Claude Monet: “Impressione, levar del sole”, 1873 - olio
Impressionismo. Così un critico dello Charivari
* definì ironicamente la nuova visione artistica proposta al pubblico
parigino dalla mostra di pittura apertasi nel 1874 presso il fotografo
Nadar. Vi si presentavano per la prima volta in gruppo Monet, Renoir e
Sisley (già allievi di Gleyre), Pissarro, Berthe Morisot, Degas,
Cézanne, e altri minori.
A suggerire la qualifica, fu un paesaggio di Claude Monet: Impressione, levar del sole. Monet intende suscitar scalpore, il titolo stesso dell’opera è una provocazione!
Il dipinto ha un aspetto sommario; non si tratta di una raffigurazione
esatta del porto di Le Havre. Sullo sfondo si intravedono, appena
accennati, i fumaioli e gli alberi delle navi mercantili, mentre in
primo piano si distinguono le sagome di tre barche a remi. Il quadro
punta sull’emozione che suggerisce, coll’atmosfera quasi lirica della
scena. Inoltre è condotto senza interesse di creare profondità. Gli
impressionisti non si sentono più vincolati a temi letterari,
mitologici o storici.
Impressione, levar del sole è diventato simbolo della pittura
impressionista soprattutto per il suo carattere e per la sua tecnica; a
Monet non interessava il contenuto del dipinto, ma prima di tutto la
qualità mutevole della luce, non riproducendo una scena, bensì
un’atmosfera. Gli impressionisti dipingevano “en plein air” con tecnica rapida. A loro interessavano le sensazioni visive che il paesaggio comunicava.
Anche nei quadri di figura, lo sfondo, il paesaggio, non sono qualcosa
di aggiunto, ma avvolgono le figure. Tutto è trattato con la stessa
tecnica, con pennellate veloci e a volte dense.
*Nota:
Lo “Charivari” era una rivista satirica parigina. La parola significa ‘chiassata, pandemonio, serenata burlesca’.
Piergiorgio Fanti
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L’Editoriale
Quando mi vedo d'improvviso allo specchio, mi sento antipatico,
fortemente antipatico. Se mi desto un attimo, aggiusto la mia mimica e
mi sento sollevato. Sì, i lineamenti si aggiustano, si fanno più dolci,
meno aggressivi e spaventati. Ma… solo in un secondo tempo. Purtroppo è
così e ci posso fare poco. Capisco perché quando conosco persone nuove,
più sono emozionato e più faccio una brutta impressione, e questa
impressione condiziona l'andamento del nuovo rapporto. Questo effetto
si amplifica quando durante la presentazione vengo qualificato con un
titolo. Probabilmente non mi sento all'altezza e sento un
rimescolamento addominale che mi fa perdere quella lucidità e serenità
necessarie per la costruzione di un buon rapporto. Che il prossimo ti
giudichi in base alla prima impressione è automatico e inevitabile, del
resto è un meccanismo naturale, programmato negli esseri viventi per la
sopravvivenza della specie, come ci insegna Konrad Lorenz, scopritore
del fenomeno dell’imprinting.
Egli si accorse che delle oche neonate che avevano visto lui come primo
essere vivente lo seguivano come fanno normalmente le ochette con la
loro madre. Questo perché subito dopo la nascita le ochette
identificano la propria madre nel primo oggetto o persona in movimento
che vedono.
Allora cosa si può fare quando un rapporto non riesce a decollare? Io
non lo so. Però, nella mia esperienza, quando c'è la volontà reciproca
di conoscersi, lentamente il rapporto può migliorare. Non bisogna aver
fretta. Essere troppo freddi congela il rapporto. Essere troppo focosi
rischia di bruciarlo. Anche cercare di mostrare quello che non si è
risulta nocivo per la costruzione di un buon rapporto, amicale,
affettivo, o professionale che sia. Riguardo a quest’ultimo ambito, è
interessante anche notare che esistono dei ‘gerghi’ o dei codici
comunicativi che credo abbiano la finalità di canalizzare il rapporto
al di sopra dell'aspetto affettivo. Penso ad esempio a quello militare:
un comando che viene dall'alto deve essere rispettato a costo della
propria vita, anche se il superiore sta molto antipatico.
Certo esistono comandanti che vengono seguiti con più ardore, altri con
più diffidenza, comunque il rispetto della gerarchia è d’obbligo. Si
può pensare al medico: camice bianco, penna nel taschino, fonendoscopio
a tracolla, calligrafia illeggibile, linguaggio pressoché
incomprensibile, sono elementi che focalizzano l’attenzione sulla
figura professionale, a scapito dell’individualità personale. Lo stesso
vale per l'avvocato o per il rappresentante. Generalmente
più si sale nella gerarchia sociale, più ci sono stratagemmi per far sì
che l'impressione si distolga dall'uomo e si rivolga al professionista
o all’operatore in divisa. Anche l' ‘avere’ è molto condizionante.
Nella società attuale viene data molta importanza a chi ha: la bella
macchina, la bella casa, i vestiti griffati. L'impressione viene
puntata su aspetti come la forza, l'abilità nella costruzione, la
bellezza, ma soprattutto sulle cose che permettono una sopravvivenza
anche materiale migliore. Io non mi sento libero dai condizionamenti
sociali. Soprattutto quando sono in moto e mi vedo riflesso nelle
vetrate mi sento un dio, o forse un principe, purtroppo godo di avere
questo mezzo così potente e così del tutto inutile, quando nel mondo
esistono bambini che muoiono di fame. Concludo questo editoriale
pensando a tutti i bambini del mondo, che sono i più sensibili all'imprinting.
Cerchiamo di essere equilibrati e corretti, dotati di buon senso.
Aiutiamoli ad essere sé stessi, affinché crescendo non debbano sentirsi
dei diversi per fattori esterni al carattere interiore (religione,
etnia, cultura, professione o tenore sociale). Accettati quindi anche
dall'esterno, perché questo si riflette nell'interiorità. Non più
timorosi di essere, ma felici di essere.
Fabio Tolomelli
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La prima impressione
Quell'anno l'estate fu molto calda e afosa, così dopo aver
prenotato l'albergo, io e la mia amica Claudia partimmo per una breve
vacanza sulla Riviera Romagnola. Arrivate a destinazione notammo che
c'era ancora tempo per l'ora di pranzo, così depositati i bagagli
andammo subito alla spiaggia. Era una bella giornata di sole e dal mare
veniva una leggera brezza. Ero sdraiata sul mio lettino un po' assopita
quando sentii battermi leggermente sulla spalla, aprii gli occhi e vidi
accanto a me una giovane donna che con un accento leggermente straniero
mi chiese: "Potrebbe gentilmente spalmarmi la crema solare sulla
schiena?" "Volentieri" risposi, mi ringraziò poi sdraiata sul suo
lettino mostrò di voler parlare con noi, si presentò dicendo che si
chiamava Sonia che lavorava come cameriera ai piani in un grande
albergo poco distante e che aveva approfittato del suo giorno di
libertà per venire alla spiaggia. Era giovane, carina, socievole e
laboriosa. Questa fu la prima impressione che ci fece, una buona
impressione. Iniziammo una breve conversazione contente di aver fatto
una nuova conoscenza.
Restammo alla spiaggia insieme per circa due ore e dopo un breve saluto
tornammo ognuno al proprio albergo. Al pomeriggio tornammo alla
spiaggia, ma notammo che il suo ombrellone era chiuso e dopo altre
persone presero il suo posto.
Pensammo che forse era tornata al lavoro, ma non la vedemmo più; ci
dispiacque solo di non averle dato un ultimo saluto. I giorni passarono
veloci e il ritorno fu un po' triste, perché saremmo volute restare
ancora.
Fu una vacanza breve ma piacevole. Claudia mi accompagnò a casa, mi
salutò e mi disse che l’anno successivo avrebbe voluto ripetere la
stessa esperienza.
Dopo circa un mese Claudia mi telefonò e mi invitò a cena fuori.
Uscimmo che era già buio, ma nel tragitto che portava al ristorante
passammo vicino alla stazione, sul marciapiede notai che c'era una
persona, dissi a Claudia "Rallenta!", lei mi rispose: "Che c'è, hai
visto un gatto nero attraversare la strada?", "No, ho visto di peggio",
risposi, poi le dissi: "Guarda, vedi quello che vedo io?", "Sì", disse
lei. Sì, era proprio lei, era Sonia sul marciapiede, che si
prostituiva.
Provammo delusione, non avremmo mai immaginato che facesse quel
mestiere, ci dispiacque vederla lì, ma non la condannammo, ragionammo
pensando che ognuno è libero di scegliere di vivere la vita come meglio
crede, ma deve essere disposto ad accettare le conseguenze che ne
derivano e un simile lavoro le avrebbe riservato non pochi problemi.
Mariangela
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Grumi di foglie
La prima impressione, a volte, è la ‘reale misura’ di ciò che è una
persona nei nostri confronti. Ma a volte, in seguito, succedono tante
di quelle cose, che non si pensa più così. Perché? Perché per conoscere
qualcosa o qualcuno veramente occorrono spesso molti anni, o una vita
intera. La forma ed il contenuto non sempre coincidono. Troviamo i
‘simili a’ ed i ‘dissimili da’… troviamo le ‘intersezioni’ nei sistemi,
le infiorescenze nelle piante etc. etc. per arrivare alle ‘personalità
multiple’ ed alle persone poliedriche (come dicono gli psichiatri).
La prima impressione può essere quella giusta se guardiamo ad un essere
ripetitivo, normo-normale, coerente nelle sue idee. Ma che dire dei
‘malori’ delle donne, del ‘cuore’ dell’innamorato (che prima ama e poi
odia), dei ‘dubbi’ dei pensatori? Solo il susseguirsi uguale di buone
‘prime impressioni’ può definire un carattere come positivo. E solo le
continue impressioni negative possono definire un carattere come
negativo.
Personalmente io trovo che la prima impressione sia quella giusta, ma
poi si scorgono gelosie e bugie, gli errori degli altri nei nostri
confronti, per cui direi che se la prima, la seconda… la ventesima
impressione non sono combacianti e coerenti, danno di un Io un tutto
come spezzettato e separato da muri o da vicoli ciechi, ove trova posto
il nero, il male, l’inconscio collettivo, la depressione (ovvero il
male oscuro) l’affetto che non c’è perché non c’è mai stato.
Grumi di foglie e di fogliame per i grulli, becchime per i polli.
Ave Manservisi
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Sotto gamba
La prima impressione è quella che conta è un vecchio adagio, e
come tutti i vecchi adagi comprende una buona fetta di verità… più o
meno quanto un altro vecchio adagio che dica esattamente il contrario,
tipo non è tutto oro quello che luccica, o l’abito non fa il monaco, o l’apparenza inganna.
Quel che è certo, è che la ‘prima impressione’, non è cosa da prendere
sotto gamba. Basti pensare a quelle simpatiche ochette che uscendo
dall’uovo videro un uomo barbuto (Konrad Lorenz) e si misero a seguirlo
tutte in fila, fiduciose, convinte che fosse quella la loro mamma. È
l’imprinting, un meccanismo che, come Konrad Lorenz ci ha insegnato, è
stato inventato da Madre Natura per far sì che i piccoli sviluppino un
perfetto attaccamento a chi li guiderà nei primi passi della loro vita.
La parola stessa, imprinting, fa pensare a un qualcosa che si ‘stampa’, un marchio, un segno di riconoscimento.
Qualcosa che resterà, appunto, ‘impresso’ nella memoria del piccolo e
reciprocamente farà sì che la madre a sua volta riconosca il piccolo
come suo. Ma, ahimè, se capita come alle ochette di cui sopra, c’è poco
da fare: anche se l’errore per tutti gli altri è evidentissimo, le
ochette non cambieranno idea.
È difficile liberarsi della prima impressione. Il senso critico si
acquisisce col tempo, con l’esperienza, la cultura. Si impara a
respingere le false impressioni, a rivedere i propri giudizi, ci si
abitua a filtrare, a selezionare, a diffidare. Poi, più avanti con gli
anni, se non si sta attenti, ci si sclerotizza, si diventa refrattari
alle novità, iperprudenti, carichi di pregiudizi, abitudinari e
conservatori… L’unico antidoto è avere dei giovani accanto.
La mente più è giovane, più è soggetta a farsi ‘impressionare’ o meglio
a farsi ‘imprimere informazioni’ e quindi a farsi ‘formare’ dal mondo
esterno. Ciò che si stampa nella mente nell’età evolutiva non svanirà
facilmente, perché avrà contribuito a plasmare la persona.
La deprivazione di stimoli ha effetti gravi sullo sviluppo e
sull’equilibrio psichico, l’eccesso altrettanto. Una mente nuova è
aperta, curiosa, ingorda, non aspetta altro che di ricevere
informazioni, da qualunque parte arrivino, ed è malleabile, plastica,
perciò quello che le viene dal mondo esterno da una parte può
arricchirla, farla crescere, dall’altra può metterla in pericolo. Le
impronte positive ricevute da bambini o adolescenti mediante esperienze
felici (o ben risolte) costituiranno un corredo di forza e ottimismo,
saranno la riserva a cui attingere nei momenti difficili, ma quelle
negative potranno fare seri danni e nei casi più gravi riaffioreranno
in seguito, sotto forma di patologie o devianze.
Penso alle esperienze traumatiche, alle violenze fisiche o
psicologiche, alle molestie sessuali, ma anche ai cattivi esempi, allo
stillicidio di negatività attraverso i media e le fiction… E penso ai
nefasti effetti di certe abitudini, come l’abuso precoce e massiccio di
sostanze psicoattive (non solo le cosiddette droghe ‘pesanti’ e le
pillole da ‘sballo’, ma anche l’alcool e i troppo sottovalutati
cannabinoidi), capaci di abituare la mente a percezioni distorte della
realtà disorientando in fieri la funzione stessa del ragionamento.
Negli anni della crescita, così come ci si preoccupa di raddrizzare la
postura e l’assetto dei denti, ci si dovrebbe interrogare di più su ciò
che incide nello sviluppo della mente. Ma ho l’impressione che riguardo
alla funzione educativa e formativa nella nostra società gli adulti (e
non parlo solo di genitori, insegnanti e altri ‘addetti ai lavori’)
abbiano un po’ abdicato. Per esempio assistiamo al dilagare fra i
giovani di comportamenti nocivi o irresponsabili, dal sesso esasperato
all’agonismo violento, dal divertimento sfrenato al gioco d’azzardo,
dall’alimentazione smodata all’uso incontrollato dei social media,
dalla vita ‘spericolata’ alla vita ‘sdraiata’… ma non abbiamo ancora
deciso se collocare tutto ciò nell’area del vizio o in quella della
malattia, se essere repressivi o indulgenti, proibizionisti o
libertari, preoccupati o fatalisti, e spesso, per superficialità, per
quieto vivere, o per inadeguatezza (quando non in mala fede), giochiamo
a nascondino con la coscienza, accampiamo scuse, minimizziamo, sperando
che alla fine il conto non sia troppo salato.
Lucia
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Forse
Nella vita non avrai mai una seconda occasione di dare una prima
impressione, perché la prima impressione è quella che conta. Niente di
più vero. Forse.
Ma non è sempre così. A volte non è la prima ma la seconda o anche la
terza e via dicendo, man mano che una persona la si conosce meglio.
Quindi la vedi e hai un’impressione, la conosci meglio e magari cambi
completamente l’opinione sulla tua prima impressione.
Francesca
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Il buongiorno... non si vede dal mattino
Il tema di questo numero del Faro mi ha immediatamente
riportato indietro nel tempo e precisamente ad un fatto capitato alla
sottoscritta agli inizi dell'esperienza lavorativa in ambito
psichiatrico (1991), in quel di Porretta Terme.
Poiché mi era stato affidato il percorso di deistituzionalizzazione di
una persona che aveva trascorso ben diciotto anni della sua vita presso
il Manicomio ‘Roncati’ di Bologna, a causa delle caratteristiche
fisiche di questa donna, piuttosto androgina nell'aspetto e nei modi
(sorella gemella di un maschio, da sempre vissuto in famiglia), gli
unici pensieri e sentimenti che, nell'immediato, mi ricordo di aver
nutrito nei suoi confronti sono stati: la convinzione della sua
pericolosità, la paura di subire violenza, la sospettosità, il rifiuto
e il grande senso di disagio a starle vicino.
Tutto questo perché la foggia dei suoi capelli cortissimi incarnava
perfettamente l'immagine del matto da manuale, i suoi occhi dal colore
verde con striature giallastre (oggi per me bellissimi) la rendevano,
insieme a tutto il resto, inquietante, malvagia e brutta. Ripensandoci
mi rendo conto che l'inesperienza, l'ignoranza, il pregiudizio, la
stigmatizzazione, unitamente alla teoria del Lombroso che stavo
inconsapevolmente, in quel momento, accreditando, mi avevano fatto
trarre questo tipo di conclusioni.
Per fortuna, a distanza di qualche mese dall'inizio dell'intervento
riabilitativo, ho completamente cambiato idea e modalità di relazione,
perché la persona che via via si disvelava era una persona sempre più
bella, affascinante, dolce, generosa, piena di attenzioni e gratitudine
verso tutti.
Oggi più che mai sono convinta che non c'è aspetto fisico o prime
impressioni che tengano, ma che soltanto determinate condizioni
ambientali e le perversioni di certe persone possono innescare processi
di disumanizzazione, abbrutimento, rabbia e aggressività nelle proprie
vittime, a lungo angariate e sottomesse.
Per fortuna l'essere umano è una miniera di risorse, capace di
risorgere come la Fenice dalle proprie ceneri, molte volte basta
grattare via quel po’ di polvere per scoprire che quella che pensavamo
fosse soltanto una semplice pietra nera in realtà è un grosso diamante.
Concetta
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La prima impressione
Il dolore non è prevedibile e così è l’ispirazione di uno scritto e
in particolare uno scritto poetico! Io ci posso provare. Se ho promesso
scritti nuovi, forse sono stata presuntuosa, ma Dio mi perdonerà. Io
spero in un abbraccio infinito da parte sua, spero di fare parte
dell’amore infinito di Dio.
Daniela Mariotti
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L’essere umano è colpevole!!! (2° parte)
Capitolo 1 – L’apparenza
Ora ti chiedo di mettere in moto un po' l'immaginazione, in modo
tale da pensare di essere in automobile, appoggiato al finestrino che
guardi il paesaggio e poi scorgi un vulcano; ma ne vedi solo l'esterno.
Sai cosa c'è al suo interno? Sai quanto magma ha dentro e quindi sai
valutare se può scoppiare da un momento all'altro? È una metafora per
quello che desidero intendere: la stragrande maggioranza giudica le
persone solo dal loro aspetto esteriore; il magma, in quel caso,
invece, sono i sentimenti: però i sentimenti hanno bivalenza, cioè ci
sono quelli negativi (depressione, odio, rancore, rabbia, eccetera) e
quelli positivi (amore, bontà, allegria, gentilezza, simpatia,
eccetera). Purtroppo mi sto rendendo conto che molte persone tengono
conto solo del ‘cratere’ (aspetto fisico) di una persona e non del suo
'magma' (i suoi sentimenti). Per esempio, un giorno in autobus, in quel
posto antipatico che quando ti siedi sei ‘contro marcia’, ho visto
salire una ragazza molto bella, ma anche molto vanitosa, di quelle che
si trastullano di continuo i capelli, il rossetto e il trucco (quasi in
modo ossessivo, come per indicare: "Sono una regina! Inchinatevi
davanti al mio cospetto!"). La ragazza, chiamiamola Alessandra, si è
messa a chiacchierare con degli altri, poi un'altra ragazza (vanitosa
come lei) mi ha indicato.
Di conseguenza Alessandra mi ha fissato, poi mi ha scrutato da capo a
piedi e, infine, ha fatto una brutta smorfia di ripudio: "Bleah!"
(cioè: "Che schifo!")... Fino a quel momento, ero pacato, ma da quella
smorfia di Alessandra, dentro di me, ‘il mio magma’ si è fatto
ribollire di negatività e ho pensato: "Ma come si permette quella
zoccola di giudicarmi, se neanche mi conosce!"...
