ottobre 2013 - anno VII  n. 4 - La fretta


sommario

Fabio Tolomelli

Editoriale

Piergiorgio Fanti

Carlo Carrà “Ciò che mi ha detto il tram” – 1910 (olio)

Ave Manservisi

La fretta

Giorgia Bolognini

Ho un po’ di fretta

Dina (A.I.T.Sa.M.)

Una dispotica compgna di viaggio

Lucia

Presto e bene, vanno o non vanno insieme?

Luca Gamberini

La fretta

Osanna Esposto

Bip, bip, bip…

Dedicato ad Arianna
Lo spazio della poesia

 

      Matilde Fabbri     Fretta
      Piergiorgio Fanti     1 settembre (al Luna Park)
      Luisa Paolucci delle Roncole     Se tu splendi un istante
      Mariangela     Al sole
      Daniela Mariotti     La fretta
      Daniela Mariotti     Al faro
      Loopa Sonivree     Toto
      Darietto     La fretta è …
      Daniela Mariotti     Ieri vedevo favole
      Paola Scatola     La fretta
      Daniela Mariotti     Scrivo

CD di Casalecchio

Una maschera che indossiamo la mattina

L. L.

Curiose contiguità

Darietto

Organizzazione e fretta non stanno bene insieme

Alice Sommavilla

Letto per voi: il libro di Carl Honoré “... e vinse la tartaruga”

Luigi Zen

Vignetta

Matteo Bosinelli

Fretta e sincerità in terapia psicoanalitica

Cristina Cavicchi

Cristicchi ha letto anche per te: “Le Confessioni” di S.Agostino

RTP Casa Mantovani

Scrittura libera su una poesia di Trilussa

Luigi Zen

Il gigante (Nettuno) e la casa di Lucio Dalla

Paola Scatola

Fretta

Paola Scatola

Pagine di diario

Roberto Ramosi

La vecchia / Medusa

Mariangela

Autunno

Fabio

Sfogatoio della fretta

Max Trentini

Fretta (1983)

Darietto

Recensione del film “Dante’s Peak – La furia della montagna”

Antonio Serra

Vacanze umbre (foto di Moreno Melega)

***

La Posta

 

                     

L’editoriale


Fretta, Fretta! Maledetta! Fretta! Maledetta fretta!
Non ne posso più di sentire di amici che decidono di farla finita. Sì, hanno il coraggio e la fretta di suicidarsi. Ma perché la fretta di concretizzare un episodio che prima o poi dovrà inevitabilmente accadere?
Quanto dolore interiore si deve avere per fare una scelta così drastica! La speranza di stare meglio rispetto ad un oggi così sofferto, la ricerca di un aldilà posteriore alla vita terrena così irrimediabilmente insostenibile: forse. Per il momento basta. Vi invito alla lettura dello sfogatoio se volete approfondire questa mia sofferenza.
Dal dizionario Gabrielli per fretta si intende la voglia o il bisogno di fare o avere con sollecitudine.
Aggiungerei, al fare e all’avere, l’essere. Comincerei proprio da quest’ultimo. L’essere. Sì, questo termine mi ha sollecitato in vari aspetti della vita. In particolare per quanto riguarda l’apprendimento, sia dalla lettura di libri che dalle lezioni orali. Sì, la fretta di essere bravo e competente senza il dovuto tempo di metabolizzazione mi ha portato a forti frustrazioni. Sia dal punto di vista morale che conoscitivo. Ossia, non riuscendo a imparare in fretta come altri, mi rattristavo molto e ciò finiva con l’influire sull’aspetto cognitivo, limitandomi ulteriormente nell’apprendimento.
Seguendo la traccia del dizionario analizziamo l’aspetto del fare. Quando si è in questo campo viene spesso richiesto di fare presto e bene. La cosa non è semplice sia che si tratti di un bravissimo operaio, sia che si tratti di un grandissimo neurochirurgo. L’avere. L’avere fretta di avere una cosa è una pulsione molto forte, che è forte in gioventù e decresce col crescere degli anni. Prima i giochi, poi le vetture. Poi altre cose sono delle attrazioni che devono essere ben ragionate senza fretta. Per concludere un aspetto che comprende tutti gli aspetti della fretta è l’amore. Personalmente credo che essere innamorati, avere amore e fare l’amore, sono le condizione in cui sono sempre stato più frettoloso.
Spesso ho commesso errori di fretta in questo senso; ma sono contento di essere quello che sono e di stare con Cristina. L’aspetto ‘positivo’ della fretta è che aiuta a non cadere nell’ozio e nell’apatia. La vita è ora e dobbiamo essere solerti nel viverla. È importante non cadere nella frenesia che, secondo il dizionario di psicologia dell’Espresso, consiste in “uno stato di eccitazione, di euforia, disinibizione, illimitata fiducia in sé stessi, fuga dispersiva di iniziative in modo completamente acritico”. Così quando sto per cadere in questa situazione, e mi è capitato, tiro il freno e cerco aiuto.
Cari amici lettori, chiediamo aiuto quando sentiamo brutti pensieri che ci portano una fretta di realizzare cose che in quel momento ci sembrano lucide chiare e necessarie, come assumere sostanze o prendere decisioni verso la propria vita. Aiuto a riflettere, non avere fretta, perché come dice Tricarico nella canzone Io sono Francesco:
“il mondo può essere diverso / tutto può cambiare / la vita può cambiare / e può diventare / come la vorrai inventare / ditele che il sole / nascerà anche d'inverno / che la notte non esiste guarda la luna / ditele che la notte è una bugia / che il sole c'è anche la sera”.

Allego il testo con il consiglio di ascoltare la canzone e se siete curiosi potete leggere lo sfogatoio.

Fabio Tolomelli





Io sono Francesco



Buongiorno buongiorno io sono Francesco io ero un bambino che rideva sempre ma un giorno la maestra dice oggi c'è tema oggi fate il tema, il tema sul papà io penso è uno scherzo sorrido e mi alzo le vado vicino ero contento le dico non ricordo mio padre è morto presto avevo solo tre anni non ricordo non ricordo lei sa cosa mi dice neanche mi guardava beveva il cappuccino non so con chi parlava dice "qualche cosa qualcosa ti avran detto ora vai a posto e lo fai come tutti gli altri" puttana puttana, puttana la maestra puttana puttana, puttana la maestra io sono andato a posto ricordo il foglio bianco bianco come un vuoto per vent'anni nel cervello e poi ho pianto non so per quanto ho pianto su quel foglio bianco io non so per quanto ho pianto brilla brilla la scintilla brilla in fondo al mare venite bambini venite bambine e non lasciatela annegare prendetele la mano e portatela via lontano e datele i baci e datele carezze e datele tutte le energie Cadono le stelle è buio e non ci vedo e la primavera è come l'inverno il tempo non esiste neanche l'acqua del mare e l'aria non riesco a respirare e a dodici anni ero quasi morto ero in ospedale non mangiavo più niente e poi pulivo i bagni, i vetri e i pavimenti per sei sette anni seicento metri quadri tadanatadadana e il mio capo il mio capo mi ha salvato li ci sono giochi se vuoi puoi giocare il padre è solo un uomo e gli uomini son tanti scegli il migliore seguilo e impara buongiorno buongiorno io sono Francesco questa mattina mi sono svegliato presto in fondo in quel vuoto io ho inventato un mondo sorrido prendo un foglio scrivo viva Francesco brilla brilla la scintilla brilla in fondo al mare venite bambini venite bambine e non lasciatela annegare prendetele la mano e portatela via lontano e datele i baci e datele carezze e datele tutte le energie venite bambini venite bambine e ditele che il mondo può essere diverso tutto può cambiare la vita può cambiare e può diventare come la vorrai inventare ditele che il sole nascerà anche d'inverno che la notte non esiste guarda la luna ditele che la notte è una bugia che il sole c'è anche c'è anche la sera.


