Editoriale
Che bella parola, viaggio. Si lega a tante belle cose a
tanti
ricordi. Persino il suo contrario (sosta) evoca stati d’animo felici.
Tuttavia prima di parlare dei miei viaggi riporto come descrive il
viaggio Wikipedia: “il viaggio è il tragitto che si compie per
spostarsi da un luogo di partenza a un altro.
Alla base del viaggio possono esservi motivazioni personali (per es. il
turismo, la visita di amici o familiari lontani) o professionali (per
es., i viaggi di affari, l'istruzione). Il viaggio può essere inteso
non solo in senso fisico, in un contesto spazio temporale, ma anche in
senso metaforico come espressione di abbandono, ricerca interiore,
desiderio.” Il termine è usato anche da chi fa uso di sostanze
stupefacenti per descriverne l’effetto.
Tornando al mio rapporto con il viaggio, il primo legame che mi viene
alla mente è quello che si lega a vacanza, magari in luoghi lontani.
Alcune volte il viaggio in sé è più bello dell’intera vacanza. Spesso
mi è capitato di fare vacanze a casa, ma non erano ristoratrici e
arricchenti sotto tutti i profili come quelle accompagnate da un bel
viaggio. In vita mia di viaggi ne ho fatti molti e con vari mezzi:
dalla bicicletta all’aereo, dalla moto alla nave, dalle marce a piedi
al treno, per finire con l’automobile.
Non posso dire che ci sia stato un viaggio più bello di un altro. Tutti
avevano in comune il fascino della scoperta. Quando ero in cammino nel
centro delle città c’era l’immersione con la gente del posto e la
veduta di case, chiese ed edifici di forte impatto storico e culturale.
Quando ero in escursione, soprattutto per i monti ma anche in riva al
mare, tutti i sensi si attivavano facendomi vivere il presente in modo
incredibilmente vivo.
Ho viaggiato molto in bicicletta, tuttavia mi sono divertito di più ad
usarla come mezzo per valutare la mia resistenza alla fatica e allo
stress: in sostanza mi piaceva allenarmi su percorsi molto impegnativi
per poi confrontarmi in eventi agonistici. In moto prevale il senso di
libertà e il divertimento di affrontare in sicurezza le curve. L’auto è
il mezzo più comodo di spostarsi, ci si può portare al seguito molte
cose ed molto comodo se non si incontrano file. Il treno è il mezzo con
cui mi è capitato di conoscere nuove persone a volte interessanti,
altre terribilmente rompiscatole. L’attraversata in nave è molto
romantica, specie se si dorme sul ponte e magari si parte al tramonto e
si arriva all’alba. L’aereo è il mezzo che ci ha reso vicini i posti
più lontani ed è forse il mezzo più emozionante sotto il profilo
adrenergico.
Il viaggio, o percorso terapeutico con il mio psicologo Samuele Orsucci
è veramente una bella esperienza, nel senso che lui mi ha preso per
mano e lentamente mi ha fatto ripercorrere la mia vita, sbrogliando con
molta delicatezza i nodi più dolorosi della mia esistenza. Ora non
crollo più tutte le volte che mi vengono alla mente le mie colpe e il
mio viaggio su questa terra è molto più sereno e aperto a nuove
esperienze senza il terrore di sbagliare.
Anche la vita, in fondo, è un viaggio. Buon viaggio a tutti!
Fabio Tolomelli
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Angelo Morbelli
La stazione centrale (di Milano), 1887
Olio su tela, 57,5x100 cm.
Galleria d'Arte Moderna, Civiche Raccolte d'Arte, Milano
Forse memore delle famose vedute della stazione di
Saint Lazare, di Claude Monet, vibranti di colore e dove tutto sembra
fluido, senza gravità, Angelo Morbelli ci dà una versione “verista”
della stazione centrale di Milano,
permeata, per così dire, da un’atavica fisicità, che la rende assai
poco fruibile ad un primo sguardo.
Pian piano ci si incomincia ad addentrare nel dipinto, tutto giocato
sulle cosiddette “forme chiuse” sia compositive che coloristiche; in
primo piano,
d’altra parte si afferma la prevalenza degli effetti luminosi, ottenuti
attraverso un colore franto, che preannuncia il passaggio ad
un’applicazione sistematica del
Divisionismo.
Questa tranche de vie cittadina è inusuale per Morbelli che deve la sua
fama soprattutto ai dipinti raffiguranti gli ospiti del Pio Albergo
Trivulzio di Milano.
Il realismo meditativo di Morbelli trova il suo motivo centrale
nell’inquietante reportage sulla vecchiaia, in cui egli sembra cogliere
il malessere sociale diun’epoca.
Piergiorgio Fanti
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C'è valigia e valigia
La parola “viaggio” deriva dal provenzale viatge, che a
sua volta proviene dal latino viaticum, la provvista necessaria per
mettersi in via, cioè per viaggiare.
Curiosamente, in inglese “viaggiare” si dice to travel. La radice è la
stessa del francese travailler (=lavorare) e dell’italiano
travaglio (=impegno, fase di passaggio, che implica fatica e sofferenza
spirituale o fisica).
Viaggiare in effetti non è sempre un divertimento.
L.L.
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Un biglietto per il giro del
mondo
Mi sono chiesta spesso se non sia il caso di partire,
di lasciare la città che mi ha accolta con un abbraccio alla mia
nascita e
dopo quarant’anni ancora fatica a lasciarmi andare. Sovente questo
pensiero si sistema comodamente dentro la mia
immaginazione proprio mentre siedo sull’autobus. All’inizio non capivo
come mai proprio in quel luogo il mondo mi chiamasse,
proprio in quello spazio, a volte così angusto, dove spendo lunghe ore
della mia giornata. Lì invento viaggi che scivolano lungo
i grandi fiumi della terra, sovrastano le città più attraenti, da
Timbuctù a New York senza soluzione di continuità, fumo il narghilè
e assaggio falafel nella speranza di comprendere i segreti nascosti
nelle gastronomie e nelle abitudini, imparo suoni cupi e profondi o
soavi e leggeri come petali che cadono a
terra a decorare il tragitto. Tutto solo nella mia
testa. Guardando i miei compagni di viaggio
sull’autobus, invece, cerco di interpretare gesti e
volti presenti, sebbene sconosciuti, nel tentativo di
trasformare la distanza in occasione buona per
l’incontro. Non è spontanea in me l’accoglienza,
prima viene la diffidenza, quell’abbassare lo
sguardo che blocca ogni dialogo e tutti gli incontri.
Quando me ne rendo conto, mi sforzo di ricordare i
volti per non fare torti affinché le espressioni
possano invadermi e conquistarmi. Non esistono
persone che non mi piacciano, penso, esistono
persone giovani, persone anziane, tristi o allegre,
esistono sguardi affascinanti e sguardi volitivi.
Ognuno racconta un viaggio, il suo personalissimo
punto di vista sul mondo e sulla vita.
È così che ho incominciato a comprendere perché
mai proprio sull’autobus il mio cuore fosse attratto
dall’idea di un altrove verso cui dirigersi. In quello
spazio, infatti, noi persone portiamo mondi lontani dentro la stessa
città, in quel minuscolo luogo geografico, che ci costringe al
contatto, il flusso della differenza e della molteplicità si condensa e
diventiamo tutti compagni dello stesso viaggio intorno al
mondo. La realtà tangibile di un odore aspro o dolcissimo, del vestito
e del velo colorati di quella donna in piedi al centro della
corsia, delle borse pesanti di chi si affatica a trasportare tutto ciò
che possiede con l’unico mezzo che ha a disposizione, della
fame e della sete di chi ha girato tutto il santo giorno per cercare un
lavoro, delle strilla dei bambini, dei sorrisi degli amici e di
coloro che non capiscono il senso di ciò che li circonda, questa realtà
trabocca all’orario di punta. E oggi mi chiedo se non sia
per paura di non essere accolta che il mio pensiero si fa immaginazione
ancor prima di aver guardato con simpatia il volto del
mio vicino, in autobus. Così mi ritrovo a pensare: “Partirò un giorno
forse, ma non posso dire di non avere ancora visto il
mondo. Quell’uomo anziano, proveniente da un luogo lontano e
sconosciuto, è il mondo che viene più vicino, non conosco il
suo nome ma posso almeno essere gentile con lui, perché la storia vera
della sua vita indica la strada verso la mia partenza.”
Costanza
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Può sembrare facile
Il viaggio alla scoperta del nuovo, per ritrovare ciò
che da sempre era già nostro…
Può sembrare facile prepararci per un viaggio, a maggior ragione se
vogliamo vedere posti nuovi, se amiamo farci prendere
dalle emozioni. Assaporare quel tramonto che solitamente è nascosto dai
palazzi, proseguito dal buio delle vie buie delle nostre
città e lasciarsi prendere dalle sue luci e dai colori che cambiano in
fretta, divenendo altro in pochi minuti. Respirare l’aria che
spinge sul viso, seduti su un battello che di sera raggiunge terra tra
i lampioni. Camminare piccolissimi sotto le colonne di un
monumento, minuto per eccellenza, nel lasso di tempo di poche ere.
Affascinati tra i quadri di una galleria d’arte, estetismo
narcisista fine giusto non solo in sé, tra le persone nelle strade di
un mercatino dove tutto è visibile ed è appeso a portata di
mano, anche se allo stesso tempo variabile sottratta alle iniquità del
tempo stesso. Lontani dalla vita di tutti i giorni, felici ed
anche coraggiosi. Può sembrare facile preparare i bagagli, decidere
dove e come andare, ma non lo è. La novità affascina, ma
può fare rinascere le paure sommerse, le insicurezze, ridare corpo ai
vuoti interiori, mondi inferi da non sotterrare mai:
analizzarsi è analizzare quel limbo espresso dalle loro pesanti
presenze. Ci si può bloccare, sentendosi imprigionati dalla voglia
di andare e la tranquillità del restare, antitesi filosofica di
concetti apparentemente mai appaiabili tra loro.
Sentirsi imbarazzati nel fare quel passo diverso dal solito come se ci
esponessimo di più alla vista ed al giudizio degli altri:
essere sé stessi, essere sé altri, fichtiana teoria di disfunione in
unione disfordinata di visioni proprie ed altrui. Difficile fare quel
passo se non ci sentiamo proprio fino in fondo come vogliamo ci vedano
le persone attorno.
Se ci lasciamo prendere per mano dell’amico che è in noi, dall’amico
che è fuori di noi, dalle nostre passioni, diversissime ma
dirompenti, allora non ci siamo più per come vorremmo essere, ma
semplicemente per come realmente siamo e può diventare
facile intraprendere il nostro viaggio.
Angela Donati & PolFerro
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Storie di donne in treno
Tempo fa, mentre ero dal parrucchiere, sfogliavo un
settimanale di gossip e notiziole varie e
una lettera attirò la mia attenzione: una ragazza scriveva in redazione
raccontando ciò che le
era successo durante un viaggio. Si trovava in treno, e nel suo
scompartimento uomini distinti
e di buona presenza conversavano del più e del meno.
