ogni animale ha un suo modo di
manifestarlo. Eppure, come dice Gino Paoli, quando scopriamo l’amore,
immediatamente scatta la paura di perderlo. Sì, io abito a San Pietro
in Casale, nella sua più immediata periferia e tutte le volte che
faccio la strada di ritorno a casa in macchina ho il terrore di trovare
uno dei miei gattini esanime sul ciglio della strada. Io non ho figli,
ma ho personificato i mi du bistién (i miei due bestiolini). Quando la
sera li chiamo in casa, oltre a chiamarli
per nome li chiamo ‘bimbi’. Forse l’affetto che provo per i miei due
gattini è esagerato, ma in momenti difficili della mia vita sono stati
importanti.
Certo, i miei cari vengono prima; tuttavia quando vivevo solo in casa,
averli vicino mi faceva introspezionare meno. Il pensare e curare loro
non mi faceva pensare ai miei guai. Cosa dire poi quando lavorando
seduto davanti al computer mi vengono in braccio. È fantastico.
Probabilmente il sentirci amati nutre la nostra anima, che ai nostri
giorni è molto stressata. I ritmi frenetici della mia vita fanno sì che
arrivi a casa la sera stremato, ma il
ritrovarmi con Cristina e i due bistién mi fa passare la stanchezza, la
pesantezza e la fatica della giornata. Vederli poi crescere: sani,
simpatici, buoni, bravi ed ubbidienti mi riempie il cuore di gioia.
Sinceramente quando i due piccoli bistién non ci saranno più soffrirò
tantissimo e non so se ne prenderò altri; al momento mi godo il loro
affetto che nella mia esistenza è importantissimo.
Forse come animale uomo devo essere meno egocentrico e soprattutto meno
carnivoro. In questo dovrò apprendere dagli animali.
Fabio Tolomelli
|
Giacomo Balla: ‘Dinamismo di un
cane al guinzaglio
1917 (olio)
Giacomo Balla nasce il 18 luglio 1871, a Torino. Studia il violino, da
fanciullo; intorno al 1891 frequenta per alcuni mesi l'Accademia
Albertina di Pittura.
Nel 1895 si trasferisce a Roma; insegna a Gino Severini e a Umberto
Boccioni. Boccioni a cui trasmetterà il suo amore per i paesaggi
suburbani e l'ardire nel tagliare il quadro con spregiudicata
originalità nuova.
Nel 1910, quando aderisce al futurismo sottoscrivendo "Il manifesto
futurista", Balla ha già una vasta notorietà. Ma è solo nel 1912 che
l'artista (il quale non partecipa alla mostra futurista di Parigi agli
inizi di quell'anno) converte la propria pittura ai nuovi principi del
futurismo, con dipinti come "Dinamismo di un cane al guinzaglio",
affascinante nella resa del movimento crono-fotografico.
Balla si attiene a un'analisi essenziale: non inquadra il totale ma il
particolare; non crea strutture complesse ma vortici dinamici.
Con questo quadro l'artista sembra prendere alla lettera l'affermazione
del primo manifesto futurista: "Un cavallo in corsa non ha quattro
gambe, ne ha venti."
Le figure sono rappresentate in monocromo, su fondo piatto.
Piergiorgio Fanti
|
Animale
[a-ni-mà-le] organismo dotato di sensi e capace di
muoversi.
Dal latino: [animal] derivato di [anima] anima, affine al greco:
[anemos] vento, soffio e al sanscrito [ātman] col medesimo significato.
/…/ L’etimologia ci racconta una qualità fondamentale dell’animale, la
più evidente e la più affratellante: il respiro.
dal sito unaParolaalGiorno.it
|
La saggezza dei proverbi e dei
detti popolari
Il lupo perde il pelo ma non il vizio
Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino
La volpe che non riuscì ad arrivare all’uva, disse che era acerba
Meglio un uovo oggi che una gallina domani
Can che abbaia non morde
Dove ci sono troppi galli a cantare non si fa mai giorno
Prendere due piccioni con una fava
L’agnellino che continuava a gridare al lupo al lupo, nessuno lo salvò
la volta in cui il pericolo divenne reale
Mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi.
Giovanna Bassi (Sasso Marconi)
|
Gli animali sono nostri compagni
e amici
Prima di cominciare si deve puntualizzare una cosa.
Anche l’uomo è un
animale. Detto questo, possiamo sbizzarrirci. L’uomo è l’unico animale
che ha avuto un’evoluzione così stupefacente.
Tiriamo in ballo Dio? LasciamoLo stare. Ma bisognerebbe spiegare perché
l’uomo sta distruggendo la sua casa, cioè la Terra. E lo sa.
Gli animali sono nostri compagni e amici. Non c’è NESSUN animale che
attacchi volontariamente l’uomo, a meno che quest’ultimo non minacci il
territorio o la prole.
Sento già gli anticaccia che fremono. Io stesso sono certamente un
anticaccia, ma mangio carne (e mi piace). Eccoli, eccoli che gridano:
"meglio affrontarli in campo aperto che allevarli, nutrirli poi
scannarli". Forse è vero, ma chi farebbe il cambio ali (o zampe veloci)
- pallottole? Gli animali carnivori esistono. Se Dio o Madre Natura ha
voluto questo, significa che non è sbagliato mangiar carne.
I predatori poi colpiscono i più deboli, i più vecchi e i malati,
operando anche una selezione naturale. Le prede compensano con una
riproduzione dieci volte maggiore e con la velocità di fuga (quanti
leoni e tigri falliscono il colpo e digiunano...). Giustizia c’è.
Ma parliamo dei nostri amici domestici, che ci danno tanto amore
(spesso non ricambiato) e conforto. In questo momento il mio micio è
sopra i miei piedi, col motore acceso (leggi: fusa).
Il cane e il gatto hanno sempre accompagnato l’uomo dai primordi, ed è
giusto che lo affianchino tuttora. Meno giusto è tenere pesci nevrotici
in una palla di vetro, o addirittura uccelli, che sono fatti per
volare, in casa.
Non parliamo poi delle varie "Associazioni" tanto in voga oggigiorno,
che torturano e sperimentano improbabili farmaci su animali vivi. E
siamo arrivati alle pellicce. Devo continuare? Signora bella che ha al
collo il cadavere di un animaletto che non ha mai fatto male ad una
mosca, non sarebbe stato meglio spendere quella (grossa) cifra in una
bella e salubre vacanza?
Continua con una mia canzone. Per ora, buona vita.
Max Trentini
|
Il re della foresta
Ecco si aprono i cancelli comincia un nuovo giorno
un orizzonte familiare mentre mi guardo intorno
tra poco arriveranno plotoni di curiosi
e dobbiamo essere pronti ed ai flash metterci in posa
Ogni notte stesso sogno - non cambia la scena
io che corro libero in spazi aperti di savana
una preda mi sfugge - con un balzo io la prendo
ma mi svegliano i guardiani ed a un pasto forzato mi arrendo
E mi chiamavano "re della foresta"
e mi dicevano "tu, belva feroce"
Ma è più feroce chi uccide per mangiare
o chi estingue una specie per il suo sadico piacere?
La mia compagna ha gli occhi tristi ma io ancora l’amo
i carcerieri chiedono perché non ci accoppiamo
ma che diritto avremmo di dar vita a creature
che non potranno mai solcare le pianure?
E mi han detto che sono anche stato fortunato
a non finire intorno a un collo o su un tavolo sventrato
La mia pelle non piace alla gente - il mio corpo non serve alla scienza
però questa prigione non è frutto di violenza?
E mi chiamavano "re della foresta"
e mi dicevano "stupido animale"
ma è più stupido chi non può parlare
o chi avvelena il mondo e finirà per asfissiare?
I bambini ci guardano con occhi spaventati
potessimo dir loro che si può cambiare
che questo vecchio mondo è nelle loro mani
abbatteranno queste sbarre i padroni di domani?
E ogni sera al tramonto mando il mio ruggito
si uniscono i fratelli in questo coro un po’ stonato
e il nostro grido sale al Dio della natura
contro questi carcerieri che di noi hanno paura!
Seguite tutti il re della foresta
spezziamo i timpani a queste scimmie nude
perché noi tutti siamo in grado di capire
che l’intelligenza è bella - basta che si sappia usare!
FRATELLI DI PENA FATE SENTIRE
CHE NOI AMICI SIAMO DI OGNUNO
MA NON DI CHI ARRIVATO PER ULTIMO
SI DICE NOSTRO PADRONE
Max Trentini dall’LP: "Non è mai troppo tardi" (1997)
|
Gli animali
Gli animali sono tanti e bellissimi. Io, personalmente,
ho dieci gatti
selvaggini. Che gioia poterli vedere e accarezzare, prenderli tutti in
braccio, dar loro la pappa e l’acqua da bere!!!
Quando un gatto mi guarda, mi ispira amore e tenerezza.
Anche i cani mi piacciono, ma meno, perché mordono spesso. I pulcini
gialli delle galline li adoro e li amo. Sono così piccini…! Il riccio
poi è fenomenale, per il fatto di nascondersi sotto gli spini e
ripararsi così il pancino tenero. E gli uccelli? Che dire dei loro
canti e concerti!
Le mosche e le farfalle vivono tre giorni, e in tre giorni debbono
riprodursi, poverette!!!
La vita animale è felice e tranquilla; sono loro che hanno l’ ‘anima’,
non noi uomini sempre alle armi e in guerra. Felice è chi nasce
animale.
Ave
|
L’uomo e gli animali
Io non penso che l’uomo debba imparare a vivere dagli
animali,
perché tra quelli che ha addomesticato e che vivono parte della
giornata insieme a lui i migliori sono quelli che riescono, come i
bambini, a imitare parzialmente o totalmente i propri “genitori
adottivi”; così sono pensati speciali, intelligenti ecc. ecc. Ma quelli
che distruggono o pisciano, come certi cani, sulle poltrone, l’uomo li
elimina o li abbandona; quelli che feriscono o
uccidono vengono soppressi.
Se però si dovesse pensare che l’uomo debba apprendere dagli animali…
pensando a quante specie ci sono, dovrebbe vivere mille anni per
riuscire a fare quello che fanno gli animali selvatici.
Tuttavia io personalmente non credo che potrei mai imparare a volare
come un’anatra selvatica, a nuotare come un pesce, mangiando, bevendo e
dormendo sott’acqua, o a saltare da un ramo all’altro come le scimmie,
o a correre a quattro zampe come un ghepardo, o a dormire a testa in
giù come i pipistrelli.
Senza parlare del destino, che si sa bene quale sia, dei suini, bovini,
ovini, pollame, che più che addomesticati (come sono quelli che vivono
dentro le mura domestiche), sono stati “ingentiliti”, da liberi e più o
meno selvatici che erano.
Che cosa ci sarà da apprendere da un maiale, se non capire come fa a
trovare il tartufo e poi a rubartelo? ecc. ecc.
Creazione artistica di Luigi Zen
realizzata
con materiali “naturali” in cui figurano:
in alto il pesce-pesca, al centro il pesce-zucca
e dei ricci di mare, in basso una spugna.
Luigi Zen
|
Sugli animali
Contribuito scritto da parte di alcuni ospiti
della RTP "Casa degli Svizzeri"
Per poter scrivere sugli animali vorrei non sentirmi
tanto spesso un animale anch’io
Daniela Mariotti
I cani che ho avuto erano poco affettuosi. Una
cagnolina era
affettuosa, si chiamava Blenda, era bella, un barboncino beige, è
finita sotto una macchina. Un altro cagnolino di nome Fufi era carino.
Ho avuto anche due barboncini di nome Juppiter e Silly, che sono finiti
a Roma.
Il Dalmata era terribile, mi graffiava e mio padre l’ha venduto.
Un’altra cagnolina Mirka c’era prima che io nascessi.
Fabrizio Avosani
AL BELLISSIMO CANE DI MARINELLA
Era un meticcio nero e marrone, era piccolo ma simpatico. Si chiamava
Rocky.
Abbaiava sempre quando la gente veniva vicino. Veniva in camera da me a
dormire per terra vicino al mio letto.
Quando mi svegliava gli facevo le carezze e lui le accettava. Quando
qualcuno mi si avvicinava e mi sgridava lui non voleva e si agitava.
Era affettuoso e buono.
Marinella Gironi
La mia gattina si chiamava Gelsomina, diminutivo Mina.
Aveva due occhi grandi così, verdi, tigrato grigio. La chiamavamo con
altri nomi: Diega Zampirla perché faceva i salti sul muro e le corse;
Ernesta Sparalesta perché era veloce. Graffiava solo se sentiva dolore
mentre la accarezzavo. Era affettuosissima e mi leccava sulla faccia;
Micio Carezzoni perché l’accarezzavo sempre.
Quando è morta per me è stato un colpo.
Gilda Pappalardo
SCUSA
Oh animale che realtà umana tu non conosci,
affronti il sacrificio debole e indifeso
per far felice il nostro palato.
Pasto di festa diventerai,
e per causa nostra non conoscerai la vecchiaia.
Roberto Ramosi
IL CAMALEONTE
Il mio camaleonte a tre anni viveva in Sudan, poi si trasferì in Italia
per esigenze relative ad adempimenti di magia nera, per risoluzioni
oleofragmatiche cambiava colore come Kamillo Kromo.
Filippo Montanari
|
UmanaMente
Gli animali
Il tema degli animali è un tema molto ampio e le
prospettive che si possono scegliere per affrontare l’argomento sono
molteplici. Il nostro brainstorming iniziale ha prodotto tantissime
idee e racconti personali sul tema degli animali. Alcuni hanno poi
avuto seguito all’interno del gruppo, mentre altre sono state
sviluppate con un lavoro individuale.
Racconti personali
Il mio rapporto con gli animali è sempre stato
conflittuale. Mi ricordo che da bambina mi sono trovata in varie
situazioni in cui ho avuto molta paura dei cani. Una volta in
particolare ero in bicicletta e passeggiavo tranquillamente; ad un
certo punto un branco di cani abbaiò e io per timore mi misi a pedalare
molto velocemente. In quel momento il branco di cani ha cominciato ad
inseguirmi ed io aumentavo sempre più la velocità sulle due ruote fino
a sbandare con conseguente ruzzolone e ritrovarmi rovinosamente per
terra. Riportai lacerazioni al ginocchio ed ecchimosi varie, ma
stranamente i cani si sono fermati alla mia caduta e hanno fatto
dietrofront.
Io non penso di provare odio nei confronti degli animali e in
particolare dei cani, ma solo una forma fobica per cani di grossa
taglia. Infatti, quando mi capita di incontrare un cagnolino o un
gattino con un grazioso musetto, mi ci avvicino e lo guardo con occhi
teneri.
Io penso che tale problema dipenda anche dalla paura che ha mia madre
dei cani e che mi ha trasmesso sin da piccola, lei è stata realmente
aggredita in tenera età. Quindi, la sua paura è motivata, io, invece,
ce l’ho di riflesso.
Se vedo un cane o un qualsiasi altro animale che sta male o che viene
maltrattato provo sia dispiacere che rabbia nei confronti dei
maltrattatori e mi prodigo per difendere la vittima.
Ecco perché affermo di avere un rapporto conflittuale con queste
creature, infatti, in casa non voglio animali in quanto non provo
trasporto nei loro confronti e, penso, di poter vivere bene anche
senza.
S.
Dieci anni fa ero in vacanza in montagna e mentre mi
trovavo in un campo aperto ho avuto un attacco di panico. A quel punto
mi sono sdraiato ed ho visto un cane che si avvicinava a me. Mi ha
poggiato le zampe sul petto e pian piano ho iniziato a calmarmi. Lui
avvertiva che io stavo male e in quel momento difficile mi è stato
vicino, aiutandomi a riprendere il controllo.