Francesco Tricarico


Carlo Carrà: ‘Ciò che mi ha detto il tram’ – 1910 (olio)


pagina 1



Carlo Carrà, nato nel 1881 a Qualgnieto (Alessandria), iniziò da autodidatta. Nei primi anni del XX secolo fu operaio decoratore, lavoro che gli dette da vivere fino ai ventitré anni.
Si recò per lavoro a Parigi e a Londra. Tornato in Italia frequentò, tra il 1904 e il 1908, l’accademia di Brera a Milano.
Dopo esordi divisionisti, nel 1910 aderì al movimento futurista.
Il quadro che propongo, Ciò che mi ha detto il tram, appartiene a quel momento. Il tram appena si distingue, con la sua fragile presenza, e il dentro e il fuori appaiono un tutt’uno. Le figure frettolose ed accalcate sono inesorabilmente fuse in un magma coloristico. Non esiste per Carrà idolatria della macchina, ma piuttosto attenzione vivace per le conseguenze che la macchina è destinata ad avere sulla qualità della vita e quindi sulla sensibilità dell’uomo.
In Carrà permane pure il rifiuto di una certa sensuosità, comune ad altri futuristi: l’artista si accosta di preferenza alla lezione cézanniana ed è sempre portato ad un ricco contributo alla dialettica del linguaggio artistico nel suo progredire. Il periodo futurista è da considerarsi un’esperienza utile allo sviluppo della sua pittura; nelle opere di questo momento riconosciamo alcuni atteggiamenti che poi rimarranno caratteristici del modo di dipingere del Maestro.
1914, scoppia la guerra, nell’animo di Carrà matura frattanto la crisi del futurismo.
1915-16, si stringono per il pittore i rapporti già cordiali col gruppo fiorentino de La Voce.
L’artista dipinge opere sintetiche e grottesche dove è possibile riscontrare la ricerca di un nuovo equilibrio tra staticità e movimento.
In seguito, l’amicizia stretta con Giorgio De Chirico in un convalescenziario di Ferrara (1917) portò la sua adesione alla ‘Metafisica’.
Dopo il periodo metafisico, la sua opera volgerà ad una pittura permeata da una struggente malinconia (un sensibile ‘realismo magico’ mai dimentico dei suoi periodi astratti ed arcaici).
Il valente pittore, che fu anche appassionato critico di arti visive, si spense a Milano nel 1966.


Piergiorgio Fanti


La fretta


Spesso coloro che hanno ‘fretta’ sono persone disturbate psicologicamente dalla paura del tempo che scorre veloce, dalle potenti figure di orologi, dal tic-tac delle sveglie, dal circadiano alternarsi dei quadri buio-luce e, alfine, dalla paura di non arrivare prima dell’evento al quale si sono proposti di essere presenti.
Allora corrono, si sbrigano, guardano sempre che ore sono e contano i soldi nella tasca. Accendono tutti i pulsanti, tutti i motori, tutti i telefoni; si alzano prima, chiedono a tutti, girano a passo di marcia. Sono sempre lì, fissi e stoccafissi, e non guardano in faccia nessuno. Guardano solo che ore sono. Così va il mondo, il tempo è denaro.
Però ad ascoltare sempre i tempi, i luoghi, e se c’è o non c’è quella cosa, si finisce per diventare come i burattini, la cui ragnatela è fissata ad un muro grigio che è il presente, il passato ed il futuro, tutti programmati e futuribili, ma le mosche sono prese tutte dalla ragnatela.
Secondo me, una volta il mondo non girava in questo verso: la gente dormiva, osservava e guardava, faceva caso al sole e alla luna. E poi esisteva la meraviglia, la fantasia e lo stupore.
Anche adesso ci sono persone così, ma sono poche, e vengono dette ‘lumache’, ‘tarde’, ‘ritardate’, o anche ‘tonte’ o ‘cieche’, perché arrivano dopo alle feste di Natale o di Pasqua o di Pasquetta, fuori porta.
Io, Ave, sono contenta di non capire niente e - forse - anche di avere visto poco. Ciao!


Ave Manservisi


Ho un po’ di fretta


Quante volte sentiamo dire, da noi stessi e dagli altri: "Ho fretta, non ho tempo di scrivere un articolo, ho fretta". Sono al supermercato: ho preso tutto quello che c'era nella lista, mi sono accaparrata tutto quello che desideravo, ma arrivata alla cassa vengo sorpresa da una sensazione di fastidio, d'insofferenza: "Quanto ci mette il cliente davanti a me? Ma quanta roba ha comprato? Come è lento!". Lo stesso agli sportelli pubblici, le cosiddette ‘file’ o ‘code’, in autostrada, alla posta, al CUP, alle visite mediche…
Ma che cos'è la fretta? La paura che il tempo non passi, di rimanere sospesi nel vuoto, nell'eternità. Da secoli l'uomo cerca rifugio ai propri mali (fugge il tempo). Meglio sarebbe se cercasse invece di analizzare la sua condizione e porvi rimedio. Quante volte l'individuo, stando male con sé stesso (Lucrezio), fugge da una situazione cambiando luogo, spostandosi dalla città alla campagna, dall'interno all'esterno, dal pensare troppo in modo rabbioso al non pensare completamente a niente. Egli, in questo modo fugge da sé stesso, e si crea un vuoto (annullando il pensiero) che poi colmerà con gli stessi stratagemmi inventati da lui o da altri.
La sensazione dell'eterno può spaventare l'umano, che si vede proiettato talmente avanti, in un futuro al di là di questo mondo che nemmeno lui può immaginare. Per questo in molti autori letterari o religiosi, o in molti testi teatrali, si trova il modo di dare un senso alla morte, d'interpretarla (nell'antichità con pratiche astrali e divinatorie), di comunicare con i defunti. In quasi tutte le religioni viene promesso che dopo la morte verrà un'altra vita, la vita eterna, il Paradiso, un mondo perfetto alla fine di quello che ora è considerato imperfetto e causa di peccato (ma il peccato non è forse da ricercare nel mondo, è insito nell'uomo, nel suo cuore e nei suoi pensieri). Una persona malvagia, o attaccata ai beni materiali, ha paura della morte e dell'eternità che ne consegue. Si può dire che la fretta può ed è corrisposta dalla corrisponda alla paura della morte. In altri casi la fretta può essere positiva, per esempio la fretta di uscire presto alla mattina per andare al lavoro, la fretta di uscire per arrivare puntuali ad un appuntamento, oppure la fretta agonistica o competitiva, la fretta di arrivare primo in una gara (per vincere una coppa o una medaglia), o la fretta di raccogliere qualcosa nell'orto prima che venga a piovere, la fretta di tornare a casa dopo una giornata di lavoro, la fretta di vedere qualcuno, di andare in un luogo che ci piace, avere fretta di finire un lavoro, perché ci è stata chiesta laboriosità. A volte la fretta può generare virtù come laboriosità, solerzia, impegno, buon auspicio. Al contrario è negativa: lavoro in fabbrica, lavoro a catena. Si può dire che la ‘fretta’ è una sofferenza o un'insofferenza dell'essere umano, fragile e insoddisfatto, che cerca di capire e rimediare agli errori del passato fuggendo e fuggendo il passato stesso. Quindi una fuga dal tempo, più che da uno spazio all'altro, invece che studiarli per porvi rimedio.
Un altro aspetto della fretta può essere collegato ai rapporti umani con chi ci circonda: avere fretta di essere ascoltati, avere fretta di congedarsi da qualcuno (per qualche nostro tornaconto), avere fretta di finire un lavoro per poi riposarsi. Allora se tutto tende al riposo, o a vincere qualcosa (per esempio un premio) o a stare meglio, può essere visto nella fretta qualcosa di positivo, che si protende verso una situazione di quiete e di calma interiore.
Certo, nella società occidentale la fretta è molto più evidente che nell'oriente. La città, con i suoi ritmi frenetici, semafori, passaggi, parcheggi per le auto, autobus, mezzi di trasporto pubblico, incroci, deviazioni è nevrotizzante. Il capitalismo, con i suoi ritmi spietati ha di sicuro come prodotto la fretta. Il lavoro stesso (fabbriche, officine, cantieri), che ha prodotto un certo boom economico negli anni ‘80, in questi tempi ha subito un tracollo vertiginoso, influendo sulle nostre vite.
La fretta ci costringe (in qualche modo) ad uno sforzo, a bruciare le tappe, ad ignorare gli altri, e specialmente chi è nel bisogno (andare di fretta, passare oltre).
Il contrario della ‘fretta’, è quindi la ‘calma’? Nei paesi orientali, la calma è un modo di vivere, nel senso che nella religione e nelle discipline come lo yoga e nelle arti marziali, vige una sensazione di pacatezza, associata ad un livello consapevole di conoscenza interiore, di sé e del mondo che ci circonda. Le pratiche religiose, le preghiere con i Mantra, portano alla saggezza e alla sapienza (tesori nascosti che portiamo dentro di noi) e a raggiungere uno stato puro ed elevato che si definisce Nirvana (pace dei sensi e perfezione profonda e interiore). Anche nella nostra religione per esempio appare questo aspetto della pace interiore, con noi stessi e con il prossimo, che ha una trasposizione nell'incontro e nel perdono. Questo è un concetto molto più concreto, o se si vuole materiale, della calma, la calma vista come riposo, benedizione, preghiera, ma anche contro l'ira, il peccato, e antidoto contro la morte.
Nel giudicare gli altri o le situazioni degli altri, è spesso la fretta che ci comanda e ci mal consiglia. Costa molto più mettersi in ascolto, che parlare o capire, invece di giudicare.
E anche questo articolo, l'ho scritto in fretta...