A un certo punto, in un tratto di galleria, la signorina aveva sentito
sotto la gonna due mani
che davano una tastatina generale alle sue cosce. Era restata
esterrefatta soprattutto perché
a galleria terminata la conversazione era ripresa come se nulla fosse
successo. Chi era il
palpeggiatore? A questa domanda non era stato possibile trovare
risposta, perché i signori
del treno erano delle vere e proprie sfingi…
Un’amica, anni fa, tornava da Padova in treno. Era stata a scuola nel
pomeriggio, a un
consiglio di classe, e aveva fatto tardi. Per tornare a Bologna aveva
dovuto prendere un treno
locale (uno di quei treni lunghi lunghi, grigi grigi, che si fermano a
ogni cagatina di stazione…
Era seduta in uno scompartimento da sola e, come faceva sempre nei suoi
viaggi lunghi e
monotoni, sferruzzava. A un certo punto qualcuno era entrato nello
scompartimento e tossicchiando aveva attirato la sua
attenzione. Lei aveva alzato gli occhi e aveva visto che… il tizio si
era aperto i pantaloni. E lei :“Ben ben ben ben… metta ben
via… metta ben via quel coso lì!!!”. Lui, come un razzo, aveva lasciato
lo scompartimento e lei…aveva continuato a lavorare a
maglia.
T.G.
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Riflessioni di Giorgia
Siamo nel 2011 e ci stiamo ancora chiedendo dove stiamo
andando. Sicuramente oltre il millennio, oltre il XX secolo. Ci
aspettavamo la fine del mondo nel 2000 e adesso che ci siamo, ci
chiediamo ancora come cambierà…
"Spazio 1999", "2001 Odissea nello Spazio", "2013 La Fortezza"… Quanti
film abbiamo inventato per immaginarci come
l'umanità si evolve o dove andremo.
Qual è il viaggio? Il viaggio della vita, del karma, il destino (così
come lo intendono nella religione induista), la reincarnazione. Il
raggiungimento del nirvana. Oppure, nella religione cattolica, il
Paradiso, meta e premio degli eletti e di una umanità sofferente.
Ma stiamo parlando di traguardi, arrivi. Prima di tutto però viene il
viaggio.
Prepararsi al viaggio, alla partenza, all'arrivo.
Ci chiediamo cosa stiamo facendo della nostra vita. Come stiamo usando
i nostri talenti. Come usiamo le conoscenze, la
scienza senza dubbio sta facendo grandi passi...
Riesce difficile immaginare l'infinito, sia nello spazio, che nel tempo.
Ma che cos'è l'eternità? Un moto perpetuo? Un equilibrio di pianeti e
di cosmi? L'astratto? Semmai può essere un continuo
rinnovarsi e modificarsi dello stato delle cose. Un mutamento continuo.
Trasformazione di energie. Immagino qualcosa di
grande. Una nuova creazione di dei e di stelle.
Eroi e fantasmi tornano a vivere, non più di un mondo onirico, solo di
fantasia, ma, in qualche aspetto, si materializzano.
Mentre le persone che vivono in questo mondo potrebbero diventare
creature astratte, immaginiamo di essere angeli. Il viaggio
che ci porta lontano è iniziato con la creazione dell'Universo e dei
pianeti, poi dell'uomo, posto al di sopra di tutte le creature
terrestri. Ma gli angeli sono superiori all'uomo.
Se consideriamo tutto questo, e quanti millenni ci sono voluti per
raggiungere una sorta di perfezione terrena, così come
intende l'individuo di adesso, il "progresso", io sono contraria a
questo falso progresso. Potrebbe essere che ci sia un ritorno,
cioè che, invece che passare dall'Universo all'uomo, si passi dall'uomo
all'Universo. Universo come si intende nella filosofia e
nella metafisica. La religione soltanto non basta a spiegare l'Universo.
Il Vangelo e le parabole ci danno un'idea sul comportamento umano, ma
del viaggio ci fanno intravedere solo qualche accenno.
Il padrone di casa che si assenta per un lungo viaggio e ritorna senza
avvisare, come un ladro. Il figliol prodigo che parte per
cercare fortuna in un paese lontano e torna alla casa paterna dopo
avere sperperato tutti i suoi averi.
Ma qual è lo scopo del viaggio?
Ci sono alcune fonti che rivelano alcuni aspetti interiori sulla vita
di Gesù, in particolare in riferimento a dei viaggi che lui
avrebbe fatto e che non vengono riconosciuti dalla Chiesa, come nel
caso dei Vangeli apocrifi, soprattutto in India.
L’oriente ha sempre esercitato un grande fascino sulla società
occidentale.
Negli anni ’60 il mondo ha raggiunto l’apoteosi, un trionfo di ideali
altissimi e sublimi. Era sicuramente una società perfetta. La
massima apertura mentale.
L’invenzione dell’acido lisergico L.S.D.
India → Viaggio mistico
Woodstock → Movimento hippie
Milos Forman → Hair → Qualcuno volò sul nido del cuculo → Psichiatria
d’altri tempi → Legge Basaglia
Kerouack → On the road
Viaggi → Autostop → Lavori occasionali
R. Allan Monroe → Esperienze extrasensoriali ed extracorporee.
La gioventù degli anni ‘60f’70 aveva come meta preferita l’India. Molti
partivano per viaggi di “diverso tipo”, che si evolvevano in
esperienze mistiche e spirituali. C’erano figure di riferimento come
santoni e guru, che guidavano con una sorta di prodigio
esistenziale, gli animi persi del capitalismo occidentale, alla ricerca
di sé stessi. Sempre nel contesto storico di questo periodo
nasce il movimento hippie che prende forma da una visione POETICA della
vita. Natura, pace, amore. Vivevano in comunità:
centri di aggregazione.
Pacifismo → Contro la guerra in Vietnam.
Concludo questo articolo dicendo che ognuno di noi ha il proprio
viaggio dentro di sé, e deve trovare le persone giuste per
scoprirlo.
Giorgia Bolognini
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Un viaggio interiore
è ciò che nulla può fermare… il viaggio interiore è lo
sviluppo della mente.
L’involucro corporale sbiadito dagli anni. Il coraggio affievolito
dalle paure.
L’animo violentemente raschiato e riempito dalle emozioni.
… potrai rafforzarti cavalcando le emozioni, ma in realtà raggiungerai
l’apice dell’essenza solo dominando la ragione… allora
l’unica variabile su cui potrai intervenire nell’arco temporale della
tua vita è la tua mente. Solo lei potrà mostrarti la mescolanza
delle diverse tonalità di colori e di odori che ti circondano quando
tornato a casa dall’ennesima avventura ti sentirai nuovamente
smarrito.
Anonimo (dall'Ottonello)
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Un viaggio di piacere
Il viaggio più bello è entrare nella mente della gente.
E l’altro viaggio è stare su un’isola deserta per poter osservare la
natura dell’isola e le sue meraviglie.
Altro viaggio è nelle mente degli animali.
E l’altro viaggio è volare più in alto possibile.
Anonimo (dall'Ottonello)
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Un viaggio che si vorrebbe
fare ma non si può
Vorrei fare un viaggio a Riccione, ma purtroppo costa
molto. Non è un caso, forse, che Riccione sia definita la “perla
dell’Adriatico e quindi è molto cara.
Riccione mi ricorda il periodo quando ero ancora giovane e spensierato,
ma il tempo passa e le cose cambiano.
Ho un bel ricordo dell’Acquafan, delle partite di calcio organizzate al
Parco della Resistenza, quella strana serata al Pascià.
Insomma, lo definirei un “one fine day”, che non ritornerà mai più, ma
forse chissà?
Un giorno tornerò a Riccione, anche d’inverno, perché la “Perla
dell’Adriatico” ha qualcosa di magico.
Inoltre rivivo il periodo più bello della mia vita.
Anonimo (dall'Ottonello)
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Il viaggio della vita
Nella casa delle ragazze madri s'ode un vagito: è Maria
Stella che viene alla luce. Per lei non è un lieto evento, perché,
benché
sia una bambina sana e senza difetti, la madre non la riconosce come
figlia e l'abbandona. All'inizio della sua vita per Maria
Stella mamma e papà sono gli infermieri dell'ospedale dove è nata. Ben
presto per lei le cose cambiano, a soli sei mesi viene
affidata ad una coppia di agricoltori ben disposti ad accettarla come
figlia. Per sette anni Maria Stella trascorre un'infanzia
felice, anche se le condizioni della famiglia sono modeste. Questo
stato di benessere e felicità purtroppo viene a cessare
perché la madre naturale si fa avanti e la riconosce, con il pretesto
che Maria Stella non frequenta regolarmente la scuola e
deve avere un'istruzione adeguata. Così viene strappata alla famiglia
affidataria e sbattuta da un istituto all'altro, subendo un
trauma terribile. Non ha più le persone che ama e per questo motivo per
nove mesi non parla con nessuno. "Non voglio più
nessuno, non voglio più nessuno"… Questo è il suo pensiero ricorrente,
che non svelerà a nessuno, ma che si porterà dietro
per molto tempo. Finalmente all'età di dieci anni per Maria Stella si
trova una collocazione stabile, viene trasferita in un
orfanotrofio situato nella sua città di nascita, qui riceve
un'istruzione e le cure di cui tanto necessita. Terminate le scuole
medie,
Maria Stella viene trasferita in una casa famiglia, dove può restare
fino alla maggiore età. In casa famiglia ha la possibilità di
frequentare l'Istituto Professionale di Stato, che è di formazione al
lavoro, frequenta il corso di camiceria e ben presto trova un
lavoro. È certamente vero che questa è l'età in cui si ricomincia a
crescere, ma per Maria Stella è anche il tempo in cui nascono
i primi amori. Maria Stella trova un ragazzo che la corteggia, così a
ventidue anni si sposa. Dal suo matrimonio nascono tre
figli, due maschi e una femminuccia. Trascorre tanti anni felici, ma
col passare del tempo le cose cambiano.
Il marito comincia a mostrare immaturità e poco apprezzamento per lei,
così i rapporti pian piano si deteriorano, cominciano
così le prime incomprensioni e i litigi diventano sempre più frequenti,
tanto che un giorno il marito se ne va, abbandona la
famiglia per soddisfare una relazione extra coniugale.
"Se ne è andato come un ladro, di nascosto, senza salutare nessuno"…
Con queste parole reagiscono i suoi figli. Il matrimonio
di Maria Stella è durato ventinove anni, ma dopo l'abbandono Maria
Stella si rivolge a un avvocato per tutelare i suoi diritti. La
sua sarà una separazione giudiziale che col tempo culminerà nel
divorzio. Ora Maria Stella è sola con i suoi figli, ma tutti si
rendono più responsabili e si rendono conto che per mamma il divorzio
non è un dolore, ma una liberazione. Dopo alcuni anni
la salute di Maria Stella si fa preoccupante, comincia ad avere
problemi psichiatrici e disturbi del comportamento, da dolce e
amorevole, diventa violenta ed aggressiva perfino con i suoi figli,
così le viene fatto un trattamento sanitario obbligatorio,
perché rifiuta il ricovero ospedaliero.
È proprio all'ospedale psichiatrico che Maria Stella fa una nuova
conoscenza: è un ragazzo molto più giovane di lei, ma,
nonostante questo, lui la corteggia, così Maria Stella s'innamora di
nuovo.
Terminata la degenza in ospedale cominciano a frequentarsi
regolarmente. È un ragazzo dolce e passionale e fra i due nasce
un rapporto meraviglioso, e per alcuni mesi Maria Stella abita con il
suo innamorato. In questo periodo, però, comincia a
conoscere il vero carattere del suo compagno. È un forte bevitore, è un
uomo violento, spesso la picchia, lasciandole lividi per
tutto il corpo. Questa è certamente una relazione difficile, ma Maria
Stella sembra non rendersene conto e continua a stare con
lui. All’improvviso però nella vita di Maria Stella succede qualcosa di
terribile, è come un fulmine che squarcia l’azzurro del suo cielo. A
soli trent’anni la sua figlia minore muore in un incidente stradale.