Subito dopo però ho pensato a quei cartelli che mettono in giro
(soprattutto sugli autobus) dove si dice che l'uomo è violento; penso
che Alessandra sia una di quelle donne che vanno con quel genere di
maschio ricco in portafoglio ma che se ne sbatte altamente del suo
‘magma’ (i sentimenti) e che quindi sarà un amore di portafoglio e non
‘vero amore’. Alessandra non capirà mai il senso del ‘vero amore’, è
per quello che sarà una zoccola, cioè una ragazza molto ‘oca’, poco
intelligente, che andrà spolpando i ragazzi che incontra ed entrambi se
ne sbatteranno dei sentimenti reciproci.
Capitolo 2 – Mens sana in corpore sano
Quando una mente è sana, anche il suo corpo reagisce positivamente ed è sano. Ne sono convinto. Penso
infatti che la mente e il corpo siano collegate tra loro in maniera
reciproca. Noto infatti che in chi è affetto da disturbi psichici, come
il sottoscritto, appaiono evidenti stati muscolari che definisco ‘tic’.
C'è chi ha la gamba sinistra o destra o entrambe che sbattono
freneticamente; il ciglio inferiore dell'occhio si muove
involontariamente e provoca un fastidio enorme alla vista; molti si
trastullano con degli oggetti (ad esempio i capelli) in modo che le
mani non stiano ferme; c'è chi parla da solo; eccetera...
Ma finché questi ‘tic’ sono piccoli, non sono gravi; se si passa poi ai
‘tic’ decisamente più pesanti, allora qui la situazione si aggrava.
Penso a chi fuma per nervosismo (e non chi lo fa per esser alla moda);
a chi mangia per riempire dei vuoti interni (per riempire il suo
‘magma’, diciamo così); a chi si droga; a chi beve alcolici; e, il
peggiore di tutti, a chi spegne la propria vita suicidandosi. Ci sono
andato vicino tre volte.
Questo argomento si collega al capitolo 3: ‘L'apparenza’ per voler
dimostrare come le persone normali, che sembra non abbiano problemi e
sono tutte perfettine, ci vedono come dei mostri e quindi ci relegano
in un cantuccio, mentre magari noi 'psicopatici mostri' vorremmo essere
più vicini alle persone normali e esser loro amiche. Forse che sia la
crisi? Saranno i soldi? La fiducia? Non so... Io abito sul pianeta
Terra, in Italia, in Emilia Romagna, nella città di Bologna, ma mi
basta uscire di casa che già non mi sento più un essere umano, un
terrestre; mi pare di esser un alieno, perché mi vedo diverso dagli
altri e questa mia diversità mi fa paura, ma la mia diversità si è
costruita nel tempo, a causa del male che mi circonda e che quindi mi
ha reso depresso. Per vincere la depressione, sono dovuto cambiare, ma
questo cambiamento mi ha sempre più staccato dalla normalità della
gente che mi sta intorno, rendendomi e facendomi sentire un alieno.
Purtroppo non posso mettere esempi della mia ‘alienosità’. Questo mi ha
reso felice e forte da una parte, ma ha rafforzato alcune zone della
mia depressione dall'altra.
Penso quindi che la battaglia contro la depressione sia davvero inutile
e questo mi deprime ulteriormente. C'è infatti una frase in una canzone
della mitica Mia Martini che dice che l'uomo è forte quando è in
gruppo, ma debole se solo. Io maschero la mia timidezza e la mia
depressione quando sono in gruppo cercando di essere una persona
solare, spiritosa e allegra; ma di fronte ad una singola persona,
divento introverso, timido, schivo... Solo dopo un attento esame e se
con tale persona mi ci trovo, allora con essa mi apro.
I genitori molto spesso, forse a causa della troppa premura, guardano
al 'cratere' dei loro figli e non al loro ‘magma’. Succede quindi che
non si riescono ad instaurare rapporti amichevoli e, peggio, si ha
paura di rapportarsi a loro. Sembra che a loro interessi solo il
‘cratere’ e non si instaurano rapporti di dialogo oltre il quale ci sia
l'interesse del figlio per i propri studi e/o per i propri hobby.
Ecco un esempio semplice: metterò Pippo per il figlio, Gina per la
madre e Ugo per il padre. Pippo torna a casa dalla scuola, è un po'
obeso e ha la depressione. Apre la porta di casa tutto felice, ma ha
con sé un sacchettino. Pippo: "Ciao mamma! Sai che sono riuscito a
trovare il film che da tanto cercavo? L'ho trovato scontato,
oltretutto!" Ugo: "Che cos'hai in quel sacchetto? Dei dolci immagino!"
(con sguardo severo) Gina: "Su, vai a tavola, è tardi. Domani mi devo
alzare presto per andare a lavorare." (con sguardo normale)
Ora vi pongo una domanda. Secondo voi, come si è sentito Pippo? I suoi
genitori è come se non lo avessero nemmeno ascoltato. Pippo ha parlato
con i suoi genitori o con dei muri?
Bisogna ricordarsi che ascoltare e dialogare, anche di piccole
sciocchezze, in modo amichevole e civile, dà una soddisfazione immensa.
Cerchiamo quindi di ricordarci che le persone, non sono costituite solo
da un involucro esterno, il ‘cratere vulcanico’ (il corpo - corpus), ma
che provano anche dei sentimenti, hanno un 'magma' dentro quel ‘cratere
vulcanico’ (la mente - mens): ‘magma’ (sentimenti) che spesso viene
messo a parte o buttato nel pattume.
Capitolo 3 – Dizionario
Apro ora una piccola rubrica estremamente carina, dove desidero
mettere alla luce quattro fondamentali parole che molto spesso vengono
mal interpretate. Le parole sono le seguenti:
• COLLEGA - Persona con la quale ci si rapporta solo durante il periodo
lavorativo. Se con un collega c'è un rapporto di simpatia, non è detto
che questa sia amicizia. Diventa amicizia (anche solo durante il
periodo lavorativo) se ci si danno aiuti a vicenda fuori dall'ambito
lavorativo. Altrimenti quello è solo un collega simpatico. Molto peggio
se il collega è antipatico.
• AMICO - Persona con la quale ci si rapporta sia durante il periodo
lavorativo (o scolastico) che dopo quando ci si vede all'esterno della
struttura, per chiacchierare, mangiare una pizza, andare al cinema,
eccetera.
• CONOSCENTI - Sono quelle persone che vediamo poche volte (possono
esserci simpatiche), ma non abbiamo consolidato un rapporto di
amicizia. In questo ambito abbiamo due tipologie: a) quelle ‘veloci’,
tipo il vicino di casa o una persona con il cagnolino che salutiamo,
infischiandocene, con un: "Buongiorno! Tutto bene?"; b) quelle ‘lente’,
cioè con cui si discute civilmente e in simpatia, per lungo tempo,
magari anche in incontri di gruppo con altri conoscenti (possono
esserci anche alcuni amici), ma il rapporto rimane chiuso, non sfocia
in amicizia e non si riesce a condividere quindi le stesse emozioni
che, invece, un’amicizia comporta.
• COETANEI - Sono quelle persone che hanno poca differenza d'età. Ad
esempio, un gruppo di ragazzi tra il 25 e i 27 anni, che chiacchierano
tra loro (conoscenti o amici) sono coetanei.
Darietto
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Prossimo obiettivo The Doors
Ho un testo dell'Arcana. Si presta a qualsiasi argomento. Quello di
Dario, ‘apparenza’, si potrebbe collegare alle porte della percezione.
Quando le porte della percezione saranno purificate, questo mondo
apparirà per quello che è: un flusso infinito. Quindi ogni apparenza
sarà dissolta.
Giovanni
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Con licenza poetica
Koan… cantare quello che si vende… pensieri zen… Il barcaiolo,
che vende i giri in barca, descrive come poeta, cantando, quello che la
gente in mezzo alla via perde o non vede se non sale con lui nella sua
barca pronta e agile.
La canzone, in origine Il barcaiolo, diventerà nel futuro Santa Lucia. Nel CD Bella Napoli, copertina rossa, c’è Santa Lucia, quella originale.
Comme se fricceca - parole chiave che nella traduzione in italiano si perdono, alterando completamente il significato dell’originale – la luna chiena! lo mare ride, ll'aria è serena… Vuje che facite 'mmiezo a la via? col significato di ‘gente’.
Santa Lucia - è una preghiera, che ha il significato di un’invocazione,
come: ‘oh cielo, o cribbio’, ecc.; siete così ciechi, imbranati o
rincogl*** da non capir quello che potreste vedere facendo un percorso
sulla mia pronta ed agile barca, vedendo Comme se fric -> ceca la luna chiena! lo mare ride, ll'aria è serena...
La luna piena che riceve i raggi del sole nel girare attorno a sé ecc.,
produce un accendersi di raggi argentei e scintillanti dal suono
onomatopeico se fric-,
accendersi e riflettersi come freccia, quindi nel ruotare offre
infiniti raggi mutevoli di luce riflessa, perché cambia la sua
superficie riflettente quando l’altra entra in ombra ->ceca, indica la rotazione.
Il barcaiolo (nel CD Bella Napoli,
che sarà la musica e il testo originale) altro koan… canta
l’invocazione a Santa Lucia e canta le immagini, mentre il coro non
canta l’invocazione ma solo le immagini. La preghiera Santa Lucia la
canta solo il barcaiolo, perché è un sussurro o dialogo fra lui e Santa
Lucia.
Luigi Zen
Luigi Zen
Santa Lucia
Comme se frícceca
la luna chiena!
lo mare ride,
ll'aria è serena...
E' pronta e lesta
la varca mia...
Santa Lucia,
Santa Lucia!
Stu viento frisco
fa risciatare:
chi vo' spassarse
jenno pe mmare?
Vuje che facite
'mmiezo a la via?
Santa Lucia,
Santa Lucia!
La tènna è posta
pe fa' 'na cena;
e quanno stace
la panza chiena
non c'è la mínema
melanconia.
Santa Lucia,
Santa Lucia!
[Come frizza (freme, frigge…) / la luna piena / il mare ride /
l’aria è serena / è pronta e lesta / la barca mia / Santa Lucia, /
Santa Lucia! / Sto vento fresco / fa rifiatare / chi vuol spassarsela /
andando per mare? / Voi che ci fate / in mezzo alla via? / Santa Lucia,
/ Santa Lucia! / La tenda è sistemata / per fare una cena / e quando
c’è / la pancia piena / non c’è la minima / malinconia. / Santa Lucia,
/ Santa Lucia!]
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L’appetito vien mangiando
Per me la prima impressione è sempre sbagliata.
Immagina un piatto dai colori sgargianti e dalle forme composte, lo assaggi e non ti piace.
Immaginane un altro, dai colori aberranti e dalle forme scomposte, lo
assaggi e non finiresti più di mangiarlo. Consiglio a chi ha una prima
impressione di averne una seconda, una terza…
Massimo Fiorini
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Lo sfogatoio
Hanno paura che vengano su
Hanno paura che vengano su: paure ancestrali, demoni, desideri
subliminali! Mi chiedo dove un malato mentale dovrebbe stare. Vai al
centro e ti trovi inserito in una specie di limbo all'interno del quale
tutto è rallentato, tutto è ovattato. In cui non bisogna avere fretta.
Illuminante il cartello posto fuori dalla farmacia: faremo il
possibile, per i miracoli ci vuole tempo. Senza parlare della
"Riunione", che non finisce mai allo stesso orario, a scapito del
povero utente che aspetta. Lo dicevo prima: non ci vuole fretta! Per me
è il sistema che fa cilecca! Comunque. Esci dal Centro e Ti morde la
realtà, da cui sei dissociato. Dove stare? I mass-media hanno un ritmo
diverso da Te: che fretta c'è. Ammetto che è un andazzo che non mi
piace. Suggerisco agli operatori di cazzeggiare meno ed ai medici di
prendersi un po’ meno sul serio. Escluso Alessandro Alberti. Ah,
chiaramente: il tutto senza fretta!
Il deserto dei Tartari di via dello scalo
Illuminante, Dino Buzzati, anche nel nome del protagonista del
romanzo: Drogo! È quello che fanno al CSM di Via dello Scalo 23. Ti
imbottiscono di pastiglie, pagate dallo Stato, a cui bisogna dire anche
Grazie! Prego! Poco, in realtà, perché sono laico. Come per il
protagonista del romanzo, il tempo per l'utente psichiatrico passa
lento, inutile. E quando viene il bello, ti dicono che il nemico non
c'è. Che fregatura! Ho sempre più l'impressione che il mondo
psichiatrico giri a vuoto su se stesso, corroborato da psicologi
corroboranti. Che schifo! Mi limito a dire questo, sottolineando che
gli operatori spesso non conoscono neppure i regolamenti e i loro
cambiamenti, creando confusione e disagio. I Tartari tanto non
arriveranno e il Deserto della solitudine imposta continuerà.
Ma fino a quando? Giro agli Operatori la domanda, sicuro che troveranno una risposta, sicuramente parziale ed accomodante.
Grazie.
Prima impressione
E se ti riesce, poi mi saprai riconoscere anche fra mille tempeste!"
Fermiamo l'attimo. Forse la prima impressione è proprio questo. Se per
una volta ci fidassimo di noi. Ho visto questo. E lo mantengo, costi
quel che costi.
Troppe volte, lo dico in termini personali, rinuncio alla mia prima
impressione. E ne ho. Fin troppe. L'anima vola, dice Elisa: ed il
pensiero con Lei.
Nel gruppo di scrittura creativa dell'associazione Umanamente, ho
sostenuto l'importanza di cogliere la differenza che intercorre fra il
vedere ed il guardare. La dottoressa Elena Pasquali in questo senso è
più brava di me. Di formazione fenomenologica, credo che siano ambiti
che conosce molto bene. Io l'ho tratto da Viaggio ad Ixtlan di Carlos
Castaneda. Fu una differenza che mi folgorò. Vale poi per tutti i
sensi. Lì si suppone che le persone dotate di extra-sensory perception
(ESP), non abbiano in realtà un senso in più, quanto la capacità di
usare i cinque sensi canonici tutti insieme. Da cui il sesto senso. Sto
divagando lo so.
Rimanendo alla prima impressione mi limito a dire questo. Osservatela, parlateci, non seguitela necessariamente.
Delle volte rispondere ad uno sguardo può portare a nuove opportunità, magari a un pizzico di felicità in più, che non guasta.
Il mondo della prima impressione è un mare capovolto: "CERCATE PERSONE
CHE NON FUGGONO LA PRIMA IMPRESSIONE, E CONDIVIDETELA CON LORO!"
Con Affetto.
Giovanni Romagnani
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Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli?
Stasera, 1° agosto, mi ero recato alla Chiesa della Visitazione di via
Lame per la Messa. Siccome ero in anticipo, mi ero messo a parlare col
sacerdote del santuario, don Gianni Vignoli e, tra gli altri argomenti,
anche sulla presentazione del Faro dell'altra settimana. Con
l'occasione, gli avevo chiesto se voleva collaborare con un articolo su
‘La prima impressione’. Beh, quando è iniziata la Messa, il Vangelo del
giorno era: secondo Matteo (13, 53-58). E qual era l'argomento? Si
trattava proprio della prima impressione, in cui la gente “rimaneva
stupita” (a proposito di Gesù) e si diceva: “Da dove mai viene a costui
questa sapienza e questi miracoli? Non è egli forse il figlio del
carpentiere?” ecc. ecc. Da questo si può trarre l'insegnamento che
bisogna essere cauti a giudicare... dalla prima impressione.
In quel tempo, Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella
sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: "Da dove mai viene a
costui questa sapienza e questi miracoli? Non è egli forse il figlio
del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli
Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra
noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?" E si
scandalizzavano per causa sua.
Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua
patria e in casa sua". E non fece molti miracoli a causa della loro
incredulità.
Edoardo Bellanca
|
Vedendo una persona…
Si dice che vedendo una persona per la prima volta, spesso la prima
impressione è quella che conta e, secondo uno studio, a quanto pare è
davvero così.
E questa prima impressione è così potente che ci fa ignorare qualsiasi
cosa di cui verremo a conoscenza o ci verrà detta di quella persona
poco dopo.
A dimostrazione che quando emettiamo un giudizio, poi è difficile convincerci che ci eravamo sbagliati. Cosa ne pensi?
1) Secondo me è qualcosa che va al di là della logica. Trovo le persone abbastanza facili da capire, al primo sguardo.
Anonimo
2) Penso sia inevitabile avere un giudizio a priori su un’altra persona
o su una cosa, ma penso anche che la prima impressione non debba per
forza essere un giudizio definitivo. Bisogna cercare di andare oltre,
scoprire anche le altre caratteristiche.
Anonimo
3) Io cerco sempre di non dare un giudizio fino a quando non conosco bene la persona davanti a me.
Anonimo
4) Io credo che la prima impressione sia molto importante ma che
essa possa essere rivista nel tempo che il “fare conoscenza” ci
concede. È molto importante secondo me poterla modificare ogni volta,
essa si rinnova ma comunque rimane sempre in noi qualcosa che ci
emoziona positivamente o al contrario, negativamente. Secondo me è
stupendo ricordare la prima impressione e poterla rivedere e quindi
ricredersi.
Davide Zerbinati
5) Io sono d’accordo. A seconda di come una persona si presenta, mi
faccio subito un’idea di lei e raramente mi è successo di essermi
sbagliata. Certo, non dico di conoscerla subito in modo approfondito,
ma sicuramente subito è chiaro se sto parlando con una persona educata,
garbata e con una certa istruzione.
Anonimo
6) Anche se ciò fosse vero, non credo che sia giusto, ma sono
d’accordo nel dire che c’è una tendenza a ciò. Ad esempio, una persona
con problemi di obesità avrà più difficoltà nella vita di una persona
peso-forma. Dall’aspetto si possono capire diverse cose: uno che ha dei
muscoli evidenti, è facile che abbia praticato discipline sportive
nella vita. Spesso però, l’apparenza inganna.
Rossella Randazzo
7) A me personalmente capita, quando vedo una persona per la prima
volta, di avere impressioni negative, solo guardando il suo viso. Mi
rendo però conto di essere io in errore, io sbaglio perché non ho
fiducia nelle persone, sono molto diffidente ed ho paura di soffrire.
Capisco di dover diventare meno negativa verso le persone che non
conosco.
Luana Fabbri
8) Sono abbastanza d’accordo con quanto scritto. Non sempre ma
molto spesso la mia prima impressione era in accordo con le successive
valutazioni. Oltretutto, la fisiognomica insegna che a determinate
caratteristiche fisiche corrisponde un certo tipo di carattere.
Maya Dekleva
9) Spesso è vero ma a volte con il tempo ci si ricrede. Conoscendo
e parlando con una persona si scoprono lati e caratteristiche
inaspettate.
Anonimo
La prima impressione, infatti, si basa sul volto delle persone, e
bastano le foto che ormai pullulano sui social network per orientare il
nostro giudizio "a caldo" sugli altri. Lo rivela un nuovo studio
condotto da ricercatori del dipartimento di Psicologia presso
l'Università di York, che vanno oltre: è possibile prevedere con
precisione la prima impressione, assicurano gli scienziati, sulla base
delle misure di alcune caratteristiche fisiche dei volti, anche di
quelli fotografati e postati sui social.
Hai il profilo facebook? Cosa ne pensi?
1) Io non ho molta fiducia nel mondo di internet: lo trovo un mondo falso e complicato.
Anonimo
2) Non approvo questa modalità di presentarsi. Io non mi sento
rappresentata dalle mie immagini, quanto più da ciò che dico, i miei
messaggi.
E. F.
3) Io ho un profilo facebook e credo che questo sito punti molto
sulla prima impressione. Sta a chi lo utilizza non confondere la vita
reale con quella virtuale.
Anonimo
4) Io ho un profilo facebook e devo dire di credere molto nella
prima impressione in questo caso. Anzi, è l’unica cosa che conta
davvero prima di “chiedere l’amicizia”. Mi è sempre stato difficile
scegliere una foto che mi rappresentasse e lasciarla per tempo: spesso
ho scelto foto di oggetti o paesaggi al mio posto, che rappresentassero
emozioni veloci o anche profonde a me corrispondenti.