Un altro episodio che mi viene in mente mi capita quando torno a casa.
Il cane che sta nel condominio inizia ad abbaiare ogni volta che torno,
però lo fa amichevolmente e non con cattiveria.
Stefano
Io vorrei basare l’articolo su di un racconto. Riguarda
un libro che ho letto a venti anni in aereo mentre andavo in India. Il
testo si intitola “Il gabbiano Jonathan Livingstone” e mi era stato
regalato dal mio fidanzato di allora. Il libro si concentra sulla forza
interiore di questo gabbiano, sulla possibilità di uscire dalla
prigione delle proprie paure interiori per essere liberi.
Quando sono arrivata in India mi sono scontrata con un mondo totalmente
differente da quello che conoscevo e sono venuta a contatto con molte
paure. Purtroppo ho visto gente che moriva di fame, gente ammalata di
lebbra, gente povera e sinceramente ho avuto molta paura ad entrare in
contatto con questa realtà.
Però anch’io volevo superare le mie paure come aveva fatto il gabbiano
e devo ammettere che quella lettura mi è servita molto nel mio scopo. È
stato un viaggio molto introspettivo.
Barbara
Io preferirei basare l’articolo sul rapporto con i cani
tranquilli perché ho un brutto rapporto con i cani aggressivi.
Per quel che riguarda la mia esperienza personale con gli animali, un
evento che mi ha toccata particolarmente è stata la morte del nostro
gatto di famiglia nel 2010; quindi si potrebbe anche pensare di
trattare come argomento specifico il sentimento di perdita di un
animale domestico a cui ci si era affezionati.
Una volta mia sorella mi ha chiesto di tenere il suo gatto. Purtroppo
si è perso ed abbiamo dovuto appendere dei volantini per ritrovarlo.
Alla fine, dopo molte ricerche lo abbiamo ritrovato accucciato in un
tubo in strada.
Silvietta
Disegno di Stefano Gardini
Approfondimento scientifico sulla
teoria di Charles Darwin
Charles Robert Darwin è nato il 12 Febbraio 1809 a
Londra ed è stato uno dei più celebri naturalisti britannici della
storia.
La sua teoria più importante è quella che riguarda l’evoluzione delle
specie animali e vegetali tramite la selezione naturale agente sulla
variabilità dei caratteri. È ancora lui a teorizzare la discendenza di
tutti i primati, compreso l’uomo, da un antenato comune.
Pubblicò la sua teoria nel libro L’evoluzione delle specie
(1859) che è rimasto il suo lavoro più noto. Raccolse la maggior parte
dei suoi dati sulle Isole Galapagos, sosta che fece durante il suo
viaggio intorno al mondo. La sua teoria si basa sulla concezione che
gli individui di una popolazione sono in competizione fra loro per le
risorse naturali; in questa lotta per la sopravvivenza, l’ambiente
opera una selezione, detta selezione naturale. Con la
selezione naturale vengono eliminati gli individui più deboli, cioè
quelli che, per le loro caratteristiche sono meno adatti a sopravvivere
a determinate condizioni ambientali; solo i più adatti sopravvivono e
trasmettono i loro caratteri ai figli.
La teoria evoluzionistica di Darwin si basa su tre presupposti
fondamentali:
1. Riproduzione: tutti gli organismi viventi si riproducono con un
ritmo tale che, in breve tempo, il numero di individui di ogni specie
potrebbe non essere più in equilibrio con le risorse alimentari e
l’ambiente messo loro a disposizione.
2. Variazioni: tra gli individui della stessa specie esiste un’ampia
variabilità dei caratteri; ve ne sono di più lenti e di più veloci, di
più chiari e di più scuri, e così via.
3. Selezione: esiste una lotta continua per la sopravvivenza
all’interno della stessa specie e anche all’esterno. Nella lotta
sopravvivono gli individui più favoriti, cioè quelli meglio strutturati
per giungere alle risorse naturali messe loro a disposizione, ottenendo
un vantaggio riproduttivo sugli individui meno adatti.
La selezione naturale avviene quando variazioni ereditabili vengono
esposte a fattori ambientali che favoriscono il processo riproduttivo
di alcuni individui rispetto ad altri. Egli affermò che l’evoluzione di
nuove specie deriva da un accumulo graduale di piccoli cambiamenti.
Ciascuna specie presenta una propria serie di adattamenti, ossia di
caratteristiche che si sono evolute mediante la selezione naturale.
Partendo da queste osservazioni, ci siamo chiesti come si fossero
evolute le varie specie e in che modo siano state successivamente
classificate.
Disegno di Stefano Gardini
Classificazioni degli animali
La letteratura in questo campo è molto ampia e
riassumere in poche righe la vastità delle diverse tipologie di animali
presenti sulla Terra è un’impresa impossibile. Possiamo quindi cercare
di fare una breve distinzione, quella classica, tra animali vertebrati
e invertebrati.
VERTEBRATI
(animali che possiedono uno scheletro interno provvisto di colonna
vertebrale: sono provvisti di cranio, colonna vertebrale, costole,
scheletro degli arti)
Si dividono in:
Mammiferi
il nome per la presenza nelle femmine delle ghiandole mammarie;
sono animali a sangue caldo; vivono in tutti gli ambienti,
es. Terra: uomo, cane, mucca… Acqua: balena, delfino… Aria: pipistrello.
Uccelli:
Corpo ricoperto di piume o penne; hanno sangue caldo; depongono uova.
Rettili:
Animali sia terrestri sia acquatici; corpo ricoperto di squame o
placche rigide;
hanno sangue freddo; depongono uova.
Anfibi:
Anfibio significa ‘dalla doppia vita’; hanno sangue freddo (la
temperatura del
corpo varia al variare della temperatura esterna); depongono le uova.
Pesci:
Respirano ossigeno disciolto nell’acqua attraverso le branchie;
corpo ricoperto di scaglie; depongono le uova.
INVERTEBRATI
(animali privi di scheletro interno)
Si dividono in:
Artropodi:
Insetti (mosche, grilli), Aracnidi (ragni, scorpioni), Crostacei
(gamberi, aragoste,
granchi)
Echinodermi:
Stelle marine, ricci di mare
Molluschi:
Con conchiglia interna (seppia); senza conchiglia (polpi e calamari),
con conchiglia esterna (chiocciole, cozze, ostriche).
Anellidi:
Lombrichi
Celenterati:
Meduse e coralli
Poriferi:
Spugne
Disegno di Stefano Gardini
Discussione
L’uomo come sappiamo fa parte dei vertebrati ed è un
mammifero. Dopo aver analizzato le varie differenze che esistono tra le
specie, ci siamo interessati all’evoluzione umana, chiamata anche
antropogenesi o ominazione. Con questi termini intendiamo l’evoluzione
dell’Homo sapiens. La teoria che ha prevalso su tutte e che è stata
riconosciuta ed attestata, afferma che l’uomo si sia evoluto da una
popolazione di primati stanziatisi nel Rift africano, progenitori
comuni agli scimpanzé circa 5-6 milioni di anni fa e che il genere Homo
si sia differenziato dall’Australopithecus circa 2,3-2,4 milioni di
anni fa. Successivamente, 2 milioni di anni fa, l’Homo erectus si è
diffuso in tutto il mondo creando anche delle specie locali come l’Uomo
di Neanderthal in Europa. L’uomo moderno proviene da quest’ultimo,
avendo avuto sviluppo anch’egli in Africa. Due sono quindi le ipotesi
riguardanti questo periodo: o l’uomo moderno ha progressivamente
sostituito l’Homo erectus in Asia e l’H. neanderthalensis in Europa;
oppure l’Homo erectus, lasciata l’Africa due milioni di anni fa,
diventò Homo sapiens in diverse parti del mondo. E’ proprio analizzando
questa teoria che ci siamo posti una domanda.
Se le specie, come diceva Darwin, provengono tutte da un unico ceppo e
se l’uomo è legato in qualche modo alla scimmia, quali sono le
caratteristiche che abbiamo in comune e quelle che invece ci
differenziano da questi animali?
F: Per prima cosa le scimmie non hanno la parola, ma hanno altri metodi
per comunicare.
S: Una somiglianza è sicuramente la struttura corporea ed in
particolare la forma delle mani, sono molto simili alle nostre.
O: Altra cosa che abbiamo in comune è la manualità, il pollice
opponibile è alla fine una caratteristica che oltre l’umano possiede
solo la scimmia.
S: Ora che ci penso oltre al corpo anche la struttura ossea del viso è
simile alla nostra.
O: Io invece penso che la corporatura vari da razza a razza, ad esempio
i gorilla sono molto più robusti degli scimpanzé.
F: Un altro elemento che abbiamo in comune è l’apparato riproduttivo,
anche se la femmina umana non va in calore.
E: anche la percezione è simile, gli organi di senso che vengono
sfruttati dalle scimmie sono gli stessi che usa anche l’uomo.
S: Una differenza è anche la quantità di peluria presente sul corpo, le
scimmie possiedono molta più peluria dell’umano.
Grazie alle ricerche e all’attività di brainstorming fatta prima della
stesura di queste righe, siamo riusciti a riflettere su ciò che diceva
Darwin e su quello che sostiene la teoria dell’evoluzione. In effetti
ci sono tante caratteristiche simili che fanno pensare ad un comune
passato con le altre specie viventi e alla possibilità che molto
probabilmente la teoria della selezione naturale possa essere una buona
spiegazione della nascita e della continuazione della vita sulla Terra.
Sicuramente quando si parla di questi argomenti c’è la possibilità che
possano nascere gli scontri etici di opinioni che tutti conosciamo, la
famosa lotta tra Scienza e Chiesa, ma questo non è il luogo opportuno
dove parlarne. Quella che a noi è interessata è stata, più di ogni
altra cosa, la possibilità di mettere a confronto le varie teorie
sviluppate nel tempo e di cercare di aprire la mente nel modo più
obiettivo per arrivare ad una nostra personale conclusione.
www.associazioneumanamente.org
Viale Pepoli 5 (Sala CUFO) - 347/1445731
contatti@associazioneumanamente.org
|
vignetta di Riccardo La Rocca
|
Rapporto con gli animali
(dalla parte degli animali)
La fattoria degli animali, Animal Farm,
di George Orwell, edito
nel 1945 e tradotto e pubblicato in Italia due anni dopo, è ambientato
in una fattoria dove gli animali, stanchi dello sfruttamento dell’uomo,
si ribellano. Dopo aver cacciato il padrone, gli animali decidono di
dividere il risultato del loro lavoro seguendo il principio marxista
«da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri
bisogni».
Immaginando un capitolo inedito del libro, gli animali si troverebbero
in un fienile a discutere delle proprie origini e delle ragioni della
loro esistenza sulla Terra.
Nell’antichità si credeva che in alto, in quota, ci fossero dei laghi.
Per questa ragione nella Bibbia, nel libro della Genesi, il narratore
afferma che nei primi tre periodi della creazione il Padre Eterno
avesse creato tutto ciò che si muove sopra le acque. Quindi nei secondi
tre periodi della creazione, tutto ciò che si trova sotto le acque, che
a quell’epoca ovviamente erano ritenute assai al di sopra
dell’altitudine dei monti.
Così notiamo la differenza fra il nulla ed il tutto.
Questo dice la religione. Vediamo invece cosa dice la scienza.
Secondo un’ipotesi scientifica, dalla cellula primordiale si è
sviluppato il primo animale. Durante l’evoluzione questo stesso animale
si è sviluppato in diverse specie. Da rettili a mammiferi e quindi
all’uomo.
Gli evoluzionisti Darwiniani affermano che ci sono sulla Terra tante
specie di animali e vegetali differenti, perché il DNA (ovvero l’acido
desossiribonucleico) si ricompone in maniera del tutto casuale. Questo
spiegherebbe la presenza di animali e vegetali totalmente differenti
fra loro.
Di contro, una teoria antievoluzionistica spiega che il DNA umano, che
è nel nucleo di ogni cellula umana, è composto da 3 miliardi di
nucleotidi (ovvero piccoli atomi). Se questi miliardi di nucleotidi si
rimescolassero in maniera del tutto casuale, le probabilità di creare
una specie nuova ed evoluta sarebbero meno di zero. Anche dell’uomo.
Quindi, c’è un ordine nell’universo: ogni specie replica soltanto se
stessa.
Tornando al nostro tempo, il rapporto degli animali con gli uomini è
diventato tanto confidenziale da parlare di animali domestici, ovvero
che vivono nella domus,
in latino ‘casa’. Fra gli animali domestici annoveriamo il cane, il
gatto, gli uccellini, i pesciolini e ultimamente anche il coniglio.
Noi animali abbiamo diverse capacità: sappiamo essere di compagnia
(cani, gatti, pappagallini e coniglietti), facciamo la guardia
(soprattutto cani), siamo ottimi procacciatori di tartufo, aiutiamo ad
arare i campi (animali da soma), sappiamo correre molto bene e non solo
per cacciare (cani e cavalli), sappiamo addirittura produrre cibo, tipo
latte (mucche, pecore, capre, asine) e uova (galline, anatre, struzzi,
oche), e possiamo anche dare la possibilità di coprirsi con la lana
(pecore). Inoltre diamo molto (affetto) e chiediamo poco in cambio.
Per concludere, e su questo siamo tutti d’accordo, noi animali siamo
molto amici dei vegetariani (per ovvi motivi).
Gruppo di Rassegna Stampa
Centro Diurno di Casalecchio di Reno
|
Sei un’oca!!!
Pensierino fulminante: chissà se gli animali, tra di
loro, per offendersi si danno degli ‘UMANI’?!…
Sapete che cosa vi dico?
W le oche…
… e i porci, le troie, le vacche, i mandrilli e le bertucce, le cagne e
i cagnacci, gli asini e i muli, le lumache e le tartarughe, i vermi, le
larve, le sanguisughe, i pescecani, gli avvoltoi, le iene, gli
sciacalli, le vipere e le serpi in genere, ma specialmente quelle
‘cresciute in seno’, i caproni, gli ‘scarrafoni’, le amebe (e pure i
parameci), i microbi, e chi più ne ha più ne metta… Insomma, W le
bestie, tutte!
E gli umani? Bah!
Lucia
|
Alimentazione e… mente
Salve, cari amici del FARO, sono Rita, infermiera del
Centro Salute
Mentale Mazzacorati: sono prima di tutto una persona... comunque!
In seguito a problemi dovuti a una tappa inevitabile per noi donne - la
menopausa o climaterio - mi sono avvicinata alle terapie cosiddette
alternative o naturali.
Improvvisamente ero gonfia, ansiosa, insonne… caldo, freddo, pressione
alta e bassa... insomma una sofferenza...! Mi capitò tra le mani un
piccolo libro - CIBO PER LA MENTE - e mi colpì molto… È stato per me
scoprire un atteggiamento diverso verso il Cibo, inteso come dono che
riceviamo dalla Natura, dalla madre Terra; e scoprire le influenze che
ha il cibo sulla nostra mente, oltre che sul corpo, in quanto le due
cose sono unite e inseparabili.
Solitamente siamo abituati a mangiare senza pensare a ciò che stiamo
facendo e soprattutto a ciò che mangiamo, da dove viene, chi lo ha
creato ecc. ecc. In tempi diversi - di miseria - era molto diverso:
ancora ricordo la nonna che si faceva il segno della croce prima di
iniziare a mangiare... Allora non capivo; certo per chi viveva nella
miseria avere del cibo da mettere in bocca era un dono divino!