Questo avvenimento è come una lancia che trafigge il
cuore di Maria Stella e dei suoi cari, il suo cuore sanguina, sanguina
e non ha più ristoro. Dopo questo avvenimento decide di
lasciare temporaneamente il suo compagno e ritorna nella sua casa per
continuare ad abitare con il figlio maggiore che ancora
abita lì. La sua mente non è più quella di prima, ha perso la nozione
del tempo, non conosce più la strada di casa e non riesce
più a fare le cose che abitualmente faceva. I suoi figli le sono di
grande aiuto, anche se spesso piangono insieme. Anche gli
operatori del Centro di Salute Mentale di via Cimarosa l’aiutano a
superare questo momento doloroso, specialmente con la loro
calorosa vicinanza. Sono mesi lunghi e difficili, ma col tempo Maria
Stella e i suoi figli si riprendono e riacquistano la gioia di
vivere. Così il suo figlio maggiore, ormai adulto, decide di andare ad
abitare da solo, perché sente il bisogno della sua
autonomia: mamma sa risolvere le sue mansioni da sola e può sempre
contare sull’aiuto dei figli. Ora che il figlio è uscito di
casa, Maria Stella si rende conto che la casa è più spaziosa e così la
sua ex fiamma si fa risentire e ritorna alla carica. Lui
esprime il desiderio di abitare con Maria Stella, perché soffre molto
di solitudine e la sua casa è meno confortevole. I figli di
Maria Stella le sconsigliano la convivenza, ma lei pensa che una volta
insieme in una abitazione più confortevole sarà in grado
di gestire la personalità del suo compagno. Ma, ahimè, questo sarà il
più grave errore della sua vita. All’inizio il suo compagno
sembra cambiato: è gentile e amorevole come piace a lei, ma ben presto
riaffiora la sua vecchia personalità. Ogni volta che
beve per Maria Stella sono botte, pugni, calci, piatti che volano, lui
butta a terra soprammobili, bicchieri e portacenere che
vanno in mille pezzi. Poi grida “Pulisci, sguattera, che questo è il
tuo mestiere!”. Il suo carattere forte soffoca la personalità di
Maria Stella, che vorrebbe ribellarsi e difendersi, ma non ha la forza
di reagire. È come divorata da un vortice che pian piano la
inghiotte, fino a farla soffocare e accettare ogni cosa senza reagire.
Oltre al vizio del bere, lui manifesta anche quello del
videopoker. Spende tutto il suo denaro nel gioco, poi, quando non ne ha
più, costringe Maria Stella a dargli il suo e così, a poco
a poco, si riducono in povertà, costretti ad elemosinare il cibo dal
parroco. Maria Stella sta vivendo un momento molto difficile
della sua vita, ha perso la voglia di vivere e non ama nemmeno più il
suo compagno, desidera solo rompere questa relazione.
In questa occasione Maria Stella però acquista il coraggio di reagire.
Da sola non ne ha le capacità perché lui la minaccia
dicendo che se lei lo lascia lui le brucia la casa. “Comincio dalle
tende”, spesso le ripete “e brucio la macchina dei tuoi figli”…
Finalmente, dopo tanti tentativi, Maria Stella riesce a telefonare di
nascosto ai suoi figli e insieme a loro si rivolge al Servizio di
Salute Mentale, che con l’aiuto delle forze dell’ordine riesce a
mandarlo via di casa. Ora non ha un compagno, ma è felice, ha i
suoi figli e il suo nipotino che tanto ama e che le ridona i sorrisi e
le gioie perdute. La vita a volte può rivelarsi un viaggio duro e
difficile, ma rimane comunque il più grande dono che abbiamo ricevuto e
che ogni creatura cerca di preservare. Possiamo
sempre sperare che qualcosa cambi e se questo non avviene dobbiamo
essere attenti alle occasioni che veramente sono
necessarie al nostro benessere, sapendo cogliere le opportunità che
ancora la vita ci offre e che possono rendere il viaggio
della vita più leggero.
Mariangela
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L'uomo nel viaggio della vita
L’uomo ha due riassunti: il bambino è il primo, il
secondo è la vecchiaia.
L’uomo dovrà perdonare al bambino di ragionare ancora non completamente…
al vecchio dovrà perdonare di non aver più voglia o di non poter più
ragionare.
Luigi Zen
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Il mio viaggio più bello
Amo viaggiare e se avessi tanti soldi o vincessi al
superenalotto, o azzeccassi un
“turista per sempre”, sarei continuamente in giro, soprattutto alla
ricerca di luoghi caldi
e di mare, perché adoro i vestiti leggeri, le ciabatte da portare senza
calze, nuotare e
galleggiare nell’acqua salata (meglio se pulita e con i pesci).
Ogni viaggio è un’esperienza bellissima e conservo nel mio cuore e
nella mente il
ricordo di tutti quelli che ho fatto. Potrei parlare di Parigi (il mio
primo viaggio da sola, in
treno, nel maggio del 1979), di Londra ( e della bellissima sensazione
di essere in
aereo tra le nuvole simili a montagne di ovatta), di Formentera,
Ventotene, Ischia,
Procida, Capri, Budapest... e tante gite, fatte fin dai tempi della
scuola media (anche se
in Italia e di un solo giorno).
Ma il viaggio che non dimenticherò mai e poi mai, e che ha fatto bene
al mio spirito, al mio cuore alla mia mente e al mio fisico
è sicuramente la bella esperienza (che consiglierei anche al mio
peggior nemico) che ho vissuto con un uomo, un maestro, un
dottore, uno psichiatra, uno psicoterapeuta: il dott. Andrea Scardovi.
Avevo avuto un periodo molto impegnativo e molto stressante sul lavoro
e con il magistrato che assistevo, ed ero… “un po’
giù”. Il mio medico mi aveva consigliato un po’ di psicoterapia ed io,
che in quel periodo ne sapevo poco o nulla, avevo chiesto
informazioni ad una mia ex allieva (psicoterapeuta). Lei mi aveva
segnalato il dott. Scardovi dicendomi: “ci manderei mia
sorella!” Io le avevo detto: “Ma è un uomo, e non vorrei complicazioni,
tipo innamoramento e cose simili”. E lei: “guarda che ci si
innamora anche delle psicoterapeute donne, perché il transfert c’è
sempre!”.
È iniziata così la mia avventura con il dott. Scardovi: quando lo
chiamai mi diede un primo appuntamento dopo pochi giorni
(probabilmente sentì il mio tono dimesso e intuì la mia voglia di …
buttarmi via). Molte cose di quel viaggio le ho capite dopo e
all’inizio non è stato facile, né per me, né per lui, ritrovarsi faccia
a faccia con una persona sconosciuta e dover raccontare ciò
che non va, emozioni, sentimenti, sogni e tutto ciò che ti passa per la
testa non è subito semplice: il tempo non passa mai, ti
viene da guardare l’orologio e lui ti dice: “Perché guarda
l’orologio?”. Vorresti girare gli occhi verso la sua libreria o il suo
studio,
ma lui è lì che ti guarda e aspetta che tu parli. Dio, che momenti!!!
È vero che lui mi aveva detto che nel suo studio potevo sentirmi libera
di dire tutto quello che mi veniva in mente e fare
qualsiasi cosa (chissà cosa?!?)… All’unica mia richiesta, e cioè se
potevo dire le parolacce, raccontandomi una simpatica
storiella mi aveva fatto capire che sì, anche quelle.
Il mio viaggio è durato diciotto mesi (dal 30/12/1996 al 30/6/1998).
Vedevo il mio psicoterapeuta una volta alla settimana, il
martedì alle 14 e 30, e se all’inizio ero puntuale per abitudine o
perché sentivo e sapevo che dovevo andarci, poi, strada
facendo, era diventata una piacevole abitudine. Dopo un po’ che andavo
da lui, mi sono resa conto che incominciavo a volergli
bene, perché vederlo, incontrarlo e stare con lui quarantacinque f
cinquanta minuti, mi faceva proprio bene.
Ciò che apprezzavo di più era l’inizio della seduta: generalmente gli
raccontavo i miei sogni, lui me li spiegava e le sue
interpretazioni erano qualcosa di unico, che non so definire: usciva
tutta la sua preparazione, la sua delicatezza, la sua
simpatia. Quando mi chiedeva: “E lei, che cosa pensa? A lei che cosa è
venuto in mente?” , io mi arrabbiavo perché volevo che
fosse lui a parlare, a spiegare i miei sogni: io non ero brava come lui
e mi piaceva ascoltarlo.
Ho sempre pensato che il mio viaggio con il dott. Scardovi fosse un
viaggio in barca a vela, e non solo perché non ne ho mai
fatti, ma perché mi piaceva pensare che lui fosse lo skipper e io la
persona che stava incominciando a portare la barca,
affrontando il mare in tutte le situazioni (calmo o mosso). Ricordo che
in uno dei miei primi sogni vidi una barca di legno, in
porto, con una vela bianca enorme e al risveglio mi sentii bene.
Ho concluso il periodo di psicoterapia con il dott. Scardovi perché
stavo decisamente meglio rispetto a quando ero andata da
lui e perché le mie amiche e colleghe mi chiedevano:” Ma perché
continui ad andare dallo psicoterapeuta se ora stai bene?” .
Se tornassi indietro, non so se smetterei, perché mi sono resa conto,
“navigando da sola”, che qualche lezione in più, male non
mi avrebbe fatto: navigare da soli con il mare in burrasca richiede una
preparazione che una seduta alla settimana per diciotto
mesi non ti può dare.
Quando ho salutato il dott. Scardovi e lui mi ha augurato “buone cose”,
credevo di non vederlo più e ho impiegato ben otto mesi
ad abituarmi a non incontrarlo ogni martedì alle 14 e 30. Quei
quarantacinque minuti mi mancavano in maniera incredibile e lui
mi mancava terribilmente, come se avessi perso un amico, un
consigliere, un familiare, un maestro, un medico a me caro.
Leggevo di persone che erano state in analisi per anni, che avevano
visto il loro psicoterapeuta tre, quattro volte a settimana, e le
invidiavo, e mi sentivo sola … orfana. Poi … ho iniziato a sentirmi
bene. Anche se, cambiando lavoro, avevo dovuto
affrontare burrasche, rapide e tsunami, ero sopravvissuta e stavo
sempre meglio e ... ho telefonato al dott. Scardovi. Da allora
ogni tanto lo chiamo, ci incontriamo, una, due volte l’anno, gli
racconto ciò che faccio, gli parlo delle mie nuove esperienze,
attività e amicizie e lui è contento di rivedermi e di sapere che sto
bene. Nel 2000 ho avuto problemi di depressione bipolare,
ero seguita dalla mia psichiatra del CSM (dell’ASL), ma il dott.
Scardovi è sempre stato informato sugli sviluppi della mia
malattia, sulla terapia che seguivo, sui farmaci che assumevo e sui
rapporti che avevo con il mio psichiatra pubblico.
Io so che il dott. Scardovi c’è, e anche se non sono più una sua
paziente, lui rimane il mio psicoterapeuta, e quando faccio
sogni particolari mi capita a volte di ricordarlo e di pensare tra me e
me: ”Ci fosse il dott. Scardovi, a chiarirmi questo e quello!