Davide Zerbinati
5) Io sono una persona molto all’antica: non ho un profilo facebook
e se devo essere sincera non mi piace l’idea di comunicare con gente
che non conosco di persona. Questo perché penso che la prima
impressione non si basi solo sull’aspetto fisico (cioè da quello che si
vede in una foto) ma anche dal modo di fare e di vedere proprio di ogni
persona.
Anonimo
6) Io ho un profilo perché lo trovo molto utile per parlare e
ritrovare miei amici. Ho molti dubbi però per quanto riguarda un suo
utilizzo per fare nuove conoscenze e nel chiacchierare con sconosciuti.
Anonimo
Guarda il quadro davanti a te. Qual è la tua prima impressione?
1) La prima impressione davanti a questo quadro è quella di una
sensazione di incompletezza: il tramonto più bello è quello che devo
ancora vedere.
E. F.
2) La prima impressione che ho avuto è stata quella di riconoscerci
dentro un quartiere in cui sono stata, visto di sera, disabitato.
Nonostante la solitudine dell’immagine, il quadro mi trasmette
serenità.
Anonimo
3) A prima impressione il quadro mi ricorda un’immagine di una
città molto caotica. Ci sono palazzi molto alti e tanta gente. Il
quadro mostra un momento di questa città in cui nessuno c’è, un momento
della giornata in cui la città è deserta.
Anonimo
1) La prima impressione guardando questo quadro è quella di un
quadro vivace e allo stesso tempo delicato. Mi pare di poter scorgere
l’infinito in questo foglio blu stellato, pieno di pagliuzze verdi.
Guardarlo mi permette di sognare, mi trasmette speranza per il futuro
della vita di tutte le persone.
Anonimo
1) La prima impressione avuta guardando questo quadro è quella di
un’armonia. Guardandolo, penso subito all’universo infinito e
indefinito, di cui noi non siamo che una piccola anonima parte, senza
forma. Tutti facciamo parte di un universo, che se guardato nelle sue
singole parti non ha senso ma se preso tutto insieme forma un quadro
bello e armonioso.
Anonimo
2) La mia prima impressione davanti a questo quadro è quella di
stupore: il movimento di questa ballerina mi stupisce e colpisce. Non
lascia indifferenti e produce confusione. I suoi colori e le sue forme
sollecitano la fantasia.
Maya Dekleva
1) La prima impressione guardando questo quadro è quella di un
graffito di strada. Il giallo e il rosso 'imbrattano' quello che sembra
un muro, trasmettendo così questa idea di strada e muri colorati.
Anonimo
La prima impressione guardando un quadro suscita gli stessi pensieri della prima impressione guardando una persona? Perché?
1) Perché l’arte non è che imitazione della realtà.
Anonimo
2) Secondo me è perché quadri e persone hanno una medesima
caratteristica nel momento in cui li vediamo per la prima volta: sono a
noi sconosciuti.
Anonimo
3) Questo succede perché la prima impressione è un’emozione, e in
quanto tale vale per tutto. Pensiamo a chi studia marketing, pubblicità
o design: in un solo breve momento bisogna riuscire a far valere al
massimo il prodotto. Allo stesso modo, quando devo uscire per la prima
volta con una ragazza mi “tiro”, cerco di esprimermi, di valorizzarmi
al massimo.
Davide Zerbinati
4) Non sono d’accordo: di un quadro puoi vedere solo l’immagine,
ciò che rappresenta. Una persona non si presenta solo con l’aspetto
fisico, ma anche attraverso il modo di fare, di parlare.
Anonimo
5) Guardare una persona su facebook non è molto diverso dal guardare un quadro.
Pensiero del gruppo di narrativa
6) Non credo che sia così: nel quadro si coglie un’immagine statica
mentre con una persona si può sviluppare empatia e sentimenti di
amicizia.
Maya Dekleva
7) Credo invece sia molto diverso: una persona va vista “in toto”.
C’è molta più sensibilità secondo me nell’approcciarsi ad una persona
nuova, di quella che viene stimolata di fronte ad un dipinto.
Anonimo
“Decipit frons prima multos” (La prima impressione inganna molti). Così
recita un proverbio latino. Questa è l’altra faccia della medaglia. È
innegabile questa prima impressione significa trasformarla all’istante
in un pregiudizio che d’ora in avanti ci impedirà di vedere e di
acquisire altri elementi di conoscenza, oltre al fatto che essa
potrebbe essere influenzata dallo stato d’animo del momento e dalle
nostre proiezioni psichiche inconsce.
A volte accade che la prima impressione si riveli totalmente opposta a
ciò che la persona mostra di sé nel tempo. Altre volte, se passa ancora
un po’ di tempo, riaffiora qualcosa di quanto visto all’inizio. Che ne
pensi?
1) Non tutte le ciambelle riescono con il buco!! Non credo che
tutti ci possano andare a genio, il valore di vizi e virtù ci danno
motivo di esistere e avere personalità. Pregiudizi e stereotipi fanno
parte della nostra quotidianità e normalità.
E. F.
2) Sono assolutamente d’accordo, soprattutto riguardo le emozioni,
ci sono tanti fattori che possono modificare e influenzare la prima
impressione. Trovo quindi giusto questo proverbio, spesso è vero che la
prima impressione possa ricredersi e che si possa arrivare addirittura
a pensarne il contrario.
Secondo me è sempre bello scoprire, ricredersi confermare o rivivere la
prima impressione.
Davide Zerbinati
3) Io credo in realtà che la prima impressione sia quella giusta. A
costo di sembrare piena di pregiudizi, raramente mi sono dovuta
ricredere.
Anonimo
4) Credo che spesso la prima impressione inganni proprio perché può
essere facilmente influenzata da caratteristiche relative al momento:
un comportamento, lo stato di salute della persona... Bisogna però
ricordarsi che a volte le persone cambiano.
Rossella Randazzo
5) È vero, qualche volta la prima impressione inganna. Si potrebbe
dire, per usare un altro proverbio, che “l’eccezione conferma la
regola”. Le persone possono riservare belle sorprese, anche se
purtroppo anche a volte brutte, che ci lasciano sbalorditi.
Maya Dekleva
Laboratorio di narrativa - RTP Casa Mantovani
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La prima impressione
Introduzione
La prima impressione tra persone è condizionata dal luogo e dal
contesto dove avviene l’incontro. Possono esserci incontri del tutto
casuali come spesso avviene nei treni, nelle biblioteche o nei locali,
contesti in cui l’incontro è condizionato da una presentazione da parte
di un conoscente come un amico o un parente che ti presenta un altro
amico o parente, o da un contingenza di tipo lavorativo (pensiamo ad un
colloquio per un assunzione) ed infine ambienti in cui la prima
impressione tra due persone che si vedono per la prima volta può essere
preceduta da una lunga conoscenza tramite chat (il mondo virtuale), sms
o carteggio.
I partecipanti al laboratorio, partendo dall’immaginarsi uno di questi
contesti hanno prodotto dei dialoghi tra personaggi che sono poi stati
recitati e messi a punto come veri e propri testi teatrali.
Breve sceneggiato di Antonio Metta
Messo in scena da L., M. e D. sotto la regia di F
Titolo: INCONTRO AL BAR
Personaggi: Luigi 32 anni, Sofia 29 anni, un barista
L’azione si svolge in un bar di Siena alle 9:30 di mattina
Testo originale dell’autore
Luigi: Buon giorno signor barista, il solito caffè.
Barista: Subito signor Luigi
Sofia: Questo signore mi sembra di averlo già visto… comunque mi presento. Mi chiamo Sofia e sono di Firenze.
Luigi: Il piacere è tutto mio. Mi fa piacere conoscere persone nuove. Che lavoro fa?
Sofia: Lavoro come educatrice, seguo persone che hanno problemi.
Luigi: Io faccio il bancario e sono di Siena.
Sofia: Ma beva il suo caffè.
Aggiustamento del testo dopo la messa in scena
Sofia.: Buon giorno. Un succo di arancia, per favore.
Luigi: Buongiorno, signor barista, il solito caffè.
Barista.: Subito, signor Luigi.
Sofia.: Questo signore mi sembra di averlo già visto. Ci conosciamo?
L.: Ah… sì? (piacevolmente stupito)
S.: Piacere, mi presento, mi chiamo Sofia e sono di Siena. L.:
(sempre più meravigliato) Ah! Il piacere è tutto mio (quasi
balbettando), mi chiamo Luigi. Non mi ricordo di lei… e lei è così una
bella donna, che rimango incantato…
B.: (Nel frattempo, il barista ha servito il caffè a Luigi) È pronto il suo caffè.
(Luigi è distratto da Sofia e non fa caso al caffè che gli viene servito)
S.: La ringrazio, lei è molto gentile… ma beva il suo caffè, sennò si raffredda!…
L.: Ah, sì, il caffè!
Conclusione
Nel mettere in scena il testo L., M. e D. avevano la consegna di poter
apporre come attori migliorie in base alla reale esperienza che veniva
fatta della situazione. M. e D. che hanno interpretato Luigi e Sofia
non si erano mai visti prima di questa rappresentazione e
nell’interpretare la sceneggiatura hanno dato voce ad una vera e reale
prima impressione. Essendo D. fisicamente una bellissima ragazza, la
prima impressione di M. non ha potuto che produrre modifiche al testo
nella direzione sopra riportata.
Associazione UmanaMente
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Intimità e sessualità
Brainstorming
Il gruppo di scrittura ha lavorato sul tema ponendosi domande e
lasciando libera la mente di rispondere con libere associazioni,
definizioni, racconti e ricordi personali.
La riflessione principale condivisa da tutto il gruppo è che: “Intimità
e sessualità sono bisogni fondamentali dell’essere umano”.
Come definire l’intimità?
Gruppo: L’intimità è condivisione, è il condividere le cose, uno scambio in un’accezione relazionale e affettiva.
F: È aiutarsi uno con l’altro.
L: È anche contatto fisico e amoroso, non necessariamente sessuale, ma fisico.
S: L’intimità è anche tra persone dello stesso sesso, come per esempio quando le donne vanno in bagno insieme.
Come definire la sessualità?
S: Il sesso è un istinto, ma non è solo fare sesso.
F: L’uomo come gli animali ha una sessualità e la donna dei cicli di
fertilità. L’uomo si accoppia come un mammifero, ma la sessualità non
si riduce solo all’accoppiamento.
V: Nella sessualità ci sono anche i sentimenti e gli affetti.
O: Alcune persone hanno più desiderio delle altre di avere
rapporti sessuali. Nelle donne viene chiamata ninfomania, nell’uomo
satirismo.
E: La sessualità presuppone sempre un oggetto e una mente che
pensa questo oggetto, che può non essere necessariamente presente in
termini reali, come per esempio nella masturbazione.
Differenze fra sessualità maschile e femminile: l’apprendimento del ruolo
St: L'essere femmina o maschio ti viene insegnato fin da
bambino. C'è una dimensione educativa e di apprendimento anche nella
sessualità femminile o maschile che viene dalla famiglia e dalla
società in cui si vive.
L: Il primo modello è senz'altro quello genitoriale, ma
l’argomento sessualità non viene affrontato e si scopre più che altro
attraverso gli amici. I genitori arrivano dopo. A me almeno è successo
così: che quando i miei sono mi hanno spiegato certe cose, io già le
sapevo!
S: Anch’io sono entrata nell'argomento grazie agli amici e ho capito
alcune cose circa la differenza fra sessualità maschile e femminile, ma
non è solo questo. I miei genitori hanno evitato di dirmi alcune cose
troppo presto... così quando me ne hanno parlato ne ero già a
conoscenza.
St: Io ho iniziato fin da piccolo a stare con le femmine e
avevo una amica, Maddalena, che mi piaceva e giocavamo insieme, eravamo
anche amici di famiglia.
E: Da bambini attraverso il gioco si sperimenta la sessualità e si cercano rapporti intimi con altri bambini.
L: Anche la società influenza il tuo modo di vivere la
sessualità, se sei uomo o donna. All’uomo viene insegnato che più
‘trofei’ porta a casa, più è bravo.
St: Si dice che la donna deve vergognarsi se ha avuto molti uomini.
La preparazione
L: Secondo me la donna vive con più sensibilità dell'uomo la
sessualità, la donna tende nella maggior parte dei casi a includere
nell'atto sessuale anche una sfera emotiva. La donna spesso è più
cerebrale, ha bisogno di pensarci di più.
S: Sì, la donna spesso può soffrire la prima volta che fa
sesso da un punto di vista fisico e per questo ha bisogno di una certa
consapevolezza. È necessaria una preparazione psicologica, una
riflessione profonda.
St: Importante è il concetto di verginità, sia nella donna che nell'uomo.
L: Per l’uomo forse è più un impulso, è più meccanico.
St: Per l'uomo anche ci deve essere una preparazione, altrimenti siamo come gli animali.
L: Certo, c'è un impulso sia nell'uomo che nella donna, ma gli uomini hanno più necessità fisiologica.
Paure maschili e femminili
St: Nell’uomo c’è certamente l’ansia da prestazione perché l’uomo non può fingere.
St: C’è la paura di fare male, di essere troppo invasivi e violenti.
L: Nella donna le paure sono più legate al dopo aver avuto un
rapporto sessuale. C'è anche la paura di non essere sufficientemente
attraenti, un senso di vergogna circa il proprio corpo, e dopo di
essere stata usata solo a quello scopo.
S: La donna spesso ha questa paura di essere stata sfruttata e usata sessualmente.
I sentimenti
L: Generalmente la donna è portata ad investire maggiormente su
un piano sentimentale rispetto all'uomo. È molto legata ai valori.
Tende ad investire globalmente.
S: Sì, ma ci sono casi particolari, io ad esempio conosco un
ragazzo che investiva tantissimo sentimentalmente, ma poi trovava
sempre donne che non volevano impegnarsi.
St: Parlando da uomo, quello che posso dire è che io cerco in un rapporto oltre al sesso l’intimità ed il gioco.
L: L’ideale è quando sia l’uomo che la donna riescono ad
investire affettivamente e a progettare insieme a partire da valori
comuni.
Quando invece la sessualità può rappresentare un problema?
L: Chi per esempio soffre di disagio mentale è emarginato dalla
vita sessuale. Chi si trova a prendere psicofarmaci è inibito nel
desiderio e nella motivazione verso il sesso. Nell’uomo si possono
creare problemi di erezione.
F: Dipende anche da quale è stato il passato della persona,
perché, se in passato si hanno avute delusioni e paure, è più
difficile.
S.: Quando una persona sta male, il sesso o le relazioni
sentimentali non sono il primo pensiero. I farmaci certamente
diminuiscono l’interesse, ma dipende anche dalla quantità, dal tipo di
farmaco e da quanto tempo si sta prendendo una certa terapia. Ci sono
casi in
cui rimangono la voglia e la ricerca di affettività. Solitamente quando
si prendono pochi farmaci.
F: Io anche se prendo ancora psicofarmaci, avrei voglia di
avere rapporti, ma non ho una donna, allora mi masturbo. A volte il
sesso a pagamento può fare meno paura, perché tu paghi una prestazione.
Ad esempio quando un uomo è deluso da una donna, per vendicarsi e
sfogarsi può fare sesso a pagamento. Stessa cosa il sesso occasionale.
L: Lo stesso discorso vale per le donne.
I racconti sull’intimità e sessualità
O: La sessualità per me è una cosa bellissima. Io ho avuto la
mia prima esperienza sessuale in seconda liceo con una ragazza che si
chiamava Stefania. Mi aveva colpito per i suoi occhi e perché stava
sempre in disparte. Era una mia compagna di classe. Mi avvicinai a lei
parlandole di matematica, poi le dissi che aveva occhi bellissimi, come
quelli di Afrodite.
Ho scritto anche delle poesie per lei. Dai primi approcci non è passato molto al momento in cui abbiamo fatto sesso.
Andavamo ai Giardini Margherita, facevamo fuga da scuola. La storia è
durata 6-7 mesi, poi ci siamo lasciati perché avevamo litigato. Dopo il
liceo ho avuto una storia con una signora di 32 anni, io ne avevo 19.
Era una insegnante elementare, e andava tutto bene, nonostante la
differenza d’età. Lei si chiamava Sonia, e la storia è durata un paio
d’anni. Quella era una relazione più stabile e adulta e lei iniziò a
desiderare di avere un bambino. Io non ero d’accordo. Ci siamo poi
lasciati, anche per questo motivo.
In seguito ho avuto altre relazioni che sono durate circa 2/3 anni. Poi
più nulla. A un certo punto della mia vita è subentrato l’alcool e
avevo perso il desiderio. Io volevo solo prostrarmi psichicamente con
l’alcool. Ora sono single convinto e la sessualità posso dire che al
momento non mi manca, e nemmeno l’intimità con una persona da un punto
di vista sentimentale.
Io sono una persona che ha sofferto tanto per amore e mi ricordo anche,
come se fosse ieri, il mio amico Marco, che fece per amore un gesto
estremo come quello di impiccarsi. Io non ho certo perso la speranza
oggi, ma mi sento più consapevole. Spero di trovare una ragazza che sia
giusta per me a cui voler bene e da coccolare.
St: Quando avevo 14 anni, mi è successa una cosa bellissima:
conobbi Francesca. Francesca diceva che somigliavo a Miguel Bosé. I
miei amici mi dicevano che lei si era innamorata di me e che mi
consigliarono di darmi una mossa. Per questo decisi di conoscerla e di
invitarla fuori. Le diedi appuntamento al parco. Lì accadde che le
diedi il mio primo bacio. Abitava vicino a casa mia e frequentava lo
stesso parco dove andavo io da bambino. Le dissi che sarebbe stato
bello andare a fare dei giri anche fuori dal quartiere. Un altro mio
amico si era innamorato di sua sorella e così ci mettemmo a uscire
insieme in coppia. Ci baciavamo sotto i portoni e nelle scale dei
palazzi.
Ho dei ricordi molto belli. Ultimamente ho rivisto sua sorella, è una
mamma di bellissimi bambini. Con Francesca fu un innamoramento
passeggero, non ricordo nemmeno come finì.
La prima volta per me fu con la Maggie. Andammo nella sua casa in
campagna, e lì ebbi il mio primo rapporto completo. Ho un bel ricordo,
lei si spogliò e mandò via il suo amico che mi aveva accompagnato in
macchina, e rimanemmo soli. Siamo stati insieme per una intera
settimana di passione.
Io ho vissuto sempre a casa con i miei genitori e mio padre non voleva
che invitassi ragazzi e ragazze per fare festicciole. Io sono uno che è
stato anche molto male nella vita, la sofferenza psichica ha influito
sul mio vivermi la sessualità e l’intimità.
Quando sei ricoverato incontri solo persone che sono fuori di testa e
che vogliono solo farsi delle storie in ospedale. A me non vanno più
bene.
Ora ho capito che le cose si fanno fatte bene e che bisogna stare
innamorati nel tempo e che le storie estemporanee non portano a nulla.
Roberta: Quando sessualità e intimità vanno di pari passo si
vive una esperienza bellissima. L’affettività direi che è più mentale,
mentre la sessualità ha più a che fare con ‘la carne’: sono cose
diverse ma complementari allo stesso tempo. Credo che una persona si
senta realizzata se raggiunge col proprio partner degli alti livelli di
stimolo affettivo e sessuale, e che se si sta con una persona e si gode
appieno il rapporto sia fisico che mentale, si raggiunge un alto
livello di soddisfazione.
Mi ricordo che quando ero ragazzina avevo la curiosità, il gusto della
scoperta e la voglia di provare. Quando vedevo un bambino che mi
piaceva, se mi corrispondeva, allora io mi avvicinavo e capitava anche
che gli chiedessi di giocare insieme. Da lì nasceva un contatto fisico
magari scherzoso, come darsi delle spinte.
Da piccola non mi veniva voglia di dare un bacio, è arrivato più tardi.