Ho via via eliminato ciò che sentivo mi faceva male, e ho iniziato
un’alimentazione sana e consapevole. Sono diventata piano piano
vegetariana, perché amando la natura ho iniziato a vedere gli animali
come amici e sacri… e non sono più riuscita ad acquistare carne e
mangiarla. Ho scoperto cibi nuovi: il latte di mandorle e di soia,
l’orzo, il farro, tanti cereali, ho imparato a farmi il pane da sola, a
consumare molto riso invece della pasta, e oggi ad anni
sei, devo dire che tutti i miei esami sono perfetti: non ho pressione
alta, né colesterolo, né osteoporosi (assumere latte in età adulta
gonfia, acidifica il sangue e toglie ulteriore calcio alle ossa!!!!!!
così ogni latticino che non sia di capra o di pecora!!!).
Anche il mio umore è migliorato e il mio sonno, perché, quando il
nostro corpo è sano e pulito dentro, anche la nostra MENTE sta bene!
Ciao a tutti...
Rita Grechi
|
Noi animali di razza
I diritti dell’uomo non sono una realtà scontata per
tutti, ma
almeno esistono teoricamente! Cosa possiamo fare per cercare di
renderli più reali? Forse aiutando i nostri amici ad averli, riusciremo
ad averli anche noi?
Io ho un amico, il mio cane. La razza umana fa parte della famiglia
degli animali: forse se sosteniamo dei diritti per gli animali, e non
solo per la nostra razza, in realtà aiutiamo noi stessi (che siamo
animali), ad avere dei diritti.
Gli animali capiscono più di quanto crediamo, ma a parte quelli
domestici, li stiamo massacrando. Cambiare la loro realtà, vuole dire:
cambiamo il mondo, di conseguenza cambierà anche per noi.
Non possiamo aspettare che la società evolva e che tutti stiano attenti
da soli a non mangiare carne, dobbiamo inserire nei vari diritti anche
quelli degli animali, e chi dice che non abbiano la precedenza? Chi
dice che l’uomo è buono e gli animali no? Con quale forza sono stati
scritti i diritti dell’uomo? Pensiamoci! E chiediamolo a chi ci
rappresenta in politica. Nella consapevolezza che Dio ama anche gli
animali, cordiali saluti e buon appetito, ironicamente.
Marco
|
Once upon a time…
C’era una volta, tanto tempo fa, un Darietto che, alle
elementari,
aveva avuto uno shock con un cane aggressivo e dalla paura si era
rifugiato su un piccolo albero: da quel momento in poi fu
difficilissimo farlo avvicinare a un cagnolino.
Poi ci fu una bellissima e radicale trasformazione: verso i ventitré
anni circa, grazie a zio Francesco e al suo amico Giovanni, quella
paura divenne tenero amore verso quello che, in tanti, chiamano ‘il
migliore amico dell’uomo’...
Gli successe addirittura di ‘leggere’ il linguaggio degli animaletti e
capire quindi quando hanno paura, hanno voglia delle coccole, quando
sono tristi, depressi o sono in felicità.
Il primo incontro fu con la Shevel (un lagotto) e la Shelby (un
incrocio tra un corso e un’altra razza che non ricordo): mi ricordo che
ero timidissimo coi cagnolini, ma non ero l’unico; nonostante Giovanni
avesse un piccolo carlino, quest’ultimo non aveva confronto con la mole
di Shevel e Shelby, che erano tre - quattro volte più grossi, quindi
Giovanni era anche lui timido con le cagnoline di mio zio.
Però poi, pian piano, mi aprii sempre più con le cagnoline, soprattutto
con la Shelby, mentre purtroppo la Shevel non visse a lungo (morì pochi
giorni dopo la morte di mia nonna e, devo dirlo assolutamente, su
questo fatto ci hanno fatto anche un bellissimo film, cioè che il cane
sente quando il suo padroncino muore e sta talmente male da morire poco
dopo... che tenerezza!).
Poco dopo entrò ‘nella famiglia’ l’affettuosissima Cheyenne, una
cucciola incrocio tra un pitbull e un pastore tedesco: che feste che mi
fa tuttora quando ci incrociamo! Mi salta addosso, si struscia, mi
pilucca l’ombelico, che mi fa un solletico incredibile. È talmente
coccolosa che in pochissimo tempo mi sono subito affezionato!
Anch’io la penso come mio zio Francesco: vorrei vedere i cagnolini
girare liberamente dentro appositi recinti dove possano scorrazzare
liberamente, invece di essere perennemente legati al guinzaglio, cosa
che penso sia per loro assai fastidiosa. Penso che a lungo andare i
cani troppo costretti possano diventare nevrotici e ribellarsi al loro
padrone mordendolo. Non è colpa loro, ma della società, che non vuole
il loro bene e, a volte, per colpa del padrone. Di questi recinti ne ho
visti pochissimi! Uno in zona Pilastro, uno a fianco del ponte di San
Donato e l’altro si può intravedere dal ponte di via Libia.
Da quando mi sono abituato ad avere un buon rapporto con tutti gli
altri animali, è stato stupendo: mi sono sentito meno timido, più
aperto e ho capito oltretutto che l’uomo deve imparare moltissimo dal
comportamento animale...
Qui vorrei fare un collegamento interessante con Il Ventaglio
di O.R.A.V.,
la nostra associazione di volontari e utenti in borsa-lavoro: grazie al
nostro apicoltore Roberto Grillini, noi utenti impariamo molte notizie
utili sulle api come ad esempio (è molto interessante) il modo con cui
tengono ‘l’aria condizionata’ all’interno dell’alveare, cioè ci sono
delle api che, con lo sbattere delle ali mantengono una temperatura
ideale per deumidificare il miele.
Da quando sono arrivati altri animali oltre alle api, ed in particolare
mi riferisco ad un cavallo (Bambi), un pony (Bobby) e una pecorella
(Bianchina), il Podere Canova, sede dell’associazione, è diventato
ancora più bello (e diverrà ancora più ‘anim-ato’ … anim - da animali -
perché son previsti altri cavalli e degli asinelli e ato - da animato -
perché ci sono più animaletti) !!!
Non parliamo poi dei cagnolini di Roberto (il nostro ex presidente):
Lea (avete presente il telefilm Tequila e Bonetti?) e Atos; tutte le
volte che andavo a casa sua, mi facevano un sacco di feste!
Recentemente però Lea è scomparsa e ne siamo affranti. Faccio le mie
condoglianze a Roberto... E qui si vede come Atos, il figlio di Lea,
sta andando in depressione... Povero ‘baubino’!!! Io, la Jaja e la
Mariangela (una utente del Ventaglio) stiamo cercando di tirargli su il
morale... l’ultima volta, grazie a noi, è riuscito a mangiare...
E le cagnoline della Jaja (la nostra dolce vicepresidente)? La Margot
(razza: collie, uguale a Lassie) è birichina: a volte vuole le coccole
e quindi comincia a strusciarsi contro di te; poi ci sono quelle volte
che vuol giocare con la pallina: se la mette in bocca, si piazza lungo
il corridoio del giardino, te la rilascia come per dirti "prendila!" e,
quando gliela lanci, fa una corsa tremenda per prenderla e riportartela
(com’è dolce!); infine, a volte, quando vede qualcuno o sente un rumore
di motore, è come se impazzisse: si mette a girare su se stessa, abbaia
e poi rincorre, se necessario, la persona o l’oggetto in questione. La
Maggie (razza: golden retriever) è una batuffolona coccolosa, con un
musetto dolcissimo, ma è una golosa (come il sottoscritto)!!! Ha sempre
una gran fame... Questa cagnolina, però in realtà è del figlio della
Jaja: Fabio. L’ultima, la più anziana, è Lulù, una bellissima husky,
tenera, dolce, coccolosa e, un tempo, formidabile saltatrice dei
cancelli del giardino: com’è morbida! Accarezzarla è un piacere!
La Jajolina però ha anche numerosi gattini, di cui due gemelli che si
chiamano Muzzy. Sono di un carino, di una morbidezza e di una
‘intelligenza’ incredibile: dico ‘intelligenza’ perché quando vogliono
le carezze, ti miagolano e ti fanno le fusa come per chiamarti. L’altro
gatto, Rino, è invece più selvaggio e meno casalingo. Infine abbiamo i
gattini Buio (è infatti tutto nero), ma è difficile incontrarlo, e un
altro gattino tutto arancio (di cui non so il nome) che è molto
coccoloso!
Il bello di queste tre cagnoline e dei gattini è la simbiosi: pensavo
che cani e gatti non andassero d’accordo, ma da quando sono stato dalla
Jaja e ho visto il tutto, sono rimasto estremamente affascinato... Si
vede che è una leggenda metropolitana...
Ho visto anche molti filmati, nei telegiornali, dove improbabili coppie
di animali si aiutavano a vicenda! Uno fra questi mi è rimasto
impresso: una leonessa dava il suo latte a un cerbiatto... Caspita che
simbiosi!!! E noi non dovremmo far come loro, imparare da loro?
Aiutarci a vicenda, invece di esser menefreghisti? Secondo il mio
parere e quello di mia mamma, l’uomo infatti non ha alcun legame nella
cerchia del pianeta Terra, mentre se si guarda la flora e la fauna, ce
ne sarebbero di cose da cui l’uomo potrebbe trarre insegnamento e
capacità intellettive maggiori.
Desidero concludere parlando del canto degli uccellini e, in
particolare, il canto dei merli. Mi piace un sacco la mattina
svegliarmi col loro musichevole “cip - cip” e, nell’intera giornata,
adoro ascoltarli perché mi portano allegria. Quando poi li vedo,
appollaiati sui lampioni o sui rami, mi viene una tenerezza tale che
vorrei tanto coccolarli.
Qui vorrei infatti farvi vedere un’immagine fantasy che ho trovato,
dove una fatina accarezza un uccellino... Per me è estremamente tenera
e vorrei tanto essere io quella fatina!!! E voi???
Darietto
|
Importanza dell’ape e
dell’apicultura
Ogni anno, nelle scuole che lo desiderano, vado a
parlare ai
giovanissimi discenti e alle insegnanti sull’organizzazione sociale
delle api e dell’importanza dell’apicoltura. La prima domanda che
faccio ai ragazzi è se sanno perché le api sono importanti per l’uomo e
per l’ambiente. Chi mi risponde perché producono miele, alcuni perché
producono la pappa reale. Altri, e sono forse quelli che hanno avuto
una brutta esperienza, temono le api perché hanno il pungiglione.
Nessuno conosce l’attività più importante dell’ape: l’impollinazione.
Evidentemente i loro genitori, ma anche alcuni dei loro educatori
dimenticano che se non ci fossero le api non sarebbe neppure la nostra
vita. Dobbiamo, infatti, alle api se più dell’80 per cento delle piante
d’ogni genere e specie sono impollinate ad opera all’intervento dei
preziosissimi insetti.
Sappiamo tutti che l’impollinazione è l’atto fecondativo dell’ovulo del
fiore, dal quale nascerà il seme grazie al quale le piante, sia erbacee
che fruttifere e forestali, si possono diffondere nell’ambiente
formando prati, boschi e frutteti. Cosa sarebbe il mondo senza le
piante? Un immenso deserto di sabbia. Cosa mangerebbe l’uomo se non ci
fosse la frutta?
Vi sembrerà strano, ma molti apicoltori sono pagati dai frutticoltori e
dal contributo di alcune Regioni, compresa l’Emilia-Romagna per lo
spostamento degli alveari presso le estensioni di piantagioni di frutta
(meleti, ciliegeti. kiweti, ecc.) ma anche presso i campi e le serre
dove si producono per il commercio sementi di piante da orto e da
industria olearia (girasole, colza, ecc…).
Ma i prodotti dell’ape, come il miele, la pappa reale, il polline, la
cera il propoli e perfino il veleno sono tutti prodotti importanti per
la salute dell’uomo. Sì, vi sembrerà strano, ma anche il veleno
dell’ape viene impiegato in medicina per produrre preziosi
indispensabili medicinali. In alcuni stati dell’est ci sono cliniche
specializzate per la cura delle artrosi mediante punture di api ed io
stesso, che non sono allergico al veleno, godo ottima salute da quando
faccio l’apicoltore.
Non tutti sopportano il veleno dell’ape, ci possono essere degli
individui, seppure rari, soggetti a choc anafilattico. In questo caso è
bene farsi fare un test (all’ospedale S. Orsola ci sono analisti
specializzati per le allergie d’ogni genere) e premunirsi di un
immunizzante.
Una raccomandazione è quella di non mangiare mai all’esterno dei locali
marmellata, miele e sostanze dolci che possono richiamare vespe, api ed
altri insetti muniti di pungiglione e di non lasciare mai aperte
bottigliette di sciroppi. Non produrre mai dolci a base di miele,
marmellate, conserve di frutta e simili con porte e finestre aperte. Le
api sono molto sensibili agli odori e dopo pochi minuti vi invaderanno
la casa. Se voi provate a spalmare un poco di miele sul davanzale della
finestra o in qualsiasi altro punto della casa o del giardino vi
accorgerete che dopo un paio di ore arriveranno da lontano centinaia di
api. Infatti, la prima ape di passaggio che sente l’odore va subito ad
avvisare le consorelle dell’alveare con la famosa danza (è il loro
linguaggio preciso e intelligente).
Si sappia che le api non sono aggressive, ma se un’ape vi dovesse
girare attorno perché sente dei profumi, state fermi, non fate l’atto
di scacciarla altrimenti si sentirebbe aggredita e si difenderebbe con
quell’arma bruciante che ha, a costo di rimetterci la vita. Voglio
anche dirvi non aver
timore degli sciami perché sono assolutamente innocui , in quanto le
api quando sciamano non hanno nulla da difendere (non hanno la covata e
il miele ce l’hanno nell’ingluvie e nessuno può rubarglielo). Ve lo
dimostro con questa foto.
Non vorrei mai più vedere distruggere uno sciame da gente ignorante e
sarebbe bene che le scuole e gli educatori mettessero più tempo e
attenzione al mondo degli insetti e della natura.
Durante la primavera e per tutta l’estate si assiste al fenomeno della
sciamatura delle api. Un meccanismo, seppure ereditario, che
l’apicoltore tende a frenare con la selezione di ceppi poco propensi. È
influenzato da diversi fattori, tra i quali l’età della regina, la
consistenza della popolazione, la mancanza di spazio disponibile
nell’alveare, l’insufficiente aerazione, l’acutizzarsi delle malattie o
delle infestazioni, l’andamento climatico favorevole e l’abbondanza del
raccolto, l’esposizione dell’arnia ai venti dominanti, l’eccessiva
insolazione. Le principali probabili cause rimangono tuttavia la
mancanza di spazio per l’aumento delle nascite e la diminuzione del
feromone reale. Quest’ultimo innesta nelle operaie il meccanismo
istintivo di costruire celle reali e di allevare nuove regine.
Altrettanto succede se una regina giovane dovesse produrre feromoni
poco efficaci.
Le api, dopo aver costruito celle reali, dalle quali la prima regina
che nasce sopprimerà le sorelle ancor prima dello sfarfallamento,
costringono la vecchia regina a lasciare la dimora protetta e seguita
dalla metà ai due terzi della popolazione dell’alveare, non senza aver
prima riempito l’ingluvie di miele per la sopravvivenza.