Come vorrei che mi interpretasse questo sogno!”.
Ho capito (e non solo leggendo un libro che riguarda il diario di un
anno di psicoanalisi vissuto con curiosità e allegria) che,
anche se non vedo più il dott. Scardovi regolarmente e il mio lavoro
con lui è terminato, il percorso analitico non è finito. Ho
letto che in certi casi (e credo anche nel mio) gli effetti della
terapia si fanno sentire dopo mesi e addirittura anni. Ed è proprio
così. Ecco perché mi sento di dire che il mio viaggio con il dott.
Scardovi non è mai finito e ancora continua.
Tina Gualandi
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Una nuova vita
La sera era calata, l’uomo guardava preoccupato
l’orizzonte.
Era ormai tardi, non poteva più tornare a casa. Guardava gli
alberi e l’acqua del fiume, che scorreva lento. Sua moglie e i
suoi figli certo l’aspettavano con ansia e trepidazione…
La giornata era stata densa di avvenimenti: aveva rinunciato
a un lavoro che gli era stato proposto.
Ora si rendeva conto che la sua vita avrebbe preso un
andamento lento.
Avrebbe apprezzato le piccole cose del quotidiano, avrebbe
lottato con il suo carattere e i disturbi della sua personalità.
Era una gara dura, lo sapeva, ma non si arrendeva.
Le ore passavano inesorabilmente. Era notte, notte fonda,
una certa paura lo assalì.
Si sentiva solo, solo da morire, ma aveva dentro di sé una
carica di ottimismo e di positività, che l’aiutava ad affrontare la
vita, a cui diceva grazie per avergli donato l’amore di sua moglie
e dei suoi figli, a cui voleva un bene immenso.
Questa era la sua forza, questo l’avrebbe aiutato ad andare avanti con
serenità e fiducia nel domani.
Chiara Reitani
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Il mio viaggio: Spirituale
& Fisico
Penso che viaggiare, come dice il grande Lucio Battisti
nella sua mitica "Sì, viaggiare", sia come il
nostro “Faro”, cioè che illumini una strada da percorrere, per un
percorso che si spera sia positivo
(nell’ottimismo) e mai negativo (nella depressione). Attualmente il mio
viaggio ha a volte due
biforcazioni; per fortuna però, quella negativa ha pochi chilometri e
quella positiva molti, ma molti di
più, rispetto ad alcuni anni fa.
A parte comunque questo tipo di viaggio, a me piacerebbe viaggiare, per
esplorare nuove città e non
rimanere rinchiuso a Bologna come dentro una galera: ho visitato la
bellissima Firenze; lo zoo di
Pistoia; sono stato fin in Liguria, a Borghetto Santo Spirito, e mi è
piaciuta un sacco!!! Il lago di Garda
è davvero romantico e Gardaland è un parco giochi stupendo.
Spero però che i miei viaggi non si concludano qui, in quanto, ad
esempio, mi piacerebbe visitare
Venezia.
Dario Baietti
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Verso qualcosa
Da quando ho conosciuto Luigi Zen e Lucia mi ha chiesto
di scrivere sul “viaggio”, mi succede che ogni passo mi
suggerisce un viaggio.
Edoardo
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Viaggiare con la TV
Chi scrive -per motivi vari- da undici anni non fa una
vacanza o un viaggio, e ciò è un
sacco triste, perché viaggiare è bello, utile e importante; si
conoscono nuove realtà,
ambienti e persone diversi e…”si stacca la spina”…
La domenica pomeriggio però mi consolo con una trasmissione televisiva
che mi
conduce in luoghi meravigliosi: “Alle falde del Kilimangiaro”, su RAI 3
alle 15 circa,
condotto da Licia Colò (brava, simpatica e preparata).
Il 26/12/2010, ad esempio…
Sono partita per la Martinica, isola dei fiori, a sole otto ore da
Parigi, che fa parte delle
Antille francesi; il suo mare cristallino e la rigogliosa vegetazione
fanno di questa
località un vero paradiso in terra. Il suo orto botanico ha più di
tremila piante e la sua foresta è tropicale. A seicento metri
d’altezza, in una bella giornata si possono vedere l’Oceano Atlantico
da una parte e il Mar dei Caraibi dall’altra. Vi sono enormi
piantagioni di banane, che determinano verdi intensi e profumi
inebrianti (all’interno c’è il museo, con un cartello: “Ma la banana
è un frutto erotico?”). La punta estrema dell’isola è il posto ideale
per rilassarsi: i paesaggi sono un meraviglioso piacere per gli
occhi, ma anche per gli altri sensi. Per andare in Martinica non
occorre il passaporto (basta la carta d’identità) e vanno bene
anche gli euro. In Martinica è estate tutto l’anno!
Due ospiti della trasmissione hanno scelto una vacanza a Parigi, città
molto romantica, dicono, e non è vero che sia snob e
carissima … I Parigini sono anche gentili e aiutano pure le persone che
non sanno bene il francese … È una città da scoprire
camminandoci dentro, è multietnica e sicuramente la capitale della
cultura europea … dall’alto della Tour Eiffel ( trecento metri)
si domina tutta la città … Si può attraversare la notte di Parigi in
crociera sulla Senna … Monumenti da non perdere: il Sacro
Cuore, la scalinata dell’Opéra, gli archi della Difesa e di Trionfo, il
Museo del Louvre … La metropolitana, inaugurata nel 1900,
permette di andare da un capo all’altro della città. Meravigliosa
l’avenue degli Champs Elisées, con tutti i suoi alberi ornati di
luci natalizie…. Si torna a casa con la bellezza di Parigi nel cuore.
C’è chi preferisce invece un viaggio nella natura: altri due ospiti
della trasmissione parlano delle isole del Pacifico. Si parte dalla
Polinesia francese e precisamente da Tahiti, capitale, Papeete: fiumi
d’acqua dolce e in serata spettacoli di danze maori …
Bora Bora, per molti sinonimo di giardino dell’Eden... Arcipelago delle
Tuamoto, famoso per la coltivazione delle perle nere …
Acquari naturali, pesci tropicali e una barriera corallina
straordinaria … Si possono vedere i delfini che nuotano a pochi metri
dall’imbarcazione, i subacquei hanno la possibilità di “danzare” con i
delfini … Vi sono isole ancora inesplorate, dove le
tradizioni vengono tramandate di padre in figlio. Isola di Pentecoste:
qui ancora si fanno riti propiziatori mediante salti di trenta
metri, legati solo con una liana. Questo rito risale a tremila anni fa …
Ed eccoci a Miami: duecentocinquantasei grattacieli ( e trentacinque in
costruzione); città multietnica, belle spiagge e percorsi
naturalistici. All’interno si respira aria cubana. Si gioca a domino un
po’ dovunque. Il suo giardino botanico (risalente al 1938) è
ricco di piante tropicali per la maggior parte spontanee. Case da
sogno, laghetti artificiali, fanno di Miami un posto esclusivo.
Miami Beach, a nordest, centro balneare, è uno dei luoghi più costosi
della Florida. La sua icona per eccellenza è la spiaggia.
Divertimenti serali per tutti. A due ore di auto a sud di Miami si
trova il parco nazionale, con alligatori e una fauna ricchissima,
un vero paradiso naturale che si spera possa essere conservato per le
generazioni future.
Lasciamo per un attimo il mare e andiamo a Saint Moritz (in Svizzera),
che si raggiunge da Tirano (Valtellina) in un trenino tutto
rosso.
Altro luogo meraviglioso: l’isola di Réunion, nell’Oceano Indiano, a
est del Madagascar, colonia francese senza turismo di
massa. Nell’isola, ricca di delfini, la lezione di educazione fisica è
un’ora di surf, lo sport più praticato… Kelonia è il centro di
studio delle testuggini marine che, una volta curate e guarite, vengono
riconsegnate al mare. All’interno si trova l’altura più elevata (oltre
duemila metri). Il fine settimana, abitualmente, vi si tengono
campeggio, picfnic e spettacoli di danze antiche
praticate una volta dagli schiavi delle piantagioni. La costa sud f
occidentale è del tutto diversa: il mare è spesso agitato e
impegnativo, ma vi sono zone riparate, per una tranquilla nuotata. Hell
Bourg è una cittadina con abitazioni trasformate in case
museo, da visitare. All’interno di Réunion vi è il centro ippico più
importante dell’isola. Raggiungendo l’eliporto si può effettuare
ad un costo non proibitivo una spettacolare escursione con la visita al
vulcano ancora attivo. Acqua e fuoco sono elementi della
natura spettacolare di Réunion.
La trasmissione permette a volte di conoscere delle curiosità o delle
iniziative particolari nel mondo.
In un video girato a Sidney, si vedeva un ragazzo che girava tenendo un
cartello con la scritta: “FREE UGS” (abbracci gratuiti).
Le persone lo guardavano un po’ stupite e sorprese, quasi intimorite,
ma poi parecchie di loro si lasciavano andare e vi erano
abbracci fantastici. Giordano Ruini e Lucio Galli (ospiti di Licia
Colò), hanno deciso di ripetere l’esperienza. Sono partiti da
Reggio Emilia e con tappe a Bologna, Trieste, Slovenia, Zagabria,
Montenegro, Turchia, Israele, Gerusalemme… sono arrivati
al Cairo. Dopo aver fatto il pienone di abbracci con quel viaggio, ora
lo fanno in date simboliche con le persone vicine.
L’abbraccio è terapeutico. Nessuno credo abbia mai abbracciato il
proprio vicino… Nel settembre del 1999, durante un corso di
aggiornamento per insegnanti, uno degli esercizi che ci avevano fatto
fare era stato di alzarci in piedi, girare per la sala e
abbracciare chi volevamo. Era stato bellissimo. Gli psicoterapeuti
dicono che bisognerebbe abbracciare i propri cari ogni
giorno. Dunque… abbracciamoci ogni volta che possiamo.
Tina
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Viaggio verso l'ombelico del mondo
E così mi ritrovavo solo, solo in mezzo all'oceano
infinito, gettato come una straccio
vecchio su di un relitto che galleggiava a stento, senza alcuna
ragionevole probabilità di
trovare soccorso, sotto un sole cocente e con un solo otre d'acqua a
separami dalla
morte per disidratazione.
E pensare che solo due mesi prima avevo lasciato il porto di
Alessandria d'Egitto, sotto i
migliori auspici, al comando di una splendida pentera (1) e con un
equipaggio rotto ai più
impervi viaggi per mare.
Era il terzo giorno del mese di targelione del secondo anno della 130a
Olimpiade (2).
Tutto aveva avuto inizio quando ero stato contattato da Lisandro di
Scitopoli con una
interessante proposta di lavoro.
Lisandro era ben noto in tutto il Regno Tolemaico, e non saprei dire se
facessero più
scalpore le sue enormi ricchezze, accumulate con modalità a dir poco
dubbie, oppure le
stravaganze di cui il suo narcisistico carattere amava fare sfoggio.
L'ultima follia di Lisandro era quella di rintracciare l'omphalos,
l'ombelico del mondo, questo mitico luogo previlegiato dove,
secondo l'arcaica tradizione, il diaframma tra l'uomo e le divinità
diveniva più sottile, sin quasi ad infrangersi, e al quale
(ammesso che mai qualcuno vi avesse creduto) ormai da secoli nessuno
prestava più il minimo credito.