Durante la scuola media andavo dalle amiche e mi confidavo rispetto
alle simpatie che provavo. Parlavo con entusiasmo di questo o di quel
ragazzino che mi piaceva. Mi ricordo che facevamo dei giochi come
quello della bottiglia oppure il gioco di passare la scopa. Allora
nascevano delle situazioni più concrete, di contatto fisico.
Poi c’era la tendenza a sembrare più grandi di quanto eravamo, ricordo
le prime minigonne, i primi occhiali da sole, avevamo voglia di
attirare l’attenzione dei ragazzi.
Ricordo però anche che poi mi intimidivo e per cui non concretizzavo
niente. Alle superiori, nella piena adolescenza, ero già pienamente
sviluppata, mi era cresciuto il seno, ed ero contentissima. Mi sentivo
a mio agio, più donna, più vicina all’essere grande, cresciuta.
Ricordo che avevo diversi corteggiatori e anche se molti non mi piacevano, mi divertiva avere corteggiatori.
Poi c’era chi mi piaceva davvero tanto. C’era un ragazzo in
particolare, e anche lui provava qualcosa per me. Io avevo della paure
legate al fatto che lui piaceva a tante ragazze e temevo che avrei
potuto soffrire a causa di ciò se mi fossi messa con lui. Così alla
fine ci rinunciai, ho fatto vincere la paura e non ho vissuto una cosa
che sarebbe potuta essere bella, e me ne sono anche pentita.
Tempo dopo mi sono fidanzata, ho trovato un ragazzo con cui stavo bene,
più serio. Ho iniziato a vivere con tranquillità la dimensione
affettiva. In questa storia però la sessualità non era vissuta appieno,
io non mi sentivo ancora pronta per avere rapporti completi. Il mio è
stato un percorso molto graduale.
Rimasi qualche mese con questo ragazzo, poi mi allontanai. Avevo voglia
di concentrami su altro.
Probabilmente non ero pronta per una relazione, preferivo studiare,
andare in palestra, divertirmi con le amiche. Verso i 25 anni ho avuto
una storia importante con un ragazzo che mi piaceva davvero tanto. Con
lui ho vissuto pienamente la sessualità, e mi sono trovata bene,
eravamo molto uniti. È stata un’esperienza bellissima. Lui però non
viveva nella mia stessa città e quindi per alcuni periodi non ci
vedevamo e ci sentivamo solo al telefono. Dopo due anni e mezzo è
finita perché io mi sono infatuata di un altro ragazzo e non nutrivo
più gli stessi sentimenti per lui. Non mi piaceva più, lo trovavo
pesante, mentre prima lo vedevo profondo e mi sentivo un po’ soffocare.
Insomma l’ardore dei primi tempi era scomparso. Lui ha fatto un po’ di
scenate ma alla fine ha capito.
Il ragazzo di cui mi ero infatuata ai miei occhi era bellissimo,
brillante, simpatico, originale, mi dava allegria e mi faceva stare
benissimo. Mi concentrai su di lui, ma rimasi molto delusa perché lui
voleva solo una storia di sesso, mentre io desideravo di più. Lasciai
perdere, ma ne soffrii molto.
Qualche anno dopo cominciai a stare male, non so se è dipeso anche da
questo. Secondo me ha influito, perché è stata una vera e propria
delusione d’amore. Non che sia stata la causa scatenante, ma ha
accentuato il mio stare male psicologicamente. Quando stavo male, non
volevo affrontare l’argomento affettività, non volevo vedermi con altri
ragazzi e affrontare una storia, preferivo uscire con gli amici e le
amiche. Non mi vedevo tranquilla, non mi sentivo forte e quindi c’è
stato un periodo in cui non ci ho pensato per niente ad avere qualcuno.
È durato qualche anno. Gradualmente è riaffiorato il desiderio di
vedere persone, di uscire, di vivere l’affettività. Ho ritrovato
gradualmente l’interesse di conoscere qualcuno e avere una relazione,
ed è coinciso con il mio cominciare a stare meglio.
Al momento purtroppo non ho ancora trovato nessuno, ma sono ottimista e
sto conoscendo dei ragazzi, li frequento, ma non ‘stringo’, non ci
mettiamo assieme.
Questo perché sto valutando, vorrei trovare la persona giusta con cui
sentirmi sicura di poter creare qualcosa di importante. Sono in una
fase di ricerca e di sperimentazione e mi diverto abbastanza in questo
periodo, esco con alcuni ragazzi. Mi sento più serena, ora, sto bene e
questo mi permette di pensare a stare bene insieme a qualcuno, mi sento
pronta.
L: Ritengo di aver avuto un processo evolutivo in campo
affettivo/sessuale che rientra nella normalità per quanto riguarda le
fasi della mia infanzia e adolescenza, le prime scoperte del piacere e
dell’innamoramento. Ricordo però che dalla tarda adolescenza fino
all’età di 25/26 anni quello che mi caratterizzava era il fatto che non
ricercavo storie impegnative da un punto di vista sentimentale, ho
pensato più a me stessa, al divertimento e alla ricerca della crescita
personale attraverso tante esperienze, al contrario di molte altre mie
coetanee che già programmavano un futuro classico di costruzione di
famiglia.
Ero un po’ controtendenza, avevo voglia di conoscere me stessa, gli
altri e il mondo e soprattutto volevo essere indipendente e libera.
All’età di 26 anni, invece, ho cominciato a sentire la necessità di un
rapporto serio e mi sono fidanzata per la prima volta nella mia vita.
Questo penso sia uno dei passaggi importanti, perché ha segnato
profondamente l’evolversi della mia vita affettiva in seguito.
I primi tempi era bello e sicuramente interessante provare l’esperienza
di condivisione di vita insieme. Amore, intimità, sesso e
progettualità, penso siano il connubio perfetto che si possa ottenere
da una relazione di coppia.
Purtroppo è venuto a mancare, in maniera grave, un altro valore molto
importante, ossia il rispetto. Questo mio ex fidanzato mi ha picchiata
fino a provocarmi un trauma cranico con perdita di coscienza. Uno dei
periodi più bui della mia vita, in cui ho vissuto come purtroppo tante
donne la violenza e la sofferenza psichica che comporta trovarsi faccia
a faccia con questo tipo di dolore. Feci l’errore all’epoca di non
denunciare il fatto anzi, sono tornata con lui per tre mesi prima di
chiudere definitivamente dopo la minaccia da parte sua di ripetere la
stessa violenza durante un ennesimo litigio.
Dopo questa esperienza ho fatto per la prima volta un percorso di
psicoterapia di un anno e mezzo e ho cominciato a prendere psicofarmaci
per uscire da quel grosso trauma che avevo subito.
È stato un percorso doloroso, ma quando lentamente il dolore ha
cominciato ad attenuarsi, io ero comunque giovane, avevo voglia di
risollevarmi e costruirmi un nuovo futuro. Dopo 6 mesi il destino mi ha
fatto incontrare una persona con cui ho intrapreso una lunga relazione,
anche di convivenza, di oltre 10 anni. Se da un lato questa persona mi
ha sicuramente aiutato ad uscire dall’esperienza precedente, a
reinvestire la mia fiducia su un altro uomo, dall’altro dopo 3 anni
trascorsi insieme lui mi ha negato l’esperienza della maternità: lui
aveva da un precedente matrimonio un figlio di un anno e mezzo, di cui
io mi occupavo, e avrei voluto un figlio da lui. Quando lui mi disse di
no, io ne rimasi mortificata, da lì sono crollate le mie speranze e il
rapporto si è cominciato a logorare, ma io ho trascinato avanti la
storia ancora per 7 anni. Nel contempo e nel susseguirsi degli anni ho
avuto altre storie occasionali, altre due relazioni importanti una di
due anni e mezzo finita in modo fallimentare e traumatico (lui mise
incinta un’altra donna) e l’altra di un anno e mezzo che ho dovuto
interrompere io per occuparmi di me stessa perché, alla fine 3 anni fa,
dopo tante sofferenze psichiche che mi hanno portato anche nel baratro
dell’alcolismo, ho cominciato a riprendere in mano la mia vita. Ora
posso dire che a volte guardo speranzosa il futuro, a volte mi soffermo
sul mio passato e capisco quanta fragilità ho ancora nel trovare un
giusto equilibrio nella mia sfera affettiva, più che nella vita
sessuale, perché quest’ultima può essere colmata anche con piccoli
flirt, ma quello che aspetto io è l’uomo giusto con cui passare il
resto della vita.
M: Mi sento molto bloccato sul tema della sessualità in
generale, anche perché non ho avuto molte esperienze. Non ho mai potuto
esplorare fino in fondo la sessualità. Sono sempre stato intimo solo
con mia madre. Non ho ricordi di altre relazioni intime, nemmeno
durante l’infanzia e l’adolescenza.
Non ricordo nemmeno che qualche ragazza mi piacesse. Probabilmente non
ho particolari ricordi perché non ho mai avuto grande interesse circa
il sesso opposto.
Il sesso per me è un modo di esprimere il sentimento dell’amore.
L’essere intimi con una persona potrebbe essere lo scoprire che cosa
una persona è ‘dentro’. L’intimità riguarda come siamo noi dentro.
Se però avessi l’occasione di entrare in intimità con qualcuno, credo
che mi piacerebbe, ma per ora non c’è l’occasione. Non ho mai avuto
l’occasione di provare affetto per qualcuno. Forse il rapporto con mia
mamma ha condizionato questo mio sentire, mi ha un po’ bloccato nello
scoprire questa area. Spero in futuro di poter sperimentare il
sentimento dell’innamoramento trovando una ragazza che mi piace. Come
dovrebbe essere? Dovrebbe volermi bene e magari essere una ragazza che
ama la casa.
L’amore è spontaneo, può esserci anche un colpo di fulmine.
F: Il mio primo bacio l’ho dato in una Golf bianca
decapottabile, sulle colline di Montese. Ero con mia cugina, più grande
di me di un paio di anni, il suo ragazzo, che aveva la Golf, ed un’
altra amica. Avevamo deciso di andare a fare un giro in macchina per
‘imboscarci’.
Mia cugina e il suo ragazzo andarono a passeggiare nel bosco ed io
rimasi in macchina con questa amica. Mentre li aspettavamo…
probabilmente fu il bel tramonto, il panorama e l’atmosfera che c’era…
Cominciammo a guardarci. Gli sguardi. Poi le carezze, una dopo l’altra,
e i bacini, poi è successo che ci siamo scambiati un bacio vero. Avevo
16 anni, ero nel fiore della gioventù. Ricordo che eravamo nel sedile
posteriore, il sole ci illuminava, ci riscaldava e ci siamo fatti le
coccole. Poi mia cugina e il suo ragazzo sono tornati e si decise di
andare a prendere una tigella e una bibita in paese.
Quello fu l’inizio per me della mia vita amorosa. E di amori ne ho
avuti tanti, poi, tante storie da raccontare. Riguardo la sessualità
quella più importante però fu senz’altro la storia del mare. Avevo
circa 20 anni, ero appena tornato da militare e mio padre aveva
comprato una casa al mare. Ci andavano sempre anche tutti i miei
parenti ed era spesso affollata. Quella settimana lì però accadde…
destino ha voluto, che mi trovassi solo. Ero appena arrivato a
Viserbella e stavo passeggiando sul lungomare quando incontrai una
ragazza francese, anche lei appena arrivata. Doveva andare ospite da un
ragazzo italiano che all’ultimo le diede bidone, così non sapeva cosa
fare e dove andare. Mi sentii di aver vinto la lotteria. Il destino
aveva voluto che ci incontrassimo. Rimanemmo insieme una settimana, due
settimane. Tutto il tempo del suo soggiorno. Furono giorni
meravigliosi. Lei, che aveva 27 di anni, mi introdusse alla vita
sessuale. Mi insegnò molto in merito, non facemmo altro per 15 giorni.
Ne rimasi stordito. Non si può certo dire che fosse amore o un vero e
proprio affetto, non si facevano certo progetti, era pura passione
sessuale. Una vacanza che ha lasciato il segno per sempre. Da lei ho
imparato cosa è la sessualità, cosa è un vero orgasmo.
Altra cosa sono i lunghi fidanzamenti. Di quelli non ne ho avuti molti.
Avrei voluto una compagna che avesse una buona posizione economica, ma
non l’ho mai trovata.
Avrei anche potuto convivere con una ragazza che faceva l’infermiera:
eravamo fidanzati, le nostre famiglie si conoscevano, la sua famiglia
mi trattava come un gioiello. Io ero odontotecnico, lei infermiera,
avevamo un po’ vissuti simili, e c’era affetto. È durata tre anni. Lei
avrebbe voluto sposarsi, ma io non ero d’accordo e allora abbiamo
interrotto la relazione.
Dopo di lei ebbi altre storie e fidanzamenti, in particolare ricordo
quelli con due donne che erano rimaste vedove. Nella mia vita mi è
accaduto di consolare non una, ma ben due donne vedove!
Oltre alla sessualità vera e propria, posso dire di aver avuto la
fortuna nella vita di trovare anche una dimensione affettiva forte con
le persone che aiutavo e assistevo per lavoro alla casa di riposo. Ho
provato per gli ospiti un vero affetto.
Oggi sono single. La donna che vedo nei miei pensieri è dinamica,
manageriale, che sappia accudire i figli, che stia bene economicamente,
che collabori nei lavori domestici e che sia autosufficiente.
La vorrei attraente, bella, che non si trascuri, giovane, dai 40 anni
in giù. Quando si soffre sentimentalmente, poi si ha paura di
incontrare un’altra persona che ci deluda. Diciamo che “Bacco, tabacco
e Venere riducono l’uomo in cenere”, e io mi attengo a questo
proverbio. Sono stato sempre cavaliere verso le donne, mi piace
corteggiarle, fare regali, essere generoso. Io lancio l’esca e aspetto,
spesso non sono stato però ricambiato.
Associazione UmanaMente
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Un amore intimo
Il nostro amore non è mai stato vero amore,
lo facciamo troppo spesso questo stupido sesso.
E non ci amiamo in maniera romantica…
Oggi lo faremo di nuovo
come se tu, donna mia, non avessi più nulla di nuovo…
Te mi garbi, non ti farei mai degli sgarbi,
però lo facciamo troppo spesso, questo stupido sesso…
Non sei d’accordo?
Bisogna trovare, amore mio, insieme
un nuovo accordo…
Un giorno ti vorrei guardare, ammirare, adorare,
amarti per quello che sei
perché così non so neanche più chi sei.
Non lo faccio mai, il mio amore che provo per te
neanche lo sai.
Ecco ora lo stiamo facendo questo stupido sesso…
Non ti ho detto neanche - sesso puro maledetto!!! - che ti amo…
Amore, basta farlo troppo spesso…
Adesso non dobbiamo più pensare
a questo stupido sesso.
Il vero amore, mi metterebbe di buonumore,
sarebbe un vero splendore…
Ma più passano le ore
e più non è vero amore…
Magari sei d’accordo con me -pensa te-
di cambiare il nostro amore
con un’idea non materialmente sessuale
ma con una relazione romantica passionale.
Amore mio, ecco la soluzione
per non fare più adesso questo stupido stravagante
non eccitante stimolante sesso.
Finalmente… si apre la mia mente…
donna mia ecco il fatto sorprendente,
non ti prendere un accidente!!!
La nostra relazione è cambiata,
ora anche tu romanticamente
e idealmente l’hai insieme a me adorata.
Ora sì che è vero amore, un intimo amore,
basato su una nostra nuova convinzione,
sul non toccarci…
E lo facciamo con pura dedizione.
Ora sì che sono di buonumore,
mio unico grande amore,
adesso è solo un ricordo,
questo stravagante
non eccitante o stimolante
stupido sesso…
Ogni giorno sin dal buongiorno
abbiamo tutti e due il sorriso
nessuno più ci ha deriso…
Amore, per mia suprema contentezza
il nostro intimo amore
genera tanta bellissima tenerezza,
per nostra incantevole e piacevole dolcezza…
Magari un giorno rifaremo sesso
ma con questi nuovi nostri mitici ideali
non sarà più così stupido.
Antonio Metta (Associazione UmanaMente)
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La rubrica dei consigli per conquistare una donna
a. L’uomo non deve illudersi, la scelta è comunque sempre della donna.
b. Non essere gelosi.
c. Accertarsi che sia libera prima di invitarla ad uscire.
d. Avere creatività ed iniziativa nell’invito (non il cinema per intenderci; al cinema si va anche con gli amici e le amiche).
e. La cenetta in casa e a lume di candela, preparata al momento e con sottofondo musicale new age.
f. Importante disporre di un mezzo come automobile o moto per andarla a prendere.
g. L’abbigliamento sempre pulito e stirato. La presenza vuol dire tanto.
h. Nella conversazione è importante essere cortesi e fare complimenti.
Fabrizio, l’esperto
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La prima impressione cambia nel tempo
La prima impressione succede a tutti di averla. Consciamente o inconsciamente. A
volte ce ne rendiamo conto, a volte no. A volte sappiamo dare delle
spiegazioni razionali, a volte accade che ‘a pelle’ siamo impressionati
positivamente o negativamente senza saper dare un senso.
Viene data o ricevuta: a volte avviene contemporaneamente. La prima
sensazione è visiva. Gli occhi esaminano le persone che hanno vicino.
Se uno è alto o basso, magro o grasso, bello o brutto.
A volte ci colpisce un gesto, un sorriso, uno sguardo, un profumo.
Cambia nel tempo. La prima impressione che si aveva da piccoli non sempre si ha anche da grandi.
Quando cambia la persona, cambia anche la prima impressione che si ha dinnanzi a ciò che ci circonda.
Capita anche che con la prima impressione si cada in un giudizio
affrettato che può ferire gli altri o può far cadere in errore. È molto
soggettiva, a seconda delle esperienze vissute, dell’educazione
ricevuta, della natura della persona stessa.
Centro Diurno di Casalecchio di Reno
|
Ma che cos'è questo IESA?!
Quando nell'anno 2007 alcuni operatori della salute mentale di
Collegno (Torino), vennero a Bologna a fare una giornata informativa
sullo Iesa* - da loro questo progetto era attivo già da 10 anni –
rimasi molto stupito nel sentire come funzionava e con quali risultati.
Ma che cosa innovativa! È fantastico!
Lo Iesa si avvale dell'ospitalità di cittadini disponibili ad
accogliere utenti in cura presso i centri di salute mentale dell'AUSL
di Bologna. Ai candidati ospitanti viene chiesto di accogliere l’ospite
e ‘fare famiglia’ a fronte di un rimborso spese e di un supporto da
parte di un'équipe dedicata.
Quando abbiamo avviato il progetto alla fine del 2008, siamo partiti
con la ricerca degli ospitanti, raccontando loro l'esperienza Iesa di
altri servizi in Italia e nel mondo.
Lo stesso percorso di conoscenza l'abbiamo fatto con i primi candidati ospiti.
È arrivato poi il momento di partire con la prima convivenza e qui i
primi dubbi: Si piaceranno? Funzionerà? E noi operatori Iesa?
Riusciremo ad essere un buon supporto? Organizziamo i primi incontri di
conoscenza e... si piacciono, la cosa può funzionare.
Quando nasce una nuova relazione è tutto da scoprire, tutto da
costruire. E per me? Una grande emozione. Sulla carta tutto funziona,
ma nella vita reale non sempre; alle volte si fatica a stare insieme,
alle volte non ci si intende; ci vuole una buona motivazione.
Un giorno un signore, candidato ospite, venne a conoscerci e ci chiese: “Ma cos'è questo Iesa?!”.
Io lo immagino come una sorta di alchimia dalla quale non sai bene cosa
potrà venire fuori: si passa del tempo insieme, si condividono cose,
spazi, pensieri, ci si aiuta reciprocamente. La prima impressione?
È un progetto fantastico!
Daniele Benfenati (operatore Iesa)
* IESA: Inserimento Eterofamiliare Supportato di Adulti sofferenti di disturbi psichici.