Giorgia Bolognini


Una dispotica compagna di viaggio


Considero la fretta una dispotica compagna di viaggio dei Tempi Moderni. Scandisce il ritmo della nostra quotidianità. Ci impone di correre di pari passo al progresso di cui siamo schiavi, ma non sempre ‘FARE TANTO’ si concilia col ‘FARE BENE’. Sovente ci impedisce di soffermarci a gustare appieno le piccole gioie della vita.
La fretta ci assilla sin dal mattino. Il traffico intenso costringe i mezzi di trasporto a lunghe file e chi si reca al lavoro arriva già stressato. Così, per evitare ritardi, rinuncia alla colazione in famiglia. Il pranzo a tavola non esiste più. Si è ridotto ad uno spuntino trangugiato in fretta e se lo stomaco protesta per questo trattamento, sale il conto della farmacia.
Anche i bambini subiscono un ritmo accelerato: scuola, sport, attività varie, una girandola di impegni, uno dopo l’altro, spronati dagli adulti che sperano in successi più volte irraggiungibili. Mi chiedo se riescono ancora a godere il lato piacevole e giocoso di ciò che fanno.
I rapporti umani sono relegati al poco tempo che rimane… se rimane. Ho visto spesso persone salutarsi per strada senza fermarsi.
- “Ciao!”
- “Ciao! Scusami vado di fretta”.
Parole pronunciate con il viso girato sulla spalla, per guardarsi, incrociandosi, senza rallentare. Che tristezza!
Ho vissuto in altri tempi, quando tutto era più semplice e tranquillo. Ho nostalgia della bella abitudine di comunicare con lettere e cartoline, rimaste testimoni di emozioni e sentimenti che puoi rivivere in ogni momento, rileggendole.
Ora è tutto diverso. Una telefonata è il massimo dell’impegno, perché è più comodo e veloce un messaggino e via. Però non rimane niente.
Questa FRETTA esasperata mette ansia, un sintomo dilagante che può generare insofferenza, irritazione e tutto si complica.
Occorre un po’ di calma e serenità che non sia lungaggine o indifferenza.
E per finire, alla FRETTA vorrei dire: “Va’ un po’ a trovare i nostri governanti e chi amministra la burocrazia, troverai molto da fare, e noi, poveri Cristi, lasciaci respirare”.


Dina (A.I.T.Sa.M.)


Presto e bene, vanno o non vanno insieme?


“Questo problema va risolto in fretta!” . Chissà quante volte l’avrete detto. E chissà quante volte vi sarete sentiti rispondere: “Presto e bene non vanno insieme”. È un proverbio arcinoto, e come tutti i proverbi trasuda saggezza popolare: insomma, bisogna saper aspettare. Giusto. Però, detto così… mi sembra un po’ troppo perentorio: sembra voler dire che, per evitare il rischio di ‘far presto e quindi male’, ci convenga optare toutcourt per un ipotetico ‘far bene, ma tardi’.
Nelle pieghe della nostra lingua sono nascoste tante sfumature di senso. Se parliamo di ‘fretta’, o di ‘premura, urgenza, furia, frenesia’… l’idea, sotto sotto, è di disagio o peggio di pericolo. Sono parole che evocano un senso di tensione, pressione, costrizione, ansia, agitazione, perdita di controllo. Si salvi chi può!
Ma ci sono anche parole come ‘rapidità, velocità, prontezza, sollecitudine, solerzia’… che fanno pensare all’efficienza, al dinamismo, al buon funzionamento e alla produttività. La parola ‘presto’ di per sé non ha significato negativo né positivo: sta in mezzo, appunto. Che un desiderio si realizzi ‘presto’, a volte può essere una pretesa esagerata, ingiustificata o assurda, ma molto spesso è un’indiscutibile esigenza o comunque una legittima aspettativa. Chi può negare, ad esempio, l’importanza dell’organizzazione per l’emergenza e per la protezione civile, o in ambito sanitario e sociale l’utilità della prevenzione e della limitazione del danno? E, per restare nel campo della salute mentale, chi non comprende ad esempio quanto sia necessaria la tempestività in un esordio psicotico o in una crisi distruttiva? In questi casi, se al ‘presto’ non si unisce il ‘bene’, il desiderio non si realizza proprio per niente, anzi, si ottiene l’effetto contrario.
Quindi, in barba al proverbio di cui sopra, soprattutto quando c’è un problema grave da risolvere, è sacrosanto augurarsi di far ‘presto e bene’, augurio che in latino diventa un grazioso gioco di parole: propere et prospere. Se poi non ce la possiamo proprio fare, altri proverbi ci soccorreranno: i consolatori ‘Meglio tardi che mai’, ‘Chi si contenta gode’…
Ma qual è l’ingrediente necessario per realizzare questo benedetto ‘presto e bene’? Est modus in rebus, c’è una misura nelle cose, diceva Orazio, grande estimatore del giusto mezzo. Ecco… il modo… Mi viene in mente il motto di Augusto, Σπεύδε βραδέως (in greco ‘Affrettati lentamente’) che lo storico Gaio Svetonio Tranquillo tradusse con le parole latine Festina lente.
Gli ossimori possono sembrar bizzarri, ma il più delle volte sono messaggi fulminanti. Proprio grazie all’accostamento degli opposti, esprimono in modo sintetico e immediato un pensiero profondo. In questo caso una perla di saggezza: “Pensaci bene prima di agire, ma quando hai deciso, non perdere altro tempo”.
Nel Cinquecento, il motto augusteo fu adottato da Cosimo I de’ Medici, ambizioso granduca di Toscana, che lo volle nel suo stemma, unito alla curiosa immagine di una tartaruga con la vela. Certo il pittore che la ideò era pieno di buone intenzioni, ma l’effetto non mi sembra granché riuscito. La bestiola veleggia col vento in poppa, ma non ha un’aria entusiasta, anzi, appare prostrata, con l’albero maestro conficcato nella schiena. Più che lanciata in un ponderato ma vispo decisionismo, si direbbe rassegnata a un’accelerazione imposta dall’alto.
Mi sa che al giorno d’oggi siamo un po’ tutti come quella tartaruga in balìa del vento. Il mondo va talmente veloce che non riusciamo a vedere né dove stiamo correndo né che cosa ci spinge a farlo. E noi, senza darci il tempo per confrontarci, approfondire, prevenire, andiamo avanti a testa bassa, tamponando a fatica emergenze e contrattempi. Ma cambiare passo fa paura. E la fretta diventa, oltre che una necessità, un alibi. Cara umanità, FESTINA LENTE!!!


Lucia


La fretta


Il tempo trascorreva veloce
I pensieri viaggiavano nella mente
La scelta era difficile
Il tempo era ristretto
Qualcosa stava per succedere
La decisione ormai era stata presa.