Ma a me ciò interessava ben poco, e quando Lisandro mi offrì di guidare
la spedizione navale alla ricerca dell'omphalos
accettai con gioia, un po' -lo ammetto- per il compenso davvero
principesco offertomi, ma soprattutto perché da tempo sentivo
l'esigenza di allontanarmi dal mondo civilizzato, in cui mi sentivo
soffocare.
Non starò a tediarvi con tutte le tappe del viaggio lungo il
Mediterraneo, che peraltro procedette senza intoppi sino a che
varcammo le colonne d'Ercole (3).
Infatti, secondo le vaneggianti istruzioni di Lisandro avremmo dovuto
cercare l'ombelico oltre i confini del mondo conosciuto.
Ma varcate le porte d'Ercole tutto iniziò ad andare male: maltempo,
forti correnti, improvvise bonacce cominciarono a
perseguitarci, portandoci dove non volevamo andare. Infine un fortunale
di potenza inusitata, il peggiore in cui mi fossi mai
imbattuto, fece letteralmente a pezzi la nostra imbarcazione.
E così eccomi aggrappato a quella tavola di legno, con la sola
prospettiva di allontanare di qualche giorno la mia dipartita; alla
fine la stanchezza prevalse e mi addormentai di un sonno profondo e
senza sogni. Ma quando mi svegliai, con mio incredibile
stupore, la zattera si era dolcemente arenata sulla candida battigia di
un'isola. Ma la cosa che più mi sconcertava è che,
sebbene fossi assolutamente sicuro di non essere mai stato in quei
luoghi, tutto mi sembrava estremamente familiare,
ogni singolo particolare del paesaggio che si mostrava al mio sguardo
era come se fosse esattamente dove doveva essere,
esattamente come doveva essere.
Lasciate da parte queste considerazioni mi avviai con un misto di paura
e di speranza verso l'interno dell'isola. Dopo un certo
tempo, giunto sulla cima di una collina vidi in lontananza parecchie
abitazioni: dunque si trattava di un luogo abitato, dunque
ero salvo!
Mi misi a correre verso l'abitato, ma mi fermai bruscamente, quando
scorsi due persone che si dirigevano verso di me;
chiacchieravano amichevolmente tra loro, anche se non potevo udire in
che lingua parlassero, e mentre mi interrogavo su
come sarebbe stato possibile comunicare con i nativi, i due mi
raggiunsero, uno di essi mi guardò senza alcuno stupore e
senza degnarmi di un cenno, poi i due continuarono lungo il sentiero,
sempre chiacchierando. Ero allibito: come era possibile
che la mia presenza non avesse suscitato in loro alcuna reazione?
Decisi allora di proseguire verso l'abitato e giuntovi mi avvidi
che si trattava di un piccolo paese che si sviluppava attorno a una
piazza centrale. Qui giunto vidi che il paese ferveva di vita:
molte persone si affaccendavano in varie mansioni, eppure nessuno,
neppure uno, faceva particolare caso alla mia presenza,
come se fosse del tutto naturale che io mi trovassi lì.
Nel tentativo di dire qualcosa a una donna che stava seduta sull'uscio
della propria dimora, le sorrisi imbarazzato, e quella
rispose con un sorriso aperto e cordiale; feci un cenno con il braccio,
per richiamare l'attenzione di qualcuno, e dall'altra parte
della piazza un uomo mi salutò gioviale con la mano. Non riuscivo a
capire. Giunto al centro del paese si ripresentò la
sensazione che avevo provato sulla spiaggia, tutto mi era familiare,
tutto era esattamente come doveva essere: la relazione
delle case con le vie e le piazze su cui prospicevano, il rapporto tra
una casa e l'altra, quello tra le case e le persone che vi
abitavano. Era se come tutto non potesse essere se non come realmente
era. Ma questa volta lo stupore non era
accompagnato da alcun senso di allarme, una grande serenità si era
impadronita di me, come se anch'io dovessi
immancabilmente essere lì in quel momento.
Decisi di prendere il toro per le corna e afferrato bruscamente per le
spalle un uomo che passava lì vicino, quasi gli urlai: "E
dunque, lorsignori fanno i sostenuti, e con quale sufficienza ed
alterigia mi ignorano!"
E quello, ponendomi affettuosamente il braccio attorno alla spalla: "Ma
che dici, Anserio -Anserio è il mio nome- che ti
prende? Non abbiamo forse giocato a scacchi proprio ieri sera?"
E fu come se un velo mi cadesse dagli occhi: mi avvidi che mai per
tutta la mia vita, mai, neppure per un solo istante, mi ero
allontanato da qui.
Da qui: dall'ombelico del mondo.
NOTE:
1. imbarcazione greca a 5 ordini di remi
2. aprile del 258 a.C.
3. Lo Stretto di Gibilterra
Antonio Marco Serra
|
La tartaruga conosce le strade
meglio della lepre
Quando il vento soffia
la lepre corre forte
Luigi Zen
|
Da Monaco (dalla raccolta
“Tardorosa”)
Cartolina e saluti:
Caro Pg!
“Volumi orizzontali”
un’elica per la madre robot
Vivi una Monaco (dici)
di quadri biblioteche
serate musicali
e a Bologna?
Il vuoto è quasi un insulto
(ardui
i punti di fuga).
Piergiorgio Fanti
|
Ti osservo
Ti osservo
Il sole non ti scalda
È lento il tuo incedere
Incerta è la strada che ogni giorno percorri
Uguale e monotona
Il tuo passo è freddo
La terra che calpesti non lascia traccia
I fiori nel lento avanzare
Non mettono radici
Sono fragili
Solo un piccolissimo sorriso
Prima di sera
hanno chiuso le loro corolle
Anonimo - da “Il Bosco” gruppo Euforia centro Tasso
(1993-2008)
|
Camminare
Camminare, camminare, camminare
Dimmi dove vuoi arrivare?
Vuoi andare al polo nord,
vuoi andare al polo sud?
Camminare è un patto segreto,
lo diceva anche Amleto!
C’è chi cammina col passo lungo,
chi col passo corto,
chi lo fa saltellando
e chi zigzagando.
Dimmi come cammini che ti dirò chi sei!
Chi utilizza il passo lungo
è una persona che ha fretta,
ma fretta di cosa?
E’ impegnato, non perde il suo tempo,
deve per forza arrivare subito!
Vai veloce, vai veloce che sarai il primo…
Chi utilizza il passo corto
prende la vita con grande calma,
guarda il paesaggio,
ammira le persone che incontra.
Chi va saltellando
sono spesso i bambini
che sono molto esuberanti
e che trasmettono una grande carica
d’energia.
Chi va zigzagando
è quello distratto
con la testa fra le nuvole,
che sta pensando ai suoi problemi!
Quante persone camminano,
vogliono raggiungere un posto,
quante persone si incrociano
e non si fermano a parlare…
Camminare è un bisogno,
fammi vedere come lo fai,
cosa ne pensi se percorressimo assieme
la strada?
Loopa Sonivree
|
Siamo tutti fratelli
Vedevo una mano bianca che era
unita ad una mano scura,
e tutte e due camminavano
senza paura.
La strada era lunga,
il loro volto diverso ma felice.
Diverso perché non erano di ugual colore,
ma erano felici ed uguali
nello scambiarsi AMORE.
Lucio Polazzi
|
Ritorno (dalla raccolta
“Cristallo di rocca”)
Notte brumosa e lampione che
di luce dondola,
ampie falcate marine
squarcia quel lampo
varca la notte
il prigioniero del tuo sguardo,
s’un’ipotenusa di pensieri.
Domani, un accordo sole sorriso
getterai a questa mano
e un passo asciutto
diverso a chi gonfia
palla rotola
tra il grigio del pietrisco
guarderai a quella gabbia
d’uccelli e nanetti di gesso
(il tempo parrà
infine essersi fermato).
Piergiorgio Fanti
|
Colsi l’occasione quella volta
Colsi l’occasione quella volta
di dirti per sempre addio
e mangiai la mela verde
riposta sul ripiano.
Amami ancora ti dissi
ancora per te amami
e amarti ti dissi e mi dissi.
Io così ti conobbi
e così ti lasciai, mi lasciai
a quel crocevia e così morì
anche quella che voleva mangiare
la prima mela.
Amami ancora ti dissi
e tu lontano mi dissi
amarti ancora volevo
ma morta la vidi
cadere nell’azzurro
di una veste bruna.
Poi tornai a quel capezzale
e mi parlai di lei dicendomi
“Evviva, è morta!”
Ma c’era l’altra, che mi capì
solo a metà, conoscendo
lui e non il mio sesso
cioè l’altro sconosciuto tesoro d’oro.
Amami ancora ti dissi
e tu lontano chiamavi
e mi dissi così e mi dissi:
“Fine è la fine! E tu che guardi, e tu che dici?
Guardi e non dici niente, tu mi guardi e dici niente!”
Qualcuno quel mattino bussò alla porta,
bussò e disse: “Chi è il tesoro,
dove sei o mia santa donna, dove sei?”
“Sono lontano, sono via,
via da tutti, via da loro, via da me”.
E poi lontano fuggì anche quel gabbiano
io corsi per afferrarti ma eri già sul precipizio
del desio di lei.
Bella e gaia la bugiarda
bella e gaia io, “come ti chiami”, le chiesi.
“Mi chiamo io. Io sono io!”
Se ne andò poco innanzi al cavaliere,
me ne andai poco innanzi a lei,
per chiederti perdono,
un perdono forte, folle,
sobbarcandomi l’intera corte
dirimpetto.
Paola Scatola
|
L’arduo viaggio (a mia moglie)
Aspro sentiero
e gravoso
è stato a noi tratto in sorte.
Di balza in balza,
di vertigine in vertigine,
sempre più in alto ci inerpichiamo
per lo sdrucciolevole sentiero
che il nostro stesso passo traccia.
E a un tratto,
al volgere lo sguardo verso le frequentate valli,
ci avvolge struggente nostalgia
di piani e agevoli sentieri.
Ma è vano sogno.
Senza pietà
la greve e densa aria di pianura
strazia i nostri polmoni.
È l'aria rarefatta delle vette
ed inebriante
che sola può oramai tenerci in vita.
Che Sorte ci conceda oppur ci neghi
d'essere l'un per l'altra di puntello,
per un tratto di questo erto cammino,
infine, Ave,
sarà sulla più estrema delle vette
che ancora e sempre ci ritroveremo.
Antonio Marco Serra
|
Vorrei
Vorrei che sia molta follia
per due occhi che comprendono
perché anche in questo prevale
la mia maggioranza.
Fossi con te
inutili i venti
e via la bussola
e via la mappa.
Potessi stanotte
ancorare in te.
Paola Scatola
|
Quando te ne vai
Quando te ne vai
ma non te ne va mai
é uno sproloquio
é una cadenza, chi più ne ha più ne metta.
Se te ne vai
capisco il connubio di sensi
che partono, giungono, si scindono
e cessano.
Per il calore retto a ratto
si distrugge la nozione di vita
e si rende tutto così come lo vedi
così com’è.
Paola Scatola
|
Amico mio
Caro sei
nelle mie lunghe ore
sulla barca
a navigare
tragitto
consapevole
a cavallo
dell’onda terrestre.
Ci portiamo a riva
ad ammirarci.
Se ti allontani
mi allontano
se ti avvicini
mi avvicino
rispettando il fato.
Se c’incontriamo
l’amore è salvo
se non ci vediamo
lo porto nel cuore.
E navigo per raggiungerti
o ricordarti
fra le onde terrestri.