Queste, non avendo ancora scelto una nuova dimora, formeranno lo sciame
su un sostegno aereo (ramo, tronco d’albero, muro, ecc.). Da qui
partiranno le api esploratrici (circa il 5% del totale della colonia)
per cercare un ricovero idoneo dove costruire i favi. La scelta ricade
principalmente su un’arnia abbandonata, un barile, il cavo d’un albero,
il cassonetto d’una finestra o addirittura un atrio abbandonato come
quello che si può osservare nella foto.
La preferenza viene data ai ricoveri i più idonei possibili e posti in
luoghi riparati dai venti dominanti, dall’umidità e dall’eccessiva
insolazione che le esploratrici segnaleranno alle consorelle dello
sciame con danze insistenti. A questo punto le api, generando un brusio
con la vibrazione delle ali spiccheranno il volo seguendo le
esploratrici e, prima di prendere possesso della nuova dimora, seguono
una non ben nota danza del ronzio come per festeggiare la loro nuova
sistemazione.
Le api, essendo insetti protetti per i loro prodotti preziosissimi per
la salute e per l’utilità agricola, non debbono essere uccise. Per
questo si sta anche lottando per l’abolizione dei presidi letali. Chi
ha la ventura di scorgere uno sciame ha il dovere di informare i vigili
del fuoco o i vigili urbani, che provvederanno a farlo catturare da un
apicoltore mettendo a disposizione anche i loro mezzi (autoscala,
ecc.). Per il territorio di Bologna e province limitrofe è stato da me
organizzato un pronto intervento gratuito. Basta telefonare al numero
338.2524288 (Grillini Roberto, esperto apistico) segnalando luogo e
posizione dello sciame. Per quanto riguarda invece l’eliminazione dei
nidi di vespe e di calabroni e per le false chiamate (segnalazioni di
sciami d’api inesistenti), si richiede il rimborso delle spese
d’intervento.
All’ape si deve protezione e rispetto e all’apicoltore, che tanto si
prodiga per la cura e la diffusione dell’insetto, un grosso grazie.
Roberto Grillini
(esperto apicoltore, volontario presso Il Ventaglio di ORAV)
|
Una luce si è spenta
Bologna, lunedì 11.4.2011 ore 8 e 15, una Nuvola è
entrata nella mia vita, portando con sé Calzino e… ho rivisto la luce.
Il
mosaico è terminato ed ho completato il puzzle della mia vita. Ciò che
mancava era il bandolo della matassa, ma io l’ho trovato. Ora è tutto
chiaro, c’è ordine dentro di me e quindi è bello fare ordine anche
fuori e intorno a me. Pollicino, dopo tutti i sassolini sparsi, è
tornato a casa, e i chiodini che per tanto tempo mi hanno tormentata
ora tengono i post-it colorati alla lavagnetta di sughero della mia
casa.
1. Una locandina letta vicino alle Terme Felsinee il 10.3.2011. Ho
telefonato.
2. Domenica 13.3.2011: conosciuti i due micioni e sono bellissimi.
3. Venerdì 18.3.2011, ore 20 circa: sono arrivati i micioni.
Aspettandoli mi batteva il cuore.
4. Domenica 20.3.2011: Calzino (il timidone) è uscito da sotto i letti.
I due micioni ora girano per casa.
5. Lunedì 21.3.2011: mi hanno adottata e io… sono felice.
6. Prendetevi un gatto (meglio due) e… se potete… anche un cane!
Se amate gli animali, soprattutto i cani, leggete Io e Marley di John
Crogan, ed. Sperling Paperback. Leggendo certe pagine ho ripreso a
piangere, non di tristezza, ma di tenerezza e di gioia.
Pag. 330: “Così
come noi l’avevamo aiutato a plasmarsi nel cane di famiglia che sarebbe
diventato, lui aveva aiutato noi a plasmarci come coppia, come
genitori, come amanti degli animali, come adulti. Nonostante tutte le
delusioni e le aspettative disattese, Marley ci aveva fatto un dono,
spontaneo e inestimabile. Ci aveva insegnato l’arte dell’amore
incondizionato. Come darlo, come accettarlo. Dove c’è quest’amore, gli
altri pezzi vanno quasi sempre a posto.”
Chi ama gli animali e ha un debole per i gatti, deve leggere Cleo di
Helen Brown, ed. Piemme.
Pag. 100: “Si
dice che le fusa di un gatto abbiano un effetto profondo sul corpo
dell’uomo. I test hanno dimostrato che riducono lo stress, abbassano la
pressione sanguigna e aiutano la pelle e le ossa a rinsaldarsi. I
poteri guaritori dei gatti sono sempre più riconosciuti dai tanti
ospedali e dalle case di cura che si servono in modo permanente di
questi medici felini. Dosi regolari di fusa possono anche contribuire a
riparare i tessuti cardiaci. /…/ Saggio ed eterno, poteva essere la
ninna nanna della terra, o la voce di Dio”.
Questo è più o meno quello che volevo scrivere per Il Faro, che questa
volta si occupa degli animali, ma qualcosa è cambiato: da venerdì 21
settembre 2012 Calzino, il mio micetto tigrato non è più a casa con me
e Nuvola, il fratello bianco. Mi sono svegliata e lui non c’era, l’ho
cercato e chiamato per ore, ma di lui nessuna traccia. Ho guardato
ovunque, anche nel balconcino accanto al mio, anche nel cortile
condominiale. Ho attaccato locandine, ho cercato in giro, sono stata in
un’oasi felina vicino a casa, ma nulla. Il veterinario mi ha detto che
se non era in casa era uscito, ma da dove?... Dal terrazzino, cioè è
caduto giù, e io abito al terzo piano.
Il mio timore è che cadendo si sia fatto male, che qualcuno l’abbia
trovato e se lo tenga. Il mio micetto, che mi stava sempre tra i piedi,
era bello, sano, pulito e si vedeva che non era un randagio. Nuvola
ogni tanto miagola e io gli dico: “Ti manca tuo fratello? Anche a me
manca”. Di Calzino mi manca tutto: il suo odore, il suo pelo morbido,
la sua simpatia. Dormiva quasi sempre con me, mi seguiva per la casa, e
se mi sdraiavo sul letto a leggere o scrivere, lui si metteva sopra i
miei libri o fogli e quando gli dicevo: “Calzino, spostati, sto
leggendo, scrivendo!” lui si metteva a pancia all’aria per farsi
grattare. Adesso certe cose che faceva Calzino le fa Nuvola, ma non è
la stessa cosa e quel micino mi manca ogni giorno di più. Una mia amica
ha trovato un sito internet: Persi e ritrovati e ha mandato il testo
della locandina che abbiamo fatto per ritrovarlo. Non voglio pensare di
averlo perso per sempre e nemmeno che cadendo si sia fatto male.
Voglio trovarlo, voglio che torni da noi, voglio ancora sentire le sue
fusa e che si riaccenda quella luce che adottandolo si era accesa, e
che ora si è spenta.
Tina
|
Informazioni utili
Sul territorio comunale di Bologna
In caso di ritrovamento di cani o gatti smarriti o presunti tali puoi
chiamare:
Il Rifugio del Cane e del Gatto
Via
Bacialli, 20 - Trebbo di Reno Castelmaggiore Bologna
Tel.:
051.63.25.537
http://www.comune.bologna.it/rifugiocanegatto/
Polizia Municipale del Comune di Bologna
Tel.:
051.26.66.26
In caso di ritrovamento di cani o gatti feriti puoi chiamare:
Servizio Veterinario Azienda USL
Via Gramsci
12 - Bologna
Tel.:
051.60.79.889 (orari d’ufficio)
Cell.:
349.75.41.171 (pomeriggio)
Cell.:
348.60.23.742 (notturno, sabato e festivi)
Altrimenti puoi portarli di persona alla
Clinica Veterinaria di Ozzano
via Tolara
di Sopra, 50 – Ozzano dell’Emilia (BO)
(convenzione
gratuita col canile di Bologna)
|
Senza che lei sapesse…
Da qualche giorno ormai non cercava la mia presenza,
non mi
accoglieva al rientro dal lavoro, non disturbava il mio sonno mattutino
con richieste pressanti di attenzione e cibo. Da giorni ormai la sua
presenza era come un’ombra, un passaggio silenzioso e solitario.
Quella sera però uscì dal buio, da quel buio che cercava e che la
isolava dal mio mondo, uscì dal buio stralunata e stropicciata, non
vedendo quasi più, inabituata alla luce. Il suo bel muso alterato da
una magrezza progressiva, il corpo dolorante che rifuggiva le mie
carezze. Si lasciò condurre, lentamente e dolcemente, con la cautela
dovuta ad un oggetto di cristallo sottile, sopra una leggera coperta,
ben distesa per accogliere le sue ossa lievi ed il suo corpo ormai
risucchiato. Il suo sguardo stanco si sforzava di focalizzare il mio
sorriso e le sue orecchie si alzavano con fatica al suono lento e
commosso delle mie parole. Non più i gesti ed il contatto fisico delle
nostre “intime” relazioni passate, solo la carezza lieve sul suo capo
rimpicciolito e freddo. Le dovevo almeno per qualche attimo la fedeltà
e l’esclusività del suo starmi al fianco per anni, rispettosa della mia
persona e gelosa della sua autonomia. Presenza discreta, educata e
pulita – molte volte si era presa cura di me, senza saperlo.
Mi prendevo cura di lei, senza che lei sapesse.
Anna
|
Tea
Folla a Villa Spada per la festa del volontariato.
Gente che va su e
giù fra i banchetti a curiosare e si ferma ogni tanto per far due
chiacchiere con un conoscente o per guardare le esibizioni di yoga e
tai chi. Gente che si allontana distrattamente con depliant e
pacchettini in mano, poi torna sui suoi passi per recuperare lo zaino
lasciato sul prato.
Bimbi coi faccini pitturati, risate, richiami, palloncini…
Può capitare, tra la folla, di accorgersi che la persona con cui si era
arrivati non è più al nostro fianco: e adesso… aspetto qui? Faccio il
percorso a ritroso? Corro a vedere più avanti? No, no… Tea non aveva
dubbi sul da farsi, ma non le era facile farlo capire alla gente.
Mentre cercava di attraversare via Casaglia, col lungo guinzaglio a
penzoloni, si è sentita bloccare da un piccolo strattone. Un uomo alto,
scuro, un po’ barcollante per elevato tasso alcoolico, ha pensato che
un cane non se ne deve andare in giro così, da solo. Gentile, l’ha
accarezzata e l’ha ricondotta verso il parco, in cerca del padrone. Ma
in mezzo a tutta quella gente, come trovarlo? Lei non sembrava
riconoscere nessuno e al collo non aveva una medaglietta col nome e un
recapito.
Conciliabolo: “Io prima l’ho vista passare, ma non ricordo con chi era”
“Bisogna chiamare i vigili” “Ma i padroni la staranno cercando, meglio
tenerla qui” “Noi dobbiamo smontare i banchetti” “Io dovrei prendere la
corriera delle 17 e 30”…
Va be’, decido che me ne occupo io. Ringrazio il signore gentile che
l’ha salvata dal traffico e accompagno la cagnona nera, occhi dolci e
passo un po’ stanco, da vecchietta qual è, verso la fontanella. Macché,
non vuole bere, tira verso il cancello di uscita.
“Ok: andiamo dove vuoi tu”, le dico, e lasciandole la corda lenta la
seguo. Attraversa via Casaglia, percorre il marciapiede finché incontra
un’altra strada, ci pensa un po’, poi l’attraversa, annusa, procede
ancora, annusa ancora, gira a destra per via Felice Battaglia. Ogni
tanto provo a farla tornare indietro, ma si rifiuta: si ferma e mi
guarda di sotto in su con uno sguardo paziente ma irremovibile. Siamo
quasi al parco delle scuole, ci sono altri cani.
Penso che forse i padroni l’hanno vista altre volte, sapranno di chi è.
Provo ad accelerare: niente da fare. Arrivata a un parcheggio si
puntella e non si muove più. Cinque minuti buoni: un vero mulo! A Villa
Spada mi aspettano, si chiederanno che fine abbiamo fatto. Provo a
tirarla un po’… Quand’ecco, una signora arriva trafelata “Tea, Tea! Che
spavento! Ti avevo persa…” . Le chiedo se la sua casa è da quelle
parti. “No, no - mi risponde - qui c’è la mia auto parcheggiata”.
Che brava, Tea! Ha fatto esattamente come noi umani: se ci si perde,
appuntamento alla macchina. E pur non avendo il dono della parola, si è
fatta capire benissimo. Comunicare con gli animali è facile, basta un
po’ di attenzione.
E poi… era il giorno di san Francesco!
Lucia
|
La fattoria degli animali
In via del Pilastro, zona San Donato, vicino ai due
Hotel Savoia e, per
la precisione, dietro quello nuovo (non quello all’angolo, ma quello
che sta di fronte all’immenso parco), c’è una fattoria restaurata circa
un anno e mezzo fa, dove potrete trovare numerosi animaletti
estremamente carini: ci sono tantissimi gatti, ci sono dei tenerissimi
coniglietti, delle simpatiche paperelle e non so se ci sono ancora, ma
quando sono andato a visitarla c’erano un asinello, un’ochetta, delle
caprette, delle pecorelle e dei cavallini.
Purtroppo, essendo ora molto occupato tra le mie faccende di casa e la
“borsa-lavoro”, ho pochissimo tempo e fatico molto ad andare a
trovarli: quando ci andavo, notavo che ci venivano spesso anche diverse
scolaresche di bambini piccoli e mi faceva estrema tenerezza vedere i
bambini e gli animaletti insieme!!!
Ogni tanto donavo anche qualche soldino in modo che i proprietari
potessero poi dare la pappa ai vari animaletti: non so ora come sono
gli orari e se si possa liberamente visitare gli animaletti, perché da
quando hanno cambiato la struttura tutto è diventato più chiuso e non
mi piace più come prima…
Spero comunque che questa notizia sia per voi interessante e che la
fattoria non chiuda mai! Così i bambini e tanta altra gente potranno
ancora visitare gli animaletti...
Darietto
|
Un insolito lago
Quel giorno il lago era perfettamente ghiacciato, così
ebbi la
brillante idea di andare a fare una bella pattinata. Pattinavo
tranquillamente, dimenticando che quello era conosciuto come il lago
dei serpenti. A un tratto il ghiaccio sotto ai miei piedi si ruppe e
precipitai nelle gelide acque del lago, infestate dai serpenti. Solo
allora mi resi conto di ciò che mi era capitato. “Aiuto, aiuto!” fu
l’unica cosa che riuscii a pronunciare… Pensai che nessuno potesse
udire le mie parole, quando sentii una mano stringermi forte,
lasciandomi senza scampo. Ero spaventatissimo: immaginai che un enorme
serpente volesse stringermi tra le sue spire, ma non poteva essere
così, perché l’unica cosa che riuscii a percepire era quella mano che
mi aveva afferrato. Stavo quasi per morire dalla paura, quando la mano
mi fece affiorare dalla superficie del lago ghiacciato, portandomi in
salvo. Fu allora che venni a conoscenza di uno strano personaggio.
Riconobbi in lui il mio professore di ginnastica che, appassionato di
sport, si aggirava nei dintorni.
“Ti ho insegnato la ginnastica e il nuoto, ma non ti ho mai detto di
fare l’incosciente!”, disse. Dopo aver preso il suo cappello di paglia
e inforcato gli occhiali mi salutò, dicendomi: “Fai attenzione, perché
una seconda volta non ci sarò!”.
Non avevo parole per ringraziarlo, ma lo salutai con un forte
abbraccio. Mi resi conto di aver dimostrato una grande incoscienza,
mettendomi in una simile avventura. È vero che gli animali mi
piacciono, ma i serpenti mi fanno paura solo a vederli.
