L’editoriale
Fretta, Fretta! Maledetta! Fretta! Maledetta fretta!
Non ne posso più di sentire di amici che decidono di farla finita. Sì,
hanno il coraggio e la fretta di suicidarsi. Ma perché la fretta di
concretizzare un episodio che prima o poi dovrà
inevitabilmente accadere?
Quanto dolore interiore si deve avere per fare una scelta così
drastica! La speranza di stare meglio rispetto ad un oggi così
sofferto, la ricerca di un aldilà posteriore alla vita terrena così
irrimediabilmente insostenibile: forse. Per il momento basta. Vi invito
alla lettura dello sfogatoio se volete approfondire questa mia
sofferenza.
Dal dizionario Gabrielli per fretta si intende la voglia o il bisogno
di fare o avere con sollecitudine.
Aggiungerei, al fare e all’avere, l’essere.
Comincerei proprio da quest’ultimo. L’essere. Sì, questo termine mi ha
sollecitato in vari aspetti della vita. In particolare per quanto
riguarda l’apprendimento, sia dalla lettura di libri che dalle lezioni
orali. Sì, la fretta di essere bravo e competente senza il
dovuto tempo di metabolizzazione mi ha portato a forti frustrazioni.
Sia dal punto di vista morale che conoscitivo. Ossia, non riuscendo a
imparare in fretta come altri, mi rattristavo molto e ciò finiva con
l’influire sull’aspetto cognitivo, limitandomi ulteriormente
nell’apprendimento.
Seguendo la traccia del dizionario analizziamo l’aspetto del fare.
Quando si è in questo campo viene spesso richiesto di fare presto e
bene. La cosa non è semplice sia che si tratti di un bravissimo
operaio, sia che si tratti di un grandissimo neurochirurgo. L’avere.
L’avere fretta di avere una cosa è una pulsione molto forte, che è
forte in gioventù e decresce col crescere degli anni. Prima i giochi,
poi le vetture. Poi altre cose sono delle attrazioni che devono essere
ben ragionate senza fretta. Per concludere un aspetto che comprende
tutti gli aspetti della fretta è l’amore. Personalmente credo che
essere innamorati, avere amore e fare l’amore, sono le condizione in
cui sono sempre stato più frettoloso.
Spesso ho commesso errori di fretta in questo senso; ma sono contento
di essere quello che sono e di stare con Cristina. L’aspetto ‘positivo’
della fretta è che aiuta a non cadere nell’ozio e nell’apatia. La vita
è ora e dobbiamo essere solerti nel viverla. È importante non cadere
nella frenesia che, secondo il dizionario di psicologia dell’Espresso,
consiste in “uno stato di eccitazione, di euforia, disinibizione,
illimitata fiducia in sé stessi, fuga dispersiva di iniziative in modo
completamente acritico”. Così quando sto per cadere in questa
situazione, e mi è capitato, tiro il freno e cerco aiuto.
Cari amici lettori, chiediamo aiuto quando sentiamo brutti pensieri che
ci portano una fretta di
realizzare cose che in quel momento ci sembrano lucide chiare e
necessarie, come assumere
sostanze o prendere decisioni verso la propria vita. Aiuto a
riflettere, non avere fretta, perché come
dice Tricarico nella canzone Io sono Francesco:
“il
mondo può essere diverso / tutto può cambiare / la vita può cambiare /
e può diventare / come la vorrai inventare / ditele che il sole /
nascerà anche d'inverno / che la notte non esiste guarda la luna /
ditele che la notte è una bugia / che il sole c'è anche la sera”.
Allego il testo con il consiglio di ascoltare la canzone e se siete
curiosi potete leggere lo sfogatoio.
Fabio Tolomelli
Io sono Francesco
Buongiorno buongiorno io sono
Francesco io ero un bambino che
rideva sempre ma un giorno la maestra dice oggi c'è tema oggi fate il
tema, il tema sul papà io penso è uno scherzo sorrido e mi alzo le vado
vicino ero contento le dico non ricordo mio padre è morto presto avevo
solo tre anni non ricordo non ricordo lei sa cosa mi dice neanche mi
guardava beveva il cappuccino non so con chi parlava dice "qualche cosa
qualcosa ti avran detto ora vai a posto e lo fai come tutti gli altri"
puttana puttana, puttana la maestra puttana puttana, puttana la maestra
io sono andato a posto ricordo il foglio bianco bianco come un vuoto
per vent'anni nel cervello e poi ho pianto non so per quanto ho pianto
su quel foglio bianco io non so per quanto ho pianto brilla brilla la
scintilla brilla in fondo al mare venite bambini venite bambine e non
lasciatela annegare prendetele la mano e portatela via lontano e datele
i baci e datele carezze e datele tutte le energie Cadono le stelle è
buio e non ci vedo e la primavera è come l'inverno il tempo non esiste
neanche l'acqua del mare e l'aria non riesco a respirare e a dodici
anni ero quasi morto ero in ospedale non mangiavo più niente e poi
pulivo i bagni, i vetri e i pavimenti per sei sette anni seicento metri
quadri tadanatadadana e il mio capo il mio capo mi ha salvato li ci
sono giochi se vuoi puoi giocare il padre è solo un uomo e gli uomini
son tanti scegli il migliore seguilo e impara buongiorno buongiorno io
sono Francesco questa mattina mi sono svegliato presto in fondo in quel
vuoto io ho inventato un mondo sorrido prendo un foglio scrivo viva
Francesco brilla brilla la scintilla brilla in fondo al mare venite
bambini venite bambine e non lasciatela annegare prendetele la mano e
portatela via lontano e datele i baci e datele carezze e datele tutte
le energie venite bambini venite bambine e ditele che il mondo può
essere diverso tutto può cambiare la vita può cambiare e può diventare
come la vorrai inventare ditele che il sole nascerà anche d'inverno che
la notte non esiste guarda la luna ditele che la notte è una bugia che
il sole c'è anche c'è anche la sera.
Francesco Tricarico
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Carlo Carrà: ‘Ciò che mi ha detto il tram’ – 1910 (olio)
Carlo Carrà, nato nel 1881 a
Qualgnieto
(Alessandria), iniziò da autodidatta. Nei primi anni del XX secolo fu
operaio decoratore, lavoro che gli dette da vivere fino ai ventitré
anni.
Si recò per lavoro a Parigi e a Londra. Tornato in Italia frequentò,
tra il 1904 e il 1908, l’accademia di Brera a Milano.
Dopo esordi divisionisti, nel 1910 aderì al movimento futurista.
Il quadro che propongo, Ciò che mi ha detto il tram,
appartiene a quel momento. Il tram appena si distingue, con la sua
fragile presenza, e il dentro e il fuori appaiono un tutt’uno. Le
figure frettolose ed accalcate sono inesorabilmente fuse in un magma
coloristico. Non esiste per Carrà idolatria della macchina, ma
piuttosto attenzione vivace per le conseguenze che la macchina è
destinata ad avere sulla qualità della vita e quindi sulla sensibilità
dell’uomo.
In Carrà permane pure il rifiuto di una certa sensuosità, comune ad
altri futuristi: l’artista si accosta di preferenza alla lezione
cézanniana ed è sempre portato ad un ricco contributo alla dialettica
del linguaggio artistico nel suo progredire. Il periodo futurista è da
considerarsi un’esperienza utile allo sviluppo della sua pittura; nelle
opere di questo momento riconosciamo alcuni atteggiamenti che poi
rimarranno caratteristici del modo di dipingere del
Maestro.
1914, scoppia la guerra, nell’animo di Carrà matura frattanto la crisi
del futurismo.
1915-16, si stringono per il pittore i rapporti già cordiali col gruppo
fiorentino de La Voce.
L’artista dipinge opere sintetiche e grottesche dove è possibile
riscontrare la ricerca di un nuovo equilibrio tra staticità e
movimento.
In seguito, l’amicizia stretta con Giorgio De Chirico in un
convalescenziario di Ferrara (1917) portò la sua adesione alla
‘Metafisica’.
Dopo il periodo metafisico, la sua opera volgerà ad una pittura
permeata da una struggente malinconia (un sensibile ‘realismo magico’
mai dimentico dei suoi periodi astratti ed arcaici).