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Il volto è lo specchio dell’anima? Teorie vecchie e nuove
La Fisiognomica tra arte e psicologia
Ho preso in mano un bel volume che avevo in casa, la Storia della
Fisiognomica - arte e psicologia da Leonardo a Freud di Flavio Caroli,
Leonardo Arte 1995, e mi sono trovata a galoppare con la mente tra
storia, arte, filosofia, letteratura, psicologia, in un dotto percorso
ricco di suggestioni. Ho anche cercato di chiarirmi le idee attingendo
ad altre fonti sul web. Il risultato è questo rapido excursus, che
spero non contenga troppe inesattezze.
Caroli identifica nell’attitudine all’introspezione e nella ricerca del
nesso tra corpo e anima, esteriorità e interiorità, la caratteristica
fondamentale dell’arte figurativa occidentale, e proprio nella
Fisiognomica intravede l’asse portante di un movimento di pensiero che
accompagna da un lato lo sviluppo della scienza psicologica, dall’altro
la maturazione di modelli espressivi grazie soprattutto al lavoro dei
pittori. Per questo egli esorta ad “avere chiaro che la Storia della
Fisiognomica è strettamente parallela alla Storia della Psicologia”. A
suo giudizio non bisogna fare l’errore “di proiettare a ritroso le
teorie di Lombroso, riducendo un glorioso cammino di idee, che coincide
in larga misura con il Sapere stesso dell’Occidente, a un piccolo mondo
di bizzarrie e di determinismi criminologici che la nostra cultura ha
dimostrato insostenibili, ancorché l’uomo che li ha formulati
possedesse indubitabilmente eccelso ingegno e alta statura”. In
sostanza egli intende rivalutare una disciplina che, soprattutto in
seguito alle polemiche relative alle teorie lombrosiane, è stata
ingiustamente declassata a ‘pseudoscienza’ e la sceglie come
angolazione privilegiata per un suo lungo percorso fra arte e
psicologia.
La fisiognomica (dal greco phýsis, 'natura', e gnṓmōn, 'interprete'),
cioè l'arte di giudicare il carattere e il comportamento potenziale di
una persona dall'apparenza esterna dei suoi organi corporei, è una
disciplina molto antica. Ad Aristotele (o alla sua scuola) si deve il
primo trattato in cui da osservazioni sugli animali vengono dedotte
corrispondenze fra il carattere e le sembianze, estendendo poi la
teoria anche all’uomo. Dopo Aristotele i trattatisti più importanti
sono Polemo di Laodicea, Adamanzio il Sofista e un anonimo latino del
IV secolo d. C.
Le antiche teorie vengono riprese in epoca rinascimentale. “Tutto
comincia con Leonardo” , afferma Caroli. Il grande artista scienziato e
anatomista infatti “non giunge solo alla formulazione della teoria dei
‘moti dell’animo’/…/ ma accompagna l’elaborazione della teoria con una
serie di disegni che costituiscono la documentazione pratica di quanto
egli sta elaborando a livello teorico”.
Un vero e proprio trattato di fisiognomica scritto da Leonardo, a
quanto pare, circolò a lungo fra gli artisti, ma purtroppo non ce ne è
giunta copia. Questo trattato costituirebbe il precedente diretto di
quelli di Pomponio Gaurico (1504) e dei bolognesi Alessandro Achillini
e Bartolomeo della Rocca detto Cocles (1503 e 1504), che riesumarono
gli antichi testi classici ed elaborarono teorie in cui lo studio della
fisionomia si abbina alla medicina, ma anche alla chiromanzia e
all’astrologia. In particolare l’opera del Cocles, Chyromanthie ac physionomie anastasis,
nonostante i duri attacchi da parte di altri saggisti, la messa
all’Indice e la morte violenta dell’autore, ebbe grande successo in
Europa, tradotta in tedesco, francese e inglese. Questi scritti secondo
Caroli “ creano il ‘brodo di cultura’ in cui matura la rivoluzione
della ritrattistica nel primo scorcio del Cinquecento”.
Anche Michelangelo, a quanto riferito dal suo biografo Ascanio Condivi (Vita di Michelagnolo Buonarroti),
avendo acquisito una notevole competenza in anatomia umana sezionando
cadaveri fino a guastarsi lo stomaco, pare avesse pensato di scrivere
un trattato, ma non ne fece nulla. Dice il Condivi: “più volte ha avuto
in animo, in servigio di quelli che voglion dare opera alla Scultura e
alla Pittura, far un’opera che tratti di tutte le maniere de’ moti
umani, e apparenze, e dell’ossa, con una ingegnosa teorica per lungo
uso da lui ritrovata, e l’avrebbe fatta, se non si fosse diffidato
delle forze sue, e di non bastare a trattare con dignità ed ornato una
tal cosa come farebbe uno nelle scienze e nel dire esercitato”.
Sarà invece un personaggio poliedrico, il medico, filosofo, matematico,
astrologo Gerolamo Cardano, non diffidando delle forze sue, a scrivere,
intorno al 1550, un trattato con dignità e ornato, la Metoposcopia,
in tredici libri, con ottocento illustrazioni di volti umani. Più che
di fisiognomica si tratta, in realtà, di una pratica divinatoria simile
alla chiromanzia, applicata al volto e collegata all’astrologia. Il
Cardano spiega che questa arte “si sforza di predire il futuro
attraverso l’ispezione sia della faccia frontale che della sua
lunghezza, larghezza e delle sue diverse linee, ed anche dai marchi
naturali che vi si trovano”. La sua opera osteggiata dalla Chiesa viene
pubblicata postuma, a Parigi, solo nel 1658, ma ottiene ugualmente
diffusione e successo.
Il balzo successivo lo compie Giovan Battista Della Porta, il
trattatista di fisiognomica più famoso dell’intero evo moderno.
Studioso di filosofia e scienze naturali, egli costituisce un punto di
equilibrio fra la cultura magica del ‘500 e il pensiero razionalistico
del ‘600. La sua opera, De humana physiognomonia,
pubblicata nel 1586 in concomitanza con la bolla papale contro le arti
magiche, gli costerà un processo dell’Inquisizione e sarà lungamente
osteggiata. La versione volgare uscirà nel 1598 a Napoli con il titolo Della fisonomia dell’huomo, tradotta dallo stesso autore con lo pseudonimo di Giovanni De Rosa e sempre a Napoli, nel 1603 usciranno i Coelestis physiognomoniae libri sex.
Cercando di evitare l’accusa di magia, il Della Porta sposterà la sua
attenzione dall’astrologia allo studio dei temperamenti umani,
ricorrendo soprattutto al paragone fra uomini e animali. Lo
zoomorfismo, già presente in tutte le fisiognomiche precedenti, con lui
diventa il principio fondamentale per indagare il rapporto fra aspetto
fisico e carattere. I disegni hanno importanza risolutiva, per la loro
pregnanza e incisività e al di là delle intuizioni psicologiche, aprono
la strada a un utilizzo sociale di questi studi.
Si apre un nuovo secolo. A Bologna Annibale Carracci, seguito dal
fratello Agostino, inventa la caricatura, creando un genere figurativo
che troverà molti seguaci. Il Baldinucci (Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua,
Firenze 1681-1728) spiega di che si tratta: “caricare dicesi anche de’
pittori o scultori, un modo tenuto da essi in fare Ritratti, quanto si
può somiglianti al tutto alla persona ritratta; ma per giuoco, e talora
per ischerno, aggravando o crescendo i difetti delle parti imitate
sproporzionatamente. Talmente che nel tutto appariscono essere essi e
nelle parti sieno variati”.
Si afferma intanto lo stile barocco, che fra le sue componenti
fondamentali ha il naturalismo e la drammaticità. Affascinati dagli
intimi meccanismi della mente e dalle convulse passioni dell’anima, gli
artisti si sforzano di ritrarle e creano ambientazioni scenografiche in
cui le luci e le ombre raggiungono effetti di grande suggestione. È
l’età della Controriforma: un senso di intensa spiritualità è presente
in particolare nelle rappresentazioni di estasi, martiri o apparizioni
miracolose, soprattutto a opera di artisti di paesi cattolici come
l’Italia, la Spagna e la Francia.
La filosofia intanto, da Cartesio in poi, procede parallelamente alla
scienza sperimentale, nell’ambito della quale ha largo spazio lo studio
dell’anatomia e della fisiologia del cervello. L’uomo è visto come
un’entità complessa, interpretabile solo con gli strumenti della
razionalità. Ne Le Passioni dell’Anima
(1649) Cartesio elenca i segni esteriori delle passioni: “i più
importanti tra questi segni sono i moti degli occhi e del viso, i
mutamenti di colore, i tremiti, il languore, gli svenimenti, il riso,
le lacrime, i gemiti, i sospiri”, ma l’analisi che ne fa è improntata
al metodo delle idee ‘chiare e distinte’: l’era della fisiognomica
‘magica’ è ormai tramontata.
Le idee di Cartesio troveranno seguito nei discorsi sull’espressione
tenuti da Charles le Brun, primo pittore alla corte del Re Sole,
all’Accademia Reale di Pittura e Scultura e pubblicati postumi nel 1698
col titolo Conférence sur l’expression générale et particulière.
Più che ai moti degli occhi, egli presta at tenzione al sopracciglio,
in quanto a suo parere ogni mutamento psicologico viene determinato dal
movimento degli archi sopracciliari. Secondo Le Brun, il carattere
dell’uomo e la natura dell’animale, si possono misurare in base
all’angolo formato dalle rette che passano per l’asse degli occhi. Le
Brun divide gli uomini in tre categorie: individui dalle passioni
moderate, che non alterano i tratti del viso; individui dalle passioni
generose, che imprimono sui volti tratti significativi; individui
scossi da passioni biasimevoli e violente, che alterano la fisionomia;
ed elabora quarantun maschere delle passioni. A raccogliere il
testimone è il maggior cultore di fisiognomica del Settecento, il
pittore William Hogarth, grande amico di scrittori e teatranti. Egli si
preoccupa di innalzare la sua arte al di sopra della caricatura, con un
manifesto programmatico, l’incisione intitolata Characters and Caricaturas
del 1743 in cui rappresenta un centinaio di teste dalle diverse
espressioni. Il suo amico scrittore Henry Fielding così la commenta:
“certamente è molto più facile, molto meno degno di ammirazione,
dipingere un uomo con un naso, o qualsiasi altra fattezza, di
proporzioni inusitate, che esprimere sulla tela gli affetti degli
uomini. È sempre stata ritenuta gran lode per un pittore dire che le
sue figure sono parlanti; ma certamente è lode assai maggiore dire che
sembrano pensanti” . Insomma, un conto sono le caricature, altro sono i
‘caratteri’, cioè gli studi di fisiognomica ai quali l’artista impronta
il senso profondo di tutto il suo lavoro. Hogarth produrrà poi un
trattato, The analysis of beauty (1753) di grande modernità.
Dice, per esempio: “I bellissimi volti in qualunque età possono
nascondere un’indole pazza o viziosa, finché non si scoprano dagli atti
o dalle parole” e spiega che le espressioni si possano camuffare ,
mantenendo un atteggiamento affettato, così anche i segni impressi nel
tempo, non è detto che rappresentino il vero carattere della persona,
perché possono dipendere da vari motivi. Nonostante queste sagge
osservazioni, la fisiognomica tradizionale terrà ancora banco nella
seconda metà del Settecento. L’olandese Petrus Camper inventa un
sistema metrico per disegnare il passaggio progressivo da un animale
all’altro e dall’animale all’uomo, esercizio a cui si applicherà anche
lo svizzero Johann Kaspar Lavater. Al di là del tradizionale
zoomorfismo, con questi esercizi la fisiognomica comincia ad assumere
caratteri antropologici (con qualche sfumatura razzista). Lavater, che
anche grazie all’uso delle silhouettes (profili neri su sfondo
bianco) con cui interpreta i caratteri delle persone, diventa famoso in
tutta Europa, scrive un’opera intitolata Fragments physiognomoniques
(1775) che viene apprezzata, almeno inizialmente, da scrittori e
artisti come Balzac, Goethe, Füssli. Ma trova un forte avversario nel
fisico sperimentale Georg Christoph Lichtenberg, il quale sostiene che
la fisiognomica è una disciplina basata sul pregiudizio, in quanto
analizza le strutture fisse del volto e non le forme mobili
dell’espressione. Con polemica sferzante arriva a dire che prendendo
per buone le teorie del Lavater “si impiccheranno i bambini prima che
abbiano compiuto imprese che meritano la forca”. Egli sottolinea anche
il fatto che l’uomo finge, si maschera, nasconde le sue deformità
fisiche e psichiche e perciò andrebbero analizzati piuttosto i
meccanismi di finzione. Propone quindi di sostituire la fisiognomica
con la ‘patognomica’, cioè lo studio delle passioni transitorie, che
deformano i corpi nelle varie circostanze della vita. Nel passaggio fra
l’Illuminismo e il Positivismo la fisiognomica e la patognomica si
evolvono rispettivamente in Frenologia e Mimica. La prima studia la
forma del cervello e approfondisce i nessi tra forma e funzione, fra
deviazioni dalla norma e patologia mentale; la seconda affronta
l’aspetto ‘mobile’ della manifestazione delle passioni, vale a dire la
classificazione delle espressioni. La psichiatria cresce nel campo
della Frenologia. Franz Joseph Gall (1758-1828) visita manicomi e
penitenziari, seziona teste di giustiziati indaga da vicino persone di
umili condizioni che si accusano a vicenda di debolezze e perversioni.
Sostiene che la forma che definisce le funzioni non è quella facciale,
ma quella cerebrale e che si possono identificare facoltà e
inclinazioni per mezzo delle protuberanze e delle depressioni che si
trovano sul cranio.
Poco dopo Cesare Lombroso (1835-1909) pone l’Italia all’avanguardia
della scienza europea utilizzando la fisiognomica ai fini di quella che
va definendosi come ‘criminologia’. Egli sostiene che l’aspetto
esteriore dell’uomo permette di riconoscere la predisposizione a
delinquere. È evidente che questo pensiero comporta conseguenze sociali
importanti: si discrimina una parte della società, quella degli esseri
fisicamente sfortunati. Analizzando crani e cervelli di delinquenti
Lombroso cerca di dimostrare che in piccole particolarità o anomalie
risiede il motivo della tendenza al crimine.
Nel Novecento lo studio del volto umano continua, anzi, si incentiva,
però si specializza, confluendo nell’antropologia, nella criminologia,
nella psicologia.
L’arte si abbevera a tutto questo, mentre la fisiognomica come scienza
enciclopedica va in crisi, anche se nell’immaginario collettivo, cioè a
livello medio-basso, l’idea che la forma del corpo condizioni il
comportamento (ipotesi che fra l’altro rafforza i pregiudizi razziali)
non si è mai del tutto spenta. A partire dalla seconda metà del secolo
cresce l’attenzione al corporeo, si fa strada l’idea che il fisico sia
modificabile (con la ginnastica, le diete, la chirurgia estetica).
La persona non si giudica solo per il suo aspetto, ma anche per la cura
che ne ha, per come si presenta. Diventa molto importante saper dare
un’immagine di sé che provochi negli altri un’impressione positiva.
Sta nei tratti del viso la chiave della prima impressione?
La tesi che nei volti degli esseri umani sia rintracciabile qualche
caratteristica della loro personalità viene ripresa da alcuni
ricercatori in un filone di ricerca recentissimo, la cosiddetta ‘nuova
fisiognomica’.
Gli psicologi Janine Willis e Alexander Todorov della Princeton University in una ricerca pubblicata su Psychological Science
nel 2005 hanno dimostrato che, quando vediamo una faccia nuova, il
nostro cervello decide se si tratta di una persona di cui ci si può
fidare in un decimo di secondo.
Ci basta un istante, insomma, per valutare le caratteristiche della
persona (attrattiva, simpatia, affidabilità, competenza, aggressività)
senza aver scambiato neppure una parola e senza avere il tempo di
giudicare razionalmente. Dalla ricerca risulta inoltre che fornendo più
tempo (da 100 a 500, poi a 1000 millisecondi) il giudizio iniziale non
cambia, anzi si rafforza, pur facendosi più particolareggiato. La
ricerca è il frutto di uno studio più ampio condotto per indagare gli
esiti delle campagne elettorali. I ricercatori avevano infatti
verificato che esisteva una correlazione diretta fra la faccia di un
politico e il margine della sua vittoria alle elezioni, e che il
giudizio di competenza e affidabilità risultava emesso
rapidissimamente.
Ricerche condotte con la risonanza magnetica hanno poi evidenziato che
nel giudizio di affidabilità il cervello attiva le aree deputate alla
gestione della paura, ed è pertanto possibile ipotizzare che questo
tipo di giudizio sia emesso con l’ausilio delle strutture cerebrali più
arcaiche. Willis e Todorov non erano giunti però a definire quali siano
gli aspetti del volto che influenzano la prima impressione. Una
recentissima ricerca diretta dallo psicologo Tom Hartley
dell’Università di York (Regno Unito) pubblicata nel luglio scorso
negli Atti della National Academy of Sciences
sembra aver identificato la chiave della prima impressione nelle
dimensioni del viso. Sono state prese in esame mille fotografie di
adulti raccolte sul web, e misurando occhi, naso, bocca, profilo naso,
mandibola e zigomi, sono state identificate sessantacinque differenti
caratteristiche fisiche variamente combinabili.
È stato così creato un modello statistico mediante il quale cercar di
prevedere la prima impressione degli osservatori. Sottoponendo i volti
al giudizio di trenta volontari, Hartley ha riscontrato che il modello
poteva spiegare il 58% delle variazioni nei giudizi espressi. Inoltre
si è visto che manipolando le combinazioni, si riuscivano a suscitare
specifiche prime impressioni. In conclusione Hartley osserva che nella
vita di tutti i giorni noi non siamo consapevoli del modo in cui i
volti e le immagini di volti influenzano il nostro modo di interagire
con le persone. È vero che alcuni dei nostri giudizi più importanti
dipendono da caratteristiche abbastanza evidenti come il sorriso o
l'espressione adirata, ma ci sono anche caratteristiche visive del
volto molto meno evidenti che possono ugualmente risultare determinanti
per creare un pregiudizio. Questo vale sia nella vita ‘reale’ che in
quella on-line.
Lucia Luminasi (inesperta in materia ma curiosa)
Fonti:
http://psych.princeton.edu/psychology/research/todorov/pdf/Willis%26Todorov-PsychScience.pdf
www.sciencedaily.com/releases/2014/07/140728153850.htm
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Cesare Lombroso
Cesare Lombroso nacque a Verona nel 1835. Incaricato di un corso
sulle malattie mentali all'università di Pavia nel 1862, divenne in
seguito (1871) direttore dell'ospedale psichiatrico di Pesaro e
professore di igiene pubblica e medicina legale all'università di
Torino (1876), di psichiatria (1896) e infine di antropologia criminale
(1905). Morì a Torino nel 1909. Tra le sue opere più importanti,
ricordiamo: La medicina legale dell'alienazione (1873); L'uomo criminale (1875); L'uomo delinquente (1876); L'antisemitismo e le scienze moderne (1894); Il crimine, causa e rimedi (1899), sintesi dei lavori precedenti.