Gattini e cagnolini possono strapparci carezze e coccole, ma cobra,
vipere e altri serpenti possono procurarci la morte, quindi meglio
tenerli a distanza.
A questo proposito mi sorge la domanda: “ Fu per puro caso che nel
Giardino dell’Eden fosse proprio il serpente ad ingannare Eva,
facendole perdere l’opportunità di vivere in eterno?”.
Mariangela
|
Dal numero dell'ottobre 2010 della rivista Nuovo Effatà
Organo di informazione e strumento di dialogo
dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Reggio Emilia
traiamo e pubblichiamo il seguente articolo
Pet therapy
Parliamo un po’ della Pet Therapy, nata nel lontano
anno 2001. Io
sono un grosso esperto e veterano del corso della Pet Therapy. L’idea
di utilizzare dei cani [di razza] allo scopo di aiutare o
sensibilizzare delle persone - io non voglio dire né pazze né matte
perché sono due parole brutte e molto offensive nel caso di persone che
hanno commesso reati brutti e un po’ atroci - è stata di una donna
molto buona sensibilissima e molto intelligente che ha voluto fare un
esperimento per aiutare delle persone che hanno sbagliato, ma però
quando il corso è nato non si sono tirate indietro e hanno dimostrato
attenzione, apprensione e si sono messe anche a lavorare rendendosi
utili per riparare in una maniera il loro errore o i loro errori che
hanno fatto ai danni di altre persone.
Lo Stato ha messo a disposizione tramite il Ministero di Roma il
materiale per la costruzione del canile, la casa dei cani [di razza] e
il tutto ha avuto un grosso successo: esperti muratori hanno dimostrato
la loro bravura e il loro talento in opere murarie. I lavori sono
iniziati nel lontano 2001. Erano in 8 a lavorare, e ce l’hanno messa
tutta: forza fisica, cervello, malizia e talento in fatto di
costruzioni e opere murarie. In un mese i lavori sono finiti.
Lo scopo della psicologa era, con l’ausilio degli animali, di stare a
stretto contatto con l’animale, in maniera che l’animale sentendosi
attratto del paziente aiutasse il paziente a mutare il suo modo di fare
o di essere con gli altri individui.
E questo esperimento ha funzionato perché c’erano delle persone che
hanno mutato tantissimo il loro modo di fare o di essere, persone che
si erano isolate, che si erano chiuse, che avevano tagliato i contatti
con tutti erano diventate più docili... insomma il rapporto con
l’animale aveva cambiato in una maniera positiva la loro vita, e con se
stessi si sentivano più tranquilli e più sereni. Erano diventati
contenti, si scambiavano tra loro frasi, complimenti, erano meno
aggressivi, meno diffidenti, più generosi, più altruisti e non vedevano
più l’OPG solo come una galera con grosse sbarre che impedivano loro di
scappare; le cose con lo stare a stretto contatto con l’animale erano
diventate molto più belle, avevano una ragione di vita: giocare con
l’animale.
E l’animale era per loro una grossa forma di gioia e di liberazione:
loro potevano chiamarlo, potevano accarezzarlo insomma era nato un
grosso... se vogliamo chiamarlo intesa, bensì feeling fra persona e
animale. E tutto questo aveva modificato il loro modo di essere, il
loro modo di fare. L’animale era stato un grosso appiglio,
psicologicamente parlando, per soffrire di meno la loro carcerazione,
il loro internamento in OPG.
E questa cosa l’ho provata anche io e tantissimo ed è stata per me una
nuova e grossa esperienza, che a me e anche a tutti gli altri, ci ha
reso felici e anche dietro delle sbarre mi sono sentito non più la
persona che ero prima ma un’altra persona che ha imparato ad accettare
le cose belle e le cose brutte in una maniera più semplice e razionale
per tutti. E io ho aiutato il cane e il cane ha aiutato me. È tutto.
Filippo Giaccone
|
L'animale
[1]
Botte e schiaffi, schiaffi e beffe,
beffe e parole, radici e colore:
sono le cose che contano con noi
sono le cose che ho amato di più.
[2]
Ho pianto nei pianti tuoi
come il bacio
e tradimento
che è piaciuto ai discorsi nelle rubriche
di telefono per le tue on – off.
Ho pianto solo in quella stanza chiusa a chiave:
ma c’eri tu.
[3]
Ho i miei dubbi
che qualcosa mi rimanga di te
sul cuore: perché
gli attimi in quei giorni erano biscotti
che da un punto su ce li mandavamo giù.
Ho pensato alla bestiale coincidenza
d’averti accanto in questi opuscoli già fatti,
già compiuti: ma non era ancora scavata
la pulsione di amarti così.
Paola Scatola
|
Puzzle in versi
Cantan gli augel nel fitto bosco
ed io l’orecchio porgo a dolci suoni
che mi riportano a luoghi felici
ormai lontani.
Garrisce la rondinella
nell’annunziar la primavera
mentre il bianco gabbiano dolcemente
sorvola la scogliera.
Della cicala lo stridor senti più forte
lei non si arrende
e la sua musica continua
perché vicina è la sua morte.
Della farfalla puoi mirare
il variopinto volo
mentre l’ape operosa
di fior in fior si posa.
Canta Omero, nel suo divin poema
del fedele Argo al prode Ulisse,
che pria dei Proci riconobbe,
sebben di cenci fosse cinto.
Mariangela
|
Il degrado della mia città
Un prato incolto, in un angolo
un gazebo malconcio,
con sedie e tavoli arrugginiti
un barbecue dimenticato…
Accerchiato, questo cortile interno,
da muri scrostati.
Si salvano alcuni alberi,
che cercano spazio
sia in terra che in cielo.
È un esempio di questa mia città
con un alto grado di inciviltà,
dalle scritte di proteste senza voce
imbrattata.
Giovanna Giusti
|
L’urlo
Fredda
aldilà del vetro
la stanza bianca
seminuda,
seminudo il letto,
seminuda lei
con urlo agghiacciante,
legata,
l’urlo non per strada,
urlo senza colori, rinchiuso,
che risuonava alto
ad eco della disperazione.
I lacci stringevano
mentre si dimenava,
mentre noi donne
agli angoli,
non parlavamo più.
Pallida la sera,
appariva senza risposte,
solitaria.
Portami via fratello,
via, per non tornare più.
Marcella Colaci
|
Alla mia cagnolina
Sei piccola e tenera, ma sei già adulta,
o dolce cagnolina,
tu non abbai mai,
corri libera per i parchi,
mangi i croccantini
e mi lecchi in faccia affettuosamente.
Ormai è già da parecchio tempo
che ci conosciamo,
ci vogliamo un gran bene,
mi riscaldi col tuo calore la notte
quando dormi accovacciata a me.
Dormi tranquilla c’è qui il tuo padrone
che sorveglia che non ti accada niente,
ti protegge e ti accudisce
con tutti i suoi mezzi.
Dormi e fai dei bei sogni,
sogna di stare accanto a me.
Mi guardi con quegli occhioni grandi,
il musetto schiacciato,
le orecchie lunghe,
il colore nero con parti bianche,
sarai grande quanto un gattino,
forse meno,
è come se tu mi sorridessi…
Zampetti trotterellando accanto a me,
saltelli, hai voglia di uscire,
capisci subito quando ti dico “andiamo”,
sei già davanti alla porta che aspetti.
Al comando “ferma” non muovi un muscolo
ed aspetti che ti metta il guinzaglio.
Prendo la paletta
così siamo pronti per uscire,
io grande e tu piccolina, così diversi,
ma ci vogliamo un gran bene.
Un bacio e il parco ci aspetta…
Loopa Sonivree
|
I tre saggi
Tre giovani neanche più si
accapigliavano
affannandosi l'un l'altro,
ormai solo tacevano fra loro,
senza alcun risultato, peraltro.
Disse allora un Primo Saggio:
“vivete ciò che è,
non lottate con feroci visi,
dimenticate il perché,
non siate divisi”.
Intervenne un Secondo Saggio:
“avete in comune vicende straordinarie,
ricche, varie,
fate pace fra voi, come fratelli,
non fate inutilmente i “cattivelli”.
Disse infine un Terzo Saggio:
“amati Saggi, voi dite giusta cosa:
sublime è la fratellanza :
come un lampo, diventa meravigliosa
l’umana vicinanza”
Matteo Bosinelli
|
Mi hanno regalato un quadro a
Natale
Canalone di strada
Che nel verde spento
Deciso
S’alza al capanno
Rami d’albero sospinti-spezzati
Biancolatte il cielo
Quasipiatto si stende
La nevicata è
Com’alla finestr’appesa.
Piergiorgio Fanti
|
Tenero scoiattolo
Da Bologna tenero scoiattolino
ti sei trasferita,
sei andata dove ti trovi
maggiormente a tuo agio,
nei monti.
Questo spostamento
l’hai fatto con la tua
dolce metà.
Per me voi siete
Cip e Ciop due grandi amici,
con i quali ho passato
molti momenti felici.
Lo sai che hai
un carattere molto deciso,
forse alcune volte un po’
autoritario:
questo ti serve sicuramente per insegnare,
per riuscire a farti rispettare
dai tuoi studenti!
Nei fine settimana
torni a Bologna
per aiutare Toto, tuo fratello,
gli vuoi sicuramente bene,
lui ha avuto dei problemi
che sta cercando di superare
e tu gli stai decisamente
dando una mano.
Scoiattolino ti piace
passeggiare sui monti,
fare sci d’alpinismo,
arrampicate sulle vie
anche molto difficili.
Quando mi sono sentito male,
anche se distante,
tu mi hai dato
il tuo aiuto
tramite la tua voce,
una voce amica.
Una cosa molto importante
a questo mondo è poter avere
vicino persone su cui contare
e tu sei decisamente una di queste.
Un abbraccio.
Loopa Sonivree
|
Lo spirito del ghiaccio e i
pinguini
(breve favola)
Io come spirito del ghiaccio appartengo all’universo, e
quando in
terra sentite il freddo e il gelo, io come spirito del ghiaccio posso
entrare in tutte le forme; ad esempio se d’inverno vi sorprendo che
siete poco coperti, io entro nel vostro scheletro e vi conto tutte le
ossa, e intendo ogni linguaggio. A me è capitato che lo spirito del
ghiaccio sia venuto dentro di me per contare le ossa del mio scheletro,
cosicché ho dovuto mettermi al riparo, e a lui ho risposto: finché
posso sentire che mi conti le ossa vuol dire che sono vivo.
Poi ho saputo che lo spirito del ghiaccio poteva volare, e che volò
all’Antartide ed entrò in un blocco di ghiaccio dove vicino c’erano dei
pinguini reali; così ascoltò un pinguino che chiedeva alla mamma il
motivo dei colori del proprio manto… e la mamma rispose: sono i colori
che indicano e ci avvisano delle peggiori condizioni affinché ci
possiamo adattare alla natura. Ossia neri sopra e bianchi sotto e
giallo-arancione il petto sotto al becco; e questi colori vogliono dire
che sarà buio sopra per sei mesi e ghiaccio sotto, poi ci stupiremo
tanto nel vedere sorgere il sole all’orizzonte, che ci è stato dipinto
il petto di giallo e di arancione. Tutto ciò è stato un progetto o
disegno del Cielo per avvisarci che per noi ci saranno sei mesi di
cattive condizioni (buio) e sei mesi di migliori condizioni (giorno) o
metà e metà.
Ciao ciao.
Luigi Zen
|
Racconto di uno sciamano
Dedicato a Minou, Miki, Muezza, Misetta, Batufolo,
Spilla, Nikita,
Cinerino, Leone, Silvestro, Piumino, Giuggiola, Miele, Mignon, Strudel,
Calimero, Toffee, Ondina, Mirtillo, Bignè, Minnie, Vaniglia, Tartufo,
Odette e ai tanti altri gatti che hanno riempito e riempiono la mia
vita.
Ed eccomi qui, solo nel bel mezzo della taiga, più o
meno
sprovvisto di mezzi di sussistenza, e con l’inverno che si avvicina.
Sono stato scacciato
dalla mia tribù, di cui ero lo sciamano, per manifesta incapacità a
svolgere il mio compito, e devo ringraziare se non mi han riservato una
sorte peggiore, come pure qualcuno aveva proposto.
Badate bene, io non li biasimo affatto, avevano pienamente ragione: io
come sciamano non valgo oramai un bel niente.
Non ho scelto io di diventare sciamano, ci sono nato: mio nonno e mio
padre sono stati sciamani prima di me, e sin dall’infanzia sono stato
educato allo
sviluppo di quei doni necessari per sciamanizzare. Che io li avessi o
meno, non vi so dire, fatto sta che presso la nostra tribù vi è la
convinzione che il
figlio di un grande sciamano abbia buone possibilità di seguire le orme
paterne.
Ma perché possiate seguire il mio discorso, credo opportuno darvi
qualche breve ragguaglio sul mio ‘mestiere’.
Sostanzialmente io (come ogni altro sciamano) costituivo un ponte tra
il mondo terreno e il mondo degli spiriti, avevo accesso a quelle zone
del sacro precluse agli altri membri della tribù; e ciò facevo per
risolvere i problemi che potevano affliggere la tribù stessa. Il
compito che mi veniva più spesso richiesto, era quello di medico: se
qualcuno si ammalava a causa della perdita dell’anima, rubata da
spiriti maligni, io viaggiavo in forma extracorporea nell’altro mondo,
in una trance estatica, per riprendere quell’anima e restituirla al
malato; se al contrario la malattia era causata dall’intrusione di uno
spirito nel corpo del paziente, il mio compito era ovviamente quello,
durante il mio viaggio sciamanico, di scacciarlo via.
Ma, come per qualunque altro sciamano, questo viaggio mi sarebbe stato
del tutto precluso, se non avessi avuto l’ausilio di spiriti, in forma
animale, di cui negli anni di formazione avevo imparato a decifrare il
linguaggio, e che mi ispiravano e mi spalleggiavano nella mia azione
nell’altro mondo.
Che si trattasse poi realmente di spiriti animali e non fosse invece la
mia anima-libera zoomorfa a liberarsi e a condurre la partita, non lo
sapeva mio nonno, non lo sapeva mio padre e certamente lo ignoro io.
Fatto sta che se lo sciamano è un bravo sciamano –se lo è- il rituale
ottiene i risultati sperati, e il paziente guarisce.
Ad essere sinceri, che qualcosa di strano vi fosse, lo si era capito
sin dall’inizio della mia carriera. Mio padre, e mio nonno prima di
lui, avevano avuto come spiriti adiutori l’aquila dalla coda bianca,
l’orso gigante delle foreste, il grande lupo albino, il nobile storione
del Kolyma, la renna dalle corna a baldacchino e via discorrendo. A me,
invece, sin dalle prime sedute sciamaniche, si erano presentati come
spiriti adiutori dei gatti, sempre e soltanto dei gatti.
I gatti presso di noi sono animali di utilità, non di compagnia,
servono a tenere sgombre le nostre jurte da topi e da altri animali che
attentino alle nostre provviste. Per carità, non che non li si rispetti
per la loro utilità, ma non possono certo competere, quanto a
prestigio, con gli animali prima citati.
Ma ciò, per il vero, non aveva costituito alcun problema: la mia tribù
ha un grande rispetto per gli spiriti di ogni animale, né è solita
mettere bocca nel modus operandi di uno sciamano, e se era un gatto che
poteva essermi adiutore nelle mie attività, che un gatto fosse!
Al principio le cose erano andate per il verso giusto, con l’aiuto dei
miei spiriti-gatto guarivo le persone malate, divinavo su passato e
futuro, accompagnavo le anime dei defunti nell’ultimo viaggio,
propiziavo cacce fruttuose.