Il valente pittore, che fu anche appassionato critico di arti visive,
si spense a Milano nel 1966.
Piergiorgio Fanti
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La fretta
Spesso coloro che hanno ‘fretta’ sono persone
disturbate
psicologicamente dalla paura del tempo che scorre veloce, dalle potenti
figure di orologi, dal tic-tac delle sveglie, dal circadiano alternarsi
dei quadri buio-luce e, alfine, dalla paura di non arrivare prima
dell’evento al quale si sono proposti di essere presenti.
Allora corrono, si sbrigano, guardano sempre che ore sono e contano i
soldi nella tasca. Accendono tutti i pulsanti, tutti i motori, tutti i
telefoni; si alzano prima, chiedono a tutti, girano a passo di marcia.
Sono sempre lì, fissi e stoccafissi, e non guardano in faccia nessuno.
Guardano solo che ore sono. Così va il mondo, il tempo è denaro.
Però ad ascoltare sempre i tempi, i luoghi, e se c’è o non c’è quella
cosa, si finisce per diventare come i burattini, la cui ragnatela è
fissata ad un muro grigio che è il presente, il passato ed il futuro,
tutti programmati e futuribili, ma le mosche sono prese tutte dalla
ragnatela.
Secondo me, una volta il mondo non girava in questo verso: la gente
dormiva, osservava e guardava, faceva caso al sole e alla luna. E poi
esisteva la meraviglia, la fantasia e lo stupore.
Anche adesso ci sono persone così, ma sono poche, e vengono dette
‘lumache’, ‘tarde’, ‘ritardate’, o anche ‘tonte’ o ‘cieche’, perché
arrivano dopo alle feste di Natale o di Pasqua o di Pasquetta, fuori
porta.
Io, Ave, sono contenta di non capire niente e - forse - anche di avere
visto poco. Ciao!
Ave Manservisi
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Ho un po’ di fretta
Quante volte sentiamo dire, da noi stessi e dagli
altri: "Ho fretta,
non ho tempo di scrivere un articolo, ho fretta". Sono al supermercato:
ho preso tutto quello che c'era nella lista, mi sono accaparrata tutto
quello che desideravo, ma arrivata alla cassa vengo sorpresa da una
sensazione di fastidio, d'insofferenza: "Quanto ci mette il cliente
davanti a me? Ma quanta roba ha comprato? Come è lento!". Lo stesso
agli sportelli pubblici, le cosiddette ‘file’ o ‘code’, in autostrada,
alla posta, al CUP, alle visite mediche…
Ma che cos'è la fretta? La paura che il tempo non passi, di rimanere
sospesi nel vuoto, nell'eternità. Da secoli l'uomo cerca rifugio ai
propri mali (fugge il tempo). Meglio sarebbe se cercasse invece di
analizzare la sua condizione e porvi rimedio. Quante volte l'individuo,
stando male con sé stesso (Lucrezio), fugge da una situazione cambiando
luogo, spostandosi dalla città alla campagna, dall'interno all'esterno,
dal pensare troppo in modo rabbioso al non pensare completamente a
niente. Egli, in questo modo fugge da sé stesso, e si crea un vuoto
(annullando il pensiero) che poi colmerà con gli stessi stratagemmi
inventati da lui o da altri.
La sensazione dell'eterno può spaventare l'umano, che si vede
proiettato talmente avanti, in un futuro al di là di questo mondo che
nemmeno lui può immaginare. Per questo in molti autori letterari o
religiosi, o in molti testi teatrali, si trova il modo di dare un senso
alla morte, d'interpretarla (nell'antichità con pratiche astrali e
divinatorie), di comunicare con i defunti. In quasi tutte le religioni
viene promesso che dopo la morte verrà un'altra vita, la vita eterna,
il Paradiso, un mondo perfetto alla fine di quello che ora è
considerato imperfetto e causa di peccato (ma il peccato non è forse da
ricercare nel mondo, è insito nell'uomo, nel suo cuore e nei suoi
pensieri). Una persona malvagia, o attaccata ai beni materiali, ha
paura della morte e dell'eternità che ne consegue. Si può dire che la
fretta può ed è corrisposta dalla corrisponda alla paura della morte.
In altri casi la fretta può essere positiva, per esempio la fretta di
uscire presto alla mattina per andare al lavoro, la fretta di uscire
per arrivare puntuali ad un appuntamento, oppure la fretta agonistica o
competitiva, la fretta di arrivare primo in una gara (per vincere una
coppa o una medaglia), o la fretta di raccogliere qualcosa nell'orto
prima che venga a piovere, la fretta di tornare a casa dopo una
giornata di lavoro, la fretta di vedere qualcuno, di andare in un luogo
che ci piace, avere fretta di finire un lavoro, perché ci è stata
chiesta laboriosità. A volte la fretta può generare virtù come
laboriosità, solerzia, impegno, buon auspicio. Al contrario è negativa:
lavoro in fabbrica, lavoro a catena. Si può dire che la ‘fretta’ è una
sofferenza o un'insofferenza dell'essere umano, fragile e
insoddisfatto, che cerca di capire e rimediare agli errori del passato
fuggendo e fuggendo il passato stesso. Quindi una fuga dal tempo, più
che da uno spazio all'altro, invece che studiarli per porvi rimedio.
Un altro aspetto della fretta può essere collegato ai rapporti umani
con chi ci circonda: avere fretta di essere ascoltati, avere fretta di
congedarsi da qualcuno (per qualche nostro tornaconto), avere fretta di
finire un lavoro per poi riposarsi. Allora se tutto tende al riposo, o
a vincere qualcosa (per esempio un premio) o a stare meglio, può essere
visto nella fretta qualcosa di positivo, che si protende verso una
situazione di quiete e di calma interiore.
Certo, nella società occidentale la fretta è molto più evidente che
nell'oriente. La città, con i suoi ritmi frenetici, semafori, passaggi,
parcheggi per le auto, autobus, mezzi di trasporto pubblico, incroci,
deviazioni è nevrotizzante. Il capitalismo, con i suoi ritmi spietati
ha di sicuro come prodotto la fretta. Il lavoro stesso (fabbriche,
officine, cantieri), che ha prodotto un certo boom economico negli anni
‘80, in questi tempi ha subito un tracollo vertiginoso, influendo sulle
nostre vite.
La fretta ci costringe (in qualche modo) ad uno sforzo, a bruciare le
tappe, ad ignorare gli altri, e specialmente chi è nel bisogno (andare
di fretta, passare oltre).
Il contrario della ‘fretta’, è quindi la ‘calma’? Nei paesi orientali,
la calma è un modo di vivere, nel senso che nella religione e nelle
discipline come lo yoga e nelle arti marziali, vige una sensazione di
pacatezza, associata ad un livello consapevole di conoscenza interiore,
di sé e del mondo che ci circonda. Le pratiche religiose, le preghiere
con i Mantra, portano alla saggezza e alla sapienza (tesori nascosti
che portiamo dentro di noi) e a raggiungere uno stato puro ed elevato
che si definisce Nirvana (pace dei sensi e perfezione profonda e
interiore). Anche nella nostra religione per esempio appare questo
aspetto della pace interiore, con noi stessi e con il prossimo, che ha
una trasposizione nell'incontro e nel perdono. Questo è un concetto
molto più concreto, o se si vuole materiale, della calma, la calma
vista come riposo, benedizione, preghiera, ma anche contro l'ira, il
peccato, e antidoto contro la morte.
Nel giudicare gli altri o le situazioni degli altri, è spesso la fretta
che ci comanda e ci mal consiglia. Costa molto più mettersi in ascolto,
che parlare o capire, invece di giudicare.
E anche questo articolo, l'ho scritto in fretta...
Giorgia Bolognini
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Una dispotica compagna di viaggio
Considero la fretta una dispotica compagna di viaggio
dei Tempi
Moderni. Scandisce il ritmo della nostra quotidianità. Ci impone di
correre di pari passo al progresso di cui siamo schiavi, ma non sempre
‘FARE TANTO’ si concilia col ‘FARE BENE’. Sovente ci impedisce di
soffermarci a gustare appieno le piccole gioie della vita.