La figura di Cesare Lombroso è emblema dell’influenza che il
Positivismo francese e inglese esercitò anche in Italia, soprattutto
nella forma evoluzionistica propugnata da Spencer. In Italia, il
Positivismo attecchì soprattutto sull’onda del pur tardivo sviluppo
industriale, che portò alla formazione di una nuova borghesia
imprenditoriale: non stupisce allora se esso si affermò soprattutto
negli studi di antropologia e di biologia. Seguace e assertore del
metodo positivistico, che lasciò una notevole traccia nelle varie
branche medico-biologiche, Lombroso compì studi di medicina sociale che
costituiscono una delle fonti principali della legislazione sanitaria
italiana. Ma il suo nome resta legato soprattutto all'antropologia
criminale, di cui è ritenuto il fondatore, insieme con la "scuola
positiva del diritto penale", in cui influenzò le teorie poi sviluppate
da E. Ferri. Riallacciandosi alla dottrina di Galton, della criminalità
innata e biologicamente condizionata, Lombroso sostenne che le condotte
atipiche del delinquente o del genio sono condizionate, oltre che da
componenti ambientali socioeconomiche (di cui non riconobbe però il
vero peso), da fattori indipendenti dalla volontà, come l'ereditarietà
e le malattie nervose, che diminuiscono la responsabilità del criminale
in quanto questi è in primo luogo un malato. In particolare nell’opera
L’uomo delinquente, Lombroso sostiene l’ardita tesi secondo cui i
comportamenti criminali sarebbero determinati da predisposizioni di
natura fisiologica, i quali spesso si rivelano anche esteriormente
nella configurazione anatomica del cranio. L’idea che la criminalità
sia connessa a particolari caratteristiche fisiche di una persona è
molto antica, la si trova già, ad esempio, nell’Iliade di Omero, libro
II: la devianza di Tersite è direttamente legata alla sua bruttezza
fisica; le stesse leggi del Medioevo sancivano che se due persone
fossero state sospettate di un reato, delle due si sarebbe dovuta
considerare colpevole la più deforme. Memore di questa tradizione,
Lombroso è convinto che la costituzione fisica sia la più potente causa
di criminalità: e, nella sua analisi, egli attribuisce particolare
importanza al cranio. Studiando quello del brigante Vilella, rileva che
nell’occipite, anziché una piccola cresta, c’è una fossa, alla quale dà
il nome di “occipitale mediana”. La cresta occipitale interna del
cranio, prima di raggiungere il grande foro occipitale, si divide
talvolta in due rami laterali che circoscrivono una "fossetta
cerebellare media o vormiense", che dà ricetto al verme del
cervelletto. Questa caratteristica anatomica del cranio è oggi chiamata
fossetta di Lombroso: egli riteneva si trattasse di un carattere
degenerativo più frequente negli alienati e nei delinquenti, che
classificava in quattro categorie: i criminali nati (caratterizzati da
peculiarità anatomiche, fisiologiche e psicologiche), i criminali
alienati, i criminali occasionali e quelli professionali. Ma Lombroso
non limita la propria indagine al cranio: considerando anche le altre
parti del corpo umano, egli arriva a sostenere che il “delinquente
nato” ha generalmente la testa piccola, la fronte sfuggente, gli zigomi
pronunciati, gli occhi mobilissimi ed errabondi, le sopracciglia folte
e ravvicinate, il naso torto, il viso pallido o giallo, la barba rada.
Influenzato dalle teorie di Darwin, Lombroso sostiene poi che il
“delinquente nato” presenta delle caratteristiche ataviche, ossia
simili a quelle degli animali inferiori e dell’uomo primitivo; tali
caratteristiche renderebbero difficile o addirittura impossibile il suo
adattamento alla società moderna e lo spingerebbero sempre di nuovo a
compiere reati. Nella prospettiva lombrosiana domina il determinismo
più assoluto, per cui quel che si fa dipende necessariamente da ciò che
si è: privo di ogni libertà, l’uomo agisce in maniera deterministica e
necessitata. Anche in forza delle dure critiche a cui la sua teoria fu
sottoposta, Lombroso andò via via correggendola, sempre più arretrando
dal suo iniziale determinismo assoluto: egli arrivò a sostenere
che i delinquenti nati fossero solo un terzo di coloro che infrangevano
le norme e che ogni delitto aveva origine in una molteplicità di cause.
Lombroso indicò anche le conseguenze giuridiche della propria dottrina:
poiché il crimine non è il frutto di una libera scelta (il che
striderebbe con l’adesione ai canoni del Positivismo), ma è piuttosto
la manifestazione di una patologia organica, cioè di una malattia,
allora la pena deve essere intesa non come una punizione (ché non ha
senso punire chi non ha agito liberamente), ma semplicemente come
strumento di tutela della società. In Genio e follia (1864) Lombroso
sostenne che le caratteristiche degli uomini di genio vanno ricercate
nella loro anormalità psichica; quest'opera fu considerata un classico
della scienza positivistica ed ebbe enorme fortuna. A Torino lo studio
di Lombroso era presso la Facoltà di Medicina Legale, dove effettuò
centinaia di autopsie sui corpi di criminali, prostitute e folli.
Fondò poi il Museo di Antropologia Criminale di Torino, che raccoglie i
materiali di tutte le sue ricerche (da cimeli a reperti biologici, da
corpi di reato a disegni, da manoscritti a fotografie e strumenti
scientifici).
di Diego Fusaro (Ricercatore Università S. Raffaele Milano)
Fonte : http://www.filosofico.net/lombroso.htm
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Nel mio cuore per sempre
Un ricordo per te, Papa Giovanni Paolo II, che fai l’anniversario
della tua scomparsa. E un ricordo per i tre fondatori dell’associazione
Arca per le persone bisognose e senza tetto.
Tu oggi, Papa, compi il nono anno che sei alla casa del Padre … beato
te! Dopo tanta sofferenza che hai patito negli ultimi anni, con quella
malattia parkinsoniana che ti colpì.
Io rammento quel giorno come se fosse che è successo oggi. Stavo molto
male e come al solito avevo a fianco i tre fondatori dell’associazione Arca:
la presidente Roberta e le due suore laiche Carla e Rina. Rammento che
quel tardo pomeriggio eravamo in preghiera al santuario della Madonna
di San Luca. Io subii un malore, loro tre, i fondatori dell’ARCA,
preoccupati, non fecero altro che accudirmi e incoraggiarmi alla vita.
Subivo gli alti e bassi di malessere… poi ricordo che verso sera,
quando arrivammo alla loro associazione io non articolavo, cioè ebbi un
rallentamento nel movimento degli arti inferiori.
Qualcuno di loro si rese conto dei miei seri problemi psicofisici, mi
portarono nella loro cappellina e non fecero altro che pregare e
percepivo verso di me un grande amore, che mi trasmettevano, e
preoccupazione.
Ricordo vagamente, ma sono sicura che era anche presente un padre che
pregava con loro nella speranza che io mi riprendessi (don Marco).
Ricordo la sua presenza, un qualcosa che mi chiese, il suo sorriso e
anche da parte sua il prodigarsi per me. Ricordo varie ore di preghiera
in quella cappellina, tutti e quattro intorno a me e la presidente, di
nome Roberta, che ogni tanto si allontanava, per altre preoccupazioni e
richiami di telefonate per altre persone bisognose. Ma nel mio profondo
sconvolgimento mentale, ad un certo punto non capii Roberta cosa
esclamò con tanto dispiacere, ed io intanto, con questo rammarico che
percepivo più elevato e concentrato, sentivo loro quattro, compreso don
Marco, che non facevano altro che sgranare “credo” coi grani della
coroncina e pregare per me.
Dopo un calore forte, solidale e pieno d’amore trasmesso e dedicato a
me, io riesco a riprendermi con fatica e mio marito mi accompagna a
casa.
Nel frattempo che varco l’uscio della mia casa sento un immenso odore
di fiori e davanti ai miei occhi mi appare l’immagine del Papa.
E io mi rivolgo verso mio marito esclamando “Strano, sento un profumo
di fiori o rose, e ho davanti agli occhi il Papa…”. E lui mi risponde.
“Mentre stavi male e tutti erano in preghiera per te, verso le 21 la
Roberta ha ricevuto una telefonata per la scomparsa del Papa”.
Io sono rimasta più che perplessa e da quel giorno me lo porto nel più
profondo del mio cuore, come mai ho fatto quando era vivo.
E l’associazione ARCA, anche se, per mia colpa, mi sono esposta verso
di loro in un modo negativo ma più che altro confuso… per come si sono
prodigati per me, anch’essi li porterò sempre nel mio cuore.
E lo so che non è facile gestire una tipologia come me… eppure loro
l’hanno fatto… Sì, do l’impressione di un essere superbo e selvaggio,
ma credo che un po’ di tenerezza dentro di me, per chi mi tende la
mano, c’è stato… manifestato in un modo sbagliato… ma vivrò sempre
piena di riconoscenza nei loro confronti.
Anonimo, 2 aprile 2014
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Il timone
Timone all'interno della redazione del Faro girevole a 360°.
Mettendo i titoli nella ruota fissa si dà una spinta al timone e dove si ferma il faro...
Fuori dagli schemi spuntano le opportunità
“Chi l’avrebbe mai detto che quella persona è così?”. O, ancora: “io non ci avrei scommesso nemmeno un centesimo e invece…”. Per
dire delle occasioni perse a causa dei nostri pregiudizi o,
semplicemente, della pigrizia che ci impedisce di andare oltre una
prima impressione, un approccio superficiale, un sentito dire.
Vogliamo, per esempio, parlare della timidezza, di quell’accidente che
ti piglia lo stomaco e ti contrae anche la punta dei capelli, bloccando
la parola e facendoti sognare la fuga come unico lenimento e
possibilità di salvezza?
Chi ne ha sofferto o ne soffre sa quanto un timido faccia di tutto per
scomparire agli occhi del mondo e, possibilmente, anche ai propri
occhi.
E se le persone che gli stanno attorno si fermano alla prima
impressione… lui/lei sarà “musone, antipatico, presuntuoso… mica tanto
sveglio” e così via divagando.
Se invece, a quella persona ‘rintanata’ e schiva si presta un po’ di
attenzione in più, avvicinandola con garbo, senza forzature… si
potrebbe scoprire un mondo inatteso, una ricchezza inespressa e
avvilita, si eviterebbe di perdere un’occasione.
E quante strade ci bloccano i pregiudizi… Perché ci dev’essere stupore
nello scoprire che uno “straniero” è serio, bravo e affidabile? Oppure
che una persona che consideriamo “estranea” al nostro quotidiano è
invece occasione di stimolo, di crescita, di scambio virtuoso e
affascinante?
Perché perdere tempo, dietro le nostre rigidità, e costringerci a dire,
di lui o lei – occhi verdi gialli rossi, capelli a pois, orecchie a
tribordo, scarpe slacciate, sorriso triste, silenzi ostinati, mani
esitanti… - “chi l’avrebbe mai detto?”.
Milena Di Camillo Da LiberaLaMente n° 39, marzo 2012
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Le note di notte
E brava Paola Turci
E non resisto più alle sensazioni, e ricomincio a vivere.Hai avuto
il coraggio di cantarlo al Festival di Sanremo. Hanno volato in pochi
però, almeno tra il pubblico. Chissenefrega. I gridi di libertà non
sono per tutti, sono come i suoni di Gommalacca di Franco Battiato. Non
per tutti, solo per chi non fugge la Prima Impressione, ci riflette
sopra e, senza paura, ascolta quello che suggerisce al proprio istinto.
Amando le ragazze di Osaka, come canta Eugenio Finardi.
Elisa Toffoli, in arte Elisa
È una autrice che mi ha dato tanto. Ritenevo doveroso citarla. La
preferisco quando canta in italiano, e ho molto apprezzato la sua
svolta stilistica, quando ha deciso di abbandonare l'inglese/americano.
Ha così pubblicato L'Anima Vola, cd potente. L'ho acquistato, volendo
premiare un’artista a cui, in controtendenza coi tempi, riconosco i
diritti d'autore, E NON MASTERIZZO. Apro una parentesi: non amo chi
scarica selvaggiamente dalla rete. Ritengo che il genio, o l'atto
creativo vada premiato. Elisa va premiata.
Tornando ai cd, c'è una frase contenuta nella canzone L'Anima Vola che
mi ha colpito: "E se ti riesce, riuscirai a riconoscermi tra mille
tempeste". Io soffro, o perlomeno ho sofferto di attacchi di panico:
quando salgono, le tempeste non sono mille, ma mille e una.
Risultato: Caos Completo! Se uno non riesce a tornare al proprio
osservatore interno, il mondo diventa molto elettromagnetico. Hai paura
degli altri e di quello che gli altri pensano di te. L'anima Vola, però
dipende dal contesto. L'unica è fermare l'attimo, dargli identità.
Non fuggire dalla prima impressione, dal prisma della prima impressione e accettare l'arcobaleno di colore.
Spesso la malattia mentale nasconde un sogno in fondo ad un pianto, il
più è arrivarci. Al Cielo di Cobalto, come dice appunto Elisa. Oppure,
sempre parafrasandola "when comes the sun". Sperando che la guarigione
sia accompagnata da un'Alba Timida, come dice Vasco in Una Splendida
Giornata.
La vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare!
“Tra altezza psichica e vortice del disagio”, scriveva Gianni De
Plato in un saggio che lessi anni fa. Era il periodo in cui, per
combattere i primi morsi di una depressione che sarebbe esplosa cinque
anni dopo, mi iscrissi ai Seminari sulla Fantasia & l'Immaginazione
ideati dallo scrittore bolognese Stefano Benni in collaborazione con
L'Associazione Culturale Italo Calvino.
Credo che il nostro disagio debba essere letto come un tentativo di
evoluzione, verso qualcosa di nuovo rispetto a quello che c'è già. La
canzone che ho citato, contenuta nell'album Buon Sangue di Lorenzo
Jovanotti, mi ha dato speranza. Un punto di equilibrio tra altezza
psichica & vortice del disagio, può dare sana voglia di volare,
anche dentro noi stessi, con le ali d'inchiostro dell'inconscio.
Perché teorizzare che sempre & comunque dentro di noi ci siano solo
Demoni? In fondo anche il nero è un colore, che assorbe tutti colori, a
differenza del bianco che li respinge. Luigi Zen direbbe che è una
visione molto Taoista e molto poco Zen. Troviamo un compromesso, un
Tantra Giallo. Dottore, che sintomi ha la felicità?
Il Cielo Capovolto che si osserva camminando sopra Le Dannate Nuvole
Ho fatto un mix. Due autori che apprezzo molto: Roberto Vecchioni
& Vasco Rossi. Amo Roberto Vecchioni per quella sua capacità di
attingere dai miti greci, che insegna, e il coraggio di Vasco Rossi che
come me spizzica, legge qua e là. Ordine e caos. Ditirambi della Stessa
Stella Danzante. Vamos a bailar.
Terza passione, verso le robuste sorelle Iezzi, avanti anni luce, come
suggerisce una loro canzone. Preferisco Chiara, la bionda, più
grintosa, ammiro la sorella Paola, la bruna, ora dj. Il vortice della
stella danzante spazza via le nuvole dannate lasciando lo spettacolo
del mare, cielo capovolto dei sogni. Sarà il periodo, ma Voglio Andare
al Mare, dove anche Jenny per un attimo, smette di essere Pazza e
diventa un po’ Sally, capendo ed accettando che La Vita è un Brivido
che Vola Via, mentre fuori piove.
Giovanni Romagnani
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L'amore è un sorriso per un Down
Quando tramonta il sole la notte scende verrò da te
quando la luna è alta la notte splende vicino a te
quando sorgerà il sole la mia carezza ti sveglierà
quando vedrò i tuoi occhi il mio sorriso più grande
sarà
quando vedrò i tuoi occhi il mio sorriso più grande
sarà
Questo è l'amore per me
questo è l'amore per te
questo è l'amore per me
l'amore è questo l'amore per te
Quando vedrò un bambino il suo viso gioia mi darà
quando vedrò un anziano la mano mia si tenderà
quando vedrò una mamma negli occhi miei fiera sarà
quando vedrò un down il mio sorriso più grande sarà
quando vedrò un down il mio sorriso più grande sarà
questo è l’amore per me
questo è l'amore per te
questo è l'amore per me
l'amore è questo amore per te
ça c’est l'amour pour moi
ça c’est l'amour pour toi
esto es l'amor para mi
esto es l'amor para ti
this is love for me
this is love for you
questo è l'amore per me
questo è l'amore per te
quando vedrò una mamma negli occhi miei fiera sarà
quando vedrò un down il mio sorriso più grande sarà
questo è l'amore per me
questo è l'amore per te
questo è l'amore per me...
Giancarlo Giuseppetti
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La prima impressione
Ti volevo bene quando ci incontrammo
e poi cosa e poi che fu
se non che il guardarsi - voltati –
andare via; se non che innamorati
andare via - l’uno di fronte, l’altro di
fianco –
ecco è finita.
Ma in quegli occhi cosa rimane?
***
Nelle mani niente
nei ricordi nulla
se non che la tua visita, a casa mia,
era la prima volta che m’innamorai.
Paola Scatola
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Buonanotte
Il tempo è quello che è
Ma il giorno risale alla notte.
Buonanotte.
Luisa Paolucci delle Roncole
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Rimanevo ad ascoltarti
Rimanevo ad ascoltarti per ore
ed ore e fingevo amore.
Quando ti osservavo
sentivo gemere i miei pensieri
ma tutto –capivo-
non era come ieri.
Se poi mi specchiavo
nei tuoi occhi grandi e belli
mi sentivo come due
fratelli gemelli.
Paola Scatola
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Mi piace
Mi piace e mi piacevi
come se lei fosse così, tale
a te e non a me.
Poi il giungere del cielo
della sera mi ha fatto
enorme, poi mi hai fatto tu
piccola.
La prima impressione
è che sei è che ci sei
e che sei con me.
Paola Scatola
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Come
Come, e il per cui,
e in me il perché,
mi sembrava
d’averti già incontrato,
non so perché
i ricordi li ho assopiti.
Guardando il quando
il dunque
non so perché -con teli
ho pagati d’enorme.
Paola Scatola
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Margherita
Margherita,
ho sofferto moltissimo
in quella notte in cui dopo
aver baciato me
hai baciato il mio amico.
Non eravamo fidanzati,
non ci eravamo giurati amore,
eppure l'ho vissuto come
un bruciante tradimento.
Solo in virtù dell' immortale
amore che provo per te
io ti ho perdonata.
Quanto al mio amico, lo avrei
volentieri ucciso.
Margherita, tutto questo ancora
mi è terribile nel ricordo.
Io sono solo e indifeso, e se negli anni
ho cercato di farti del bene
è stato tutto inutile.
Anonimo
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Tramonto pittorico
Ho dipinto il cielo
senza nembi o tempeste
con la serenità del tuo viso;
ho affrescato l’infinito
col colore dei tuoi occhi;
ho dato al mare
le onde lievi dei tuoi capelli;
ho raffigurato il sole
con il tuo fascino;
ho rappresentato la luna
col pallore dei dilemmi
che vela la tua anima;
ho dipinto i prati
col colore ancor vivo
della tua età
e li ho disseminati di fiori
per abbellire i tuoi risvegli;
ho fissato su tela
la storia che anelo
e l’ho incorniciata con la tua bellezza
che resiste superba
al ricatto degli anni;
ho ricomposto i sogni
coi mille colori della tua simpatia;
ho velato gli sfondi
con la tua seduzione.
Ora il quadro è appeso nell’anima...
e tu non puoi sapere
quanto splendore gli dia.
Non dirmi di mutare scenario
ricomporre la tela
ridisegnare la vita
ridipinger l’amore.
Non è più possibile:
ho consumato i colori
ho finito i pennelli
non ho più ispirazioni
e la mano mi trema...
Roberto Grillini
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Frantumi
Se il mio cuore non fosse
spezzato , potrei
offrire a Margherita
l'integrità di un sentimento
che dura da dieci anni.
Fin dalla prima notte
in cui la conobbi.
Ma il mio cuore è spezzato
per i suoi duri rifiuti , e non posso più offrirle
altro che frantumi
di quello che fu un purissimo amore.
Anonimo
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Naufrago
La mia anima,
veliero senza nocchiero
in balia delle onde e dei venti
da tempo incagliata e morente
tra buie e nude scogliere,
guardando il cielo infinito
trapunto di tremule luci
vorrebbe, dalla stella più bella,
sottrarre un fulgido raggio
per ridarle il chiarore e la vita.
Desiderio di pace, voglia d’amore,
che gli anni e gli eventi
avevano spento,
riaccenderanno la luce:
luce celeste e terrena contempo
non più senza un nome
e che chiede umilmente
chiarore e conforto,
sussidio a tornare a sorridere...
Queste nude scogliere,
gelose custodi del mio sentimento,
si vestiranno allora di verde e di fiori
e diverranno uno splendido regno
dove più dolce e serena
sarà l’attesa dell’ultimo evento...