Poi qualcosa nel meccanismo ha cominciato a incepparsi; era come se io
non vedessi l’ora di affrontare una seduta sciamanica, non per essere
d’aiuto alla gente della mia tribù, ma per poter incontrare i miei
spiriti adiutori: il grosso spirito-micio Miele (9 Kg. di peso), che
appena mi vedeva, mi correva incontro per strofinare le sue guance col
mio naso, lo psicolabile spirito-micio Calimero, dallo sguardo
spiritato, che al più piccolo rumore aveva un soprassalto, mettendo
anche me in ambasce, il solenne spirito-micio Silvestro, che dall’alto
dei suoi anni, ogni volta che volgeva verso di me il suo sguardo
profondo, sembrava leggermi nell’anima, l’altera spirito-micia Toffee,
che non gradiva eccessive confidenze, la piccolissima spirito-micetta
Odette, che passava la maggior parte del nostro viaggio nell’altro
mondo accoccolata sul mio stomaco, la ritrosa spirito-micia Ondina,
che, ad onta del suo nome, in una trance estatica avevo persino salvato
da sicuro annegamento…
Ma come –mi domanderete– gli spiriti possono annegare? Ma certo, basta
che si convincano che una lastra di ghiaccio di pochi millimetri possa
reggere il loro peso!
E potrei continuare a lungo con queste descrizioni, ma qui mi fermo per
non annoiarvi oltre la misura consentita.
In pratica i miei spiriti avevano smesso di essere degli adiutori per
divenire degli amici.
Il problema era che durante la mia trance, essendo occupato a conoscere
meglio e scambiare reciproche svenevolezze con i miei spiriti-mici,
dimenticavo il motivo stesso per cui ero entrato in trance. Per cui
quando il viaggio terminava, ritrovavo il paziente che avevo lasciato
in gravi condizioni, oramai defunto, o il paziente infestato, che aveva
raddoppiato gli spiriti maligni che lo affliggevano.
E ciò, ve l’assicuro, mi rattristava grandemente, io ero affezionato ai
membri della mia tribù, e sarei stato veramente lieto di esser loro di
giovamento, ma ciò diventava di seduta in seduta più difficile.
E come se ciò non bastasse, anche i miei spiriti-adiutori divenivamo di
volta in volta più indisciplinati. Quando, facendo forza a me stesso,
cercavo di convincerli a recuperare l’anima persa di qualche membro
della tribù, se ne sbottavano con frasi del tipo: “Siamo i tuoi spiriti
adiutori, mica i loro, che se ne procurino bene dei propri!”
Come si può vedere non ero solo io ad essere uno sciamano fuori dagli
schemi, anche i miei mici erano degli spiriti adiutori decisamente sui
generis.
Vi risparmio il penoso seguito, che potete ben immaginare, che per me è
troppo doloroso da rievocare puntualmente.
E così –direte voi– eccoti là solo e abbandonato in mezzo alla taiga?
Eh no, che se la mia tribù mi ha ripudiato ed esiliato, i miei
spiriti-mici mi hanno seguito da presso. E chissà come, ora non ho più
neppure bisogno di entrare in trance estatica per vedermeli
trotterellare dietro.
E sì, proprio ora che vi scrivo son qui accanto a me e mi coccolano, mi
coccolano, mi coccolano…
* * * * *
Come ormai avrete capito il raccontino era quasi solo un pretesto per
omaggiare i tanti mici che hanno accompagnato la mia esistenza,
rendendola ben più gradevole (attualmente ne ho dieci).
Ma se proprio uno volesse, una morale dal racconto la potrebbe anche
trarre: l’Alterità è qui ed ora, e non occorrono complicati esorcismi o
trance estatiche per entrare in contatto con ‘l’altro mondo’, perché
l’altro mondo e questo sono tutt’uno; bisogna imparare ad entrare in
confidenza col sacro che ci abita, come il nostro sciamano ha fatto con
i suoi spiriti adiutori, e per quanto occorra essere grati per ogni
aiuto esterno, alla fin fine ciascuno deve vedersela da sé con i propri
dèi (o con i propri demoni)… e con i propri spiriti-gatto.
Antonio Marco Serra
|
La favola del re leone
Disegno di Luigi Zen
Andando indietro nel passato ci fu un tempo nel quale
fu necessario
nominare un re della foresta: esso fu il leone; il motivo della sua
nomina fu perché il leone è un segno di fuoco, il fuoco sta riposando
dentro al legno; e gli fu detto se vuoi vincere il concorso per
diventare re dovrai comprendere che gli alberi lasceranno cadere tanti
semi che il vento spargerà e nasceranno folti come la tua criniera,
allora dovranno essere diradati affinché possano crescere; furono
costruite per questo motivo le mandrie erbivore, ma loro verranno e
divoreranno e lasceranno tutto come il tuo corpo, cioè senza
vegetazione e tu dovrai allontanarla al momento giusto, affinché le
pianticelle siano giustamente diradate; e sarai autorizzato ad uccidere
per nutrirti di alcuni dei loro corpi, così tutta la mandria sarà
ubbidiente.
Il leone capì le istruzioni del creatore e vinse il concorso, così ebbe
il titolo di re della foresta.
Luigi Zen
|
Il campo delle mele
(storia della civiltà contadina)
Paolina ha sposato Alfonso e da lui ha avuto due coppie
di gemelli e un’altra figlia.
In tempi così poveri, ‘al campo delle mele’ l’unica cosa che si
potevano permettere era di dare dei bei nomi alle loro creature: Elena,
Socrate, Pompeo, Magda e Ulisse. Tutti nomi importanti come lo erano
per loro questi figlioli.
Il lavoro era duro ed entrambi; il campo o, meglio i campi andavano
arati, zappati, vangati, mietuti ed estirpati dalle erbacce, come la
gramigna.
Ogni periodo dell’anno costava fatica: c’era la legna da tagliare per
l’inverno, gli alberi da potare e innestare, l’erba da falciare, il
bosco da tener pulito. Quando Alfonso rimaneva a corto di sigarette,
Paolina faceva tanta strada per procurargliele.
Nei campi, sempre Paolina, metteva in due cesti i suoi figli gemelli
più piccoli, così non si facevano male e lei poteva aiutare il marito.
Venne il giorno che i figli più grandi si sposarono e l’avvento
dell’industria li portò a lasciare il ‘campo delle mele’ per
raggiungere Sasso Marconi e Casalecchio.
Nel frattempo il capostipite della famiglia, Alfonso, se ne era andato,
portato via da un brutto male allo stomaco. Gli altri nonostante
fossero molto amareggiati, si dettero da fare per trovare un lavoro
sicuro: Ulisse incominciò a lavorare alla cartiera del Maglio
(Borgonuovo di Sasso Marconi), Paolina e le sue due figlie vennero
salariate come domestiche; Socrate e Pompeo trovarono nell’artigianato
un modo di dare continuità alle necessità familiari.
Una grande famiglia che rimane molto unita e legata anche ora sebbene i
genitori non ci siano più.
Giovanna Bassi
|
Le ansie di Martina
Il silenzio regnava nella città addormentata. Era un
sito antico con
delle porte in legno che immettevano nelle vie del centro. Un fiore
faceva capolino da un vaso antico, delle figure umane si intravedevano
in un vano. Un biscione e un’aquila decoravano una parete. Martina non
aveva chiuso occhio quella notte, era agitata perché le era giunta
notizia di una promozione nel lavoro: da quel momento avrebbe fatto da
guida a un gruppo di studenti desiderosi di conoscere il passato della
città.
La donna, ormai cinquantenne, aveva percorso con meticolosità e bravura
l’iter scolastico ed era giunta a laurearsi a pieni voti con una tesi
molto interessante in storia dell’arte. Ora era intenta a preparare dei
percorsi stimolanti per dei ragazzi in fase adolescenziale desiderosi
di conoscere il passato della città e le sue meraviglie architettoniche
e pittoriche. Era spesso presa dall’ansia di non essere all’altezza
della situazione, si confidava a cuore aperto con suo marito, abituato
ormai a sorbirsi le problematiche della moglie, donna fragile a causa
della sua sensibilità, ma nello stesso tempo forte e temprata dalle
avversità della vita. A breve termine avrebbe cominciato quel nuovo
lavoro ed era in forte tensione. Cosa l’aspettava? Certo avere a che
fare con degli adolescenti la preoccupava. Aveva anche un’amica del
cuore, di nome Antonella, a cui raccontava le sue perplessità e le sue
angosce. Mancavano pochi giorni all’inizio della nuova attività. Si
buttava a capofitto nei libri per prepararsi con cura. Quei giorni
faceva praticamente una vita da reclusa, interrotta dalle telefonate
con Antonella e dagli sfoghi con suo marito. Era certa di riuscire a
superare le difficoltà che le si presentavano. In passato aveva
insegnato nelle scuole dell’obbligo con una serie di riconoscimenti e
di lodi. Ora cosa l’aspettava? Se lo chiedeva spesso ed era curiosa ed
eccitata ad intraprendere quella nuova attività.
Presto l’aspettava… o per lo meno si immaginava di ricevere nuovi
riconoscimenti e plausi. La vita per lei era fonte di nuove scoperte.
Era tutto sommato soddisfatta e contenta di se stessa e questo era una
tappa per lei, spesso in lotta con i suoi dubbi e le sue
contraddizioni. Ce l’avrebbe fatta anche questa volta?
M.Chiara Reitani
|
Questa poesia di Mariangela è stata musicata dal
maestro Vincenzo Corrao del Conservatorio di Bologna.
Il
risultato è una canzone bellissima, che il coro “I Cantori del Lido” di
Casalecchio ha scelto come sigla ed esegue in modo impeccabile durante
le esibizioni in pubblico.
(N.D.R.)
|
Lo zodiaco cinese
Sotto il segno del topo
In questi simpatici disegni Luigi Zen ha rappresentato
i 12 animali
che costituiscono i ‘segni’ dello zodiaco cinese. Come saprete, secondo
il calendario cinese ogni anno è ‘intitolato’ ad uno di questi animali,
e dopo 12 anni il ciclo si ripete.
Gli animali rappresentati insieme, nei disegni di Luigi, sono i ‘segni’
che, secondo l’astrologia cinese, hanno buone probabilità di andare
d’accordo tra loro (vedi i ‘triangoli delle affinità’ qui sotto).
Dunque, se non ho capito male, una persona nata nell’anno della tigre
andrà d’accordo con persone nate nell’anno del cavallo oppure in quello
del cane. In realtà, come nello zodiaco nostrano, per previsioni più
accurate occorrerebbe tener conto anche dell’ascendente.
E a questo riguardo vorrei rendervi partecipi di un atroce dubbio che
mi attanaglia: io risulto nato sotto il segno del topo, con ascendente
pecorone: quale tragico destino mi sarà mai tratto in sorte?
AMS
|
Il cigno minacciato
Non è frequente nella storia dell’arte occidentale
trovare dei dipinti dedicati esclusivamente a degli animali. Tra essi
uno di quelli che mi ha sempre più affascinato, sin dalla prima volta
che lo vidi, è Il cigno minacciato, dipinto dal
pittore olandese Jan Asselijn intorno alla metà del ‘600, ed oggi
conservato nel Rijksmuseum di Amsterdam.
Al di là del suo indubbio valore artistico questo quadro ha anche
un’interessante storia, perché fu ben presto caricato di valori
allegorici, con ogni probabilità del tutto estranei alle intenzioni
originarie dell’artista.
Nel cigno che ad ali spiegate difende coraggiosamente il suo uovo
dall’attacco di un cane, si volle vedere il ‘Gran Pensionario’ Johan de
Witt (1625-1672) che difende dai pericoli esterni i Paesi Bassi, come
si può dedurre chiaramente dalle scritte fatte aggiungere nel ’700
dall’allora proprietario del dipinto: ‘Olanda’ sull’uovo, ‘Il Grande
Pensionario’ ai piedi del cigno e ‘Il nemico dello Stato’ vicino al
cane.
E proprio a causa dei significati allegorici ad esso attribuiti, questo
fu il primo dipinto acquistato nell’anno 1800 dall’allora nascente
Rijksmuseum (che si chiamava ancora Nationale Konst-Gallerij).
AMS
|
Le favole di animali parlanti
Dalla parola latina fabula , che
significa semplicemente
‘racconto’, derivano i termini ‘fiaba’ e ‘favola’, che sebbene vengano
usati comunemente come sinonimi, andrebbero più correttamente riferiti
a due generi narrativi differenti.
La fiaba è un racconto fantastico, trasmesso di generazione in
generazione soprattutto per tradizione orale. Ha per protagonista un
uomo o una donna, il cosiddetto ‘eroe’, che viene a contatto con fate,
streghe, mostri, oggetti magici, e attraverso il superamento di una
serie di prove raggiunge finalmente il lieto fine (“e vissero felici e
contenti”).
La favola è invece una breve narrazione in cui animali, piante o esseri
inanimati rappresentano simbolicamente un vizio o una virtù tipicamente
umani. Lo scopo della favola è quello di mettere in evidenza situazioni
tipiche della vita per trarne o un insegnamento pratico, una ‘morale’,
di solito esplicitamente esposta come conclusione.
Le origini della favola come genere letterario sono legate alla figura,
in parte leggendaria, di Esopo.
Esopo (620 a.C. circa – 560 a.C. circa) secondo una tradizione
biografica romanzesca, fu di origine frigia, schiavo e gobbo. Visse a
Samo, ma viaggiò in Oriente e in Grecia. Sarebbe morto in seguito a un
processo per furto intentatogli dagli abitanti di Delfi, da lui
beffati. Egli è nell’immaginario antico il sistematore di un grande
patrimonio di favole tramandate oralmente. I suoi animali parlanti,
allegorie dei vizi e delle virtù dell’uomo, hanno spesso caratteri
fissi: il leone è coraggioso e superbo, l’asino ignorante e maldestro,
la volpe astuta e imbrogliona, la formica leale e laboriosa…
Numerosissime sono le favole esopiche ancora oggi prese a esempio e ben
note ai lettori di ogni età: La volpe e l’uva, Il lupo e
l’agnello, La cicala e la formica…
La tradizione di Esopo viene ripresa nel mondo romano da Fedro (20 a.C.
circa – 51 d.C. circa.).
Nato in Tracia, Fedro giunge giovanissimo a Roma come schiavo ed è
infine emancipato da Augusto. Egli traduce lefavole greche e ne
aggiunge altre, sottolineando il tema sociale e politico del rapporto
tra umili e potenti.
Grazie agli imitatori di Fedro, per lo più anonimi, la favola esopica
attraversa tutto il Medioevo cristiano e arriva all’età moderna: il
francese Jean de La Fontaine, nel diciassettesimo secolo, ne rinnova
con i suoi versi raffinati l’arguzia e la leggerezza.
Al filone greco-romano nel frattempo se ne era affiancato un altro,
giunto in occidente dall’India attraverso le traduzioni del Pañcatantra
(‘cinque libri’), un racconto-cornice sul quale si innestano settanta
favole che veicolano precetti di morale utilitaristica. Il testo
originario, scritto in sanscrito nei primi secoli dell’era volgare dal
leggendario Visnuçarman, non ci è giunto direttamente, ma solo in
derivazioni e redazioni diverse, in varie lingue indiane, in persiano,
in arabo, in ebraico, in greco... A Giovanni da Capua (XIII secolo) si
deve una versione in latino da cui sono state tratte la maggior parte
delle versioni in lingue europee. Le prime versioni in italiano sono
del Cinquecento. Le dobbiamo ad Agnolo Firenzuola, Anton Francesco Doni
e Giulio Nuti.