La fretta ci assilla sin dal mattino. Il traffico intenso costringe i
mezzi di trasporto a lunghe file e chi si reca al lavoro
arriva già stressato. Così, per evitare ritardi, rinuncia alla
colazione in famiglia. Il pranzo a tavola non esiste più. Si è ridotto
ad uno spuntino trangugiato in fretta e se lo stomaco protesta per
questo trattamento, sale il conto della farmacia.
Anche i bambini subiscono un ritmo accelerato: scuola, sport, attività
varie, una girandola di impegni, uno dopo l’altro, spronati dagli
adulti che sperano in successi più volte irraggiungibili. Mi chiedo se
riescono ancora a godere il lato piacevole e giocoso di ciò che fanno.
I rapporti umani sono relegati al poco tempo che rimane… se rimane. Ho
visto spesso persone salutarsi per strada senza fermarsi.
- “Ciao!”
- “Ciao! Scusami vado di fretta”.
Parole pronunciate con il viso girato sulla spalla, per guardarsi,
incrociandosi, senza rallentare. Che tristezza!
Ho vissuto in altri tempi, quando tutto era più semplice e tranquillo.
Ho nostalgia della bella abitudine di comunicare con lettere e
cartoline, rimaste testimoni di emozioni e sentimenti che puoi rivivere
in ogni momento, rileggendole.
Ora è tutto diverso. Una telefonata è il massimo dell’impegno, perché è
più comodo e veloce un messaggino e via. Però non rimane niente.
Questa FRETTA esasperata mette ansia, un sintomo dilagante che può
generare insofferenza, irritazione e tutto si complica.
Occorre un po’ di calma e serenità che non sia lungaggine o
indifferenza.
E per finire, alla FRETTA vorrei dire: “Va’ un po’ a trovare i nostri
governanti e chi amministra la burocrazia, troverai molto da fare, e
noi, poveri Cristi, lasciaci respirare”.
Dina (A.I.T.Sa.M.)
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Presto e bene, vanno o non vanno insieme?
“Questo problema va risolto in fretta!” . Chissà quante
volte
l’avrete detto. E chissà quante volte vi sarete sentiti rispondere:
“Presto e bene non vanno insieme”. È un proverbio arcinoto, e come
tutti i proverbi trasuda saggezza popolare: insomma, bisogna saper
aspettare. Giusto. Però, detto così… mi sembra un po’ troppo
perentorio: sembra voler dire che, per evitare il rischio di ‘far
presto e quindi male’, ci convenga optare toutcourt per un ipotetico
‘far bene, ma tardi’.
Nelle pieghe della nostra lingua sono nascoste tante sfumature di
senso. Se parliamo di ‘fretta’, o di ‘premura, urgenza, furia,
frenesia’… l’idea, sotto sotto, è di disagio o peggio di pericolo. Sono
parole che evocano un senso di tensione, pressione, costrizione, ansia,
agitazione, perdita di controllo. Si salvi chi può!
Ma ci sono anche parole come ‘rapidità, velocità, prontezza,
sollecitudine, solerzia’… che fanno pensare all’efficienza, al
dinamismo, al buon funzionamento e alla produttività. La parola
‘presto’ di per sé non ha significato negativo né positivo: sta in
mezzo, appunto. Che un desiderio si realizzi ‘presto’, a volte può
essere una pretesa esagerata, ingiustificata o assurda, ma molto spesso
è un’indiscutibile esigenza o comunque una legittima aspettativa. Chi
può negare, ad esempio, l’importanza dell’organizzazione per
l’emergenza e per la protezione civile, o in ambito sanitario e sociale
l’utilità della prevenzione e della limitazione del danno? E, per
restare nel campo della salute mentale, chi non comprende ad esempio
quanto sia necessaria la tempestività in un esordio psicotico o in una
crisi distruttiva? In questi casi, se al ‘presto’ non si unisce il
‘bene’, il desiderio non si realizza proprio per niente, anzi, si
ottiene l’effetto contrario.
Quindi, in barba al proverbio di cui sopra, soprattutto quando c’è un
problema grave da risolvere, è sacrosanto augurarsi di far ‘presto e
bene’, augurio che in latino diventa un grazioso gioco di parole:
propere et prospere. Se poi non ce la possiamo proprio fare, altri
proverbi ci soccorreranno: i consolatori ‘Meglio tardi che mai’, ‘Chi
si contenta gode’…
Ma qual è l’ingrediente necessario per realizzare questo benedetto
‘presto e bene’? Est modus in rebus, c’è una misura nelle cose, diceva
Orazio, grande estimatore del giusto mezzo. Ecco… il modo… Mi viene in
mente il motto di Augusto, Σπεύδε βραδέως (in greco ‘Affrettati
lentamente’) che lo storico Gaio Svetonio Tranquillo tradusse con le
parole latine Festina lente.
Gli ossimori possono sembrar bizzarri, ma il più delle volte sono
messaggi fulminanti. Proprio grazie all’accostamento degli opposti,
esprimono in modo sintetico e immediato un pensiero profondo. In questo
caso una perla di saggezza: “Pensaci bene prima di agire, ma quando hai
deciso, non perdere altro tempo”.
Nel Cinquecento, il motto augusteo fu adottato da Cosimo I de’ Medici,
ambizioso granduca di Toscana, che lo volle nel suo stemma, unito alla
curiosa immagine di una tartaruga con la vela. Certo il pittore che la
ideò era pieno di buone intenzioni, ma l’effetto non mi sembra granché
riuscito. La bestiola veleggia col vento in poppa, ma non ha un’aria
entusiasta, anzi, appare prostrata, con l’albero maestro conficcato
nella schiena. Più che lanciata in un ponderato ma vispo decisionismo,
si direbbe rassegnata a un’accelerazione imposta dall’alto.
Mi sa che al giorno d’oggi siamo un po’ tutti come quella tartaruga in
balìa del vento. Il mondo va talmente veloce che non riusciamo a vedere
né dove stiamo correndo né che cosa ci spinge a farlo. E noi, senza
darci il tempo per confrontarci, approfondire, prevenire, andiamo
avanti a testa bassa, tamponando a fatica emergenze e contrattempi. Ma
cambiare passo fa paura. E la fretta diventa, oltre che una necessità,
un alibi. Cara umanità, FESTINA LENTE!!!
Lucia
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La fretta
Il tempo trascorreva veloce
I pensieri viaggiavano nella mente
La scelta era difficile
Il tempo era ristretto
Qualcosa stava per succedere
La decisione ormai era stata presa.
Luca Gamberini
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Bip, bip, bip…
Bip, bip, bip… Biiip, Biiip, Biiip… Biiiiiiiiip,
Biiiiiiiiiiip, Biiiiiiiiiiiiiiiiip…
Ore 5,45. Sveglia! È mattina! Giù dal letto! Mi alzo già stanca al
pensiero di affrontare una nuova frenetica giornata. Mi
preparo in un baleno, scendo in cucina: colazione? No, non c’è tempo.
Una carezza veloce al mio cagnone, un rapido
pensiero alla famiglia che ancora dorme e corro al lavoro. Quaranta
minuti di viaggio a velocità sostenuta per arrivare
prima possibile, sperando così di uscire prima possibile (fantastico
orario flessibile). Timbro, prendo un caffè al volo al
distributore e raggiungo la scrivania. Un frettoloso saluto alle
colleghe mentre accendo il PC e… le decine di mail mi
travolgono. Tutti vogliono qualcosa, subito!!!!! Passano così le prime
quattro ore, finalmente pausa pranzo. Ma non vado
in mensa, vicino all’ufficio c’è un centro commerciale e
allora… Corro al lavasecco, passo dal calzolaio, entro in
farmacia e… che ore sono? Sì, ce la faccio, un salto anche
al supermercato a prendere giusto due cose (speriamo che
non ci sia fila alle casse e che la cassiera sia veloce …).
Rientro al pelo in ufficio, altre quattro ore sotto pressione e
finalmente si esce. Sorrido mentre ri-saluto le colleghe e ritimbro.
Come ogni giorno non vedo l’ora di tornare a casa
e come ogni giorno fantastico che quando arriverò mi potrò
rilassare e fare le mie faccende con calma, gustando il
sereno clima domestico… Romantica, effimera, visione!