Roberto Grillini
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Emozione
L’impressione ti prende
anzi quasi ti acchiappa
in questo cielo sgargiante
come un sincero sorriso.
Ti cingo i fianchi col braccio
mio bene
e l’anima vola
in un’aria leggerissima.
In quest’alba
(quasi un fantastico giocattolo)
un cielo complice
a cui abbandonarsi.
Sentirsi
veramente felici!
(Che smisurata emozione)
Piergiorgio Fanti
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Mi appassiona la tua voce
Mi appassiona la tua voce al telefono
come un lenzuolo nuziale.
Mi accarezza le caviglie e lentamente scivolo nel sogno!
Che piacere le lenzuola di lino d'estate,
e la tua voce al telefono
è come un abbraccio fresco e pulito,
come una carezza, un invito ad addormentarsi:
che a volte è un po' la stessa cosa!
Il viaggio
Il viaggio, come il sonno, come l'amore:
tre modi così diversi per andarsene lontano.
Con stupore, sorpresa, meraviglia e gratitudine per la vita!
Luce splendente dei miei occhi
dolce voce mai travolta dal tempo,
inebriante profumo, non disperso dal vento!!
Esci dall’acqua
Esci dall'acqua, ti sdrai accanto a me e sai di sale.
Il mare ti accarezza come vorrei fare io.
Esci dalla doccia
la tua pelle bagnata sa di buono.
L'estate ti cambia, ti abbronza, ti schiarisce i capelli,
ti ricopre di nuove profumi: ma sei sempre tu,
sempre vento nella mia vita calma!
Le cavallette
Le cavallette sole, stridono in mezzo alla gramigna gialla:
i moscerini danzano nel sole, trema uno stelo sotto una farfalla!
Luigi (Villa Olga)
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Il cavalier bendato
Fra le lucenti dune
va un cavalier bendato
in cerca di una fonte
che la sua sete ardente
estingua con fervor.
Sole cocente e respiro affannoso
accompagnano i suoi giorni
e da lontano scorge
limpide acque e zampillanti fonti.
Ma il cavalier bendato
volge lo sguardo altrove
da quel miraggio vago
non si fa certo ingannare.
Mariangela
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Perché dovrei aver paura?
Perché dovrei avere paura
della notte che arriva
quando la mia mente
ha conosciuto i fulmini
splendenti e le tenebre
della psicosi?
Una volta credevo
che anche la mia ombra
mi seguisse per uccidermi.
Adesso credo
che l'unico a desiderare la mia morte
sia soltanto io.
Non che gli uomini
mi siano diventati amici.
Ancora ho da lottare con profonde
ostilità.
Ma già la vita si fa più leggera,
perché ho imparato ad amare
la solitudine, riscaldata da
un' intima fede.
E se l' ultima notte scenderà
precocemente
sulla mia vita solitaria
sono certo di effondere
l' estremo alito del mio esistere
nel cielo di Dio.
Anonimo
|
Volo così
...e
amo te.
Fermati un secondo,
perché tu vai veloce più del vento.
Mi illudo con le illusioni.
Volo così,
Guardando la cometa di Halley,
che graffia il velo nero.
Le stelle in fondo sono
metafore della prima impressione.
Ne vediamo la luce,
non ne cogliamo la velocità nello spazio/tempo.
È importante.
In fondo no.
È la loro prima impressione che ci fa sognare.
Chi cazzo se ne frega dell'astronomia.
Giovanni
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Il tempo
Quando il sole arriva
arrivi tu che sei anche
la luna e le stelle.
Mi accompagni lungo
l’arcobaleno e una pioggerellina
ci bagna un pochino
per rinfrescarci.
Luisa Paolucci delle Roncole
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Haiku d’autunno
Lo sciame vola
sola annaspa lasciata
la foglia stanca.
Ermanno Bitelli
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In viaggio verso il Sud
Laccavi le tue unghie di un rosso sangue
e quel rosso colpì più volte le mie guance.
Ti facevi bella per me, ospite del Sud,
e assomigliavi al mio primo amore, Iolanda.
Lo confidai ad altri, e forse lo hai saputo.
Ballammo insieme, stavi per cadere, ti ho sostenuto.
Altri ci videro, spettatori con sorriso divertito.
Ora, colpita dal tuo male, che forse sarà anche il mio,
vorrei venire e rivederti ancora: ma come posso?
Non riesco ... cerca di capire: stavolta non ti posso sostenere.
Matteo Bosinelli
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Cristalli di vetro
Le tue parole, Lilly
amica povera mia!
Quanto eri sola e triste con me prima!
Ora sei libera: segui la meta della circolare ghirlanda.
Il giglio bianco e odoroso sei, baby.
Figlia mia: tesserà i tuoi capelli come trame d’incanto,
ti cullerò quando sei stanca e anziana signora.
La mia anima stilla miele e dolcezze, rosolio ed oro
quando tu, farfalla, apri le ali
come per invitarmi dentro di te all’amore
estasi tra due anime gemelle giulive
ed unite dal sangue che scolora…
Ave Manservisi, Venezia 1981
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Quel letto
Quel letto in cui mi accoglievi, giovinetto…
ti lasciavi fare l’amore senza dire una parola
e la tua manina piccola
mi faceva tenerezza dolce.
Nell’incavo a semiluna giacevo, tutta tua, amore mio stella…
Cambiano amori, governi, idee…
Lo spazio ed il tempo sono la luce tra gli arabeschi delle onde
sempre nuovi.
Violacei coralli di mirto giallino finestra sul mondo
Gesù! Le stigmate!
Il cielo è azzurro e tu
riempi di una tenera essenza la mia anima in fiore!
Ave Manservisi, Venezia 1981
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Il foulard
Scende al bar alle 8 di mattina
gli occhi lucidi, steli cosparsi di brina
uomini la guardano curiosi
lei sorride tra sé e sé
e mescola il rossetto col nero del caffè
sfila, libellula leggera
solcando con i tacchi i marciapiedi
come la puntina sul vinile
è il suono del barrio
è il cuore che irrompe
è sentenza irrevocabile
che trasforma un "mai più"
in "per sempre"
è lei, non è gente...
In piedi sul tram
si specchia nei finestrini
rivede se stessa
nei giorni più docili
nel tempo addomesticato
dalla distrazione quotidiana
ma ora quel foulard
a coprirle il capo
è il fregio di un confronto
tra lei e un destino baro
che affonda l'affilata lama
su chi ha il potere di sovvertirlo
la prossima fermata è quella giusta
per trovarsi nell'epicentro del vivere.
Ora affronta le scale in salita
lascia la paura fuori a fumare
l'infermiera l'abbraccia
scopre il suo capo glabro
e l'accomoda sul lettino
è sottocutaneo oblio
che goccia dopo goccia
pervade l'arena del suo corpo immobile
gli occhi chiusi a sognare
una vita con un principio ed un centro
e senza male dentro
senza maledetto tempo
perché il male non fa male
se il domani ti siede accanto.
Feel Hyppo (Filippo Fenara)
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La recensione: Diario di una schizofrenica
ITALIA 1970
diretto da: Nelo Risi con: Ghislaine D'Orsay,
Marija Tocinoski, Margarita Lozano, Umberto Raho, Giuseppe Liuzzi,
Gabriella Mulachiè, Manlio Busoni, Sara Ridolfi
Nel discorrere di ‘prima impressione’, penso a un film perlomeno
interessante: Diario di una schizofrenica di Nelo Risi. La consulenza
tecnica è di Franco Fornari - allievo diretto di Cesare Musatti, il
padre della psicoanalisi in Italia - il che ne dà una rassicurante
‘garanzia’ di serietà.
Scusatemi, comunque , gli inevitabili errori o ‘distorsioni’.
Il film racconta le vicissitudini reali di una giovane ‘schizofrenica’,
la quale si sottopose (con l'aiuto dei genitori) ad una psicoterapia in
Svizzera con una psicoanalista di quella nazione. Al primo incontro con
la giovane la futura terapeuta non sapeva che fare: roteò allora il
capo a destra e sinistra. E altrettanto fece la ragazza. La commozione
della psicoanalista fu allora alquanto evidente: era ‘simpatica’ alla
giovane e , forse, ciò fu presupposto ineludibile di una terapia lunga,
tortuosa e il cui risultato era comunque imprevedibile. E infatti di
ostacoli ve ne furono, e parecchi, mancando in quell’epoca anche
l'ausilio degli psicofarmaci, oggi ritenuto - credo - indispensabile.
Tanto fu, infatti, che in una circostanza particolarmente drammatica
(la ragazza aveva tentato di affogarsi nel lago di Lugano) la terapeuta
dovette ricorrere all'aiuto di iniezioni di morfina in alte dosi. Applicando
teorie in quell’epoca innovative, la pioniera portò alla salvezza la
giovane, che morì comunque, mi risulterebbe, alla scomparsa della sua
amata dottoressa.
Ma il risultato ci fu, ed entusiasmante: parrebbe dunque che anche
oggi, a giusta ragione e con l'avvento sempre più innovativo e
provvidenziale degli psicofarmaci, possa ripetersi.
Matteo Bosinelli
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Le foto delle vacanze sul nuovo sito
Non solo una nuova veste grafica per la rivista. Come avevamo
anticipato nel numero scorso, anche il sito web del Faro si sta
rifacendo il look. Potrete già trovare questo numero del giornalino e
tutti gli arretrati su http://ilnuovofaro.altervista.org, dove è
previsto anche lo spazio per qualche notizia: iniziative che riguardano
la redazione o le associazioni che collaborano con essa, appuntamenti a
cui non bisogna assolutamente mancare, pensieri e parole che magari non
sono in tema con l'argomento del Faro ma che comunque meritano di
essere pubblicati, disegni, foto, eccetera.
A inaugurare il nuovo sito rinnovato (ancora in costruzione) sono le
immagini delle vacanze di quest'estate che, per motivi di spazio, non
hanno trovato posto all'interno di questo numero. Ecco allora che
potrete vedere le persone, i paesaggi e i momenti di festa relativi al
trekking in Abruzzo e al soggiorno in Umbria.
Altra novità, la possibilità di leggere online la rivista e di
sfogliarla senza dover per forza aprire il pdf. E poi troverete anche
una piccola spiegazione su cos'è Il Faro e com'è nato, i link utili e i
contatti della redazione.
Che aspettate allora? Accendete il computer, perché anche Il nuovo Faro è a portata di un click.
Michela Trigari
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Per ridere un po’…
vignette di Riccardo La Rocca
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Dazzenger
● Sapete cosa fa Lino a maggio?
Il maggiolino.
● Qual è la carne preferita di Pina? La scaloppina.
● Sapete qual è il detersivo preferito di Gina?
La candeggina
● Qual è quel cane che adora andare al lago?
Il lagotto.
● Cos'é la pesca?
Un
frutto che sa di pesce o un pesce che sa di frutta?
● Cos'é la ricotta?
Un piatto scaldato più volte.
● Se l'ascensore quando va in alto sale... quando va in basso?
Zucchero!
● Un ser-pente può essere un cavaliere che si pente?
● Gli occhi-ali, possono volare a vista?
● Siamo in autobus e fuori c'è molta nebbia. L'autista dice: "Non vedo un cavolo" e il passeggero: "Le altre verdure le vedi?".
● Se una mutanda va su un altro pianeta, diventa un mutante?
● Quando la luna è crescente è buona da mangiare?
● Quando uno ha un incubo è dentro un'incubatrice?
● Qual era quel pittore che abitava in una stalla in vetta alla montagna?
Cimabue
● Silvana: "Sai, io sono franca quando parlo". Carla: "Ma non ti chiami Silvana?"
Darietto
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Le vacanze del “Fare Insieme”
Nascono dall'idea di condividere un'occasione di vacanza tra persone
che hanno in comune l'esperienza diretta, indiretta o professionale del
disagio psichico.
Dal 2008 sono stati realizzati sette diversi soggiorni estivi della durata di una settimana.
L'organizzazione del soggiorno, del viaggio e la gestione della
quotidianità sono interamente curati dai partecipanti, secondo le
capacità di ciascuno. Ognuno partecipa sotto la propria responsabilità
e perché lo desidera.
Durante le varie esperienze non sono mancate difficoltà e imprevisti:
sono stati sempre affrontati e risolti nello spirito di fare...
insieme!
2008 (inizio settembre) Lutago (BZ), Valle Aurina. Casa vacanze autogestita (30 persone)
2009 (fine giugno) Sansepolcro 1° (AR), antico casale Santarsa (27 persone)
2010 (inizio luglio) Caprile (BL), casa-albergo con ristorante (28 persone)
2011 (metà agosto) Sansepolcro 2° (AR), antico casale Vallorsaia (25 persone)
2012 (inizio settembre) Castel d'Arno (PG), Valfabbrica. antica dimora del '600 (26 persone)
2013 (fine giugno) Passignano sul Trasimeno (PG), agriturismo Villa Martis (27 persone)
2014 (fine giugno) Magione (PG), casale Il Picchio (21 persone)
I soggiorni sono stati occasione di incontro sia tra persone che già si
conoscevano, sia tra persone che hanno avuto l'opportunità di fare
nuove conoscenze. Tutti comunque hanno migliorato le loro capacità di
relazionarsi e di collaborare.
I partecipanti ai vari soggiorni hanno versato la stessa quota,
compresi alcuni professionisti intervenuti a titolo del tutto
personale.
Vincenzo
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Stelle di Roccia Bis: trekking in Abruzzo
Mi piace questa modalità di scrivere di noi, Stelle di Roccia, in
forma di lettera. Mi sento più vicina a tutti, anche se la vita
quotidiana ci separa di svariati chilometri.
Sono tornata oggi a casa: ho preso il treno a Bologna e sono arrivata a
Trento. Dunque ho prolungato il viaggio di un giorno. E mentre il treno
sfrecciava attraverso i paesi e le campagne mi sono lasciata
trasportare dai ricordi, che erano ancora ben vivi dentro la mia mente.
Si dice sempre che la prima volta è sempre la più bella, in tutto.
Questa volta mi sento di smentire questo luogo comune e dico che per me
questa è stata meglio della volta scorsa. Siamo partiti col nostro
pulmino nove posti: eccoci infatti, dopo un anno esatto, a ritrovarci
con la gioia e l'entusiasmo di stare ancora qualche giorno insieme.
Stare insieme dunque, e questo ‘insieme’ si tradurrà, in questi pochi
giorni, in un bene che è rimasto intatto. Arriviamo a Rosciolo dei
Marsi. Ci ricordiamo tutto: la piazza del paese e il suo unico bar, la
casa di Conci (Concetta), il belvedere più sopra, la Locanda dell'Arco
dove andremo a mangiare e poi basta alzare lo sguardo e c'è Lui che
svetta altero stagliandosi contro il blu del cielo: il monte Velino. Il
tempo di sistemare i bagagli e siamo già fuori casa, ad annusare le
strette vie che odorano di cibo buono. Le persone si affacciano agli
uscì di casa e ci salutano: è come se fosse arrivato un parente
lontano. Vogliamo subito segnare il territorio, perché questa terra,
così aspra e pura, ci appartiene un po'. La cena alla locanda della zia
di Conci è, come sapevamo, eccelsa. Ci accolgono con calore, simpatia,
si ricordano i nostri nomi, chiedono di chi non è con noi. Saranno due
giorni di cammino in questa natura incontaminata. La prima uscita,
sabato. È un giro ad anello di sei chilometri che si estende in una
valletta selvaggia. Partendo da Ovindoli il percorso è facile e
passiamo attraverso prati fioriti di margherite che ci portano dentro
un bosco dove tentiamo di trovare la fonte degli innamorati, ma il
percorso è segnato malissimo e non vogliamo correre il rischio di
perderci. Torniamo sulla strada sterrata e arriviamo ad un punto di
ristoro, dove un fontanile ci dà refrigerio con un’acqua freschissima.
Ci riposiamo, chi all'ombra di bellissime piante e chi al sole pieno,
che qui scotta come un ferro rovente. Torniamo a casa stanchi ma felici
di questa nostra prima uscita. Ci aspetta una ‘fresca’ doccia e una
cena buonissima. La domenica partiamo presto perché il percorso che
vogliamo fare è più impegnativo e anche più lungo. Ci fermiamo a
comperare i panini a Corona e partiamo allegri. La giornata è stupenda:
un cielo senza nemmeno una nuvola e lassù in alto , alle pendici del
Velino, vediamo un grifone che volteggia maestoso. Lo sterrato è ampio
e anche se è in salita camminiamo con energia. Dopo un'ora di salita
arriviamo in un altipiano con ampi spazi aperti. La fioritura è al suo
massimo splendore e possiamo ammirare una fioritura stupefacente:
piccole orchidee, campanule, elicriso, achillea, margherite e perfino
il raro giglio martagone. Dopo due ore di cammino arriviamo al rifugio
Da Monte e qui sostiamo. Che meraviglia: tutto intorno è verde e colore
e azzurro e sole splendente.
La valle Majolana prosegue ancora a lungo e dopo aver riposato,
mangiato e dormito riprendiamo il cammino e arriviamo e Forme, dove
gentilmente due giovani ci portano in macchina a recuperare il nostro
pulmino che avevamo lasciato a Corona.
Cara Conci, incomincio da te perché meriti un posto d'onore in questa
classifica. Mi piaci tantissimo. Sei spiritosa, anticonformista,
intelligente e saggia ed hai un cuore che da solo riempie tutta la tua
casa.
Cara Rita, hai scelto di passare qualche giorno delle tue ferie con noi
e questo già di per sé dice tutto. Sei speciale e sono sicura che
torneremo a camminare insieme condividendo il ritmo di questo bel
sentire.
Caro Andrea G., la tua pacatezza mi commuove: sei buono e sai essere paziente quando serve.
Caro Andrea A., è ammirevole la tua voglia di ‘provarci’ . Io vorrei
per te che ci fosse una mano amica che ti aiuti a trovare la tua strada
e la tua serenità. Caro Franco, forse sarò presuntuosa ma credo di
cogliere oltre la ‘scorza’ un nucleo tenero che a volte fatica a
rimanere nascosto.
Caro Stefano, l'irruenza ti distingue e la fantasia che fai galoppare
libera nei tuoi discorsi diventa una giostra dentro la quale fai girare
anche noi.
Caro Filippo, che bella sorpresa sei stato. Hai portato una ventata di giovinezza ed hai dato, generosamente una mano a tutti.
Caro Egidio, sei uno degli uomini più buoni che io conosca.
Siamo fortunati ad averti con noi. Il Gruppo Stelle di Roccia è
diventato grande e il merito è in gran parte tuo. Personalmente sono
orgogliosa di potermi fregiare di un affetto che è rimasto immutato
negli anni. Dunque cari amici questi pochi giorni ci hanno dato, ancora
una volta, l'occasione di mettere in pratica la filosofia del fare
assieme, del metterci il cuore, prima di ogni altra cosa. Vi abbraccio
tutti, ad uno ad uno con la certezza di ritrovarci ancora a camminare
insieme.
Giliola Galvagni
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Tutti al mare
Il 19 luglio, dopo essere stato un mese in Ospedale, ho rice vuto
la telefonata di Concetta che mi chiedeva se volevo partecipare ad una
gita al mare in località Pinarella di Cervia, naturalmente ho
accettato.
Al ritrovo presso la Casa della Conoscenza di Casalecchio di Reno,
eravamo circa una ventina di frequentatori della Trottola. Siamo
partiti alle 8.30 con un pulmino e tre macchine, i tempi di percorrenza
considerando che era sabato sono stati accettabili.
Arrivati a Pinarella, poiché la voglia di gettarsi nell'acqua era
pressante, tutti, anche i più pigri, ci siamo tuffati in mare
nonostante la bassa temperatura dell'acqua. La Franca, come sempre
aveva con sé una borsa frigorifero pieno di bibite e frutta di
stagione.
Dopo circa quattro ore di spiaggia, sole e mare siamo partiti alla
volta del ristorante, che abbiamo un po’ faticato a trovare, tuttavia
siamo riusciti ad essere puntuali: la prenotazione era per le ore 14.
Il menù a base di pesce era fisso e comprendeva una minestra e una
frittura, sublimi ed abbondanti.