Marcella
|
L’arte del viaggio
Non sopporto il tran tran, la monotonia,
l’abitudinarietà. Sono curiosa di tutto ciò
che è diverso, insolito. Amo parlare lingue straniere e confrontarmi
con altre
culture. Sono energica, pratica, adattabile… Da questi dati, un’ovvia
conclusione:
sono fatta per viaggiare.
Appena salgo su un mezzo di trasporto per allontanarmi dalla città, il
mio umore
migliora di botto. Il contrario avviene quando mi avvio sulla strada
del ritorno:
terribile avvistare il piattume della Val Padana e la nebbiolina che lo
avvolge,
annusare quell’aria che trasuda umidità e gas di scarico, immaginare
già il
portone di casa che si apre sulle solite stanze, le solite faccende, la
solita noiosa
quotidianità…
Poi, va be’, anch’io mi riprendo i miei impegni, le mie responsabilità,
ma li
identifico con la pesantezza del vivere, mentre viaggiare è leggero,
leggero…
Il primo “viaggio” consapevole l’ho fatto a otto anni, con i miei
genitori e mio
fratello: tutti insieme sulla millecento blu puntata verso il Sud.
Andammo in
Toscana e nel Lazio. Mia madre mi incoraggiò a tenere un diario, che
conservo ancora e mi fa sorridere per le sue buffe
annotazioni (tipo: nelle tombe etrusche c’è “odore di ossa vecchie”…).
Fu l’inizio di una serie di spedizioni magnifiche, prima in Italia,
poi… Austria, Svizzera, Francia, Germania, Olanda, Spagna…
Mio padre, che d’estate non poteva assentarsi dal lavoro, tutti gli
anni in settembre prendeva finalmente le ferie, si metteva in
tasca un sacco di soldi e ci portava alla ventura senza riuscire mai a
spendere tutto. Lui guidava ore e ore senza stancarsi,
chiedendoci di cantare per fargli compagnia. Mia madre sapeva tante
lingue e studiava itinerari bellissimi nella natura e
nell’arte.
A diciott’anni fui io a organizzare quello che fu l’ultimo viaggio
tutti insieme, nel nord Europa a caccia di cattedrali gotiche e resti
del mondo celtico. Avevo imparato l’arte del viaggio e non l’avrei più
dimenticata.
Non ho bisogno di andare tanto lontano, né di impiegare molti giorni,
ma dovunque vada esploro e trovo meraviglie. Mi piace
proprio fare il piccolo cabotaggio, le “pisciatine come i cani”, per
non perdermi nessun particolare.
Il mondo è splendido.
Qualcuno un giorno mi ha chiesto quale sia stato il “viaggio della mia
vita” …
Pur ricordandoli tutti con emozione, non ho dubbi: l’Alta Via delle
Dolomiti!
Un viaggio a piedi di due settimane, da rifugio a rifugio, come
viaggiavano gli antichi, respirando l’emozione delle altezze,
all’alba, al tramonto, sotto le stelle. Soffrendo un po’ di fatica, un
po’ di paura. Condividendo tutto con gli amici, cibo, acqua,
scomodità ed entusiasmo. Misurando la propria resistenza e il proprio
coraggio in base al premio: un panorama, un pasto
caldo, un tetto per riposare…
Un viaggio iniziatico, un viatico per l’esistenza.
Lucia
|
Il mio viaggio, regalo dei miei
cinquant’anni…
Il mio viaggio, dall’altra parte del mondo…
Il mio viaggio, intitolato “Abbandonarsi in serenità”…
Dal 28 febbraio al 9 marzo tour itinerante in Guatemala e Messico.
Ho visto cose che l’immaginazione non sarebbe in grado di riprodurre…
Ho ascoltato tante storie… alcune di una antichissima e avanzatissima
civiltà… altre più recenti… di guerra e miseria.
Ho assaggiato tanti sapori… semplici, ma pieni di aroma.
Ho visto piante e fiori incredibilmente belli
Ho riempito gli occhi di mille colori cangianti…
Mi ero portata (come al solito) un blocco per gli appunti, perché
volevo scrivere tanto… … e ci sarebbe stato tanto da scrivere
(ma non era possibile fare tutto):
Ho scattato moltissime foto, ho voluto fermare quegli istanti e quelle
immagini per poi, riguardandole, ricordarmi che non era
stato un sogno.
Ma i ricordi che porto negli occhi e nel cuore non sono riproducibili
su una stampa o sullo schermo di un computer…
Come mi ha detto una persona prima di partire, “viaggiare apre la
mente!”.
E io aggiungerei “… anche il cuore!”
Cinzia
|
Un fantastico “dolce” viaggio
Premessa
Questo racconto è stato ideato partendo da queste frasi:
Lucia, mangiando troppi dolci, deve scappare in farmacia in via S. Isaia
Tina mangia una dolce gelatina su una panchina
Aldo è in pasticceria “Ronaldo” con un bombolone caldo
Anna monta la panna per far la torta all’amica Susanna
Darietto mangia una cioccolata da un etto e tira su un altro chiletto
Massimiliano sdraiato sul divano si gusta un cannolo siciliano
Concetta spezza il torrone con l’accetta perché non riesce a far la
fetta
Cristina si pregusta una pastina in cucina
Roberto che ha freddo tutto coperto vende caramelle all’aperto
Mariangèla prepara la torta con la mela e la decora con la velaLuigi
incontra Gigi e si fanno una scorpacciata di dolci bagigi
Gabriele a lume di candele mangia la torta di mele
Fabio è un gran gelataio e se lo gusta con un cucchiaio
Poi unendole in modo che ne venisse fuori qualcosa che speriamo sia
simpatico.
Racconto
Roberto, che ha freddo, tutto coperto. vende caramelle all’aperto,
mentre lì vicino vediamo Tina che mangia una dolce gelatina
su una panchina, appena acquistata da Roberto, dal quale arriva anche
Luigi che incontra Gigi e si fanno una scorpacciata di
dolci bagigi; ma Lucia, troppo ghiottona, da Roberto ha mangiato troppi
dolci, e scappa in farmacia in via S. Isaia. Uscendo
dalla farmacia, lei vede Aldo in pasticceria “Ronaldo”, con un
bombolone caldo e intravede il furbo Darietto che mangia una
cioccolata da un etto e tira su un altro chiletto; poi da lì incontrano
anche Fabio, il gran gelataio, che assaggia qualche gusto
con un cucchiaio. Lucia ora sta meglio e tutti vanno a una festa a casa
di Massimiliano dove lo trovano sdraiato sul divano che
si gusta un cannolo siciliano, mentre Cristina si pregusta una pastina
in cucina e Anna monta la panna per far la torta all’amica
Susanna. Nel salotto, nell’attesa che Mariangèla prepari la torta con
la mela e la decori con la vela, Concetta spezza il torrone
con l’accetta perché non riesce a far la fetta; poi all’improvviso va
via la luce e l’astuto e goloso Gabriele a lume di candele
mangia la torta di mele.
Massimiliano Volta e Dario Baietti
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Temo che la venuta non sia folle…
“L’ultimo viaggio”, il viaggio cioè che segna il
distacco dal
mondo dei vivi, è un momento forte dell’esistenza umana. Si
cerca da un lato di elaborare il lutto con una cerimonia
conclusiva, dall’altro ci si consola rappresentandosi la morte
come un passaggio ad altra vita.
Molti popoli antichi usavano sotterrare insieme al defunto cibo,
utensili, armi, gioielli e in alcuni casi persino animali e servitori
e decoravano le pareti interne delle tombe con pitture,
pensando di rendergli più facile e felice il soggiorno nell’aldilà.
La ricchezza della tomba e del corredo funebre era
proporzionata all’importanza della persona. Eccezionalmente
ricche sono le famose sepolture regali dell’antico Egitto e della
Cina.
Al
British Museum di Londra dal 4 novembre 2010 al 6
marzo 2011 si tiene la mostra
“Viaggio nell’aldilà: il Libro dei morti nell’antico Egitto”:
oltre a splendidi sarcofagi, statue e gioielli, vi si possono ammirare
decine di inediti papiri che raccontano il percorso che secondo la
religione egizia
ogni defunto doveva compiere per guadagnarsi l’immortalità.
L'esercito di terracotta rinvenuto alla periferia di Xi'an, presso il
mastodontico mausoleo
dell’ imperatore Qin Shi Huangdi, morto nel 210 a. C.,
è una fedele replica dall'armata che aveva unificato la Cina.
Gran parte del sito archeologico deve ancora essere scavato.
Per il momento l’esercito è composto da oltre 8.000 guerrieri a
grandezza
naturale
e da più di cento cavalli che trainano carri.
Dalle religioni antiche e in particolare dai culti
misterici
dell’antica Grecia, ci viene una ricca messe di miti relativi al
ciclo vita-morte e figurazioni del regno dei morti.
Non mancano gli esempi di incursioni di eroi nell’oltretomba e
di commoventi incontri coi loro cari. Il più triste è il caso di
Orfeo ed Euridice, che è stato fonte di ispirazione per
innumerevoli artisti fino ai giorni nostri. Orfeo grazie al suo
canto meraviglioso ha commosso gli dei degli Inferi ed ha
ottenuto di poter trarre in salvo la moglie defunta, ma giunto
sulla soglia si volge a guardarla e lei sprofonda nuovamente.
Nell’Odissea si narra che Ulisse dietro suggerimento della
maga Circe si reca alle porte dell’Ade e fa un sacrificio
propiziatorio per evocare l’indovino Tiresia e farsi predire il
destino. Diverse ombre si affacciano per bere il sangue degli
animali uccisi e trarne forza, fra queste Tiresia, che mette in
in guardia Ulisse sulle molte prove che dovrà affrontare prima
di poter tornare alla sua Itaca. Anche la madre di Ulisse,
Anticlea, morta di dolore durante la sua assenza, viene per
informarlo delle difficoltà che incontrerà quando giungerà alla
sua casa e alla sua sposa, insidiata dai Procì. Commosso,
Ulisse prova per tre volte ad abbracciarla, ma senza riuscirvi.
Vede poi altri eroi morti nella guerra di Troia e mitici
personaggi, come Tantalo e Sisifo, che scontano orrende pene
e intimorito si allontana per riprendere il suo viaggio.
Nell’Eneide Virgilio si cimenta con una descrizione del regno
dei morti ancora più complessa: Enea, guidato dalla Sibilla
Cumana, viene traghettato al di là dell’Acheronte, oltrepassa le
porte degli Inferi e giunge nei Campi del Pianto, dove incontra
l’ombra di Didone, che si è uccisa poco dopo la sua partenza
da Cartagine. Addolorato cerca di parlarle, ma lei si allontana
sdegnata e va a raggiungere il primo marito, Sicheo, nella
Selva dei Morti. Superato il Tartaro dove sono puniti i malvagi,
Enea giunge finalmente ai Campi Elisi dove incontra il padre
Anchise e numerose ombre, fra cui Orfeo. Anchise spiega al
figlio come dopo mille anni l’anima, dimenticata la vita
precedente grazie all’acqua del fiume Lete, può tornare a
nascere in un corpo nuovo. Gli presenta quindi quelli che
saranno i suoi gloriosi discendenti, i futuri eroi di Roma. Dopo
aver rivelato a Enea ciò che lo attende nel Lazio, lo
accompagna all’uscita.