Arrivo a casa, un saluto ‘stereofonico’ per farmi sentire da
tutti quelli che ci sono. Mi cambio, mi affretto in lavanderia
per caricare la lavatrice, poi mi fiondo in cucina per
preparare una cena veloce. Infilo tutto nel forno (così ci
pensa lui), giro lesta per casa rassettando un po’ qua e un
po’ là. Tutti a cena! Cinque minuti e le pietanze si
volatilizzano dai piatti e, in quei soli CINQUE minuti, tutti
raccontano in fretta e furia di come è andata la giornata,
di come sarà il tempo domani, di quello che combina la politica e poi
puff… spariti di nuovo. Sgombro, sistemo un po’ la
cucina, accidenti! Dovrei anche stirare, che ore sono? Dai, dai che una
mezz’oretta la trovo. Accendo il ferro da stiro.
Mentre aspetto che vada in temperatura mi ri-affretto in lavanderia per
stendere il bucato e poi di volata in giardino per
un’innaffiatina veloce ai fiori. Uff! Ho finito anche di stirare.
Doccia, pigiama e finalmente ecco i MIEI DIECI MINUTI,
quelli che, a ogni fine giornata, tengo solo per me e che mi servono
‘per avere la sensazione di avere vissuto’…
Tutti
dormono e nel silenzio di tarda sera gironzolo pigramente
tra casa e giardino. Ripongo un utensile, sistemo i cuscini del
divano, vado fuori e faccio scorrere lo sguardo sul giardino che
ho tanto desiderato e che non ho mai tempo di curare. Annuso
l’aria, mhhhh, che profumo di primavera! Guardo in su verso il
cielo: questa sera è una meraviglia, ci sono tantissime stelle, si
vedono i carri e c’è pure una luna bellissima! Come mi
piacerebbe vivere così, al rallentatore per ‘vedere’ e ‘sentire’
ogni momento le tante cose che la vita propone. Ah, se fossi
nata bradipo! Sospiro e come ogni sera chiudo gli scuri,
finalmente paga, e come ogni sera, prima di addormentarmi,
penso: “Da domani si cambia registro, faccio le cose con
calma, una alla volta, pian pianino…”, ma all’indomani: Bip, Bip,
Bip…Biiip, Biip, Biiip…Biiiiiiiiiiiiip, Biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiip,
Biiiiiiiiiiiiiiiiiip…
Osanna Esposito
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Fretta
Nulla è più bello
di una dolce attesa.
Attendere l’amore.
Attendere la vita.
Evitare la fretta
per costruire
un futuro
migliore.
Matilde Fabbri
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1 settembre (al Luna Park)
Un’irridente fermata
alla taverna dei sette peccati
un volo rapace
sul calcinculo;
ed eccoci agli specchi deformanti
(stretti-grassi magri-larghi):
a noi piace apparire degli alieni
improbabili abitanti delle stelle.
Stelle che in questa notte
si confondono alle bollicine
della mia Coca Cola.
Poco-da-lì
ci gettiamo in una vecchia giostra
(cavalli su e giù, ai ritmi vorticosi
di una ballata esotica).
Ci facciano pensare:
sfavillante Amore!
Ché finalmente il nostro desiderio
si può giocare.
Piergiorgio Fanti
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Se tu splendi un istante
Se tu splendi un istante
per me quella è l'eternità.
Se io passo un istante con te
quello è l'universo.
Per noi ci sono infiniti universi
ed infinite eternità. Ti amo.
Sono felicissima e tocco
lo spazio con un dito,
tu appartieni al mio spazio e
tutto ciò che amo
fa parte delle innumerevoli
parti del mio spazio.
Luisa Paolucci delle Roncole
|
Al sole
Astro dorato e luminoso
che dopo la tempesta
appari all’improvviso
nell’infinito cielo
per diffondere calore.
Tu, che riscaldi la rugiada
del mattino e che disperdi
le nebbie e le bufere
e fai fiorire i prati a primavera,
risplendi pur sugli umili e i potenti
e sulla sorte delle umane genti.
A nessun chiedi paga o dovizia,
ma elargisci amore a chi ne è senza.
E se da Te il misero può ricevere
tale dono, ancor di più
da chi ti ha dato vita
può aver pace e perdono.
Mariangela
|
La fretta
La fretta non è
amica mia.
Più volte mi ha fatto
trovare porte chiuse.
Più volte mi ha
fatto trovare
distesa per terra,
senza parole
per non avere
raggiunto la meta.
Il cielo si è chiuso
sulla mia
inutile fretta,
mi ha lasciata
senza parole
con il pianto
in gola.
Più volte ho pensato
che si potesse
spazzare via,
riprendendo il tempo
con i suoi ritmi;
ma lei sorrideva
beffarda.
Daniela Mariotti
|
Al faro
Al faro:
forse sarà qui
che troverò
altre voci.
Ascoltare
il loro suono
mi farà bene
e accenderà
in me una
piccola luce.
Daniela Mariotti
|
Toto
Toto, camminare, correre, saltare
sembrano cose molto difficili,
ma sono sicuro che presto ci riuscirai!
Anche parlare sembrava impossibile,
però, come ben vedi,
già parli assai.
La tua vita s’è sospesa per un attimo,
hai rischiato di morire,
ma adesso sei fra noi,
Come potremmo fare senza di te?
Un passo alla volta stai migliorando,
non avere fretta,
devi utilizzare la pazienza,
devi avere forza e coraggio.
Toto non ti preoccupare,
noi ti stiamo accanto
cercando di renderti
meno difficile il cammino.
Prova a pensare un attimo se fossi morto.
Quante cose ti saresti perso!
Lavora duro
impegnati sempre al massimo!
La tua passione per gli animali ti è rimasta,
il tuo grande amore per i tuoi cani,
il loro grande amore per te
ti sta sicuramente aiutando…
Hai tante persone vicine
che ti vogliono un gran bene
e devi essere molto contento di questo.
Toto un piccolo miglioramento
significa che c’è grande speranza
in un recupero totale.
Ama tutti quelli che ti circondano
e non dare mai niente per scontato.
Il futuro è nelle tue mani,
ci vorrà un po’,
ma noi vogliamo che tu torni presto
alla tua vita di prima,
forse anche migliore.
Un grande abbraccio…
Loopa Sonivree
|
La fretta è…
La fretta è tua nemica,
non tenerla per compagna
anche se stai facendo fatica
nel tuo orticello di campagna.
Tieni a mente la calma
non compiere gravi errori
magari, mettiti seduto sotto una palma,
che così non avrai dubbi o timori.
La fretta è consigliera cattiva
e, quando vai a far compere,
ti distrugge, paghi il doppio di IVA:
stai più attento a come spendere.
L'intelligenza è una gran meraviglia,
devi sfruttarla a pieno, caro lettore,
altrimenti, ti perdi in ogni miglia
ed è brutto se ti ritieni un pensatore.
La fretta è persino maleducata:
non ti dà il tempo di prepararti,
ti porta ad avere la giornata disorganizzata
e alla fine, partendo da zero, devi rifarti!
Ci vuole pazienza e camomilla
altrimenti per poco ci si arrabbia
si accende il fuoco da una scintilla
e bisogna rinchiuderla con una gabbia.
Darietto
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Ieri vedevo favole
Ieri vedevo favole
e poesie dappertutto:
mi sentivo accendere
di una luce interiore.
Adesso scrivo curiosa
di vedere dove va la penna:
è lei che guida; dove mi
porterà? Qui un dolce sole
d’autunno gioca
con ombre e foglie.
Quanta freschezza
percorre il cuore!
Leggeri pensieri
riempiti dalla
pioggia con poche
gocce: ascolto.
Daniela Mariotti
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La fretta
Volevo in fretta andarmene da me
e sono andata con te,
sono venuta con fretta con lui.
Volevo dirgli di sì
e ho capito che quel sì
sarebbe stato
in fretta.
C’era qualcuno
per cui valeva la pena
dirgli di sì, e in fretta.
Poi c’era qualcuno
a cui bisognava parlare così
quando si aveva fretta.
Io ho avuto i moderni sogni
di chi se ne sta andando:
ma la fretta non era la mia via.
Ho capito solo che c’era qualcuno
da amare,
ma me l’avrebbero portato via in fretta.