Luca Gamberini


Bip, bip, bip…


Bip, bip, bip… Biiip, Biiip, Biiip… Biiiiiiiiip, Biiiiiiiiiiip, Biiiiiiiiiiiiiiiiip…
Ore 5,45. Sveglia! È mattina! Giù dal letto! Mi alzo già stanca al pensiero di affrontare una nuova frenetica giornata. Mi preparo in un baleno, scendo in cucina: colazione? No, non c’è tempo. Una carezza veloce al mio cagnone, un rapido pensiero alla famiglia che ancora dorme e corro al lavoro. Quaranta minuti di viaggio a velocità sostenuta per arrivare prima possibile, sperando così di uscire prima possibile (fantastico orario flessibile). Timbro, prendo un caffè al volo al distributore e raggiungo la scrivania. Un frettoloso saluto alle colleghe mentre accendo il PC e… le decine di mail mi travolgono. Tutti vogliono qualcosa, subito!!!!! Passano così le prime quattro ore, finalmente pausa pranzo. Ma non vado in mensa, vicino all’ufficio c’è un centro commerciale e allora… Corro al lavasecco, passo dal calzolaio, entro in farmacia e… che ore sono? Sì, ce la faccio, un salto anche al supermercato a prendere giusto due cose (speriamo che non ci sia fila alle casse e che la cassiera sia veloce …).
Rientro al pelo in ufficio, altre quattro ore sotto pressione e finalmente si esce. Sorrido mentre ri-saluto le colleghe e ritimbro.
Come ogni giorno non vedo l’ora di tornare a casa e come ogni giorno fantastico che quando arriverò mi potrò rilassare e fare le mie faccende con calma, gustando il sereno clima domestico… Romantica, effimera, visione!
Arrivo a casa, un saluto ‘stereofonico’ per farmi sentire da tutti quelli che ci sono. Mi cambio, mi affretto in lavanderia per caricare la lavatrice, poi mi fiondo in cucina per preparare una cena veloce. Infilo tutto nel forno (così ci pensa lui), giro lesta per casa rassettando un po’ qua e un po’ là. Tutti a cena! Cinque minuti e le pietanze si volatilizzano dai piatti e, in quei soli CINQUE minuti, tutti raccontano in fretta e furia di come è andata la giornata, di come sarà il tempo domani, di quello che combina la politica e poi puff… spariti di nuovo. Sgombro, sistemo un po’ la cucina, accidenti! Dovrei anche stirare, che ore sono? Dai, dai che una mezz’oretta la trovo. Accendo il ferro da stiro. Mentre aspetto che vada in temperatura mi ri-affretto in lavanderia per stendere il bucato e poi di volata in giardino per un’innaffiatina veloce ai fiori. Uff! Ho finito anche di stirare. Doccia, pigiama e finalmente ecco i MIEI DIECI MINUTI, quelli che, a ogni fine giornata, tengo solo per me e che mi servono ‘per avere la sensazione di avere vissuto’…
Tutti dormono e nel silenzio di tarda sera gironzolo pigramente tra casa e giardino. Ripongo un utensile, sistemo i cuscini del divano, vado fuori e faccio scorrere lo sguardo sul giardino che ho tanto desiderato e che non ho mai tempo di curare. Annuso l’aria, mhhhh, che profumo di primavera! Guardo in su verso il cielo: questa sera è una meraviglia, ci sono tantissime stelle, si vedono i carri e c’è pure una luna bellissima! Come mi piacerebbe vivere così, al rallentatore per ‘vedere’ e ‘sentire’ ogni momento le tante cose che la vita propone. Ah, se fossi nata bradipo! Sospiro e come ogni sera chiudo gli scuri, finalmente paga, e come ogni sera, prima di addormentarmi, penso: “Da domani si cambia registro, faccio le cose con calma, una alla volta, pian pianino…”, ma all’indomani: Bip, Bip, Bip…Biiip, Biip, Biiip…Biiiiiiiiiiiiip, Biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiip, Biiiiiiiiiiiiiiiiiip…


Osanna Esposito


Fretta


Nulla è più bello
di una dolce attesa.
Attendere l’amore.
Attendere la vita.
Evitare la fretta
per costruire
un futuro
migliore.


Matilde Fabbri


1 settembre (al Luna Park)


Un’irridente fermata
alla taverna dei sette peccati
un volo rapace
sul calcinculo;
ed eccoci agli specchi deformanti
(stretti-grassi magri-larghi):
a noi piace apparire degli alieni
improbabili abitanti delle stelle.
Stelle che in questa notte
si confondono alle bollicine
della mia Coca Cola.
Poco-da-lì
ci gettiamo in una vecchia giostra
(cavalli su e giù, ai ritmi vorticosi
di una ballata esotica).
Ci facciano pensare:
sfavillante Amore!
Ché finalmente il nostro desiderio
si può giocare.


Piergiorgio Fanti


Se tu splendi un istante


Se tu splendi un istante
per me quella è l'eternità.
Se io passo un istante con te
quello è l'universo.
Per noi ci sono infiniti universi
ed infinite eternità. Ti amo.
Sono felicissima e tocco
lo spazio con un dito,
tu appartieni al mio spazio e
tutto ciò che amo
fa parte delle innumerevoli
parti del mio spazio.


Luisa Paolucci delle Roncole



Al sole


Astro dorato e luminoso
che dopo la tempesta
appari all’improvviso
nell’infinito cielo
per diffondere calore.
Tu, che riscaldi la rugiada
del mattino e che disperdi
le nebbie e le bufere
e fai fiorire i prati a primavera,
risplendi pur sugli umili e i potenti
e sulla sorte delle umane genti.
A nessun chiedi paga o dovizia,
ma elargisci amore a chi ne è senza.
E se da Te il misero può ricevere
tale dono, ancor di più
da chi ti ha dato vita
può aver pace e perdono.


Mariangela


La fretta


La fretta non è
amica mia.
Più volte mi ha fatto
trovare porte chiuse.
Più volte mi ha
fatto trovare
distesa per terra,
senza parole
per non avere
raggiunto la meta.
Il cielo si è chiuso
sulla mia
inutile fretta,
mi ha lasciata
senza parole
con il pianto
in gola.
Più volte ho pensato
che si potesse
spazzare via,
riprendendo il tempo
con i suoi ritmi;
ma lei sorrideva
beffarda.


Daniela Mariotti


Al faro


Al faro:
forse sarà qui
che troverò
altre voci.
Ascoltare
il loro suono
mi farà bene
e accenderà
in me una
piccola luce.


Daniela Mariotti


Toto


Toto, camminare, correre, saltare
sembrano cose molto difficili,
ma sono sicuro che presto ci riuscirai!
Anche parlare sembrava impossibile,
però, come ben vedi,
già parli assai.
La tua vita s’è sospesa per un attimo,
hai rischiato di morire,
ma adesso sei fra noi,
Come potremmo fare senza di te?
Un passo alla volta stai migliorando,
non avere fretta,
devi utilizzare la pazienza,
devi avere forza e coraggio.
Toto non ti preoccupare,
noi ti stiamo accanto
cercando di renderti
meno difficile il cammino.
Prova a pensare un attimo se fossi morto.
Quante cose ti saresti perso!
Lavora duro
impegnati sempre al massimo!
La tua passione per gli animali ti è rimasta,
il tuo grande amore per i tuoi cani,
il loro grande amore per te
ti sta sicuramente aiutando…
Hai tante persone vicine
che ti vogliono un gran bene
e devi essere molto contento di questo.
Toto un piccolo miglioramento
significa che c’è grande speranza
in un recupero totale.
Ama tutti quelli che ti circondano
e non dare mai niente per scontato.
Il futuro è nelle tue mani,
ci vorrà un po’,
ma noi vogliamo che tu torni presto
alla tua vita di prima,
forse anche migliore.
Un grande abbraccio…


Loopa Sonivree


La fretta è…


La fretta è tua nemica,
non tenerla per compagna
anche se stai facendo fatica
nel tuo orticello di campagna.
Tieni a mente la calma
non compiere gravi errori
magari, mettiti seduto sotto una palma,
che così non avrai dubbi o timori.
La fretta è consigliera cattiva
e, quando vai a far compere,
ti distrugge, paghi il doppio di IVA:
stai più attento a come spendere.
L'intelligenza è una gran meraviglia,
devi sfruttarla a pieno, caro lettore,
altrimenti, ti perdi in ogni miglia
ed è brutto se ti ritieni un pensatore.
La fretta è persino maleducata:
non ti dà il tempo di prepararti,
ti porta ad avere la giornata disorganizzata
e alla fine, partendo da zero, devi rifarti!
Ci vuole pazienza e camomilla
altrimenti per poco ci si arrabbia
si accende il fuoco da una scintilla
e bisogna rinchiuderla con una gabbia.