L.L.
|
Buck dagli occhi azzurri, di Rossana
Guarnieri, ed. Salani-Lemonnier
Il libro comincia con l’acquisto di un cane siberiano,
il cui nome
è Silver, da parte di un anziano signore. Purtroppo l’uomo muore e
Silver fugge nei boschi. Inizia per lui una nuova vita piena di
avventure. Incontra una giovane lupa e da questo incontro nasce un
cucciolo che riunisce in sé le caratteristiche dei genitori. La nascita
del cucciolo è molto complicata e drammatica; ma per fortuna Paolo, un
ragazzo figlio di un veterinario, lo trova e lo adotta, salvandolo
dalla morte.
Nasce così una profonda amicizia. La vita di Paolo e Buck, questo è il
nome del giovane cane, prosegue tranquilla fino ad un evento
drammatico. A scuola, due compagni di Paolo, durante un compito in
classe di matematica litigano. Uno, bravo ma debole fisicamente, non
vuole “passare” il compito all’altro, grosso ma un po’ somarello. La
zuffa comincia fuori dalla scuola: Paolo si introduce per difendere il
più debole e mentre il più forte sta per sferrargli un pugno, Buck che
lo aveva accompagnato lo azzanna. Paolo d’istinto picchia Buck e lui
offeso scappa amareggiato. Correndo non si accorge della presenza di un
pozzo in cui cade. Il ragazzo con suo padre inizia una ricerca
dell’animale per i boschi e la città senza esito. Un giorno però a
scuola Paolo viene avvisato dall’amico forte, ma un po’ somarello, di
aver sentito un guaito vicino ad un pozzo. Così corre subito verso il
pozzo e con l’aiuto dei pompieri riesce a salvarlo.
Questo libro è molto realistico perché Rossana Gualtieri riesce a
descrivere bene i caratteri e gli habitat di tutti gli animali presenti
nella storia. L’ambientazione della vicenda è piuttosto vaga. L’autrice
ha descritto bene il carattere di tutti i personaggi e anche di quelli
marginali. Quello che mi ha colpito di più è stato Paolo, il figlio del
veterinario (orfano di madre) per il suo amore per gli animali. Anche
la solitudine del giovane grassottello ha colpito la mia attenzione.
I veri protagonisti sono però Buck, Silver e la lupa, i quali mi hanno
fatto restare con il fiato sospeso a lunghi tratti e qualche volta
persino commosso. Consiglio quest’opera perché è una storia realistica
del rapporto tra animale e uomo.
Cristicchi
|
Recensione del film “Due fratelli”
Ho visto un sacco di bellissimi film sugli animali, ma
quello con
cui mi son trovato più in sintonia è stato “Due fratelli”, regia di
Jean-Jacques Annaud, anno 2004.
È la storia di due fratelli, Sangha e Kumal, due giovani tigri. Il loro
papà muore nel tentativo di proteggere i figli, che vengono catturati e
separati: uno va da Raoul e l’altro dal cacciatore Aidan McRory.
Passa del tempo, le tigri diventano adulte e si incrociano quando Roul
e Aidan le mettono a combattere in un circo pieno di pubblico: i due
fratelli si ritrovano faccia a faccia, si ricordano della loro infanzia
e, invece di lottare fra loro, si uniscono per ingaggiare un nuovo
scontro con chi li ha maltrattati, per poi scappare e andare nella loro
amata terra, alla ricerca della loro dolce e affettuosissima mamma.
Ci sarebbero naturalmente tanti esempi di film con animali come
protagonisti…
A proposito di questo argomento, desidero fare una critica sulla
divisione tematica che viene fatta tra i film. Avete presente i
‘cinepanettoni’, tipo Natale in India, Vacanze di Natale, A Natale mi
sposo e anche tutti quei film con Paolo Villaggio, Enrico Montesano,
Carlo Verdone, Massimo Boldi ecc... ??? Ditemi voi che cos’hanno in
comune con quelli del calibro di Beethoven, Beverly Hills Chihuahua, Un
amore a quattro zampe !!!
Io li dividerei nettamente e, per i film di pura commedia, lascerei
intatta tale indicazione, mentre per quelli dedicati agli animali,
metterei ‘baubico’. Nella mia cineteca uso questo termine per separare
distintamente tali categorie. Mio zio Francesco, mia cugina Serena, il
mio amico Massimiliano e altre persone che ho intervistato, mi danno
ragione !!! Voi che ne pensate ??? Sarei curioso di saperlo...
Darietto
|
Il pulcino Pio
[…] In radio c’è anche un toro, in radio c’è anche un
toro...
e il toro muu e la mucca moo
l’agnello bee e la capra meee
e il cane bau bau, il gatto miao,
e il piccione tru e il tacchino glu glu glu
e il gallo corococò e la gallina cò
e il pulcino pio, e il pulcino pio,
e il pulcino pio, e il pulcino pio...
In radio c’è un trattore, in radio c’è un trattore
e il trattore bruum, il trattore bruum, il trattore bruum
e il pulcino.....(squeck) .....oh oh.....
Quest’estate la mia mamma, che era andata col babbo a
far una
passeggiata mentre stavo sistemando la posta e-mail del mio computer,
mi aveva avvisato di una bella canzoncina con degli animaletti, una
specie di Nella vecchia Fattoria, che pensava s’intitolasse Il
pulcino Pio...
Ci aveva azzeccato e quando l’ascoltai, mi piacque all’istante.
Ecco ora qualche stralcio di un’intervista a Morgana Giovannetti,
l’autrice di questa carinissima canzoncina, presa dal sito
www.sorrisi.com:
Come
è nato il Pulcino Pio?
“Nasce da una nota filastrocca brasiliana e dal
desiderio degli
editori di Radio Globo, originari del Brasile, di adattarla al nostro
Paese. È questo il motivo per cui gli animali fanno versi non comuni
rispetto a come li diciamo noi in Italia.”
Come
avete reagito a questo successo?
“Siamo contentissimi e siamo stati subissati subito di richieste,
perché il Pulcino Pio è diventato un personaggio a cui si sono
affezionati un po’ tutti.”
Qual
è il segreto del Pulcino Pio?
“Il momento in cui viene lanciato. È estate e la gente ha tempo di
giocare. C’è gente che la balla per tre ore. Sarà banale, ma è una
canzone che unisce i cuori semplici e quelli chimici. Ci sono gli
animali, ci sono i versi, c’è un balletto. Il risultato è che ha gli
ingredienti per essere irresistibile come una filastrocca, con un
qualcosa di lievemente urticante nel suo essere ossessivamente
ripetitiva.”
Cosa
succederà in futuro al Pulcino Pio?
“Qualcuno si è persino lamentato perché alla fine viene schiacciato da
un trattore, così abbiamo deciso di dargli la possibilità di rinascere
trasformandosi in un supereroe. Ci sarà un nuovo singolo e un album di
canzoni dedicate a lui. Finché esisterà, io gli regalerò la mia voce.”
Darietto
|
RTP Casa Maria Domenica Mantovani
LABORATORIO MUSICA
Commenti tratti dall'ascolto della canzone "L'elefante
e la farfalla"
di Michele Zarrillo e "Gli uccelli" di Franco Battiato
Abbiamo affrontato il tema degli animali attraverso
alcune musiche che
descrivono le loro caratteristiche rapportate alle emozioni umane.
Riportiamo di seguito il testo delle canzoni e i commenti dei
partecipanti.
L'elefante e la farfalla
Sono l’elefante
e non ci passo
mi trascino lento
il peso addosso.
Vivo la vergogna
e mangio da solo e non sai
che dolore sognare per chi non può mai.
Sono l’elefante
e mi nascondo
ma non c’è rifugio
così profondo.
Io non so scappare
che pena mostrarmi così
al tuo sguardo che amo e che ride di me.
Una farfalla sei
leggera e libera su me
mai
non ti raggiungerò mai
mi spezzi il cuore e te ne vai
lassù.
Sono l’elefante
che posso fare
inchiodato al suolo
e a questo amore.
Provo ad inseguirti
ma cado e rimango così
non puoi neanche aiutarmi ti prego vai via.
Una farfalla sei
leggera e libera su me
mai
non ti raggiungerò mai
mi spezzi il cuore e te ne vai
da me.
Dentro di me dentro di me
ho un cuore di farfalla
e non potrai vedere mai
quanto lui ti assomiglia
dentro di me dentro di me
ho un cuore di farfalla
e non potrai vedere mai
quanto lui ti assomiglia.
Dentro di me dentro di me
ho un cuore di farfalla.
Michele Zarrillo
Gli uccelli
Volano gli uccelli volano
nello spazio tra le nuvole
con le regole assegnate
a questa parte di universo
al nostro sistema solare.
Aprono le ali
scendono in picchiata
atterrano meglio di aeroplani
cambiano le prospettive al mondo
voli imprevedibili ed ascese velocissime
traiettorie impercettibili
codici di geometria esistenziale.
Migrano gli uccelli emigrano
con il cambio di stagione
giochi di aperture alari
che nascondono segreti
di questo sistema solare.
Aprono le ali ecc.
Volano gli uccelli volano
nello spazio tra le nuvole
con le regole assegnate
a questa parte di universo
al nostro sistema solare.
Franco Battiato
Commenta le due canzoni e parla
della tua esperienza con gli animali
Luana
● Nel primo brano
L’elefante e la farfalla, l’elefante viene descritto come una cosa
ingombrante e pesante; invece la farfalla come una cosa leggera,
limpida e vivace. Mi sembra molto realistico.
● Io, personalmente,
ho un bellissimo
rapporto con gli animali. Li amo veramente tanto, danno tantissimo
amore, sono fedeli all’uomo. Io nella mia vita ho sempre avuto degli
animali e anche nel futuro ne avrò sempre.
Anonimo
● La musicalità
dell’opera insieme alla natura mostra la creazione fantastica nelle sue
forme. Gli uccelli ha un senso di leggerezza, come la farfalla.
● La mia esperienza
con gli animali è pessima perché non mi piacciono!
Silvia
● “Sono l’elefante e
non ci passo” è una
metafora per una persona grassa, il testo dice anche “mi trascino lento
il
peso addosso, che pena mostrarmi al tuo sguardo che amo e che ride di
me”. Secondo me bisogna guardare quello che uno ha dentro e non come
una persona è fuori. Invece la seconda canzone Gli uccelli fa pensare
alla libertà, volare in alto e vedere tutto il panorama dall’alto.
Vorrei essere anch’io un uccello.
● Nella mia vita ho
avuto tanti animali,
un cane, due pesci rossi, una tartaruga di terra, altri due pesci e un
gatto certosino. Oggi ho un cane di 4 anni e mezzo. Sto molto bene con
loro, mi danno affetto senza chiedermi nulla in cambio.
Giulia
● Sembra che
ogni caratteristica umana sia rappresentata da un animale e che tutto
ciò che dovremmo fare, per rendere migliore la nostra esistenza, sia
già stato fatto da qualche animale per sua natura; come gli uccelli che
aprono le ali al vento e volano fino a guardare le cose da
un’angolazione più nitida. Non si accontentano di osservare un solo
mondo, loro vogliono esplorare il cielo per vedere come si sta lassù.
Non hanno bisogno di studi complicati o sforzi particolari per sapere
il motivo della loro esistenza. Sono nati per volare e non cercano di
cambiare la loro natura volendo imparare a nuotare, strisciare o
scavare gallerie: non ci sono aerei che possono raggiungere la
perfezione di un atterraggio di uccello. Poi ci sono le farfalle che
con il loro svolazzare leggiadro fanno innamorare gli elefanti, che non
raggiungeranno mai il cielo e proprio per questo ne sono attratti. Sono
come gli uomini stonati che vorrebbero cantare, i ciechi che vorrebbero
vedere e i lenti che vorrebbero correre veloce.
● Quando è
impossibile comunicare
attraverso le parole ci si deve affidare ai sentimenti. Quello che
succede con gli animali è proprio questo: si torna bambini, in una
condizione in cui non si è più allontanati dalle parole o dalle
differenti interpretazioni, ci si fonde completamente con i propri
compagni di gioco. Questo è ciò che provo quando sto con gli animali:
la sensazione di comunicare realmente. Mi sento influenzata dal loro
carattere innocente, dove non esistono bugie o secondi fini e tutto è
esattamente come appare. Ho la sensazione che i veri vincitori nel
nostro mondo siano loro. So che, quando torno a casa la sera, chi mi
sta correndo incontro scodinzolando e sorridendo, lo fa per me, perché
è sinceramente felice del mio ritorno. Sento che riguardo a loro non
potrei dubitare dei miei sentimenti.
Anonimo
● Due testi e
due autori diversi sia nell’immaginario che nella realtà. La
suggestione dell’ascolto e dell’immaginario è un veicolo di fantasia.
● L’esperienza con
gli animali è lontana
da quella che viene descritta nei testi. Forse parlare della vita con
un gatto aiuta a capire come è fatta una persona. Relazionarsi con
esseri viventi privi di linguaggio aiuta a comprendersi, vedere i
propri limiti e provare a superarli.
Barbara
● L’elefante
e la farfalla
è un brano molto melanconico. Dà la vibrazione di una persona che si
sente molto depressa e sola, e non sa come affrontare un grave disagio
psicologico. Vorrebbe riuscire a superare questa difficoltà, e vorrebbe
sentirsi libero e leggero come una farfalla, ma non riesce ad emularla.
Il brano non mi è piaciuto. Al contrario Gli uccelli
di
Battiato mi è piaciuta enormemente. Parla delle regole a priori, del
macrocosmo, delle perfezioni del creato. Incredibile l’uso degli
strumenti, perfettamente accordati tra loro, e meraviglioso il rumore
del battito d’ali degli uccelli. Si tratta secondo me di puro
misticismo, un brano ermetico che invita a cambiare punto di vista
sulla vita e sul vissuto di ogni individuo.
● Non ho mai avuto
animali. Mi piace
molto il cane di un mio amico, di nome Paco, perché ogni volta che lo
vedo mi salta addosso dalla gioia e mi fa sentire bene; mi esterna
tanto calore e affetto. Io però non vorrei possedere un animale perché
richiederebbe troppa attenzione e impegno.
Silvio
● Il primo brano
denota uno stato d’animo, la melodia ci fa capire la tristezza
dell’elefante. Il brano di Battiato vuole riprodurre invece il volo
degli uccelli, l’eleganza e la leggerezza, riproduce i suoni di molti
tipi di uccelli anche dal vero. Metaforicamente è un’incitazione a
cambiare le nostre prospettive di vita e seguire la natura.
● Ho due pesci rossi
dentro una boccia di
cristallo, al mattino sentono quando mi sveglio e saltano sul pelo
dell’acqua per avere da mangiare. Essendo la boccia rotonda penso che
vedano la realtà distorta.
Maya
● I due brani che
sono stati ascoltati sono enormemente diversi. Il primo, L’elefante e
la farfalla, sembra sia stato giudicato dal gruppo come un pezzo in cui
l’elefante ha un suo peso reale, cioè l’essere ingombrante, e un peso
metaforico, ossia essere leggero come una farfalla. L’elefante però non
potrà mai realizzare, per ovvie ragioni, la meccanica del volo, nel
quale invece, si realizza appieno la farfalla. L’elefante è dispiaciuto
per il suo amore irrealizzabile per la farfalla e rimane questo senso
di amarezza. Battiato invece parte in quarta e si butta a impersonare
“gli uccelli” sia da un punto di vista strumentale, realizzando il
rumore delle ali degli uccelli, sia da un punto di vista metaforico
esprimendo l’eleganza e l’energia dell’universo e nello specifico del
“nostro sistema solare”.