Paola Scatola
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Scrivo
Scrivo per un cortile
vuoto che ascolta
volentieri il mio
bla bla bla
fatto di cicale
e continuo
e continuo
a salutare
il cortile vuoto
pieno di sogni
e soddisfatto
fino alla gioia.
Daniela Mariotti
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Una maschera che indossiamo la mattina
"Quando mi sono messo talvolta a considerare
le diverse agitazioni
degli esseri umani e i pericoli e le pene a cui si espongono, alla
Corte, in guerra, da cui nascono tante liti, tante passioni, imprese
ardite e spesso malvagie, ho scoperto che tutta l'infelicità degli
esseri umani deriva da una sola cosa e cioè non saper restarsene
tranquilli in una stanza...".
Blaise Pascal (filosofo francese del Seicento)
"Abbiamo un bisogno urgente di rallentare, riprendere fiato, di
sbarazzarci dell'angoscia di non arrivare a fare tutto quello che si
deve fare nell'arco delle ventiquattro ore che fanno la giornata. Nella
ricerca della tranquillità, il primo passo è il divorzio dal mito della
velocità. Quello va bene per i programmi software e i gran premi di
Formula Uno. Noi piccoli uomini, lasciamoci attrarre dal richiamo della
lentezza. Cominciamo a praticare la sosta, le pause lunghe, il passo
pigro".
Christoph Baker "Ozio, lentezza e nostalgia"
Come spesso si fa oggi quando ci si vuole documentare,
ci siamo
travestiti da internauti e, su internet, abbiamo raccolto il
suggerimento del Signor Francesco Aleo: “Se l'origine della fretta è
nella natura umana, può darsi che l'attuale situazione si sia
incancrenita con il progresso tecnologico, che porta sì vantaggi e
comodità, ma è anche maschera che nasconde le antiche paure: la
solitudine, la malattia e la morte. Eppure, paradossalmente, proprio
nel rifuggire queste realtà, la fretta dello stile di vita
contemporaneo le trasforma in rischio ancora più concreto.
Come uscire da questo circolo vizioso?”. La fretta come maschera è la
rappresentazione migliore che ci viene in mente, senza fretta. Una
maschera che indossiamo la mattina, appena svegli, ancora prima dei
vestiti. Una festa in maschera, la cui partecipazione comporta che si
accetti l’invito per nascondere se stessi, per apparire migliori o
diversi, per colmare il vuoto che si sente dentro, per mentire a se
stessi. E quindi, che festa sarebbe se non si balla, si mangia e si
beve? A una festa non si pensa e non ci sono elaborazioni di alcun
genere. Anzi si va a una festa per distrarsi e non pensare, per
dimenticare, per non fare qualcosa che porterebbe a fatiche mentali,
che decidiamo quindi consapevolmente di lasciare nel dimenticatoio.
Così nella vita moderna tutto sembra già scandito, come un orologio a
pendolo che rintocca ogni ora, ogni minuto e ogni secondo. Abbiamo
mille doveri da compiere con scadenze urgenti a ritmi disumani. Meglio,
nel tempo libero, andare a feste, che non ci impegnino a trovare
risposte alle tante o troppe domande che ogni essere umano, almeno una
volta nella vita, è quasi obbligato a porsi. Forse è più facile correre
di fretta insieme ad altri per il mondo che fermarsi un attimo da soli
in una stanza.
Il gruppo di Rassegna Stampa
del Centro Diurno di Casalecchio di Reno
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Curiose contiguità
Guarda un po’… la fretta è parente della ‘fregatura’ e del…
‘menefreghismo’ !
L. L.
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Organizzazione e fretta non stanno bene insieme
Nei molti film catastrofici che ho visto, il panico,
cioè la fretta
di fuggire con disordine da un evento di forza maggiore (tipo un
vulcano in eruzione, un terremoto o altro), ha sempre portato molti più
morti rispetto a quando si agisce con la giusta calma e organizzazione:
in questo modo si possono salvare molte più vite umane. Questa è la
premessa per introdurre anche dei proverbi che mi piacciono tanto:
"La fretta è una cattiva consigliera"
"La calma è la virtù dei forti"
"Chi va piano, va sano e va lontano"
"Chi ha tempo, non aspetti tempo"
"Presto e bene non stanno insieme"
"Raramente trova chi cerca in fretta"
Mi è accaduto spesso che, nonostante avessi la precedenza, come pedone,
sulle strisce pedonali, molto spesso le automobili sfrecciavano ad alta
velocità come se io fossi inesistente e quindi, dentro di me, mi
incollerivo e pensavo: "Ma che diamine! Hanno il peperoncino su per il
c#§o?". Stessa cosa capitò a me e ad alcuni clienti ATC, che dovevamo
rincorrere l'autobus e l'autista sembrava scocciarsi ad attendere quei
due secondi in più.
Anche quando conobbi la vera Bologna (da me quindi denominata
Bolofogna), nella quale ero diventato più estroverso, capii che i
negozianti (esclusi quelli degli extracomunitari), verso sera avevano
una fretta di chiudere come se qualcuno gli puntasse un fucile addosso.
Anche nell'Amore, vedo coppie frettolose di sposarsi e, una volta
congiunti, nel giro di poco tempo, vogliono il divorzio: io non li
capisco!
Persino la tecnologia ha una fretta nella sua evoluzione. Ad esempio le
console dei videogame, non fai in tempo a comprarne una con la sua
partita di giochi che subito ne esce una più sofisticata: questo per me
è una delle cause della crisi. Mi spiego.
Quando viene progettato il nuovo, quello vecchio diventa obsoleto e
quindi produce pattume, inutilità e soldi sprecati; sarebbe invece più
produttivo se anche quelli di vecchia data potessero rientrare assieme
a quelli nuovi, così ci si divertirebbe di più e si sprecherebbe di
meno.
ATTENZIONE : ciò che però più mi rattrista e mi fa arrabbiare, come ho
detto nella premessa, è che molti non capiscono che ‘organizzazione’ e
‘fretta’ (e il ‘non ascolto’, specie da parte di chi ci amministra) non
stanno bene insieme.
Ci vorrebbe più comprensione, educazione e creatività con le persone
con cui ci si confronta; e non etichettare le persone, le quali hanno
un potenziale creativo e organizzativo, facendole zittire, per poi,
magari, con una mala organizzazione e fretta di creare un progetto, si
manda tutto a rotoli! Le persone, secondo me, vanno ascoltate e prese,
ciascuno secondo la sua professionalità, creatività e modo di lavorare,
per creare assieme lo stesso progetto. Mettendo insieme tutto il nostro
potenziale, verrà un lavoro più accurato, senza fretta e fatto per
bene.
Darietto
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Letto per voi: il libro di Carl Honoré “... e vinse la
tartaruga”
“Elogio della lentezza: rallentare per vivere meglio”.
Il
sottotitolo, da solo, riesce a descrivere perfettamente i contenuti di
questo originale, quanto importante libro.
L’autore si cimenta in un’accurata analisi di quello che sembra ormai
essere diventato uno dei più invalidanti problemi della società
contemporanea occidentale: la costante accelerazione, e l’immancabile
frenesia che, sempre più spesso, come una sorta di automatismo, finisce
per condizionare i rapporti e la psicologia dei singoli.
Ma Carl Honoré non si limita a questo, fa molto di più. Propone un
modello di vita alternativo che strizza l’occhio ai progressi delle
innovazioni tecnologiche, pur tenendo conto dell’importanza che ha per
l’uomo il riuscire a riappropriarsi del proprio tempo. Insomma, quella
“Metriotes” tanto decantata dai latini, che avevano capito fin
dall’antichità, l’importanza di opporsi al manicheismo, e scegliere la
strada capace di portare al raggiungimento di un più diplomatico
equilibrio.
Dal lavoro di questo geniale giornalista canadese, ha preso il via
“Slow”, una sorta di movimento che, su più fronti, e a livello globale,
si propone di sfidare il culto della fretta.
Che si tratti di lavoro, di rapporti interpersonali, di sesso, o di
cibo (nasce da questa ispirazione il noto movimento “Slow food”),
questo libro ha saputo trasformarsi in un autentico manifesto, che, ne
sono certa, sarebbe stato abbracciato pienamente anche dal mahatma
Gandhi, quando saggiamente diceva: “C’è ben di più nell’esistenza che
incrementarne la velocità”.