Darietto


Ieri vedevo favole


Ieri vedevo favole
e poesie dappertutto:
mi sentivo accendere
di una luce interiore.
Adesso scrivo curiosa
di vedere dove va la penna:
è lei che guida; dove mi
porterà? Qui un dolce sole
d’autunno gioca
con ombre e foglie.
Quanta freschezza
percorre il cuore!
Leggeri pensieri
riempiti dalla
pioggia con poche
gocce: ascolto.


Daniela Mariotti


La fretta


Volevo in fretta andarmene da me e sono andata con te,
sono venuta con fretta con lui.
Volevo dirgli di sì
e ho capito che quel sì
sarebbe stato
in fretta.

C’era qualcuno
per cui valeva la pena
dirgli di sì, e in fretta.
Poi c’era qualcuno
a cui bisognava parlare così
quando si aveva fretta.

Io ho avuto i moderni sogni
di chi se ne sta andando:
ma la fretta non era la mia via.
Ho capito solo che c’era qualcuno
da amare,
ma me l’avrebbero portato via in fretta.


Paola Scatola


Scrivo


Scrivo per un cortile
vuoto che ascolta
volentieri il mio
bla bla bla
fatto di cicale
e continuo
e continuo
a salutare
il cortile vuoto
pieno di sogni
e soddisfatto
fino alla gioia.


Daniela Mariotti


Una maschera che indossiamo la mattina


"Quando mi sono messo talvolta a considerare le diverse agitazioni degli esseri umani e i pericoli e le pene a cui si espongono, alla Corte, in guerra, da cui nascono tante liti, tante passioni, imprese ardite e spesso malvagie, ho scoperto che tutta l'infelicità degli esseri umani deriva da una sola cosa e cioè non saper restarsene tranquilli in una stanza...".
Blaise Pascal (filosofo francese del Seicento)


"Abbiamo un bisogno urgente di rallentare, riprendere fiato, di sbarazzarci dell'angoscia di non arrivare a fare tutto quello che si deve fare nell'arco delle ventiquattro ore che fanno la giornata. Nella ricerca della tranquillità, il primo passo è il divorzio dal mito della velocità. Quello va bene per i programmi software e i gran premi di Formula Uno. Noi piccoli uomini, lasciamoci attrarre dal richiamo della lentezza. Cominciamo a praticare la sosta, le pause lunghe, il passo pigro".
Christoph Baker "Ozio, lentezza e nostalgia"


Come spesso si fa oggi quando ci si vuole documentare, ci siamo travestiti da internauti e, su internet, abbiamo raccolto il suggerimento del Signor Francesco Aleo: “Se l'origine della fretta è nella natura umana, può darsi che l'attuale situazione si sia incancrenita con il progresso tecnologico, che porta sì vantaggi e comodità, ma è anche maschera che nasconde le antiche paure: la solitudine, la malattia e la morte. Eppure, paradossalmente, proprio nel rifuggire queste realtà, la fretta dello stile di vita contemporaneo le trasforma in rischio ancora più concreto.
Come uscire da questo circolo vizioso?”. La fretta come maschera è la rappresentazione migliore che ci viene in mente, senza fretta. Una maschera che indossiamo la mattina, appena svegli, ancora prima dei vestiti. Una festa in maschera, la cui partecipazione comporta che si accetti l’invito per nascondere se stessi, per apparire migliori o diversi, per colmare il vuoto che si sente dentro, per mentire a se stessi. E quindi, che festa sarebbe se non si balla, si mangia e si beve? A una festa non si pensa e non ci sono elaborazioni di alcun genere. Anzi si va a una festa per distrarsi e non pensare, per dimenticare, per non fare qualcosa che porterebbe a fatiche mentali, che decidiamo quindi consapevolmente di lasciare nel dimenticatoio. Così nella vita moderna tutto sembra già scandito, come un orologio a pendolo che rintocca ogni ora, ogni minuto e ogni secondo. Abbiamo mille doveri da compiere con scadenze urgenti a ritmi disumani. Meglio, nel tempo libero, andare a feste, che non ci impegnino a trovare risposte alle tante o troppe domande che ogni essere umano, almeno una volta nella vita, è quasi obbligato a porsi. Forse è più facile correre di fretta insieme ad altri per il mondo che fermarsi un attimo da soli in una stanza.


Il gruppo di Rassegna Stampa
del Centro Diurno di Casalecchio di Reno


Curiose contiguità



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Guarda un po’… la fretta è parente della ‘fregatura’ e del… ‘menefreghismo’ !


L. L.


Organizzazione e fretta non stanno bene insieme


Nei molti film catastrofici che ho visto, il panico, cioè la fretta di fuggire con disordine da un evento di forza maggiore (tipo un vulcano in eruzione, un terremoto o altro), ha sempre portato molti più morti rispetto a quando si agisce con la giusta calma e organizzazione: in questo modo si possono salvare molte più vite umane. Questa è la premessa per introdurre anche dei proverbi che mi piacciono tanto:

"La fretta è una cattiva consigliera"
"La calma è la virtù dei forti"
"Chi va piano, va sano e va lontano"
"Chi ha tempo, non aspetti tempo"
"Presto e bene non stanno insieme"
"Raramente trova chi cerca in fretta"


Mi è accaduto spesso che, nonostante avessi la precedenza, come pedone, sulle strisce pedonali, molto spesso le automobili sfrecciavano ad alta velocità come se io fossi inesistente e quindi, dentro di me, mi incollerivo e pensavo: "Ma che diamine! Hanno il peperoncino su per il c#§o?". Stessa cosa capitò a me e ad alcuni clienti ATC, che dovevamo rincorrere l'autobus e l'autista sembrava scocciarsi ad attendere quei due secondi in più.
Anche quando conobbi la vera Bologna (da me quindi denominata Bolofogna), nella quale ero diventato più estroverso, capii che i negozianti (esclusi quelli degli extracomunitari), verso sera avevano una fretta di chiudere come se qualcuno gli puntasse un fucile addosso.
Anche nell'Amore, vedo coppie frettolose di sposarsi e, una volta congiunti, nel giro di poco tempo, vogliono il divorzio: io non li capisco!
Persino la tecnologia ha una fretta nella sua evoluzione. Ad esempio le console dei videogame, non fai in tempo a comprarne una con la sua partita di giochi che subito ne esce una più sofisticata: questo per me è una delle cause della crisi. Mi spiego.
Quando viene progettato il nuovo, quello vecchio diventa obsoleto e quindi produce pattume, inutilità e soldi sprecati; sarebbe invece più produttivo se anche quelli di vecchia data potessero rientrare assieme a quelli nuovi, così ci si divertirebbe di più e si sprecherebbe di meno.
ATTENZIONE : ciò che però più mi rattrista e mi fa arrabbiare, come ho detto nella premessa, è che molti non capiscono che ‘organizzazione’ e ‘fretta’ (e il ‘non ascolto’, specie da parte di chi ci amministra) non stanno bene insieme.
Ci vorrebbe più comprensione, educazione e creatività con le persone con cui ci si confronta; e non etichettare le persone, le quali hanno un potenziale creativo e organizzativo, facendole zittire, per poi, magari, con una mala organizzazione e fretta di creare un progetto, si manda tutto a rotoli! Le persone, secondo me, vanno ascoltate e prese, ciascuno secondo la sua professionalità, creatività e modo di lavorare, per creare assieme lo stesso progetto. Mettendo insieme tutto il nostro potenziale, verrà un lavoro più accurato, senza fretta e fatto per bene.