Nel girovagare abbiamo avuto modo di vedere il vecchio mercato dove si
vendeva il pesce sotto sale presso il molo, arrivata l'ora della
partenza ci siamo risistemati nelle macchine, dopo un paio d'ore siamo
arrivati alla Casa della Conoscenza, dove ognuno ha ripreso la strada
di casa.
Prima di coricarmi ho fatto il punto della giornata ed ho pensato: meno male che ci sono queste opportunità altrimenti…
Per il prossimo anno spero di tornarci.
Michele Ferri
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Vacanze sul lago Trasimeno
Come di consueto, anche quest’estate si sono svolte le vacanze estive organizzate dal Fare Insieme.
Una ventina di persone che oramai, proprio grazie a queste vacanze,
sono diventate ottimi amici, hanno trascorso insieme l’ultima settimana
di giugno in un agriturismo sulle colline che sovrastano a nord il lago
Trasimeno. Come le volte precedenti ci si è divertiti e riposati,
facendo delle belle passeggiate, delle nuotate in piscina, delle
partite a carte e visitando dei borghi medievali, di cui l’Umbria è
così ricca.
Qualche apprensione ha causato la paura (visto che la vacanza si
svolgeva in concomitanza con i Mondiali di calcio) che non fosse
possibile assistere in televisione alla partita della nazionale
italiana, anche se poi tutto è andato a buon fine (eccetto il risultato
della partita).
Almeno per me, le visite che sono risultate più interessanti sono state
quella a Deruta, famosa per le sue ceramiche, e quella al museo del
vetro di Piegaro, situato proprio nella fabbrica che per secoli, e fino
a qualche anno fa, ho prodotto i manufatti di vetro.
Un grande grazie a tutti coloro che hanno reso possibili queste vacanze e arrivederci all’anno prossimo!
Antonio
Servizio fotografico di Moreno Melega
(altre foto sono disponibili sul sito, tra le Notizie)
Raduno a Casalecchio, per la partenza
Esposizione di ceramiche a Deruta
Panoramica di Trevi
Cascata delle Marmore
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Le regole del 7 multiplo – Mnemonica sequenziale
Uno dei problemi più interessanti, nella umana esistenza, è il mantenere allenato il 'Computer Cerebrale'.
Attualmente, la esistenza – peraltro entusiasmante - dei progressi
tecnologici permette la utilizzazione dei suddetti, riducendo in modo
progressivo compiti che la mente umana potrebbe ancora risolvere
autonomamente. Attraverso la perfetta alleanza tra neuroni e sinapsi.
Perché tutti si possa usare il computer veramente 'personale' propongo
una metodica di ginnastica mentale che possiamo utilizzare agevolmente.
Ci permette di conoscere, in tempo reale, quale sarà un certo giorno
della settimana, senza consultare calendari o agende. All'inizio di un
mese, fissiamo il giorno che corrisponde al sette del mese. Ciò
premesso, nella sequenza dei multipli di sette, sapremo subito che il
quattordici, il ventuno ed il ventotto, saranno progressivamente i
quattro giorni portanti del mese. Memorizzato quanto esposto, con
semplicità estrema, conosceremo quale giorno della settimana,
corrisponderà ad un qualsiasi giorno, nel corso di detto mese. In una
valutazione sequenziale. Anche in riferimento ai mesi successivi. A
questo dato da utilizzare, cioè del sette ed i suoi multipli, ritengo
interessante aggiungere - sempre per tenere in gioco il 'computer
mentale' - le seguenti due postille:
a) il giorno sette del mese successivo a quello in corso sarà sempre corrispondente al giorno ultimo del mese in corso.
b) il primo giorno del mese in corso, è sempre il successivo al giorno del sette.
Detta metodica potrà sembrare un po’ complessa, ma con allenamento, si
rivelerà di grande utilità. Noi medici possiamo assicurare che una
mente tenuta sotto frusta, avrà sempre riflessi pronti.
Auguri e buon lavoro!
3 giugno MMXIV
Università La Sapienza
su 'La Memoria'
Luigi Monaco
Primario f.r. dell'Istituto Carlo Forlanini Via Adda, 87 - 00198 ROMA tel. 0685302151
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Michele va in pensione Si chiude una porta, si apre un portone…
Dopo quarant’anni di lavoro in psichiatria, al compimento dei
sessantacinque anni il dottor Michele Filippi deve andare in pensione.
Gli tocca, perché questa è la legge, ma la cosa lo ha un po’
scombussolato. Tutti gli uomini che amano il loro lavoro fanno fatica a
staccarsene, ma il suo caso è un po’ particolare, perché lui con quella
professione si è identificato fin nel profondo.
Se gli si chiede quando gli è venuto in mente di fare lo psichiatra,
risponde “Appena nato”. Va be’, esagera un po’, comunque ha puntato
alla meta fin da ragazzino, affrontando con determinazione i lunghi
studi di medicina proprio per diventare ‘dottore della mente’.
Gli inizi della sua carriera hanno coinciso con il periodo fecondo
della riforma basagliana, della chiusura dei manicomi e del profondo
ripensamento della funzione sociale della psichiatria. Un giovane
medico dallo spirito un po’ missionario non poteva non esserne
profondamente coinvolto. Michele Filippi, fra l’altro uomo di profonda
sensibilità religiosa, si avviava così a svolgere la sua difficile
professione con grandissima dedizione personale e una straordinaria
capacità di ascolto, caratteristiche che lo faranno a lungo ricordare
con riconoscenza da tante persone.
Ma l’aspetto che ci piace soprattutto citare è la sua continua ricerca
di strade nuove. Studiando e cercando esempi anche in altre realtà,
come ad esempio quella di Trento e de Le Parole Ritrovate,
instancabilmente si è fatto promotore di iniziative volte
all’inclusione sociale e alla valorizzazione delle persone in cura, e
si è prodigato per la promozione dell’auto mutuo aiuto e del ‘fare
insieme’, puntando sul riconoscimento del sapere esperienziale di
pazienti e familiari.
La sua carriera quarantennale lo ha condotto a dirigere il Centro di
Salute Mentale di San Lazzaro di Savena, nel frattempo ha sostenuto la
nascita e l’attività della cooperativa sociale Agriverde e di associazioni come Spazio e Amicizia, Il Ventaglio di ORAV, I Diavoli Rossi. Anche il nostro Faro ha avuto i natali grazie ai suoi buoni auspici.
Michele, grazie di cuore, ma non credere di cavartela così… Si chiude
una porta, si apre un portone… Noi amici del ‘fare insieme’ ti
aspettiamo a braccia aperte: c’è un sacco da fare, insieme!
Lucia
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Grazie Michè
Grazie Michè,
del Fareinsieme,
che ha fatto bene
non solo a noi
Grazie Michè,
d'aver capito
ch'era la strada
più adatta a noi....
Grazie Michè,
anche se vai
su questa strada
piena di sassi,
coinvolgi noi...
Grazie Michè,
anche lontano
tendi la mano
a tutti i cuor.
Noi come te
pur se confusi,
siam ben decisi
a Fareinsiem
Grazie Michè,
perché grazie a te
abbiamo volato
pur stando in piè.
Grazie Michè,
pur se lontani
tendiamo le mani
e troviamo te.
Perchè ogni volta
è la prima volta
il Fareinsieme
è una gran passion
Grazie Michè,
non siamo soli,
non siamo soli.
Grazie Michè,
se pur lontani
tendiamo le mani
e ci sei te,
tendiamo le mani
e tu ci sei.
Concy & Co.
Cantata in occasione della festa in onore di Michele,
sulle note di Grazie perché di Gianni Morandi
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La posta
Cara Concettina, la simpatica figlia del Prof. Monaco,
Raffaella, mi ha ringraziato della pubblicazione della poesia 'Canti
vibranti' sulla vostra bella rivista. Anche il padre è entusiasta, mi
ha comunicato di aver chiesto al suo amico Dott. Andrea Giammarco,
psicologo-psicoterapeuta che opera proprio in Bologna, una eventuale
disponibilità/collaborazione al Faro e ai nobili intenti da voi tutti
perseguiti.
Spero in qualcosa di concreto e propositivo. Se così non fosse risulta
sempre positivo comunicare, rendere alate le vostre idee. Un pensiero e
le belle parole di apprezzamento per la vostra rivista sono comunque un
piccolo segno di bene per i vostri ragazzi e pupilli, per voi tutti.
Riporto qui di seguito il testo della nuova poesia del Prof. Luig,
recitata nel giugno scorso nel corso della toccante commemorazione
della Battaglia sul Fronte Russo vinta dall'eroico Gen. Reverberi.
Un abbraccio.
Luciana
ALPINI BERSAGLIERI
Alpini e Bersaglieri
Oggi, come ieri
Primi, generosi, fieri.
Di fronte a una Montagna
O distese infinite
Sanno sempre vedere
E compiere il Dovere.
Han costruito Gloria
Questa nostra Unità.
Realizzare Vittoria.
E per gli Umani, sono Volontari
Offron sempre una mano.
Arrivare lontano!
Luigi Monaco cl. 1923, Alpino d'Abruzzo
1° maggio MMXIV, Introdacqua dell'Aquila
Grazie, cara Luciana, un saluto a te, al prof. Monaco e alla signora Raffaella.
Carissimi del Faro,
complimenti intanto per la nuova veste grafica e per il grande
cambiamento che siete riusciti a fare. Un augurio per questo
cambiamento e per poter continuare insieme a crescere e migliorare.
Il gruppo di scrittura UmanaMente ha scelto questa volta un argomento
diverso rispetto a quello proposto dal Faro, anche per cercare di
coordinarsi con la conferenza organizzata dall'Aitsam sul tema
sessualità e affettività di cui allego volantino.
Purtroppo da quella conferenza non siamo riusciti a prendere nulla per
una pubblicazione e abbiamo pertanto deciso di lasciarla fuori dai
nostri discorsi. I nostri discorsi sono già piuttosto lunghi comunque e
ricchi di tanti spunti: brainstorming; disegno; racconti; poesia;
rubrica dei consigli. Non so come possa tutto questo essere inserito,
contiamo su di voi!
Un caro saluto. Buona estate.
Elena Pasquali e soci di UmanaMente
Cara Elena, la‘sessualità’ non è poi così fuori tema… in fondo in
amore, prima di conoscersi ci si sente ‘a pelle’. Grazie per i
complimenti, che ricambiamo.
Gentilissimi amici della redazione de "Il Faro", mi chiamo
Filippo Fenara, ho sempre avuto la passione di scrivere e mi è capitato
tra le mani - considerata la mia... ahimè... frequentazione dei centri
di igiene mentale - l'ultimo numero della vostra preziosa rivista della
quale condivido la missione, gli articoli e, per ultima ma non ultima,
la nuova gradevole veste grafica. Mi sono appassionato ad ogni
articolo, ogni poesia (soprattutto quelle di Ave Manservisi) e ho
consumato le pagine sotto la luce della mia abat jour fino a quando non
mi si chiudevano gli occhi. Come vi dicevo anche io amo scrivere e, per
farla breve, mi piacerebbe se poteste leggere una "cosa" (...la poesia
non sta certo ad aspettare me...) che ho scritto a proposito di una
donna e della chemioterapia e che ho intitolato "Il Foulard". Se
riterrete opportuno pubblicarla su uno dei prossimi numeri per me
sarebbe una grande soddisfazione, rimarrò comunque un vostro
appassionato lettore nonché sostenitore.
Comunque sia vi ringrazio per l'attenzione che mi avete dato e che io vivo come una sorta di terapia catartica.
Cordiali saluti.
Filippo Fenara
Grazie, caro Filippo, la tua bella lettera ci ha commosso, ed è giunta
proprio quando Ave ci ha lasciato! Attendiamo i tuoi prossimi
contributi. Un abbraccio.
Salve Lucia, sono Stella, la professoressa brasiliana che hai
invitato a scrivere per Il Nuovo Faro. Controlla i miei errori di
italiano! La mia prima impressione dei Centri Diurni di Bologna mi ha
colpito. Interessante vedere o capire come mai la pratica di due paesi
cosi lontani possano essere cosi vicini. La voglia di costruire la
ripresa degli utenti, attraverso attività riabilitative e inclusive.
Adesso, comincio a vedere delle singolarità e viene la voglia di
mettere a confronto quelli che sono coinvolti in questa che è una lotta
quotidiana e bella: la ripresa della gioia di vivere insieme e liberi!
Il Faro mi è piaciuto molto! Siete bravi! Complimenti.
Fammi sapere si potremo partecipare altre volte ok?
Abraços.
Stella Goulart
Grazie , cara Stella, per aver fatto volare Il Faro fino in Brasile. Se
avrai voglia di scriverci ancora ne saremo felici. Un abbraccio e
complimenti per il tuo italiano!
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Laboratori creativi e percorsi per l’autonomia del paziente psichiatrico
Il laboratorio espressivo
L'associazione Cristina Gavioli promuove un laboratorio espressivo
di gruppo con lo scopo di valorizzare la relazione tra i suoi membri,
l'autonomia dei singoli e le relazioni tra l'interno del contesto
residenziale e l'esterno.
I lavori che vedete nascono dalla riflessione sul tema “la prima
impressione” sulla quale abbiamo parlato a lungo cercando di
comprendere quali erano i nostri sguardi su questo argomento così denso
e ricco di significati.
Abbiamo scelto di esprimerci attraverso il segno, linguaggio che porta
alla luce contenuti che non sempre riescono ad essere espressi con la
parola.
A caccia di forme nelle nuvole
La nostra prima impressione sull'attività di laboratorio è stata di piacevole sorpresa. Abbiamo
iniziato questa avventura con uno sguardo il più possibile ingenuo,
senza aspettarci un risultato preciso ma pronti, se necessario, a
cambiare rotta e coordinate.
Abbiamo proposto materiali diversi e guardato con meraviglia l'utilizzo
che il gruppo riusciva a farne, vedendo nascere opere che non saremmo
mai riusciti a prevedere. Tra i fogli sono stati creati villaggi,
animali, ritratti, rappresentati sogni e anche fantasmi. Ci siamo
trovati a lavorare fianco a fianco scoprendo che la comunicazione è una
grande possibilità ma che i suoi rami sono molti, a volte fitti e
nodosi. L'espressione artistica è uno di questi e i frutti che possono
nascervi non sono prevedibili ma vanno colti e guardati come tesori
unici e irripetibili.
Ci siamo convinti che ognuno di noi è portatore di un proprio segno e
che, come non vi è un'opera uguale a un'altra, non esiste individuo che
non sia portatore di questa ricchezza. Abbiamo avuto l'impressione di
trovarci davanti a una grande tavolozza dai molteplici colori che,
anche mischiati,
davano un risultato temporaneo, qualcosa che poteva cambiare
continuamente. Il nostro sguardo oggi è meno ingenuo ma si sforza di
rimanere felicemente impressionabile, come quello di chi va a caccia di
forme nelle nuvole, come fanno gli artisti e sognatori di ogni tempo e
di ogni luogo.
Giulia e Maria
Ho fatto la Dott.ssa e il Dott. E basta, questa è la prima cosa che credo impressione.
Albertino T.
La
mia prima impressione una volta arrivato qui è che si muoveva tutto.
Come una barca in mezzo alle onde. I ponti che vedi sopra sono come le
stanze e noi siamo nel mare. C'è forse qualche modo di avere una
zattera.
Angelo F.
Qui il mare è più piccolo e si può navigare. È mattina e le onde sono a
letto. Si naviga con una barca gialla così ci si vede, ma c'è ancora
qualche buco e i remi dobbiamo cercarli.
Angelo F.
Senza titolo.
Angelo G.
Ricordo la prima impressione una volta arrivata a Villa Olga. Venivo da
un ricovero lungo, del quale ricordo solo volti confusi. Non ho più
visto la mia casa ma ricordo la strada per venire qui. La prima cosa
che pensai fu: "È autunno". Ci sono solo colori caldi e le foglie
scricchiolano.
La mia prima impressione sono stati questi colori e un albero su cui le
foglie andavano di qua e di là. Avevo l'impressione che avrei avuto
nuovi amici e nuove cose, nuove piante sarebbero arrivate.
Te le ho disegnate più in basso verdi e rosse e sono quelle che mi hanno dato l'impressione che ero qui già da un po’.
Domenica T.
Coriandoli - Questo è quello che vedo quando apro gli occhi la mattina. La prima impressione.
Paola B.
La prima impressione è di vedere la Milena che mi cura dal diabete.
Rosella B.
La prima impressione è di vedere il Dott. Marcello salutarmi felicemente.
Rosella B.
Villa Spada - La prima impressione che ho provato nel parco è che ero piccola.
Rosella B.
Non la so.
Rosella B.
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In memoria di Ave
Il 14 agosto 2014 ci ha lasciato inaspettatamente, a soli cinquantun
anni, la nostra Ave Manservisi, raffinata pittrice e poetessa,
redattrice storica e segretaria del Faro insieme al marito Antonio
Marco Serra, a cui ci stringiamo forte.
I nostri lettori ricorderanno certamente le intense poesie di Ave e i suoi brevi scritti, così originali e illuminanti.
Ancora scossi, ma fieri e grati di averla avuta con noi, la ricordiamo con tutto il nostro affetto.
Purtroppo non ho avuto la fortuna di conoscerti al di fuori della redazione del Faro.
La sensazione che mi hai trasmesso è quella di un vino straordinario.
Non tutti apprezzano questa bevanda, ma chi la conosce capisce quanto
può dare.
Quando ti aprivi spesso lo facevi col botto, senza mancare mai di
rispetto a nessuno. Ma anzi come un bicchiere di buon vino rallegravi
la compagnia. Schietta, di poche parole, con i tuoi occhi chiari,
trasparenti e sinceri come un buon chiaro, perlato e frizzante, vedevi
con straordinaria trasparenza la realtà. Ci mancheranno i tuoi scritti
ma soprattutto la tua compagnia.
Fabio
Ave Manservisi, Il circo, 2000
Oggi preferisco non venire.
Mi fumerò una sigaretta nel buio della mia camera pensando a Te. Ma non
sarà un buio nero. Ci sarà la Tua luce, la Tua presenza. Mi torneranno
in mente quelle che abbiamo fumato insieme davanti alla Sede del
C.U.F.O. Mi parlavi dei Faraoni Egiziani, e la Tua dolcezza mi faceva
tremare il cuore. La Bibbia parla degli Egiziani come un popolo
maledetto. Tu, Ave, avevi compassione e dolcezza anche per loro. Spero
che da lassù proteggerai tutti i nostri sogni, tutti i nostri articoli.
Le Note di Notte da ora innanzi avranno anche la Tua energia. Come Un
Sogno in Fondo ad Un Pianto, i nostri pensieri avranno la forma del Tuo
sorriso, staremo vicini ad Antonio, gli sorrideremo, come facevi sempre
Tu, sicuri che, come Aquila nella pioggia, Lo proteggerai con il tuo
spirito. Ciao Ave!
Giovanni
Ave Manservisi, Il Cristo, 1997
“Ma che nome è, Ave!? È un saluto, non è un nome… ave, Caesar!” dicevi, con un’espressione fra il disgustato e l’ironico. Eludevi, forse a bella posta, il riferimento più ovvio, “Ave Maria”…
Un nome così simbolico ti avrà creato forse qualche imbarazzo, chissà.
Non è facile identificarsi con una preghiera, essere una testimonianza
di fede sempre e comunque, in ogni frangente della vita. E che vita, la
tua! Travagliata e sofferta come poche, eppure vissuta intensamente,
con coraggio, dignità, amore. E fede, appunto. Non posso più
chiedertelo, come tante altre cose che mi incuriosivano di te, ma che
aspettavo sgorgassero spontaneamente, in una di quelle tue uscite
sorprendenti con cui lasciavi intravedere, per un attimo, formidabili
profondità. Avvicinarsi a te era emozionante, perché si avvertiva nella
tua persona così fuori dal comune qualcosa che mi vien da definire
‘grandezza’. Una grande donna, davvero.
Ave, amica Ave, ti sia lieve la terra, e il cielo ti ricompensi.
Lucia
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