Alice Sommavilla, da Liberalamente
n° 57, settembre 2013
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Vignetta di Luigi Zen
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Fretta e sincerità in terapia psicoanalitica
Circa venticinque anni fa, in piena terapia
psicoanalitica, quando
il Dottore ed io stavamo analizzando alcuni dei miei aspetti
‘cruciali’, mi feci travolgere dalla fretta di guarire.
Andò così. La sera precedente una seduta, mi aveva colto un forte
attacco di ansia riferito a un episodio ‘banale’ di qualche giorno
prima, ansia che riuscii, non senza fatica, a placare da solo.
Il giorno dopo, in seduta, mi sembrò di notare nel Dottore una notevole
attenzione su quel che andavo dicendo ed anche una certa ‘fretta’ (che
molto probabilmente era solo mia!). Giunto al momento di raccontare
quel che mi era successo la sera precedente, pensai: "Ma questo l'ho
già superato ieri sera!" e non dissi nulla.
E successe il patatrac: il Dottore ad un certo punto si eresse, mi
guardò arrossendo, ci fu un concitato ma solidale scambio di parole, mi
dimenai come potevo e conclusi costernato: " Dottore, sono stato
sfortunato? ". Lui, finalmente, mi sorrise e si strofinò le mani (c'era
ancora da lavorare!). Forse non ero riuscito a voler guardare le cose
fino in fondo...
E dopo sei anni… tutto andò bene.
Matteo Bosinelli
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Cristicchi ha letto anche per te
”Le Confessioni” di S.Agostino
Secondo me la fretta è strettamente legata al tempo.
Sono d'accordo con S. Agostino che pensava che la misura del tempo
fosse l'anima e che noi proviamo, per le cose che dovranno avvenire, un
senso di attesa. L'attesa è connessa positivamente con la fretta quando
siamo ansiosi che un certo avvenimento bello accada prima possibile,
oppure quando siamo agitati e aspettiamo che un avvenimento brutto
accada, così non ci si pensa più. A volte l'attesa è talmente forte che
sembra paradossalmente che i movimenti intorno a te siano più lenti.
Purtroppo nella mia vita la fretta è stata cattiva consigliera e sono
d'accordo con un vecchio proverbio che dice che ‘presto e bene non
stanno insieme’.
Vi consiglio di leggere le Confessioni di S. Agostino.
Cristina Cavicchi
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R.T.P. CASA M. D. MANTOVANI
Laboratorio espressivo di narrativa e scrittura creativa
Niente fretta. Niente fretta, – dicevo. – La domenica
vien dopo sei giorni. E è per questo che la chiamano festa.”
Silvio D'Arzo
Ripensando al tema della Fretta abbiamo provato a trovare un
denominatore comune per rappresentarla. Ci siamo subito resi conto di
quanto sia complesso trattare questo tema ed effettuando una ricerca ci
siamo imbattuti in una poesia di Trilussa. Grazie a tale indagine
abbiamo avuto accesso ad una serie di informazioni che ci ha portati
alla comprensione di significati di alcune azioni quotidiane,
l’esercizio dell’immaginazione e della creatività nel rielaborare le
parole di Trilussa. Abbiamo notato che ci sono tra noi delle divergenze
e abbiamo ricercato delle corrispondenze attraverso l’ascolto
dell’altro, la comprensione della diversità di opinioni non come
elemento di disturbo nell’ottica competitiva, ma arricchimento della
comunicazione, del dono reciproco fra tutti.
La fretta
Se stà a fà sera e n’antra
giornata de lavoro se n'è annata:
c'ho l'ossa tutte rotte, la capoccia frastornata.
Cammino senza prescia, tanto, che devo fa?
Si torno a casa me tocca pure sfacchinà!
Sur viale del tramonto me fa l'occhietto er sole,
e dopo nà giornata a dà i resti a chi li vole,
l'osservo m'bambolato, come fosse, nà visione.
Me fermo lì a guardallo, ma chi l'avrà inventato?
È bello forte, nun l'avevo mai notato!
Sempre a combatte, sempre appresso a tutti i guai,
splende splende, ma nun m'o godo mai.
È robba che co quell'aria bonacciona e rassicurante,
riuscirebbe a fà sentì amico ogni viandante.
Stà palla arancione m'ha messo pure arsura, ma, ahò!
Nun so mica nà monaca de clausura!
E allora ò sai che nova c'è? Io nun c'ho più fretta
e me butto drent'ai meandri dè nà fraschetta.
Con le zampe sotto ar tavolino,
e in compagnia dè n'ber fiasco de vino,
me guardo intorno soddisfatto,
finalmente ho smesso de sbrigamme come un matto!
E mentre er Cannellino m'arriva ar gargarozzo
Rido cò n'amico e ordino nantro litrozzo.
La vista me se annebbia ma non la mia coscienza
che se mette a riflette sull'umana esistenza:
a che serve stà sempre a core pè tutte le raggioni
si so quasi sempre rotture dè cojoni!
Trilussa
Scrittura libera su ispirazione del
componimento di Trilussa:
1. L’autore esprime come la ‘fretta’ spesso
rovini il godersi
delle belle giornate e, comunque, il tempo libero. Il sole per me è
sinonimo di speranza e di gioia, di piccole gioie della vita dinanzi
alle quali sembriamo indifferenti. Io mi son reso conto di andare
spesso di fretta e di non riuscire sempre a godere delle gioie che la
vita mi offre.
(Anonimo)
2. Trilussa osserva, vedendo improvvisamente il sole in tutta la sua
bellezza, che non vale la pena di perdersi i momenti belli della vita
per inseguire impegni stressanti. Io ho diversi impegni che mi son
cercata da sola, sono tutti molto importanti, ma mi vietano di gustarmi
a pieno la vita in tutta la sua interezza.
(Dekleva)
3. La fretta non è mai stata una buona consigliera. Tanto vale
prendersela con calma visto che, prima o poi, la vita ci coglie
impreparati.
(Anonimo)
4. In questa poesia Trilussa ci dice che troppo spesso ci si fa
prendere dalla fretta e non si godono i piccoli piaceri della vita.
Personalmente sono una persona piuttosto ansiosa e ho imparato a
convivere con la fretta … vivo nel perenne terrore di essere in
ritardo, per poi essere sempre in anticipo. Mi piacerebbe dedicarmi del
tempo …
(Anonimo)
5. La fretta ci accompagna alle volte per intere giornate tanto da
farci perdere il senso del riposo e della riflessione. Se ci fermiamo
un attimo e prendiamo le cose con calma, ci accorgiamo di quanti
momenti belli perdiamo.
(C.)
6. Sarebbe bello prendersi del tempo per riflettere sulla propria vita,
osservare ciò che ci circonda e proiettarsi nel proprio futuro.
(F.V.)
7. Immobile il sole ci scruta mentre noi ci muoviamo freneticamente
senza accorgerci della sua bellezza.
(G.S.)
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Piccolo racconto Zen
Il gigante (Nettuno) e la casa di Lucio Dalla
Nell’agosto di quest’anno mi ero fermato con lo scooter
ad un semaforo
in via Galliera, pronto per girare in via dei Mille; così nell’attesa
guardai che una signora, in mezzo ad un gruppo di 5 o 6 persone,
sembrava non essere con loro, perché guardava verso di me, ed io verso
di lei; mi domandò se sapevo dove si trovava la casa di Lucio Dalla…
sicuramente perché voleva ricevere da me una risposta zen…
Così accostai al marciapiede e spensi il motore, anche se dovevo
aspettare un altro verde… perché non avevo fretta… E domandai: “Quante
case ha?” “Una” rispose lei. Mentre suo figlio che le stava accanto le
leggeva quelle strane descrizioni della cartina turistica, svuotando
tutto dentro le orecchie della mamma, che doveva poi capire…
Ed io domandai: “Siete già stati in centro?” e lei rispose: “C’eravamo
poco fa”. E io domandai ancora: “Che indirizzo c’è nella cartina?”. E
il figlio: “Via D’Azeglio 15”. Ed io risposi: “È la strada che guarda
il gigante”. Ed un’altra signora del gruppo ha guardato così è tornato
rosso… Beh…
Poi successivamente a quel giorno pensai: che strana risposta ho dato
con il mio non essere, e anche se sapevo che lei era stata soddisfatta…
dovevo andare a controllare con il mio essere razionale.