Darietto


Letto per voi: il libro di Carl Honoré “... e vinse la tartaruga”


“Elogio della lentezza: rallentare per vivere meglio”. Il sottotitolo, da solo, riesce a descrivere perfettamente i contenuti di questo originale, quanto importante libro.
L’autore si cimenta in un’accurata analisi di quello che sembra ormai essere diventato uno dei più invalidanti problemi della società contemporanea occidentale: la costante accelerazione, e l’immancabile frenesia che, sempre più spesso, come una sorta di automatismo, finisce per condizionare i rapporti e la psicologia dei singoli.
Ma Carl Honoré non si limita a questo, fa molto di più. Propone un modello di vita alternativo che strizza l’occhio ai progressi delle innovazioni tecnologiche, pur tenendo conto dell’importanza che ha per l’uomo il riuscire a riappropriarsi del proprio tempo. Insomma, quella “Metriotes” tanto decantata dai latini, che avevano capito fin dall’antichità, l’importanza di opporsi al manicheismo, e scegliere la strada capace di portare al raggiungimento di un più diplomatico equilibrio.
Dal lavoro di questo geniale giornalista canadese, ha preso il via “Slow”, una sorta di movimento che, su più fronti, e a livello globale, si propone di sfidare il culto della fretta.
Che si tratti di lavoro, di rapporti interpersonali, di sesso, o di cibo (nasce da questa ispirazione il noto movimento “Slow food”), questo libro ha saputo trasformarsi in un autentico manifesto, che, ne sono certa, sarebbe stato abbracciato pienamente anche dal mahatma Gandhi, quando saggiamente diceva: “C’è ben di più nell’esistenza che incrementarne la velocità”.


Alice Sommavilla, da Liberalamente n° 57, settembre 2013


Vignetta di Luigi Zen


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Fretta e sincerità in terapia psicoanalitica


Circa venticinque anni fa, in piena terapia psicoanalitica, quando il Dottore ed io stavamo analizzando alcuni dei miei aspetti ‘cruciali’, mi feci travolgere dalla fretta di guarire.
Andò così. La sera precedente una seduta, mi aveva colto un forte attacco di ansia riferito a un episodio ‘banale’ di qualche giorno prima, ansia che riuscii, non senza fatica, a placare da solo.
Il giorno dopo, in seduta, mi sembrò di notare nel Dottore una notevole attenzione su quel che andavo dicendo ed anche una certa ‘fretta’ (che molto probabilmente era solo mia!). Giunto al momento di raccontare quel che mi era successo la sera precedente, pensai: "Ma questo l'ho già superato ieri sera!" e non dissi nulla.
E successe il patatrac: il Dottore ad un certo punto si eresse, mi guardò arrossendo, ci fu un concitato ma solidale scambio di parole, mi dimenai come potevo e conclusi costernato: " Dottore, sono stato sfortunato? ". Lui, finalmente, mi sorrise e si strofinò le mani (c'era ancora da lavorare!). Forse non ero riuscito a voler guardare le cose fino in fondo...
E dopo sei anni… tutto andò bene.


Matteo Bosinelli


Cristicchi ha letto anche per te
”Le Confessioni” di S.Agostino


Secondo me la fretta è strettamente legata al tempo.
Sono d'accordo con S. Agostino che pensava che la misura del tempo fosse l'anima e che noi proviamo, per le cose che dovranno avvenire, un senso di attesa. L'attesa è connessa positivamente con la fretta quando siamo ansiosi che un certo avvenimento bello accada prima possibile, oppure quando siamo agitati e aspettiamo che un avvenimento brutto accada, così non ci si pensa più. A volte l'attesa è talmente forte che sembra paradossalmente che i movimenti intorno a te siano più lenti.
Purtroppo nella mia vita la fretta è stata cattiva consigliera e sono d'accordo con un vecchio proverbio che dice che ‘presto e bene non stanno insieme’.
Vi consiglio di leggere le Confessioni di S. Agostino.


Cristina Cavicchi


R.T.P. CASA M. D. MANTOVANI
Laboratorio espressivo di narrativa e scrittura creativa


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Niente fretta. Niente fretta, – dicevo. – La domenica vien dopo sei giorni. E è per questo che la chiamano festa.”
Silvio D'Arzo


Ripensando al tema della Fretta abbiamo provato a trovare un denominatore comune per rappresentarla. Ci siamo subito resi conto di quanto sia complesso trattare questo tema ed effettuando una ricerca ci siamo imbattuti in una poesia di Trilussa. Grazie a tale indagine abbiamo avuto accesso ad una serie di informazioni che ci ha portati alla comprensione di significati di alcune azioni quotidiane, l’esercizio dell’immaginazione e della creatività nel rielaborare le parole di Trilussa. Abbiamo notato che ci sono tra noi delle divergenze e abbiamo ricercato delle corrispondenze attraverso l’ascolto dell’altro, la comprensione della diversità di opinioni non come elemento di disturbo nell’ottica competitiva, ma arricchimento della comunicazione, del dono reciproco fra tutti.


La fretta


Se stà a fà sera e n’antra giornata de lavoro se n'è annata:
c'ho l'ossa tutte rotte, la capoccia frastornata.
Cammino senza prescia, tanto, che devo fa?
Si torno a casa me tocca pure sfacchinà!
Sur viale del tramonto me fa l'occhietto er sole,
e dopo nà giornata a dà i resti a chi li vole,
l'osservo m'bambolato, come fosse, nà visione.
Me fermo lì a guardallo, ma chi l'avrà inventato?
È bello forte, nun l'avevo mai notato!
Sempre a combatte, sempre appresso a tutti i guai,
splende splende, ma nun m'o godo mai.
È robba che co quell'aria bonacciona e rassicurante,
riuscirebbe a fà sentì amico ogni viandante.
Stà palla arancione m'ha messo pure arsura, ma, ahò!
Nun so mica nà monaca de clausura!
E allora ò sai che nova c'è? Io nun c'ho più fretta
e me butto drent'ai meandri dè nà fraschetta.
Con le zampe sotto ar tavolino,
e in compagnia dè n'ber fiasco de vino,
me guardo intorno soddisfatto,
finalmente ho smesso de sbrigamme come un matto!
E mentre er Cannellino m'arriva ar gargarozzo
Rido cò n'amico e ordino nantro litrozzo.
La vista me se annebbia ma non la mia coscienza
che se mette a riflette sull'umana esistenza:
a che serve stà sempre a core pè tutte le raggioni
si so quasi sempre rotture dè cojoni!

     Trilussa


Scrittura libera su ispirazione del componimento di Trilussa:

1. L’autore esprime come la ‘fretta’ spesso rovini il godersi delle belle giornate e, comunque, il tempo libero. Il sole per me è sinonimo di speranza e di gioia, di piccole gioie della vita dinanzi alle quali sembriamo indifferenti. Io mi son reso conto di andare spesso di fretta e di non riuscire sempre a godere delle gioie che la vita mi offre.
(Anonimo)


2. Trilussa osserva, vedendo improvvisamente il sole in tutta la sua bellezza, che non vale la pena di perdersi i momenti belli della vita per inseguire impegni stressanti. Io ho diversi impegni che mi son cercata da sola, sono tutti molto importanti, ma mi vietano di gustarmi a pieno la vita in tutta la sua interezza.
(Dekleva)


3. La fretta non è mai stata una buona consigliera. Tanto vale prendersela con calma visto che, prima o poi, la vita ci coglie impreparati.
(Anonimo)


4. In questa poesia Trilussa ci dice che troppo spesso ci si fa prendere dalla fretta e non si godono i piccoli piaceri della vita. Personalmente sono una persona piuttosto ansiosa e ho imparato a convivere con la fretta … vivo nel perenne terrore di essere in ritardo, per poi essere sempre in anticipo. Mi piacerebbe dedicarmi del tempo …
(Anonimo)


5. La fretta ci accompagna alle volte per intere giornate tanto da farci perdere il senso del riposo e della riflessione. Se ci fermiamo un attimo e prendiamo le cose con calma, ci accorgiamo di quanti momenti belli perdiamo.
(C.)


6. Sarebbe bello prendersi del tempo per riflettere sulla propria vita, osservare ciò che ci circonda e proiettarsi nel proprio futuro.
(F.V.)