Le tre cantiche della Divina Commedia costituiscono senz’altro
la più complessa tra le raffigurazioni letterarie dell’aldilà. Dante
sceglie Virgilio come suo “maestro” ed “autore” ed utilizza molti
elementi della tradizione mitologica. In questo modo crea un
raccordo culturale col mondo pagano, che gli fornisce figure
simboliche potenti, ma tutto viene rivisitato alla luce della
dottrina cristiana.
Nel secondo canto della Divina Commedia egli esprime a
Virgilio i suoi dubbi prima di compiere il grande passo:
“Ma io perché venirvi? o chi ‘l concede?
Io non Enea, io non Paulo sono:
me degno a ciò né io né altri crede”
Egli teme “che la venuta non sia folle”, cioè che passare quel
limite sia, per lui, oltre che un’empietà, una pazzia.
Per decidersi non si accontenta dell’esempio di due
predecessori illustri come Enea (eroe del mondo classico) e
san Paolo (eroe della fede cristiana, che nella seconda lettera
ai Corinzi narra di esser stato rapito fino al terzo cielo), ma ha
bisogno di essere ulteriormente incoraggiato da figure amiche
a forte valenza simbolica.
Ecco dunque che Virgilio (la ragione) lo scuote dalla sua viltà e
riferisce di essere stato inviato da Beatrice (la teologia), a sua
volta sollecitata da santa Lucia (la grazia illuminante) e dalla
Madonna (la grazia preveniente), per fargli da guida…
A questo punto, finalmente, Dante-personaggio si rinfranca e
inizia la grande avventura del percorso di salvazione
attraverso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso.
La lunga e circostanziata premessa è certo una mossa
strategica di Dante-autore, che sente il bisogno di mettere le
mani avanti nel momento in cui si accinge alla grandiosa (e
pericolosa) impresa di scrivere un poema di contenuto
teologico, ma esprime anche in modo illuminante gli aspetti
psicologici del grande tabù che riguarda l’aldilà.
Le religioni offrono tuttora ai fedeli indicazioni su come
figurarsi l’aldilà. Ciascuna ha un suo specifico credo, che
influisce sensibilmente sulle norme morali (in quanto il modo in
cui si è spesa la propria vita determina la sorte che si avrà
dopo morti) e fornisce alle comunità una base concettuale
dell’ignoto, unificatrice e sostanzialmente rassicurante.
Per molti resta comunque difficile rassegnarsi al pensiero che
non vi sia più possibilità di tornare indietro, né di incontrarsi o
comunicare con chi è trapassato.
Le cosiddette esperienze di pre-morte e le reminiscenze di
persone uscite dal coma, oltre ad alcuni fenomeni inspiegabili
(premonizioni, déja vu, contatti telepatici o medianici ...)
offrono suggestivi interrogativi alla scienza e alla meditazione.
La materia da sempre affascina ed inquieta, offrendo tra l’altro
grandi spunti alla fantasia e quindi all’arte. Ma il solo parlarne
è già di per sé un viaggio avventuroso che esige cautela e
rispetto: si entra infatti nel campo del miracoloso o
dell’irrazionale… campo minato in cui si sfiorano e si
confondono religione e superstizione, spiritualità new age e
satanismo, esperienze paranormali e pensieri o fenomeni che
rasentano il delirio e il disturbo allucinatorio.
Il senso di profanare un mistero, di commettere empietà, il
timore di peccare di eresia o di superbia, l’attrazione e la
repulsione per l’ignoto, la paura di esservi risucchiati, di non
poter più tornare indietro, di precipitare nella follia o di essere
creduto folle… sono sentimenti che può provare chi tenta di
affacciarsi al regno dei morti.
Ecco perché Dante pensa bene di provvedersi di un valido
passaporto e di una formidabile scorta.
L.L.
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Leggiamo insieme
Dall’agosto 2009 a Casa Mantovani è partito un nuovo
laboratorio: NARRATIVA. Il laboratorio di Narrativa nasce dall’idea di
sperimentare l’utilizzo della letteratura ai fini della riabilitazione
psichiatrica, non solo per l’acquisizione di abilità funzionali
valide, ma anche per rispondere alla ricerca del “senso di vivere” che
caratterizza le nuove forme di disagio psichico.
L’attività ha come scopo l’apprendimento o il rifapprendimento di
abilità cognitive quali memoria, attenzione, concentrazione e
l’uso di strutture logiche, mediante commenti ed osservazioni sulle
letture. Attraverso il laboratorio, infatti, i pazienti possono
trovare lo spazio per esprimere i propri pensieri e recuperare un
adeguato rapporto con la realtà che li circonda. I testi che sono
stati letti sono molteplici (Benni, Shakespeare, De Amicis, Goethe,
Buzzati), in particolare hanno suscitato vivo interesse le
“Novelle per un Anno” di Pirandello ed i Racconti di “Don Camillo e
Peppone” di Guareschi.
In preparazione alle Festività Natalizie, è stato letto anche un
classico della letteratura internazionale, “Cantico di Natale” di
Charles Dickens e a Dicembre tutti i partecipanti hanno assistito alla
produzione cinematogralica della Disney: “A Christmas
Carol” ispirata al libro.
Il Coordinatore Giorgia Busti E.P. RTP Casa Mantovani
Ogni pagina del libro è stata commentata e, in
collaborazione con il Laboratorio di Musica, dall’analisi del testo e
dall’ascolto della colonna
sonora del film cantata da Bocelli, che riprende la trama del libro,
sono state evidenziate le seguenti frasi, perché rappresentano meglio
il
messaggio che voleva trasmettere Dickens:
“Il vero messaggio del Natale è che noi tutti non siamo mai soli.”
“La luce di una candela / disperde la notte / ora i tuoi occhi possono
vedere / che brucia in modo più luminoso del sole.”
“Notte di felicità / notte di Natale / ogni cuore esulta già / libero
dal male / il signore di lassù / sempre ci guiderà / ci ascolterà, ci
aiuterà /
che lodato sia / inizia qui il miracolo / Dio ci benedirà.”
“Venite insieme / nel dono dello Spirito / ci stanno doni qua attorno
grandi e piccoli / ci sentiamo gioiosi / benedizioni ci sono state
mandate
dal cielo / ci guidano nella nostra strada.”
“Siamo venuti qui per trovarvi / con le vostre risate e la vostra
felicità / bontà, speranza e virtù.”
“Alziamo la voce / come ci rallegriamo / abbassiamo la nostra testa e
preghiamo / un miracolo è appena iniziato / Dio benedica tutti noi.”
“Ho sempre pensato al Natale come ad un bel momento. Un momento
gentile, caritatevole, piacevole e dedicato al perdono. L’unico
momento che conosco, nel lungo anno, in cui gli uomini e le donne
sembrano aprire consensualmente e liberamente i loro cuori,
solitamente chiusi.”
“Onorerò il Natale nel mio cuore e cercherò di tenerlo con me tutto
l’anno.
Dio ci protegga tutti e ci benedica.”
lavoro collettivo
Commenti finali dei partecipanto
Questo libro è infarcito di fede e di cristianesimo
dall’inizio alla fine. Sembra volerci dire: “Dai oggi per ricevere
domani”. I beni materiali
sono effimeri, quelli umani restano e diventano eterni.
Pierfancesco
A me è piaciuto più il libro che il film, perché
secondo me quest’ultimo non è stato fedelissimo al racconto di Dickens.
In particolare non mi è piaciuta la computerizzazione dei personaggi,
li ha resi un po’ infantili, anche se gli effetti speciali erano belli.
Paola
A me il film è piaciuto tantissimo perché era pieno di
effetti speciali. Il libro l’ho trovato un po’ difficile perché scritto
in un italiano non proprio
moderno.
Luana
lo credo che il personaggio principale, Scrooge, sia
eccezionale perché è riuscito a comprendere il suo errore mentre era in
vita e a porvi
rimedio… bella l’interpretazione di Jim Carrey nel film!
Dino
lo credo che Marley sia stato un buon amico per Scrooge
perché, avendogli inviato tre fantasmi natalizi, lo ha aiutato a capire
che vivere
vuol dire anche amare e che bisogna tenere con sé lo spirito del Natale
sempre.
Anna
Il libro mi è piaciuto molto, ma il film mi ha delusa.
Preferisco la versione con Topolino della Disney che ho visto qualche
anno fa in TV.
Scrooge è un personaggio interessante perché riesce a superare la
propria avidità e a donare i suoi beni ai più bisognosi.
È difficile cambiare nella vita, ma lui ci è riuscito!
Silvia
Io non ho letto il libro ma sono venuto al cinema con
il gruppo di Narrativa e ho trovato la trama interessante, poi è un
classico natalizio e a
me piace molto vedere questo genere di film perché mi mettono di
buonumore.
Cosimo
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Giallo rosa ai Caraibi
Leonardo Di Caprio, attore americano, decide di partire
per i Caraibi e lascia la sua fidanzata senza alcun dispiacere. Ha
bisogno di un
momento di riflessione perché ultimamente non va d'accordo con la sua
fidanzata; non hanno molte cose in comune e hanno modi di
pensare molto diversi.
Ha sempre sognato di andare ai Caraibi dove non era mai stato. È
inverno, nel mese di gennaio. Vive a Los Angeles. Prepara la valigia
nella sua bellissima villa. Pensa che vorrebbe conoscere persone nuove
e cambiare vita.
La fidanzata piange e gli augura cose cattive; facendogli una terribile
scenata urla: "Cosa non sono stata capace di darti?!" Lui risponde:
"Non lo so..." Lei: "Hai un'amante, partirai con lei?" Lui chiude in
silenzio l'ultima valigia e se ne va con un taxi verso l'aeroporto."
Il taxista tampona un camion e a causa di questo perdono molto tempo
nel compilare la polizza assicurativa, col risultato che Leo arriva
all'aeroporto per ultimo.
Lì incontra sette amici che lo invitano a sbrigarsi con il check-in per
non perdere il volo.
Sale sull'aereo e dopo aver allacciato la cintura di sicurezza ha un
déjà vu. Ha l'impressione di aver già vissuto tutto ciò che stava
vivendo.
Teme di perdere la testa e proprio in quel momento gli si avvicina una
ragazza bellissima che vedendolo in difficoltà gli chiede se ci sia
qualcosa che non va. Leonardo le spiega che sta vivendo un déjà vu e
lei gli racconta di aver letto un libro sull'argomento e di sapere che
succede proprio quando una persona ha forti emozioni.
Lui pensa che il viso di quella donna assomiglia moltissimo a quello
della sua ragazza. I tratti del viso sono quasi sovrapponibili; pensa
che
possa essere la sua ragazza travestita. Così lui rimane turbato perché
ha già dei problemi a casa con la sua ragazza e l'idea di conoscerne
una simile gli crea imbarazzo. Si sente però attratto e decide di
conoscerla.
Dopo una lunga chiacchierata l'aereo atterra e i due si salutano.
Subito dopo riceve una telefonata dalla sua ragazza che gli comunica di
essere incinta. Lui pensa che si tratti di una strategia per farlo
tornare a casa, e non le crede. La batteria del telefono satellitare si
scarica e
ognuno rimane col proprio punto di vista. Lei è incinta veramente di
Leonardo ma lui prende la notizia con leggerezza e non intende
rinunciare al suo viaggio.