Quando sono stato lì, ho scoperto che con le sue orecchie il gigante
non può sentire quello che noi chiediamo, per il rumore che fanno le
fontane e la nostra voce sembra troppo piccola ed inudibile a quella
altezza; ma al tempo stesso ho capito che lui è muto, che ti guarda con
quella faccia di bronzo, e con il braccio sinistro allungato per dirti:
“Ma va in via D’Azeglio!”. Ed è però muto perché lui è di guardia al
tesoro che è nascosto sotto a quel palazzo che guarda… e non può
raccontare a nessuno che lui è guardiano di quel tesoro perché è muto;
e se qualcuno volesse scoprirlo per rubarlo, lui l’infilzerebbe col
tridente che impugna.
Luigi Zen
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Fretta
Se giunge con l’ascolto mi sembra di essere un fante di
garanzia dell’ignoto.
Se
giunge con la fantasia di cose serie, non di nulla e di menzogne, anzi
di tutto di come e del perché. Se poi si piange per qualcuno che poi
più non c’è, si corre via e non si va che al fondo, in fondo.
Per poi guardare le cose che non ci sono, c’è qualcuno di me e di te
nel niente e nel qualcuno che abbrevia la vita.
Per poi alla fine concludere nel nulla e nel punto di nessuno, ho
coinvolto te in questo gioco breve e fugace che insiste e riscuote
successo solo se ci sei, solo se ci stai, se ci stai qui con me.
Per un bisogno ignoto, compimento di questo breve monologo, mi immagino
di te senza il niente senza il nessuno.
Paola Scatola
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Pagine di diario
Ti scopro in questa foto: eri vecchio tanti anni fa.
Scoprivo e riscoprivo i tuoi anfitrioni tra cento e mille lettere tra i
venti e i trent’anni.
Tutto così per gioco, tutto così per amore.
Oggi è il nulla dentro me, ma capisco che questo è il mio malessere,
che nella maleodoranza del prossimo esplode.
Non so a cosa ormai si voglia mirare tranne che la morte.
Domani partirò per sempre.
Zio ti saluto, filo via come sono arrivata, ma tu non pensare a questo
come fosse una sola volta, ma che ti porto con me.
Ti chiamo ancora, sei per me la cosa più grande del mondo, per creare
tutti ci manchi tu, e qua la cosa che io non ho più.
Congiungendo tutto piansi ancora, poi pensai che era tutto finito,
ancor prima d’esser svoltata in quel giardino di giacinti cosparsi di
gocce di fuoco in note.
Colsi quell’attimo mio vivo, poi me ne andai lontano dove non c’era che
sabbia, acqua, acqua e sole.
Per te ho gioito, poi me ne andai da te, con dolore, ma andai, con le
mani ed un corpo assopito: poi lo sguardo nei tuoi occhi persi, cosa ti
chiesi, cosa vidi in te.
Ti confondi dietro a me: i tuoi passano come quelli di un grande. E
attendi dalle mie mani delle cose che furono, non neghi, non coincidi
mai.
Sappiamo di noi, amore, ne sappiamo tanto, è per questo
che volli quell’incontro per dirti tutto su quello che ti diedi e su
quel rifugio di te per sempre mio.
Piansi su di te, con te e per te, tanto poi mi allontanai ed ora vado
via.
Addio amore addio, così me ne vado e non mi curo di niente, solo di
quella fede d’oro che tanto piansi che tanto diedi. Vado all’alba
perché mi credo un Dio e poi ti lascio come ti ho trovato: il niente
per sempre.
Sepolcri colmi di vimini, mi inchiodai a Dio e corteggiai te nel
nebuloso e fiero servirti. Ancora la tua mano, ti contai le ore ed i
passaggi. Erano uguali ai miei.
Vieni con me ed il cibo diviene acqua ed il medicamentoso diviene
polvere, di variopinti colori i tuoi capelli, così come ti davo lo
sguardo.
Con te, con me in una figura amanti di Dio e per te e non per me, me ne
feci che fui qualcosa anch’io: né somma né estremo sono per te qui ora
a raccontarti ancora.
Sono giunta sino a te per dirti che vado via. E cosa ti dico, se colgo
quest’attimo e vado via con le mani nel sacco, nel sacco con me.
Guardo il sole morire e ripenso a te: cosa c’è nel cesto dei ricordi
che pensi e ripensi, che parli e taci, che vado e vieni.
Ora sono con te, ora sono.
Conduco le mani sul tuo corpo e la tua pelle chiara si fa di nuovo
tinta d’amore.
Sui tuoi passi lacrime d’oro e sui tuoi pensieri un cenno di me.
Vado via da te senza un briciolo di cortesia.
Semplicemente via.
Ti guardo andare via. Ma dove corri? Ma dove vai si poi rimani solo.
Senza di me guardi il mondo con occhi tetri. Con i miei occhi.
Come posso pensare a te se poi ti guardo e vedo insieme solo niente.
Solo il niente.
Vado via, tutto qui.
E con te chissà di cosa fare se non che abbandonarti.
Se non che morire.
Paola Scatola
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La vecchia
Sconosciuta vecchia donna, che nel tuo giardin fiorito
siedi immobile
sulla sedia e guardi curiosa la gente passare. Il tuo corpo ormai
malato e inerme incontrò un giorno il mio sguardo e sognasti la mia
frenetica giovinezza.
Antico ormai è il tuo vivere e speranza di vita non è più in te, ma
eterna sarà la tenerezza che è nel nostro cuore.
Medusa
All’ultimo momento vidi un’ombra di donna svoltare
dietro il muro.
Decisi di seguirla per vedere frettolosamente il suo vero volto, se
fosse delicato e suadente o terribilmente mostruoso e pauroso, che
facesse un’intensa impressione a tutti gli uomini.
Come, per esempio, il volto della Medusa.
Roberto Ramosi
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Autunno
Autunno fugace, poco ti soffermi per dare calore, ma
sempre più in
fretta corri verso un destino spietato, che fa morire alberi e fiori.
Nella strada dei piccoli borghi si espande un forte profumo di mosto e
di caldarroste e le tue braccia son cariche di uva, di vini e
ciclamini. Esili alberi di rosse foglie si rivestono. Sembrano dolci
dipinti, usciti da bocche e da piedi di artisti che delle lor mani son
privi o che non san cosa farne. Una fitta coltre di nebbia scende al
mattino, ma qualche volta il bel sol vuol far capolino. Le foglie morte
che tu stendi al suolo son foglie tristi e che si prestan ad esser
portate qua e là dal vento, ma son pur sempre un romantico dono che
alla terra tu porgi, perché così le conservi; e che più tardi ancor
vita le doni.
Mariangela
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Sfogatoio della fretta
E la fretta è meglio metterla solo nello sfogatoio
Fretta, Fretta! Maledetta! Fretta! Maledetta fretta!
Non ne posso più di sentire di amici che decidono di farla finita. Sì,
hanno il coraggio e la fretta di suicidarsi. Ma perché la fretta di
concretizzare un episodio che prima o poi dovrà inevitabilmente
accadere? Quanto dolore interiore si deve avere per fare una scelta
così drastica! La speranza di stare meglio, rispetto ad un oggi così
sofferto, la ricerca di un aldilà posteriore alla vita terrena così
irrimediabilmente insostenibile: forse. Non voglio indagare troppo su
quelle che sono le cause psicologiche del gesto del suicidio che è
competenza sanitaria. Ma la domanda del perché, cari amici, che avete
avuto fretta di fare questa scelta senza chiedere aiuto, comprensione,
ascolto puramente amicale a noi che facciamo parte della grande
famiglia del fare assieme.
Sì, il fare assieme deve crescere come una famiglia, che è una cosa
diversa dal servizio fornito dal DSM. In famiglia c’è sempre una
persona con cui riesci a comunicare meglio rispetto ad un’altra, a cui
vuoi comunque lo stesso bene e con cui magari hai altri interessi in
comune. Non è mai detta l’ultima parola, c’è sempre una speranza, è
certo che la risposta non è sempre immediata, non bisogna avere fretta.