7. Immobile il sole ci scruta mentre noi ci muoviamo freneticamente senza accorgerci della sua bellezza.
(G.S.)


Piccolo racconto Zen
Il gigante (Nettuno) e la casa di Lucio Dalla


Nell’agosto di quest’anno mi ero fermato con lo scooter ad un semaforo in via Galliera, pronto per girare in via dei Mille; così nell’attesa guardai che una signora, in mezzo ad un gruppo di 5 o 6 persone, sembrava non essere con loro, perché guardava verso di me, ed io verso di lei; mi domandò se sapevo dove si trovava la casa di Lucio Dalla… sicuramente perché voleva ricevere da me una risposta zen…
Così accostai al marciapiede e spensi il motore, anche se dovevo aspettare un altro verde… perché non avevo fretta… E domandai: “Quante case ha?” “Una” rispose lei. Mentre suo figlio che le stava accanto le leggeva quelle strane descrizioni della cartina turistica, svuotando tutto dentro le orecchie della mamma, che doveva poi capire…
Ed io domandai: “Siete già stati in centro?” e lei rispose: “C’eravamo poco fa”. E io domandai ancora: “Che indirizzo c’è nella cartina?”. E il figlio: “Via D’Azeglio 15”. Ed io risposi: “È la strada che guarda il gigante”. Ed un’altra signora del gruppo ha guardato così è tornato rosso… Beh…
Poi successivamente a quel giorno pensai: che strana risposta ho dato con il mio non essere, e anche se sapevo che lei era stata soddisfatta… dovevo andare a controllare con il mio essere razionale.
Quando sono stato lì, ho scoperto che con le sue orecchie il gigante non può sentire quello che noi chiediamo, per il rumore che fanno le fontane e la nostra voce sembra troppo piccola ed inudibile a quella altezza; ma al tempo stesso ho capito che lui è muto, che ti guarda con quella faccia di bronzo, e con il braccio sinistro allungato per dirti: “Ma va in via D’Azeglio!”. Ed è però muto perché lui è di guardia al tesoro che è nascosto sotto a quel palazzo che guarda… e non può raccontare a nessuno che lui è guardiano di quel tesoro perché è muto; e se qualcuno volesse scoprirlo per rubarlo, lui l’infilzerebbe col tridente che impugna.


Luigi Zen


Fretta


Se giunge con l’ascolto mi sembra di essere un fante di garanzia dell’ignoto.
Se giunge con la fantasia di cose serie, non di nulla e di menzogne, anzi di tutto di come e del perché. Se poi si piange per qualcuno che poi più non c’è, si corre via e non si va che al fondo, in fondo.
Per poi guardare le cose che non ci sono, c’è qualcuno di me e di te nel niente e nel qualcuno che abbrevia la vita. Per poi alla fine concludere nel nulla e nel punto di nessuno, ho coinvolto te in questo gioco breve e fugace che insiste e riscuote successo solo se ci sei, solo se ci stai, se ci stai qui con me.
Per un bisogno ignoto, compimento di questo breve monologo, mi immagino di te senza il niente senza il nessuno.


Paola Scatola


Pagine di diario



Ti scopro in questa foto: eri vecchio tanti anni fa.
Scoprivo e riscoprivo i tuoi anfitrioni tra cento e mille lettere tra i venti e i trent’anni.
Tutto così per gioco, tutto così per amore.

Oggi è il nulla dentro me, ma capisco che questo è il mio malessere, che nella maleodoranza del prossimo esplode.
Non so a cosa ormai si voglia mirare tranne che la morte.

Domani partirò per sempre.
Zio ti saluto, filo via come sono arrivata, ma tu non pensare a questo come fosse una sola volta, ma che ti porto con me.

Ti chiamo ancora, sei per me la cosa più grande del mondo, per creare tutti ci manchi tu, e qua la cosa che io non ho più.

Congiungendo tutto piansi ancora, poi pensai che era tutto finito, ancor prima d’esser svoltata in quel giardino di giacinti cosparsi di gocce di fuoco in note.

Colsi quell’attimo mio vivo, poi me ne andai lontano dove non c’era che sabbia, acqua, acqua e sole.

Per te ho gioito, poi me ne andai da te, con dolore, ma andai, con le mani ed un corpo assopito: poi lo sguardo nei tuoi occhi persi, cosa ti chiesi, cosa vidi in te.

Ti confondi dietro a me: i tuoi passano come quelli di un grande. E attendi dalle mie mani delle cose che furono, non neghi, non coincidi mai.

Sappiamo di noi, amore, ne sappiamo tanto, è per questo che volli quell’incontro per dirti tutto su quello che ti diedi e su quel rifugio di te per sempre mio.
Piansi su di te, con te e per te, tanto poi mi allontanai ed ora vado via.

Addio amore addio, così me ne vado e non mi curo di niente, solo di quella fede d’oro che tanto piansi che tanto diedi. Vado all’alba perché mi credo un Dio e poi ti lascio come ti ho trovato: il niente per sempre.

Sepolcri colmi di vimini, mi inchiodai a Dio e corteggiai te nel nebuloso e fiero servirti. Ancora la tua mano, ti contai le ore ed i passaggi. Erano uguali ai miei.

Vieni con me ed il cibo diviene acqua ed il medicamentoso diviene polvere, di variopinti colori i tuoi capelli, così come ti davo lo sguardo.

Con te, con me in una figura amanti di Dio e per te e non per me, me ne feci che fui qualcosa anch’io: né somma né estremo sono per te qui ora a raccontarti ancora.

Sono giunta sino a te per dirti che vado via. E cosa ti dico, se colgo quest’attimo e vado via con le mani nel sacco, nel sacco con me.

Guardo il sole morire e ripenso a te: cosa c’è nel cesto dei ricordi che pensi e ripensi, che parli e taci, che vado e vieni.
Ora sono con te, ora sono.

Conduco le mani sul tuo corpo e la tua pelle chiara si fa di nuovo tinta d’amore.
Sui tuoi passi lacrime d’oro e sui tuoi pensieri un cenno di me.

Vado via da te senza un briciolo di cortesia.
Semplicemente via.

Ti guardo andare via. Ma dove corri? Ma dove vai si poi rimani solo.
Senza di me guardi il mondo con occhi tetri. Con i miei occhi.

Come posso pensare a te se poi ti guardo e vedo insieme solo niente.
Solo il niente.

Vado via, tutto qui.
E con te chissà di cosa fare se non che abbandonarti.
Se non che morire.


Paola Scatola


La vecchia


Sconosciuta vecchia donna, che nel tuo giardin fiorito siedi immobile sulla sedia e guardi curiosa la gente passare. Il tuo corpo ormai malato e inerme incontrò un giorno il mio sguardo e sognasti la mia frenetica giovinezza.
Antico ormai è il tuo vivere e speranza di vita non è più in te, ma eterna sarà la tenerezza che è nel nostro cuore.





Medusa


All’ultimo momento vidi un’ombra di donna svoltare dietro il muro. Decisi di seguirla per vedere frettolosamente il suo vero volto, se fosse delicato e suadente o terribilmente mostruoso e pauroso, che facesse un’intensa impressione a tutti gli uomini.
Come, per esempio, il volto della Medusa.


Roberto Ramosi


Autunno


Autunno fugace, poco ti soffermi per dare calore, ma sempre più in fretta corri verso un destino spietato, che fa morire alberi e fiori. Nella strada dei piccoli borghi si espande un forte profumo di mosto e di caldarroste e le tue braccia son cariche di uva, di vini e ciclamini. Esili alberi di rosse foglie si rivestono. Sembrano dolci dipinti, usciti da bocche e da piedi di artisti che delle lor mani son privi o che non san cosa farne. Una fitta coltre di nebbia scende al mattino, ma qualche volta il bel sol vuol far capolino. Le foglie morte che tu stendi al suolo son foglie tristi e che si prestan ad esser portate qua e là dal vento, ma son pur sempre un romantico dono che alla terra tu porgi, perché così le conservi; e che più tardi ancor vita le doni.