● Io sono
veterinaria, quindi di
esperienza con gli animali ne ho abbastanza; ho posseduto chiocciole,
tartarughe, cani e gatti, ricci e cavalli; il primo affetto per gli
animali è debordante ed ha raggiunto il suo massimo con la mia gatta
Didì con la quale ho sperimentato emozioni fortissime di amore; la mia
cavalla Edna, che rispondeva sempre al mio richiamo con un nitrito; e
con Jeppa, caro meticcio, evidentemente somigliante a un pastore
tedesco, dalla sensibilità più che umana nei confronti miei e degli
altri animali.
|
Curiosità commenti ciarle sulla
vacanza a Tedon
9–13 settembre 2012
Fino alla settimana scorsa Tedon era semplicemente un
nome un po’
veneto e un po’ valsuganotto (si dice così), adesso sappiamo che si
tratta di un posto incantevole a 1.400 metri in Val Campelle nella
catena del Lagorai.
Una struttura accogliente ai margini del bosco, dotata di servizi
funzionali con ambienti luminosi, nella sala da pranzo una stufa a
legna che ha riscaldato le nostre cene, le partite a carte (a
‘Machiavelli’ Cristiano e Stefano sono dei giocatori diabolici), e le
partite a chiacchiere.
Ecco il gioco della pigna, che passa da un giocatore al suo vicino, al
canto:
"El li chel bala
el bal de san Giulian
de la tompela
tra balin,lugon
tapin tapin tapom"
Chi sbaglia, fuori! E “saremo inflessibili”.
Pensate che martedì sera ci ha onorato della sua presenza il dottor
Renzo De Stefani, ma anche lui è stato eliminato subito. Nessuna pietà
per i capi! Per fortuna che ci ha portato il gelato.
Avete sentito parlare degli ‘angeli custodi’? Ne avete incontrato
qualcuno?
Ebbene il nostro gruppo ne ha conosciuti tre: Claudio, Stefano e
Tarcisio, le guide alpine che ci hanno accompagnato nelle escursioni in
montagna. Solleciti, discreti, tempestivi, sempre presenti al momento
di difficoltà di qualcuno, il loro sostegno è esemplare e la loro
presenza ti dà sicurezza. Un grazie sincero da tutti noi.
La prima escursione da Tedon a Ponte Conseria e poi sul sentiero 326 al
Rifugio Conseria a 1821 metri. Due ore e trenta a salire e altrettante
a scendere per un altro sentiero. Pensate che al ritorno Claudio e
Giliola si sono inoltrati nel bosco e ne sono usciti con un bottino di
funghi. Per cena risotto ai funghi e strudel di mele. Una bontà.
La seconda breve passeggiata alla Malga Casarina con fase di relax
fuori della malga a prendere il sole tra chiacchiere e risate.
Abbiamo affrontato, tra l’altro, qual è il profilo della donna ideale.
Sono venute fuori osservazioni spassose. Ad esempio il naso all’insù,
abbastanza grande e di forma ‘trapezoidale’. Lascio a voi definire i
contorni.
La terza escursione al Rifugio Caldenave a 1.792 metri di altitudine
con circa 500 metri di dislivello. Accoglienza cordiale del gestore al
caldo della stufa, mentre fuori pioveva. Ritorno per altro sentiero con
scivolate senza danni e immancabili sederate. La cena ci ha
ricompensato della fatica.
Il vetusto Ducato, che ci ha portato caparbiamente da San Lazzaro di
Savena sino in Val Campelle, giunto al Rifugio Crucolo ha incominciato
a sbuffare e dare segni di insofferenza con repentino aumento della
temperatura. Nonostante le soste e le dovute cure da parte di Gino
(esperto e paziente volontario che ci ha fatto da autista), si è deciso
di trasbordare armi (passeggeri) e bagagli su altro mezzo. Gino per
fortuna è rientrato salvo a Bologna. Un sincero grazie per la sua
disponibilità.
Al ritorno Fausto - il volontario che ci è venuto a prendere al Tedon
per accompagnarci alla stazione di Trento - è stato obbligato (causa
frana) a fare un giro tortuoso su una stradina di montagna percorrendo
anche un lungo tratto a marcia indietro. Nonostante tutto e nonostante
l’incrocio con un gruppo di auto d’epoca che andavano ad un raduno,
siamo arrivati a Trento in tempo per fare i biglietti e prendere il
treno programmato. Bravo Fausto!
A proposito di volontari: Giliola – ottima cuoca, organizzatrice alla
tedesca, camminatrice, fungaiola, scrittrice – è una macchina da
guerra, Iris tanto efficiente e solerte quanto carina, Oghi giovane
d’azione che non sente il freddo e mangia come un lupo (fa concorrenza
a Stefano D.), Sara efficiente e decisa e Stefano B. sempre in prima
linea; ebbene queste persone ci hanno consentito un soggiorno gradevole
che non dimenticheremo.
Che cosa dire dei ‘bolognesi’? Il viso di Federica si illumina quando
sorride (fallo di più), Cristiano ha raggiunto le mete programmate con
caparbia volontà, Stefano ha confermato le sue doti di camminatore (uno
stambecco), Manuel e Sonia li conosciamo poco, ma speriamo si siano
trovati bene con noi, Maurizio non si spreca in parole, ma le sue
battute ironiche sono appropriate e taglienti, Mara dolce e pronta ad
aiutare tutti ma attenti a non approfittare della sua benevolenza, Anna
compagna di viaggi e camminate, saggia conoscitrice della personalità
umana.
Allora tutto bene? Nel complesso sì, anche se ci sono aspetti che
andranno migliorati e discussi insieme per altre occasioni (per
qualcuno abbigliamento insufficiente, mancanza di scarponcini, kway,
zaino, scarso coinvolgimento nella attività di autogestione,
somministrazione terapie, presenza di operatore, mezzi di trasporto).
Chi scrive ha passato con voi giornate piacevoli e spera che questa
esperienza sia di stimolo per il conseguimento di nuovi traguardi in
montagna come nella vita.
W la montagna, W la Stella Polare, W le Stelle di Roccia.
Ciao.
Egidio
|
Ritratto di Praga
Pomeriggio, sono in camera. Conto alla rovescia, manca
un’ora,
mezz’ora, ultimo sguardo alla valigia, medicine: Tavor da 2,5 e
Rivotril (20 gc). Mi decido esco, valigia + zaino + borsa, autobus 21
(subito in stazione), finalmente la stazione, in farmacia compro una
confezione di Travel Gum e comincio a masticarne subito una.
Il ritrovo è all’autostazione, cammino veloce, sono in ritardo? Il
trolley scorre liscio sull’asfalto. Faccio l’approvvigionamento:
panino, acqua, biscotti e sigarette. Arrivo nella postazione di
partenza ed ecco lì la nostra compagnia: Io (Giorgia), Concetta, Iole,
Andrea e Roberto. Noto molte straniere (forse badanti rumene?) che
attendono sulle panchine, intanto i vari pullman si affacciano alle
corsie: alle 20.00 precise arriva il nostro, ci chiedono il biglietto e
ci caricano i bagagli pesanti, mentre quelli a mano possiamo tenerli
con noi sul pullman. Il viaggio è stato bello, lungo e avventuroso, di
sera abbiamo guardato il paesaggio, di notte non siamo riusciti a
dormire molto bene per la scomodità dei sedili, però abbiamo
chiacchierato, letto libri e ascoltato musica. Ogni quattro ore (circa)
il pullman si fermava in qualche autogrill: toilette, sigaretta,
biscotti e poi si ripartiva. Al mattino quando mi sono svegliata,
stavamo attraversando un bosco enorme, simile alla Foresta Nera della
Germania, alberi di tutti i tipi: faggi, querce, betulle e in alcuni
punti anche abetaie e pinete.
Dopo circa tre ore passiamo per una città a noi sconosciuta, si chiama
Brno.
Finalmente alle 11 arriviamo a Praga e scendiamo alla stazione dei
pullman, la mia prima impressione è stata quella di essere in un altro
mondo, anzi di essere tornata indietro nel tempo di cinquant’anni
(quando io non esistevo ancora), cioè i palazzi, le panchine, i
cartelli, le scritte, tutto sembrava usurato, vecchio, lasciato andare,
muri screpolati e piastrelle ingrigite, muffa e ragnatele.
Come in tutti i paesi del nord, a Praga regna molto l’ordine, non si
vede nessuno buttare le cicche delle sigarette per terra, né carte, né
altre cose. I praghesi sono molto ospitali e cordiali. Prendiamo il
Metrò dalle scale mobili, rapide come uno strapiombo, inevitabili le
difficoltà a tenerci stretti e tenere strette le valigie.
Garret un giovane dello Sry Lanka, che ha fatto con noi il viaggio
dall’Italia e che parla benissimo l’italiano, ci ha accompagnato fino
alla meta, cioè all’uscita del Metrò. Una volta usciti, raggiungiamo in
venti minuti il nostro convitto.
La lingua ceca è, per me, molto difficile e incomprensibile, assomiglia
molto al russo (che io non ho studiato). Ci hanno accolto, consegnato
le chiavi, e ci hanno disposto in tre piccoli appartamenti: io e Iole,
Andrea e Roberto, Concetta. Le stanze sono accoglienti, con divano
letto, angolo cottura, bagno e una stanza da letto. La cucina praghese
è ottima. Sin dal primo giorno abbiamo gustato i loro piatti tipici:
pappardelle al pollo e spinaci, tagliolini al curry con salmone,
funghi, ma il più tipico è il gulasch, spezzatino e patate, servito
dentro a pani tondi svuotati della mollica, con tanto di coperchio di
pane sopra. Molto usato il pollo sia nei primi piatti, sia come
paillard, bistecche.
L’ingrediente segreto per insaporire tutto è l’aglio. Ottimi anche i
risotti. Per essere stranieri, cucinano la pasta e i primi piatti molto
bene, si possono gustare del buon pesce e la pizza, però in ristoranti
italiani. Da segnalare un altro prodotto ottimo praghese: è la birra.
Ci sono molti birrifici antichi e la birra è servita in boccali in
qualsiasi locale o ristorante, costa quasi meno dell’acqua (50 corone).
Il mattino dopo abbiamo fatto la colazione nell’appartamento di
Concetta, con fette di pane allo zenzero, burro, marmellata, tè, caffè
e succo di frutta (tutto comprato al supermarket). Il caffè del posto è
una vera brodaglia, abbiamo dovuto cercare caffetterie italiane per
bere un buon espresso (almeno alla mattina). La moneta è la corona e il
cambio è molto vantaggioso: per 50 Euro ci davano circa 1200 corone. La
vita lì costa molto meno e girandomi intorno ho avuto la sensazione che
Praga sia un paese molto povero. Anche le persone sono povere, ma molto
dignitose, molto solerti e laboriose.
Guardando il traffico per le strade, di sicuro sono più disciplinati di
noi, attraversano solo sulle strisce e i semafori vengono sempre
rispettati. La parte storica e architettonica di Praga, mi ha
affascinato molto, soprattutto il ponte Carlo, progettato dal tedesco
Peter Parler, questo visto di sera è un incanto tra il magico e il
romantico.
Passa sopra un fiume che circonda la città, la Moldava, ai lati ci sono
cariatidi di Santi, S. Giovanni, S. Paolo, i vescovi e due crocifissi
enormi che sembrano veri, S. Cosma e Damiano. Il castello che si erge
oltre il ponte è di uno stile tra il gotico e il medievale, con bifore,
guglie e mattoni scurissimi.
Un’altra meraviglia architettonica di Praga è la Piazza dell’Orologio,
un campanile gotico si erge stagliandosi verso l’alto, vi sono due
sfere: una è un orologio con numeri romani e dietro un cerchio dorato
di sbieco, simile ad una meridiana; sotto un’altra circonferenza dorata
(quasi in stile barocco) con disegni di animali, simili ai 12 segni
zodiacali. In alto la campana scocca ad ogni ora con una musica da
carillon, e personaggi-statuette che si affacciano da piccole porte.
Oltre a questi incantevoli posti ne abbiamo visto altri non di minore
importanza, per esempio piazza San Venceslao dove spesso si esibiscono
giocolieri con bolle di sapone gigantesche, scozzesi che suonano le
cornamuse, i mercatini all’aperto, i negozi di souvenir con i famosi
cristalli di Boemia.
Sul ponte Carlo ci sono i ritrattisti, pittori, gruppetti musicali folk
ed altri intrattenimenti come in alcune strade le carrozze con i
cavalli, le Rolls-Royce rosse per portare in giro i turisti. Tuttavia
la cosa che mi ha colpito di più di Praga è stato vedere molti giovani
ragazzi, stare ore in ginocchio, con la testa all’ingiù, come in
preghiera, con le mani giunte, specialmente sul ponte Carlo, solo per
pochi spiccioli, sicuramente sono molto religiosi, diciamo anche come
popolazione, per questo l’ho chiamata la "città dei Santi". I Praghesi
usano molto anche regalare a persone o offrire nelle chiese mazzi di
fiori, i cui chioschi si trovano ovunque.
Praga povera, Praga ricca, Praga turistica, antica e moderna. Ti
saluto, Praga!
Giorgia Bolognini
|
Fare Insieme – Le vacanze
Quando nel 2008 affrontai ‘l’ignoto’ e salii sulla
macchina di Vincenzo
(a proposito, “forza, pilota!” con i miei auguri molto sentiti e molto
personali) alla volta di Innerbach, dove saremmo stati tre giorni, non
avrei mai pensato che una ventina di giorni di vacanza spalmati in
cinque anni, con questo gruppo dessero così tanto alla mia storia
personale.
Intanto una maggior sicurezza nel confrontarmi con gli altri, poi, se
allora ero borsa lavoro ora sono dipendente pubblico.
Ancora, se il primo anno ho fatto un album di fotografie, quest’anno ho
montato un filmato.
Inoltre ho conosciuto persone dignitose e speciali non solo per me.
Quest’anno in Umbria sono stato bene come sempre, grazie alla solita
organizzazione ‘fatta a mano’, ma molto efficace, il solito rifugio
sperduto tra i colli con vista panoramica, piscina e… griglia; la
‘vecchia guardia’ affidabile ed i nuovi ‘inserimenti’, ben ‘addestrati’
nella compagnia, e le tante località visitate (Pianello, Perugia,
Perugina, Spello, Gubbio, Assisi, Santa Maria degli Angeli) con tante
immagini per i piacevoli ricordi che lascia il tutto.
E I PROBLEMI? LI RISOLVIAMO… VERO, DOTTORE?
Moreno Melega (paziente benigno)
|
La posta
Non mi sono più fatto sentire perché ho avuto "un
grosso conflitto",
con me stesso, con le mie debolezze, con l’amore e con la società, che
mi ha portato ad una brusca caduta, come tante volte - spero - in
piedi. Ero preoccupato per voi per le notizie sul terremoto, spero non
vi abbiano coinvolto.
Un sincero saluto e augurio di stare bene anche con i nostri conflitti,
che a volte servono anche quelli per far crescere il nostro spirito.
Ciao
Luca di Ancona
Carissimo Luca,
ci fa veramente tanto piacere risentirti. Nella zona di Bologna il
terremoto non ha causato quasi nessun danno, comunque ci ha
causato una bella ansia. Ci auguriamo che tu abbia superato nel
migliore dei modi il momentaccio e ricambiamo di cuore i tuoi
saluti.
Ave e Antonio
|