Spesso la strada della guarigione non è costante nel breve. A volte si
fanno cinque passi avanti e quattro indietro. Ma si va pur sempre
meglio.
Spesso la fretta del benessere la si confonde con quella di avere tante
cose. Con la fretta di guadagnare, essere ricchi ed abbienti. Nel fare
insieme si ha molto, ma molto di più, oltre ad essere messe in comune
le cose (miti contemporanei): dai mezzi per spostarci, per fare feste,
per fare gite, per fare sport, ma soprattutto, ed è tanto più
importante, le energie affettive, ‘fratellizzanti’, ‘amicanti’,
solidali e anche, quando capita, amorose.
Lo so, purtroppo lo so, quando si sta male non si percepisce questa
energia, che ti attornia ma che proprio non riesce a scaldarti. Anche
un tenero abbraccio può essere fastidioso o mal interpretato. Spesso
quando si sta male, ci si sente tanto soli, molto soli e quello che si
cerca è una compagnia di carattere amoroso che può darti l’impressione
immediata di cambiarti la vita, ma non bisogna avere fretta. Bisogna
crescere in sintonia. Il rischio è altrimenti quello di bruciare il
tutto ritrovandosi ancora più soli e incompresi di prima. Quindi,
calma, prediamo fiato, mettiamo via la fretta, che ci riusciamo con il
fare insieme… Scusate le sgrammaticature, ma fanno parte dello
sfogatoio. Altrimenti che sfogatoio è?
Fabio
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Fretta (1983)
La sveglia al mattino mi dice "Ti devi sbrigare"
se perdo anche il bus delle otto mi tocca aspettare
il caffè bollente mi scorre nelle vene
e stringo quel po' di gioventù che mi appartiene.
Per darmi un'occhiata allo specchio nemmeno un minuto
il mondo va avanti e quaggiù chi si ferma è perduto
la vita che passa è un bulldozer che non ha pietà
e inseguo ogni giorno un traguardo che rimane là.
Fretta
mi possiedi mi prendi mi svuoti mi mordi tu
fretta
il mio mondo di uomo moderno dirigi tu
fretta
l'orologio è tuo complice, lancette che corrono in
fretta
una volta per tutte vorrei liberarmi di te
io voglio vivere!
Bambini nei prati che giocano e sono felici
mentre io faccio i salti mortali per vedere due amici
quando la vita ti prende non c'è niente da fare
ti resta soltanto il bisogno di qualcuno da amare.
Qualcuno che mi porti via magari per sempre
che sia una certezza precisa qui nella mia mente
che cerchi di farmi sorridere anche se non ne ho voglia
invece di farmi volare qua e là come fossi una foglia.
Fretta........(Rit.)
Lasciami andare-non voglio morire
ridammi il mio tempo mi voglio fermare
voglio capire che cosa c'è fuori
pigia sui freni ridammi i colori.
Fretta.........
Max Trentini (testo di una sua canzone)
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Recensione del film: “Dante's Peak - La furia della
montagna”
1997, regia di Roger Donaldson, con Pierce Brosnan e Linda Hamilton
In questo film, sono stato colpito dal rapporto molto
amichevole
tra il sindaco (Linda Hamilton) e il bravissimo vulcanologo (Pierce
Brosnan) che, comprendendo dai primi segnali che il vulcano che
sovrasta Dante’s Peak si sta risvegliando, cercano insieme di salvare
gli abitanti della città. Il capo dell’équipe di vulcanologi e i
consiglieri comunali, invece, si dimostrano ottusi e non raccolgono
l’allarme. Una frase di Pierce Brosnan mi ha estremamente colpito: “Se
metti una rana nell’acqua e la metti a scaldare, questa rimane morta
bollita, ma se l’acqua è già bollente e ci metti la rana dentro, questa
salterà fuori all’istante”. Il vulcanologo intende dire che, di fronte
a una rovinosa eruzione ovviamente tutti si attivano per l’emergenza e
per l’evacuazione della città, invece di fronte ai primi segni di
risveglio di un vulcano, specialmente se era inattivo da molto tempo,
la gente purtroppo tende a minimizzare. Non avendo ascoltato chi già
aveva esperienza sul campo (Pierce Brosnan), non si era potuto quindi
prevenire il disastro. Già prima dell’eruzione erano morte alcune
persone per delle attività subdole del vulcano e dopo, durante
l’eruzione, la gente, presa dal panico, con la fretta e senza
organizzazione, si precipitava a fuggire dalla città. Così si moriva
sia per il vulcano che per la troppa fretta di fuggire!!!
Darietto
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Vacanze umbre
Quest’anno il Fareinsieme ha organizzato le vacanze
estive, ormai
abituali, in un agriturismo in Umbria, nel comune di Passignano, sulle
colline che dominano il lago Trasimeno.
Sono state delle vacanze molto piacevoli e, a parte un terribile
temporale che ci ha colto mentre eravamo in pizzeria, costringendoci a
rifugiarci all’interno del locale, anche con la meteorologia siamo
stati piuttosto fortunati. Abbiamo sì fatto anche delle gite nei
dintorni, ma, almeno per ciò che mi riguarda, ci siamo soprattutto
riposati e rilassati. Ed io, dopo tanti anni, ho riscoperto il piacere
di giocare a carte con degli amici vecchi e nuovi.
Ciò che ho notato con grande piacere, rispetto ad altre vacanze, è che
tutti i partecipanti si sono mostrati estremamente disponibili a dare
una mano; al momento di apparecchiare o di lavare i piatti non c’è
stato il fuggi-fuggi generale che ricordavo in anni passati, ma anzi
una gara ad offrirsi volontari.
Un ringraziamento dal profondo del cuore ad Adriana, Gianfranca e
Martina, senza la cui opera instancabile queste vacanze non sarebbero
state possibili. E non parlo di Michele, visto che tutti noi siamo ben
coscienti di quanto gli dobbiamo.
Ma un pensiero particolare va a Vincenzo, che dopo essersi tanto
impegnato per la buona riuscita delle vacanze, a causa di un malessere
improvviso non ha potuto prendervi parte. Alla prossima, amico mio!
Antonio Serra
Servizio fotografico di Moreno Melega
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La posta
Cara Concetta e cari amici della redazione del Faro,
sono ad
inviare il piccolo contributo di un nostro socio sul tema in corso: "La
fretta". Questo contributo è da ritenersi singolo e spero ne seguiranno
altri che certamente vi invierò. Il gruppo di UmanaMente ha deciso di
occuparsi per i prossimi incontri di GUARIGIONE. Saremo certamente
lieti di inviarvi il lavoro finale su questo concetto così importante
quando avremo finito.
Per il momento vi saluto e vi abbraccio
Elena Pasquali - Associazione
UmanaMente - elena.pasquali@libero.it
Salve, desidero tutti i numeri arretrati de Il Faro. Non riesco a
scaricarli. Vi è anche la possibilità di avere le copie già stampate di
tutti i numeri - ovviamente pagandone il costo?
Vi ringrazio, buona giornata
Torina Fino Serra - torinafino@yahoo.it
Gentile signora Fino,
purtroppo le copie cartacee degli arretrati de Il Faro non sono più
disponibili, pertanto l'unico modo di procurarsele è scaricare i file
dal sito internet e poi stamparle con una normale stampante.
Provo a descriverle la procedura per scaricare i file, che dovrebbe
funzionare. Sul sito http://ilfaroinsieme.blogspot.it/ compare l'elenco
di tutti i numeri e gli allegati sinora usciti; cliccando col mouse sul
numero che interessa si apre automaticamente un'altra finestra in cui
compare il numero desiderato in formato PDF. In alto a sinistra
compaiono varie scritte tra cui "File", cliccandoci sopra col mouse
compare un menù a discesa che contiene varie voci, selezionando, sempre
col mouse, la voce "Scarica", si apre un’ulteriore piccola finestrella
in cui sta scritto: "Aprire o salvare il file?". Selezionando "Salva" e
poi "Salva con nome" si può salvare il numero del giornale sul proprio
computer, nella directory e con il nome che si preferisce. Dopo di che,
naturalmente, se si vuole lo si può stampare.
Sperando di esserle stato d'aiuto la saluto cordialmente
Antonio Serra per la Redazione
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