Mariangela


Sfogatoio della fretta
E la fretta è meglio metterla solo nello sfogatoio


Fretta, Fretta! Maledetta! Fretta! Maledetta fretta! Non ne posso più di sentire di amici che decidono di farla finita. Sì, hanno il coraggio e la fretta di suicidarsi. Ma perché la fretta di concretizzare un episodio che prima o poi dovrà inevitabilmente accadere? Quanto dolore interiore si deve avere per fare una scelta così drastica! La speranza di stare meglio, rispetto ad un oggi così sofferto, la ricerca di un aldilà posteriore alla vita terrena così irrimediabilmente insostenibile: forse. Non voglio indagare troppo su quelle che sono le cause psicologiche del gesto del suicidio che è competenza sanitaria. Ma la domanda del perché, cari amici, che avete avuto fretta di fare questa scelta senza chiedere aiuto, comprensione, ascolto puramente amicale a noi che facciamo parte della grande famiglia del fare assieme.
Sì, il fare assieme deve crescere come una famiglia, che è una cosa diversa dal servizio fornito dal DSM. In famiglia c’è sempre una persona con cui riesci a comunicare meglio rispetto ad un’altra, a cui vuoi comunque lo stesso bene e con cui magari hai altri interessi in comune. Non è mai detta l’ultima parola, c’è sempre una speranza, è certo che la risposta non è sempre immediata, non bisogna avere fretta. Spesso la strada della guarigione non è costante nel breve. A volte si fanno cinque passi avanti e quattro indietro. Ma si va pur sempre meglio.
Spesso la fretta del benessere la si confonde con quella di avere tante cose. Con la fretta di guadagnare, essere ricchi ed abbienti. Nel fare insieme si ha molto, ma molto di più, oltre ad essere messe in comune le cose (miti contemporanei): dai mezzi per spostarci, per fare feste, per fare gite, per fare sport, ma soprattutto, ed è tanto più importante, le energie affettive, ‘fratellizzanti’, ‘amicanti’, solidali e anche, quando capita, amorose.
Lo so, purtroppo lo so, quando si sta male non si percepisce questa energia, che ti attornia ma che proprio non riesce a scaldarti. Anche un tenero abbraccio può essere fastidioso o mal interpretato. Spesso quando si sta male, ci si sente tanto soli, molto soli e quello che si cerca è una compagnia di carattere amoroso che può darti l’impressione immediata di cambiarti la vita, ma non bisogna avere fretta. Bisogna crescere in sintonia. Il rischio è altrimenti quello di bruciare il tutto ritrovandosi ancora più soli e incompresi di prima. Quindi, calma, prediamo fiato, mettiamo via la fretta, che ci riusciamo con il fare insieme… Scusate le sgrammaticature, ma fanno parte dello sfogatoio. Altrimenti che sfogatoio è?


Fabio


Fretta (1983)


La sveglia al mattino mi dice "Ti devi sbrigare"
se perdo anche il bus delle otto mi tocca aspettare
il caffè bollente mi scorre nelle vene
e stringo quel po' di gioventù che mi appartiene.
Per darmi un'occhiata allo specchio nemmeno un minuto
il mondo va avanti e quaggiù chi si ferma è perduto
la vita che passa è un bulldozer che non ha pietà
e inseguo ogni giorno un traguardo che rimane là.

Fretta
mi possiedi mi prendi mi svuoti mi mordi tu
fretta
il mio mondo di uomo moderno dirigi tu
fretta
l'orologio è tuo complice, lancette che corrono in
fretta
una volta per tutte vorrei liberarmi di te
io voglio vivere!

Bambini nei prati che giocano e sono felici
mentre io faccio i salti mortali per vedere due amici
quando la vita ti prende non c'è niente da fare
ti resta soltanto il bisogno di qualcuno da amare.
Qualcuno che mi porti via magari per sempre
che sia una certezza precisa qui nella mia mente
che cerchi di farmi sorridere anche se non ne ho voglia
invece di farmi volare qua e là come fossi una foglia.

Fretta........(Rit.)
Lasciami andare-non voglio morire
ridammi il mio tempo mi voglio fermare
voglio capire che cosa c'è fuori
pigia sui freni ridammi i colori.
Fretta.........


Max Trentini (testo di una sua canzone)


Recensione del film: “Dante's Peak - La furia della montagna”
1997, regia di Roger Donaldson, con Pierce Brosnan e Linda Hamilton


In questo film, sono stato colpito dal rapporto molto amichevole tra il sindaco (Linda Hamilton) e il bravissimo vulcanologo (Pierce Brosnan) che, comprendendo dai primi segnali che il vulcano che sovrasta Dante’s Peak si sta risvegliando, cercano insieme di salvare gli abitanti della città. Il capo dell’équipe di vulcanologi e i consiglieri comunali, invece, si dimostrano ottusi e non raccolgono l’allarme. Una frase di Pierce Brosnan mi ha estremamente colpito: “Se metti una rana nell’acqua e la metti a scaldare, questa rimane morta bollita, ma se l’acqua è già bollente e ci metti la rana dentro, questa salterà fuori all’istante”. Il vulcanologo intende dire che, di fronte a una rovinosa eruzione ovviamente tutti si attivano per l’emergenza e per l’evacuazione della città, invece di fronte ai primi segni di risveglio di un vulcano, specialmente se era inattivo da molto tempo, la gente purtroppo tende a minimizzare. Non avendo ascoltato chi già aveva esperienza sul campo (Pierce Brosnan), non si era potuto quindi prevenire il disastro. Già prima dell’eruzione erano morte alcune persone per delle attività subdole del vulcano e dopo, durante l’eruzione, la gente, presa dal panico, con la fretta e senza organizzazione, si precipitava a fuggire dalla città. Così si moriva sia per il vulcano che per la troppa fretta di fuggire!!!


Darietto


Vacanze umbre


Quest’anno il Fareinsieme ha organizzato le vacanze estive, ormai abituali, in un agriturismo in Umbria, nel comune di Passignano, sulle colline che dominano il lago Trasimeno.
Sono state delle vacanze molto piacevoli e, a parte un terribile temporale che ci ha colto mentre eravamo in pizzeria, costringendoci a rifugiarci all’interno del locale, anche con la meteorologia siamo stati piuttosto fortunati. Abbiamo sì fatto anche delle gite nei dintorni, ma, almeno per ciò che mi riguarda, ci siamo soprattutto riposati e rilassati. Ed io, dopo tanti anni, ho riscoperto il piacere di giocare a carte con degli amici vecchi e nuovi.
Ciò che ho notato con grande piacere, rispetto ad altre vacanze, è che tutti i partecipanti si sono mostrati estremamente disponibili a dare una mano; al momento di apparecchiare o di lavare i piatti non c’è stato il fuggi-fuggi generale che ricordavo in anni passati, ma anzi una gara ad offrirsi volontari.
Un ringraziamento dal profondo del cuore ad Adriana, Gianfranca e Martina, senza la cui opera instancabile queste vacanze non sarebbero state possibili. E non parlo di Michele, visto che tutti noi siamo ben coscienti di quanto gli dobbiamo.
Ma un pensiero particolare va a Vincenzo, che dopo essersi tanto impegnato per la buona riuscita delle vacanze, a causa di un malessere improvviso non ha potuto prendervi parte. Alla prossima, amico mio!

Antonio Serra





Servizio fotografico di Moreno Melega


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La posta


Cara Concetta e cari amici della redazione del Faro,
sono ad inviare il piccolo contributo di un nostro socio sul tema in corso: "La fretta". Questo contributo è da ritenersi singolo e spero ne seguiranno altri che certamente vi invierò. Il gruppo di UmanaMente ha deciso di occuparsi per i prossimi incontri di GUARIGIONE. Saremo certamente lieti di inviarvi il lavoro finale su questo concetto così importante quando avremo finito.
Per il momento vi saluto e vi abbraccio

Elena Pasquali - Associazione UmanaMente - elena.pasquali@libero.it




Salve, desidero tutti i numeri arretrati de Il Faro. Non riesco a scaricarli. Vi è anche la possibilità di avere le copie già stampate di tutti i numeri - ovviamente pagandone il costo?
Vi ringrazio, buona giornata

Torina Fino Serra - torinafino@yahoo.it




Gentile signora Fino,
purtroppo le copie cartacee degli arretrati de Il Faro non sono più disponibili, pertanto l'unico modo di procurarsele è scaricare i file dal sito internet e poi stamparle con una normale stampante.
Provo a descriverle la procedura per scaricare i file, che dovrebbe funzionare. Sul sito http://ilfaroinsieme.blogspot.it/ compare l'elenco di tutti i numeri e gli allegati sinora usciti; cliccando col mouse sul numero che interessa si apre automaticamente un'altra finestra in cui compare il numero desiderato in formato PDF. In alto a sinistra compaiono varie scritte tra cui "File", cliccandoci sopra col mouse compare un menù a discesa che contiene varie voci, selezionando, sempre col mouse, la voce "Scarica", si apre un’ulteriore piccola finestrella in cui sta scritto: "Aprire o salvare il file?". Selezionando "Salva" e poi "Salva con nome" si può salvare il numero del giornale sul proprio computer, nella directory e con il nome che si preferisce. Dopo di che, naturalmente, se si vuole lo si può stampare.
Sperando di esserle stato d'aiuto la saluto cordialmente

Antonio Serra per la Redazione