Leo raggiunge gli amici al bar per bere qualcosa in loro compagnia e
cominciare così la vacanza senza pensare alla telefonata ricevuta. Gli
amici raggiungono con tre macchine Suv nere coi vetri oscurati, ad alta
velocità, l'Hotel più costoso dell'isola. Nell'Hotel Leo incontra la
ragazza conosciuta in aereo, e decidono di passare una serata insieme
in discoteca. Tra un bicchiere e l'altro si baciano
appassionatamente. Tornano in Hotel e trascorrono la notte insieme.
La mattina dopo la ragazza si sveglia e ha una brutta sorpresa: si gira
e vede che lui non c'è più; sul comodino trova un biglietto dove c'è
scritto: "Mi sono divertito ma mi dispiace, devo andare, il mio posto è
là... il mio amore si potrebbe svegliare, chi la scalderà?"
Lei si sente presa in giro, lo raggiunge nella hall e gli dà un bello
schiaffo davanti agli occhi di tutti, e gli urla: "Brutto balordo!!"
Il racconto continua con tre finali diversi...
Scegliete quello che preferite!
FINALE 1
Tutti si girano a guardare la scena. I fotografi impazziscono con le
loro macchine fotografiche... Lui, Leo, non capisce cosa succede e
sviene... forse lo smataflone ha urtato una tempia. Quando sviene la
ragazza che lo aveva colpito cerca di farlo rinvenire, smettendo quei
panni che aveva vestito per fingersi un'altra. A due centimetri dalla
faccia di Leo gli rivela di essere Guendalina, la sua compagna, incinta
di un figlio suo, e che non aveva trovato altra soluzione per poterlo
seguire e riconquistare.
I due fecero la pace una volta trovatisi soli nella suite dell'albergo.
Si chiarirono e risero insieme di tutto, come due giocosi fratellini.
Il bimbo nacque dopo 6 mesi. Lo chiamarono Stefano e fu un gran scoop
per la stampa che raccontò tutta la storia, come se fosse un
giallo, e portò la coppia a un maggiore successo.
Un regista ne fece un film, una storia d'amore, che uscì al cinema
intitolato: "La coppia non è mai coppia"
(Maurizio G.)
FINALE 2
Ma che vergogna uno schiaffo davanti a tutti, soprattutto perché in
quel momento sono entrati i giornalisti, facendogli una bella foto, e
il
giorno dopo è uscito un bell'articolo con la foto dello schiaffo su
un'importante rivista americana.
Giselle, la sua fidanzata, in giro per la città per fare compere, viene
informata dell'accaduto da un'amica che ogni settimana compra questa
rivista, e così decidono insieme di raggiungere Leonardo per avere
spiegazioni.
Intanto ai Caraibi Leonardo non può uscire dall'albergo perché è
tempestato dai giornalisti che gli fanno domande su questo argomento, e
così, per non perdere la reputazione, si scusa con la ragazza dicendole
che si è comportato male e che non lo farà mai più, e per farsi
perdonare la invita a cena, regalandole un bel mazzo di rose rosse.
Dopo aver cenato fanno un giro per l'isolato e decidono di dormire di
nuovo insieme, ma questa volta da lui. Ma arrivati in camera da letto
trovano una brutta sorpresa: Giselle è nella sua stanza e, furiosa con
Leonardo, prende a calci la ragazza scaraventandola fuori dalla
porta.
Così il bel Leonardo deve abbandonare questo viaggio e tornare a casa
con la fidanzata. I suoi amici rimangono lì con l'amante di
Leonardo e proseguono la vacanza.
Nove mesi dopo nasce il bambino, ma Giselle muore durante il parto,
così lui si occuperà da solo del bambino.
Dopo due anni però i suoi amici gli fanno una sorpresa: gli portano la
ragazza con cui Leonardo aveva tradito la fidanzata, e con cui i suoi
amici erano sempre restati in contatto; e così la ragazza lo aiuta col
bambino.
L'arrivo di questo bambino ha cambiato Leonardo, l'ha reso più
responsabile, e così dopo un anno i due si innamorano e si sposano.
(Barbara C.)
FINALE 3
Nella Hall dell'albergo tutti si voltano a guardare cosa sta succedendo
tra Leonardo Di Caprio e la bella fanciulla che l'ha appena colpito al
volto.
Lui sta provando a calmarla dicendole che durante la notte passata
assieme si è reso conto di quanto voglia bene alla sua ragazza rimasta
a Los Angeles ad aspettarlo, ma questo tentativo non gli riesce perché
la ragazza conosciuta in aereo gli molla un'altra sberla e subito
dopo scoppia in una crisi di pianto.
Dolcemente lui l'avvicina a sé e con il braccio intorno alle sue spalle
la porta in un angolo della sala da pranzo dove bevono qualcosa e
Leonardo comincia a spiegarle cosa sia successo in lui quella notte.
È stata un'emozione molto grande averla accanto a lui e baciarla. È
successo che gli si sono risvegliati i sentimenti che aveva provato nei
primi tempi quando lui e la sua ragazza si vedevano le prime volte.
Era stato questo mix di sensazioni a fargli venire la voglia di
ritornare al più presto a Los Angeles dal suo amore Anita.
Appreso questo la ragazza hostess continua per un po' a piangere, pur
sapendo di avere avuto una notte splendida con quello che forse
avrebbe potuto essere l'uomo della sua vita.
Ma certe volte nella vita queste cose succedono: si trova l'uomo giusto
ma lo vediamo nella nostra vita o nel momento sbagliato, o nel
posto sbagliato.
Ora Leonardo ha finalmente capito quali siano i suoi veri sentimenti
per Anita e si prepara a ritornare da lei per vivere insieme quel tanto
tempo che c'è a loro disposizione.
(S.)
Gruppo di Arteinsieme del C.D. di San Biagio
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Freddura
Due cani si incontrano e si fiutano.
Sai perché dopo si aggrediscono?
Perché si … rifiutano!
Luigi Zen
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L'isola del tesoro (3a puntata)
Alle sei del mattino Chaulì sveglia il gruppo con la
sveglia del suo orologio digitale. Con i crampi nella pancia per la
fame il gruppo si incammina
in fila indiana per arrivare al punto indigeno di ristoro. Dopo
mezz’ora di camminata arrivano sani e salvi e fanno tutti una pazzesca
colazione a
base di banane fritte (croccantini alle banane per la panterina).
Jessica nel frattempo era rimasta al campo per essere curata da Linda.
E’ dispiaciuta per quello che è successo e non intende comportarsi più
così, per lo spavento che si è presa. La nonna, molto severa, è sempre
arrabbiata, perché pensa che la fiducia del gruppo non dovesse essere
tradita.
Finita la colazione il piccolo gruppo si rimette in marcia e si
appresta ad entrare in una fitta boscaglia. Ma prima che questo possa
succedere si
sente un verso spaventoso d’animale che lascia tutti atterriti.
Decidono che le donne aspetteranno in quel punto mentre gli uomini e la
panterina
andranno in avanscoperta. Addentrandosi nella foresta scoprono che
l’urlo proveniva da un gruppo di elefanti che, spaventati dalla corsa
di un
gruppo di babbuini, emettevano questi barriti. Gianmarco si ricorda di
avere visto sulla mappa il disegno di un elefante e di un babbuino
vicino alla
cascata del tesoro. Così intuisce che, senza volerlo, sono giunti
proprio nei pressi. Decidono di utilizzare l’astronave Gherardi Alex,
che li aveva
seguiti fluttuando a breve distanza, per tornare all’accampamento,
recuperare Linda e Jessica e tutto l’equipaggiamento e portarle lì da
loro.
In un batter d’occhio il gruppo era riunito, non mancava più nessuno.
Linda e Jessica continuano a navigare sull’astronave seguendo gli altri
che
si inoltrano nella boscaglia alla ricerca della cascata. Camminando
nella boscaglia cercano di orientarsi con l’udito, ma i rumori nella
giungla sono
della cascata.
La cascata è alta cento metri e larga trecento… sembra di essere di
fronte alla cascata del Niagara! Ed è sovrastata da un arcobaleno di
rara
bellezza. Il luogo è così meraviglioso che tutti si spogliano e si
lanciano gridando nel placido lago turchese creato dalla cascata. Linda
pensa che
finalmente ci si può riposare dalle fatiche del viaggio. Fa tanto caldo
e adesso si possono rinfrescare. Fanno un lungo bagno e scoprono dei
pesci
che mordicchiano le gambe. Un coccodrillo di enormi dimensioni si volge
verso di loro, costringendoli ad uscire dall’acqua velocemente.
Gianmarco dice: “Partiamo che abbiamo ancora poco per arrivare al
tesoro! Pedro dice: “Accampiamoci qua, facciamo un falò, ubriachiamoci,
fumiamo e parliamo di cosa ci piacerebbe trovare nel tesoro” . Sono
tutti d’accordo e pensano di fare una grigliata di maiale selvatico,
dal
momento che ce ne hanno sono tanti.
Ballano fino a sera tardi e stremati dalla stanchezza si siedono
attorno al falò per cominciare a mangiare. Jessica rivolgendosi al
gruppo chiede
cosa si immaginano di trovare nel tesoro. Lei pensa a molti soldi,
Pedro a un’agata marrone a forma di cuore con al suo interno un piccolo
diamante e a un teschio per il miliardario. Linda vorrebbe trovare tre
perle magiche: due in grado di farla viaggiare nel tempo e una di farla
volare.
Chaulì vorrebbe un cofanetto antico di trucchi che usava la principessa
di un villaggio cinese sulle montagne rocciose ai confini con la
Mongolia.
Gianmarco vorrebbe trovare tutti i cd dei Beatles, il suo gruppo
preferito. La nonna di Jessica vorrebbe trovare svariati gioielli.
Guardano il cielo e vedono una luna piena luminosa e, come un’antica
strega, Linda propone di entrare in contatto con gli spiriti magici del
luogo
allo scopo di chiedere protezione per la ricerca del tesoro e di capire
se l’indomani avranno una giornata propizia. All’improvviso scoppia un
forte
temporale con lampi e tuoni. Il falò si spegne e questo per Linda è un
segno che gli spiriti saranno dalla loro parte nella ricerca e che non
subiranno troppe perdite. A seguito dello spegnimento del falò i
compagni d’avventura ripiegano nelle loro tende, per essere freschi e
riposati la
mattina dopo.
All’indomani il gruppo, destandosi, fa un’abbondante colazione per
poter avere l’energia necessaria per l’imminente ricerca. Con
l’equipaggiamento in spalla si dirigono sulla sponda ovest del lago
dove ci sono molti alberi e rocce. Una di queste è particolarmente
piatta e da
lì, secondo la leggenda, sarà possibile saltare su uno scivolo naturale
che porta all’ingresso della grotta.
(continua nella prossima puntata)
Laboratorio ArteInsieme - C.D. Casalecchio di Reno
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L’uomo e le sedici teste
Che cosa bolle in pentola?
Le sorgenti dei pensieri e del linguaggio.
Le teste opposte:
Sorgente: ragione ------------------felice <
uomo razionale > infelice
Sorgente: cuore --------------------allegro <
uomo sentimentale > triste
Sorgente: libido ---------------------romantico < uomo
passionale > malinconico
I cinque sensi, guardiani protettivi e consiglieri:
odore < OLFATTO > puzza
giorno < VISTA > notte
caldo < TATTO > freddo
suoni gradevoli < UDITO > rumore
piacevole, commestibile < GUSTO > avariato, non
commestibile.
Luigi Zen
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Lo stuzzichino
Gli Angeli sono superiori agli uomini perché gli uomini
vanno in ferie e loro ci sono sempre.
Luigi Zen
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