In memoria di Stefania

Cari lettori, abbiamo appena perso una cara amica, Stefania… Ora il suo ricordo fa soffrire, fa molto male, ma col tempo il dolore si attenuerà e resteranno solo i ricordi più belli, il suo pensiero ci darà la sua forza e sarà dolce e gradito…

Fabio




CARA STEFY
La mattina del primo marzo stavo mettendo insieme il brogliaccio del nuovo Faro. Avevo già quattro tuoi scritti e ho sorriso al pensiero che, come al solito, prima della chiusura me ne avresti fatti arrivare degli altri. Quante volte, cercando di darti un limite, ti ho detto: “Stefy, sei un fiume in piena…” e tu: “Ma basta che tu li legga, poi fai come vuoi!”… Eh, sì! Come avrei potuto scartarne qualcuno? Intanto io, ritardataria, non avevo ancora scritto niente e mi facevo frullare in testa qualcosa da buttar giù sul ricordo…Tutto potevo immaginare, cara Stefy, meno che mi sarei ritrovata la sera a scrivere in memoria di te. Te n’eri già andata, in quelle ore, e io non lo sapevo, ti avevo in mente vivissima e, figurandomi già la tua reazione divertita, sceglievo immagini buffe da accompagnare ai tuoi testi. So che ti sarebbero piaciute, perché eri spiritosa, ironica e autoironica, perciò non le cambierò, anche se ora mi sembrano stridenti, al pensiero che non ci sei più. Siamo appesi a un filo, è proprio vero… Incontrarti ha avuto su di me un forte impatto, e non poteva essere altrimenti. Non passavi certo inosservata, con quel carattere intemperante, irruento, passionale, che ti aveva persino plasmato i lineamenti. In un attimo, nella veemenza di un’invettiva o nell’empito di un’emozione, il tuo volto poteva trasformarsi in una maschera tragica: le guance si arrossavano, il mento si protendeva, la bocca si spalancava in un gridare appassionato, e le lacrime sgorgavano a fiotti. Poi, piano piano, il sorriso tornava a illuminarti i begli occhi verdi. Ma le tante tempeste avevano scavato sol¬chi profondi, nel volto, nel cuore. Molto profondi. Come i sentimenti per le persone, che ti restavano care al di là dei litigi, degli strappi, delle separazioni. E come i pensieri che hai regalato a piene mani per le pagine del Faro. Pochi, forse, si rendono conto di quanto coraggio e quanta generosità comporti il mettersi a nudo e dichiarare la propria fragilità rievocando - e quindi rivivendo - grandi esperienze di dolore. Mi mancherai molto, Stefy, ci mancherai. Mi consola il pensiero che nella tua esistenza travagliata stavi vivendo un momento di rivincita, e spero che almeno questo sia stato un buon viatico, nel momento di spiccare il volo da questo mondo.

Lucia




Ci han concesso solo una vita
Soddisfatti o no qua non rimborsano mai.


Sono parole di Ligabue, il cantante preferito di mia madre, Stefania Marani. Ma la musica non era l’unica cosa che le piaceva. Amava leggere, scrivere, chiacchierare e confrontarsi con la gente, l’arte e la poesia dell’umanità. In poche parole, amava vivere. Da quando sono venuto al mondo, lei si era rimboccata le maniche e si era messa a fare la professoressa di vita, insegnandomi il bene e il male, l’altruismo e la gentilezza, il male e l’ipocrisia. Ogni giorno tornavo a casa da scuola disfatto e col morale a terra e lei cercava sempre di tirarmi su. Ma non lo faceva solo con me, lo faceva un po’ con tutti, con i buoni e con la gente cattiva. Non per dimostrare di essere superiore agli altri, ma perché voleva cercare di trasformare questo inferno in un luogo di pace e bontà, dove la gente si aiuta e le persone tra di loro si scambiano gesti di affetto. Ogni giorno lottava per questo principio, ma si stava stancando e indebolendo, fino alla tragica giornata della sua mancanza. Ormai che aveva aiutato tutti, si era fatta una casa, una macchina, trovato un lavoro, amici e soprattutto la famiglia… ci ha lasciato. Ora, mamma, adesso che sei nell’alto dei cieli a correre nell’infinito campo di grano assieme alla nonna Augusta, a scherzare con i tuoi amici e parenti, ora che hai trovato il vero paradiso, riposa in pace.

Kevin Nako




IL NOCCIOLO DELLA QUESTIONE
Scrivo di mattina presto, momento che preferisco a qualsiasi altro e che mi fa pensare alla vita come qualcosa che sboccia.
Il primo giorno che ho incontrato Stefania ho avuto paura di perdere qualcosa di importante nella mia vita. Oggi dico che spero di aver perso la diffidenza di fronte al riverbero della schiettezza. Essere quello che si è fino in fondo, portare quasi senza accorgersi il proprio stare in mezzo agli altri come un dono, sapere che è così e nello stesso tempo non essere accolti perché agli altri fa paura quella luce, quel colore personale che ci distingue e a volte ci pesa. Qualche volta si incontrano persone a cui non riusciamo a credere fino in fondo, persone che restano sulla nostra soglia per paura di disturbare. Stefania aveva timore di non essere adeguata a certe situazioni, temeva e sentiva quanta vita c’era in lei, ma a volte le succedeva di pensare che il suo modo di manifestarla fosse troppo veemente. A volte, secondo i canoni rigidi di certe visioni del mondo, era difficile collocarla, sembrava sempre prendere spazio, sempre più spazio con quella sua genuina forza vitale. Ti scrivo Stefania perché so che tu sai accogliere la parola quale cosa viva e che è capace di cambiarci. Ti scrivo perché vorrei che tu sapessi che, nonostante le mie ritrosie, ho ammirato il tuo splendere e gli ho voluto bene. Ti scrivo perché so che stai ridendo di gusto e che stai diffondendo sul mondo la tua soffice e bruciante verità. Ti scrivo perché non importa quanto tempo ci è concesso, ma davvero importa il come stiamo nelle cose e mi piacerebbe tanto riuscire a imparare un granello della tua schiettezza e onestà. Ti ringrazio per tutto quello che sei stata nella mia vita. Spero di non perdere nulla. Tutto della tua lettera alla vita è stato offerto e in qualche modo sarà raccolto da chi ti ha conosciuta. Se ti è possibile ora non perderci di vista e dacci qualche spunto quando saremo in difficoltà su quale strada scegliere, indicaci la direzione più diretta che non ci faccia perdere di vista il punto importante, il nocciolo della questione che tu tanto hai amato, quell’incontro con la propria verità personale nel mondo.

Costanza Tuor